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sabato 18 luglio 2009

Richard Gasquet. Polvere di cocaina, e folate d'ipocrisia


La triste storia di un ragazzo che poteva essere McEnroe, e forse, non sarà nemmeno “Riton” Leconte. Sono passati quattro anni da quando un giovane francese, stupì il mondo. Lo guardavi, ed intuivi nitide, le stimmate del campione. Faceva cose impossibili con la leggerezza dei suoi diciotto anni, e la naturalezza di un braccio vellutato. Fisico da impiegato statale vessato dallo sguardo truce e bovino di Brunetta, gambe storte, passo da paperotto smarrito, cappellino calato in testa al contrario, su una faccia da piccola canaglia. Il tutto a renderlo un delizioso mix tra giamburrasca e paperino. Ma quando si preparava a tirare il rovescio, il paperotto diveniva cigno elegante, delizia per palati affamati di ghiotta bellezza. Arrivano vittorie importanti, partite che ti rimangono impresse, scalpi eccellenti (Federer, Roddick, Hewitt, Nalbandian e prima ancora dell'isteria collettiva anglosassone, Andy Murray sul suo giardino). Entra a pieno diritto nella mia personalissima scuderia di protetti, zeppa di cavalli di razza e polli ruspanti.
Le voci ed i commenti continuano a susseguirsi. Gli intenditori non possono essersi sbagliati. Nessun abbaglio. Quel ragazzo dall'innato talento cristallino, nascosto nelle pieghe del braccio, appare l'unica alternativa credibile al regno di Federer. Puledro dello stesso rango e nobiltà di mano. Ma i tornei, e gli anni passano. E quella leggerezza iniziale, svanisce lentamente, trasformandosi in tormento angoscioso ed arrendevolezza sconcertata verso la sconfitta. Il povero Richard non si raccapezza più, stritolato dall'obbligo di dover diventare numero uno, assaltare la dittatura imbancata di Federer, a suon di rovesci melodiosi. Il francesotto non ha una testa resistente, la mentalità cannibale, l'agonismo naturale, le spalle larghe (e guarda caso, le sue assumono la forma di una gruccia appendi camice). Finisce col regalare sprazzi di una classe, che masturba lo spirito. Vittorie estemporanee, anche di un certo rilievo. Entra tra i primi dieci, fa l'ascensore, sempre nel limbo degli incompiuti. A volte meravigliosa creatura, sempre più spesso pollo ruspante. Anche i grandi soloni, in crisi d'astinenza da genio tennistico, devono farsene una ragione. Quel ragazzo non arriverà mai al numero uno. Persino ad uno come me, cui i personaggi mitologici che hanno fatto uno scellerato patto di sangue con la sconfitta, affascinano oltremodo, comincia ad infastidire, diventare stucchevole. Voglio dire, ci sono tantissimi “perdenti di professione”, che guardo con gioia. Lui, proprio non riuscivo più a seguirlo con animo disinteressato. Istantanea lampante di un ragazzo che getta nel cesso il proprio talento. Il mondo è pieno di derelitti che non lo scovano mai nel corso di una vita. Lui lo riconosce, lo battezza, e poi lo butta pavidamente via.
Il culmine della mia insofferenza verso Richard, e l'odio-amore che sfocia sempre più dalla parte dell'odio risentito, si ha negli Australian Open di quest'anno. Ottavi di finale, Richard pare abbastanza ispirato, ma oramai nessuno osa più azzardare l'esplosione imminente del ventiduenne francese, rischiando di fare un'altra figuraccia. Contro di lui, un cliente da prendere sempre sul serio, e che può far paura ai più piccoli ed ai facilmente impressionabili: Fernando “mano de piedra” Gonzalez. Un tipo che non ha il pelo sullo stomaco, ma un vero tappetino. Con la faccia da semi ergastolano, sfidava il nostro eroe dalla perenne espressione di giamburrasca timoroso. I drittoni ignoranti e pesanti come marmo del cileno, opposti al vellutato e melodioso rovescio di Richard. Ne viene fuori una meravigliosa partita. Gasquet, domina i primi due set, in un impeto di pura estasi tennistica. E' quasi sempre avanti negli altri parziali, sempre si fa raggiungere. Più volte ad un passo dalla vittoria, puntualmente riagganciato. Anche avanti di due set, di un break in quello decisivo, o mentre si appresta a servire per l'incontro, scommetterei il mio appartamento (immaginario) sull'avversario. C'è sempre qualcosa che non va. Lo noti a pelle, scrutandolo negli occhi. Li conosco bene i polli della mia scuderia, potrei diventare ricco coi pronostici su di loro. "Mano de piedra" ha lo sguardo tagliente da tigre assassina, ed è sotto di due set ed un break, Richard avanti di due, mantiene negli occhi il terrore vivo, l'angoscia pulsante. Ogni tanto prova a scrollarsela via facendo partire un rovescio saettante, rasoiate sublimi e lunari che non fai in tempo nemmeno a veder partire, un'accellerazione, una smorzata densa di candore, discese a rete, voleè dolcissime. E via una corsetta saltellante, un balzello via l'altro, timoroso pugnetto col gomito parallelo al terreno da “togli la cera, metti la cera”, e il solito sguardo terrorizzato e terrorizzante. Autoincitamenti urlati grotteschi, solo per scappare via dalla paura. Quasi tutti i tennisti cercano con lo sguardo il proprio angolo, i più per caricarsi, altri per ricevere consigli. Richard lo fa di continuo, ma le sue occhiate ispirano paura, angoscia, la stessa scarica ansiogena che riversa sul povero spettatore impotente. L'incontro si decide in un interminabile quinto set. Bello per carità, ma scontato come un film di cui già conocsci la trama. Vedere per credere.
http://www.youtube.com/watch?v=0BNg3q7dPcI&feature=related
Vince "mano de piedra" Gonzalez 12-10 al quinto, ed ennesima occasione gettata alle ortiche dal francese. Dopo quella partita, dissi tra me e me: “Ok, ora basta. Meglio concentrarsi su perdenti di altro lignaggio, infimamente consapevoli di esserlo.”. Ma siccome non so resistere alle tentazioni, lo vidi a Roma. Notai un Gasquet diverso, più solido e cambiato, specie nel dritto, maggiormente incanalato nello stile moderno, con più rotazione e meno falloso. Vinse in due set tirati con Tsonga, ed arrivai alla conclusione, che i suo entourage avesse cambiato strategia, volendo cavarne fuori, se non il numero uno, almeno un tipo da top 15 costante. E buona pace ai sognatori.
Poi, improvvisa ed assolutamente inaspettata, arriva la notizia che non ti aspetti. Proprio da lui. “In un controllo prima del torneo di Indian Wells, rinvenute tracce di cocaina nelle urine di Richard Gasquet, che ora rischia due anni di stop.”. Ti fermi un attimo a pensare, e concludi che questa può essere una mazzata tremenda, quella decisiva, per la mente già problematica del francese. L'autentica morte sportiva. Ovviamente, si assiste alla solita litania sconcertante, rivestita di ipocrisia odorante d'incenso immacolato. Cominciano i suoi colleghi connazionali (Monfils, Tsonga, Simon...), tutti sbigottiti ed increduli. “Richard è un bravo ragazzo, non potrebbe mai aver fatto una COSA simile”. Persino Amelie Mauresmo ed Alizee Cornet, che i francesi trattano come un campionessa (forse perché ha il nasino all'insù), sono allibite. Non si fanno pregare nemmeno i falsi moralisti, al solito appostati dietro la macchia, per far esplodere le loro pennellate forcaiole. “Meriterebbe la radiazione! Uno sportivo non può comportarsi in modo così irrispettoso!”. I più acuti dietrologi, provano a vederci dietro una qualche spiegazione razionale. “Ah, ecco perchè sul campo era così svagato e fragile, ora si spiegano tante cose...”. Altri, ancor più geniali e fantasiosi: “Richard, forse ha fatto ricorso alla cocaina, per risolvere i problemi caratteriali e di tenuta mentale, gli serviva per essere più sicuro in campo.”. E di simili gemme di una saggezza raccapricciante, ce ne sarebbero centinaia. Roba da togliere a questi signori, il patentino che gli da il miserabile diritto alla vita. Gente che sfoga la propria repressione, esibendo moralismo da quattro lire sdrucite. Gli stessi che inorridiscono davanti a una puttana, e cinque minuti dopo li rinvieni ad elemosinarne i servigi per mezz'oretta.
Non sono un veggente, non ho la verità in tasca di altri avventori dalla morale cristallina. E neppure ho la coscienza immacolata, per poter gridare all'orrore e costernarmi. Ma mi sono fatto un'idea, che non dovrebbe discostarsi molto dalla realtà evidente. Richard è uno sportivo, ma anche gli sportivi sono ragazzi di 22anni. Ed a quell'età, ma anche ad altre, di stronzate se ne fanno. Lui ne ha combinata una, forse. Con buona pace di chi lo vorrebbe arso vivo e ai ceppi. La cocaina è considerata doping, quindi possibile squalifica per due anni. E questo, poteva sancire la fine di una carriera, già in salita per altri motivi.
Altra questione, sarebbe la legittimità e la proporzione di una simile squalifica. L'uso di cocaina, equiparato alla somministrazione di farmaci, epo e quant'altro, che consentono a tennisti di correre come invasati per ore su un campo (le squalifiche degli argentini, poi scomparsi, ne sono testimonianza) o ad un ciclista di correre come una scheggia, con la bava verde fluorescente, sul mortirolo, oltre che un controsenso, appare un paradosso assurdo. Il francese non ha mai brillato per intelligenza ed acume, ma vedermelo programmare scientificamente l'assunzione di cocaina per vincere una partita, sarebbe troppo anche per lui. Non ci sarà nessun medico o specialista, nemmeno in vena di folli elucubrazioni, che mi dica come un uomo sano di mente, la possa prendere per migliorare le proprie prestazioni. Perchè al di là dell'aumento di attenzione per una mezz'oretta (non certo per un match di due o più ore), finisce solo col danneggiuare il sistema muscolare di uno sportivo. Il tennis non è un partita di canasta, e nemmeno un convegno di politici cocainomani. Il problema semmai, è un sistema antidoping mondiale che continua a mischiare capra e cavoli, e che abolirei del tutto. Ed i soliti geni sensazionalistici, che pontificano su un niente insostenibile. Gli stessi luminari, per intenderci, che pensavano ad un Maradona strafatto per giocare meglio. E che senza la polvere bianca non sarebbe stato all'altezza di Beccalossi. Pazienza. Richard ha solo passato una serata allegra, e poi, tra l'altro, accortosi della cappellata enorme, ha rinunciato a partecipare al torneo. Fine dei discorsi, amen. E la speranza che possa ritornare, in barba agli ipocriti moralisti, perché il tennis ha bisogno come il pane di gente come lui.
Alla fine della fiera, se come sembra, non riceverà una lunga squalifica, mi pare di poter dire che giustizia è stata fatta. Ma ci si è arrivati nel modo sbagliato. Invece che perdonare una leggerezza ininfluente, si è fatti valere giustificazioni infantili. Già perchè, in tutta questa storia, squalifica tolta o meno, ciò che mi ha rattristato, sono state le dichiarazioni di Richard. Dopo settimane di silenzio, quasi sicuramente consigliato dal suo staff, ha scelto la via della puerile giustificazione davanti ai giudici. “Mi hanno drogato”. “Mi hanno fatto bere un cocktail con l'inganno...”, per tacere del bacio contagioso, col quale pare averli convinti a non procedere. Storie buffe, che un po' fanno sorridere, in linea col suo personaggio, pavido fino a fare tenerezza. E che davvero si fa fatica a renderle credibili. Ne sarebbe uscito in modo elegante, e da uomo, ammettendo tutto prendendosi una squalifica ingiusta. Lo sbaglio, l'umana debolezza di un ragazzo. Invece, ha dimostrato quella mancanza di carattere, che più volte si è palesata sul campo. Ma che stavolta, paradossalmente ed utilitaristicamente, gli ha dato ragione. “Meglio morire nudi e valorosi, che vestiti e da vigliacchi”, disse qualcuno. Sperando di rivedere ancora quel rovescio, ben tornato Richard.


6 commenti:

  1. E da un pò che leggo i tuoi articoli e devo dire simpatici a volte, ma su tante cose non sono daccordo per niente, .
    1) come fai dire di Gasquet che "giustzia è stata fatta?" Andava punito come tutti, come carrozieri nel calcio e come gli altri nel tennis. Forse siccome ha talento? Se fosse successo a Davidenko o soderling, scrivevile stesse cose?? Assolverlo è stata una vergogna

    2)certi giudizi pesanti presti evitarli, come per Djokovic e Nadal. hai giocato a tennis e sai cosa significa arrivare a quei livelli, per giudicare?

    3) a leggerti sembri come quelli con la puzza al naso, iusto per distiguerti dagli altri cui piacciono solo giocatori di talento tutti ricami e volè, e insulti i lottatori ma anche loro hanno talento enorme ed hanno fatto enormi sacrifici per arrvare in alto e merno rispetto

    4)che ti hanno fatto Sharapova, Jankovic e Ivanovic, siccome sono belle non possono fare le tenniste forse? Invidia a non poterle avere?

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  2. Ciao anonimo/a. E meno male che li trovavi simpatici...=) In ogni caso, i messaggi di contrasto costruttivo, sono sempre ben accetti, anche più pesanti, ma briosi. (L'unica cortesia, sarebbe metterci uno straccio di nome. Non cambia molto, ma l'anonimato mi smarrisce. E presentarsi è sempre buona costumanza).
    Ora proprio non ho tempo di darti una risposta, in trenta secondi. Sminuirei la tua domanda, articolata assai. Ti risponderò in un post, appena posso. Promesso-giurin-giurello. Ciao.

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  3. E ora tira aria di guai per Gasquet. Quella ragazza della cocaina, lo vuole denunciare: http://www.marca.com/2009/07/21/tenis/1248199012.html

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  4. Ciao Ottat/cento. E certo, la faccda assume contorni sempre più grotteschi.

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  5. Post acuto, piacevolissimo.
    concordo pienamente sul discorso dell'età. Mi chiedo anche quanto possa influire un coach nelle scelte, anche personali, di vita, di un atleta. ciao. da oggi tuo lettore

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  6. Ciao Bruno,
    Ti ringrazio davvero. Quanto al discorso sull'allenatore, e quanto influisca sul giocatore...credo tantissimo, soprattutto in uno sport come il tennis, dove le prerogative di formazione psicologica, giocano un ruolo importante. Spesso ci si trova di fronte a ragazzi/e appena usciti di casa, giovanissimi, per i quali il ruolo del coach è fondamentale. E non sempre è una faccenda positiva. Tralasciando gli orridi (ma pure frequenti) casi di veri e propri padri-padroni-orchi-schiavisti, alcuni giovani tennisti sono solo delle marionette in mano a degli autentici staff da laboratorio.
    Ciao, a presto.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.