.

.

sabato 5 settembre 2009

Us Open 2009 - quinta giornata - Tra suicidi di pittori e rinascite di panda feriti



Come si suicida un pittore svitato. Una giornata densissima di emozioni. Rutilanti capovolgimenti, suicidi, omicidi, nottalbe di rinascite inaspettate.
Philipp Petzschner, pittore venuto da Marte comincia in modo ispirato il suo match con Juan Carlos Ferrero, uno che ha vinto uno slam ed è stato anche numero uno al mondo. Il nostro eroe disagiato comincia a servire in modo strepitoso e spennellare il campo. L'iberico, che pure è meno arrotatore folle di altri connazionali, è in disarmo, quasi sgomento. Non riesce a leggere e trovare le contomisure al gioco vario, imprevedibile, assolutamente schizoide, del tedesco. Fa appena in tempo a ribattere un velenoso rovescio in back stordente, che quel furetto gli piazza un dritto saettante, e si presenta a rete con la faccia da Picasso, ritorta e pasticciata. E con noncuranza accarezza pure una voleettina stoppata in contropiede, che manda l'altro con le chiappe per terra. E' una vera delizia per gli occhi, Picasso. E' ispiratissimo, la sinfonia di Mozart risuona poderosa nella sua cassa cranica, completamente vuota ed in disarmo. Domina il primo set 6-1, vince il secondo 6-3, infila il decimo ace e va avanti 2-0 nel terzo. Roba da non credersi, la rivincita degli smidollati esteti perdenti. Tutti gli arrotini in piazza Loreto! (ok-ok, mi sto lasciando prendere la mano...).
Ferrero, al solito garbato, è in piena crisi. Proprio non capisce da dove sia sbucato quel buffo tizio con la maglietta bianca accollata, i mutandoni larghi, e i calzini neri. Pare un panettietiere con la faccia da malato mentale fuggito notte tempo dall'istituto “la serenità”, ma gioca in un modo che possono insegnare solo le divinità melodiose. Da numero 4 al mondo, per non volare troppo alti. Piccola pausa, scentra due palline facili facili, e restituisce il break. Avanti 3-2 ecco la possibilità di strappare un altro servizio, forse quello decisivo. Una, poi due, poi tre, poi quattro occasioni. Io i miei polli li conosco alla perfezione. Mi dico che se non si piglia quel benedetto break, la partita la perde. L'irrazionale somiglia alla matematica. E infatti, stupra un dritto in rete e spedisce un rovescio in piccionaia. Avanti 6-1 6-3 3-3, ma ha gia perso. Ma come? Dirà qualcuno. Comincia un altro match, la luce che si è spenta di colpo, errori sempre più marchiani, il servizio che non entra più, i rovesci in back che si trasformano in fiatelle fuori misura. Ecco Picasso-scasso. Deambula frenetico per il campo con l'espressione da triglia lessata. Ferrero vince il secondo set 6-4, e domina il quarto 6-2.
Ce n'è abbastanza per abbandonare la trincea e dedicarsi al teatro cruento tra Schiavone e Azarenka, ma ecco che all'inizio del quinto, un dritto incrociato quasi di controbalzo, una volata radente, seguita a rete e conclusa con volè di rovescio, riaccendono la luce. Un bagliore improvviso. Come se niente fosse, ritorna Picasso ispirato. Altri ricami, merletti e rasoiate. E s'invola 4-1 come un sol uomo. Stavolta penso che davvero ce l'abbia fatta. Ha il match in pugno. Altro cortocircuito neuro cerebrale. Non gli entra più niente. Regala cinque games di fila all'iberico, che quasi incredulo abbozza un “vamos” a mezza voce, sul 6-4 finale. E' stato un match completo, che ha mostrato tutte le sfaccettature del tedesco. Prima Picasso, poi un misto tra Picasso-scasso e gianconiglio, ancora Picasso spennellante, ed alla fine un barbapapà qualsiasi. Raccoglie le sue cose e sgambetta via. Ha la faccia del tipo “domani è un altro giorno, si vedrà”. Ed io, lungi dal prendermela più di tanto, penso: Che farà adesso? Rinchiuso in albergo ascolterà Vivaldi danzando da solo con le mani in semicerchio sulla testa, oppure si sparerà sei boccali da litro di birra schiumosa, o forse andrà in riva all'Hudson, a pescare sogliole morte.

La farfalletta che osò provocare una pantera incazzata. Sul centrale, Maria Josè Martinez Sanchez e Tyson Serena Williams sono alle prese con il palleggio di riscaldamento. Ed io ricordo il terzo turno giocato al Roland Garros, tre mesi prima. La mancina iberica, costrinse la nerboruta americana al terzo set. Annessa una volè di mano-spalla-braccia, contestatissima e data per buona dall'arbitro. Con la farfalletta spagnola che fece spallucce, celando la faccia da scugnizza post-marachella, sotto la visierina. Tyson ancora deve digerirla, quella volè. Ci pensa ogni volta che addenta una costoletta di vitella. Al cambio campo ammonì l'arbitro, con compostezza inquietante: “Se quella lì viene di nuovo a rete, l'ammazzo”. Mai far arrabbiare una pantera sanguinaria. Ovvio quindi, che io abbia un po' di timore per l'incolumità corporale dell'adorata farfalla. Il match non sembra avere storia, si nota chiaramente come Serena, con muscoli impressionanti fasciati di fuxia, voglia infliggere una lezione, la più cruenta possibile, all'avversaria. Mattonellate furibonde ed assassine, e Maria Josè che vaga e mai riesce a prendere l'iniziativa. Si affaccia poche volte alla rete, sfidando timidamente i traccianti portentosi dell'americana, un paio di smorzate candide, poi nulla più. Chissà, forse ancora intimorita da quella minaccia. Provate voi ad incrociare la sagoma imponente e da foto segnaletica di Serena, con le narici spalancate, e che ha dichiarato che avrebbe parecchio gusto ad ammazzarvi.
Il secondo set comincia in modo differente. La farfalletta ritorna finalmente impavida "farfalletta volleatrice". Comicia a servire meglio ed avventarsi a rete con più coraggio. Ha capito che l'unica salvezza è l'attacco, prevenire le sassate di granito dell'avversaria. Svolazza leggiadra ed elegante, servizi mancini, volate smorzate, volè disperate in tuffo, ghignetti di dolore. Si espone alla morte con infinita dolcezza. Serve benissimo, riuscendo a fare partita pari, nel secondo set. Il problema, è che sul servizio dell'americana, non riesce mai a predere il comando del gioco. In un game drammatico sul 5-5, la farfalletta prova a resistere strenuamente, attaccandosi alla battuta. Cinque prime a salvare altrettante palle break. Poi s'arrende, con due doppi falli, e il “c'mon” di Serena, riecheggia di raggelante furia. Accompagnato da uno sguardo che ti fa venir voglia di pregare e convertirti al cattolicesimo ultrà. Chiude 6-3 7-5. Mi aspetto qualcosa alla stretta di mano, ho timore vero. Niente, Serena sorride cordialmente all'eroina svolazzante e pare tornata una flemmatica inglesina all'ora del the. Forse è ironica, non so. Sconfitta più che onorevole per la farfalletta volleatrice, che per come la vedo io, si conferma ampiamente da prime venti al mondo. Con un tabellone più agevole, non avrebbe stonato nei quarti.

L'Italia s'è desta. Ma è stata anche una giornata trionfale per i colori azzurri. Flavia Pennetta, scopertasi cannibale, ne demolisce un'altra. Dopo il 6-0 6-0 alla Mirza, 6-1 6-1 alla paciarotta canadese Wozniak. Mai vista una Pennetta così. Sarà perchè non l'ho vista. Essendo un uomo debole, ho solo seguito qualche sprazzo, preso com'ero dalle evoluzioni del pittore prossimo al suicidio. La brindisina è un'altra giocatrice rispetto al passato, più incisiva, ottima anche di dritto, prende l'iniziativa senza paura o patemi. Oltre ai progressi atletici e tecnici, è mentalmente serena, lo si nota chiaramente. E' in un vero stato di grazia. Sei games lasciati alle avversarie in tre match. Di gran lunga la più in forma del torneo. Ora trova Zvonareva, già battuta a Los Angeles, e chissa, con nel mirino un quarto di finale da giocarsi con Serena.
L'altra italiana, Francesca Schiavone affrontava un impegno ben più difficile e preoccupante. Dall'altra parte delle rete la giovane Linda Blair posseduta, Viktoria Azarenka, con la quale le aveva sempre prese. Ma Schiavone, non è certo una che pensa al passato o si faccia impressionare facilmente. Lascia sfuriare l'indemoniata bielorussa che emette gemiti acutissimi, di quelli che trapanano il timpano, prima di conficcarsi nel cervelletto e farti venire voglia di sfinirla a badilate. Sotto di un set ed un break ad inizio del secondo, l'italiana non si scompone. Sa come battere le esponenti del tennis lobotomizzato, di cui Vittoriona è personalità di spicco. La milanese comincia a variare il gioco, manda letteralmente in tilt la centralina della posseduta. Rovesci in slice, attacchi a sorpresa.
La novella Linda Blair comincia il suo spettacolo orrendo. Urla, sbraita, s'insulta tremendamente, rompe una racchetta. Il colore delle sue gote assume sfumature preoccupanti: Rosa intenso, rosa paonazzo, arancio fiamma, rosso ferrari, rosso cardinalizio, bluette, bordeaux tenue... Francesca prova a non guardarla, e continua a variare. Scappa via, prende un break di vantaggio, grazie ad un nastro benevolo. E qui la bionda posseduta caccia fuori un bestemmione di cinque minuti, in bielorusso stretto del nord ovest. 6-2 Schiavone, un set pari e Vittoriona spacca un'altra racchetta, monologa, manda al diavolo la mamma in tribuna. E' bene ricordare che ad ogni match di Viktoria Azarenka, sono appostati dietro la seggiola dell'arbitro, due domatori del circo Togni e tre esorcisti professionali. Pare fosse stato interpellato anche Monsignor Milingo, ma non se l'è sentita. E' scappato via gridando: “Il Demonio! Il Demonio! Aiuto!”. Si pensa al peggio, il pubblico sostiene chiaramente l'azzurra, temendo evoluzioni preoccupanti dell'invasata valchiria. Francesca domina anche il terzo, ogni tanto segue addirittura il servizio a rete, da sinistra. Sul 5-2 Schiavone nel terzo, la maschera di odio verso il mondo, di Vittoriona, è tutta un livido quadro dell'orrore: Rosso, rosso vermiglio, rosso scarlatto, rosso porpora, fuxia intenso, melograno maturo, blunotte, viola vinaccia settembrina. Chiude lo spettacolo agghiacciante con un doppio fallo ed un'altra racchetta frantumata. Due inservienti la portano via a braccia. Pare negli spogliatoi, abbia pianto in silenzio, con molta dignità. Passa in ottavi l'azzurra, che pare sempre in calando, ma nei tornei dello slam riesce a tirare fuori l'orgoglio e l'esperienza necessari. Zitta-zitta, e non provando nemmeno a nascondere una certa insofferenza per le quasi esclusive attenzioni rivolte alla Pennetta, si ritrova un ottavo alla portata con la sfinge cinese Li, mentre peroverà ad entrare in ottavi Sara Errani contro un'altra randellatrice folle, la belga Wickmayer.


Le sconfitte di Petzschner, Martinez Sanchez, unite alla già note vicende Gasquet, Marat, Santoro e Youzhny (ieri auto-flagellatosi contro il signor Rezzonico del canton Ticino, Chiudinelli), quando sono le 21,52 circa, mi fanno giungere ad una conclusione: Il mio US Open è finito. Ritornerò a scrivere a fine ottobre col Champions tour, narrando del torneo di Chengdu (Cina), dove si affronteranno McEnroe, Edberg, Cash, Borg, Wilander, Chang. John Supermac ha dichiarato “Sono molto preoccupato, il braccio mi fa male. Non riesco a giocare al 100%.”. E quando il braccio di McEnroe non sta bene, non si può non essere in ansia. Poi ha fatto la faccia da 50enne super moccioso, e se n'è andato.

I Panda feriti che risorgono all'alba, come lazzari qualsiasi. L'alba era prossima a spuntare, quando per pura casualità, dopo una nottatina gaudente e di pura disintossicazione a base di alcool, m'imbatto negli ultimi scampoli di un match che deve essere stato esaltante. Lo noti subito. Taylor Dent, coraggioso panda rientrante, dopo anni passati tra una mutua e l'altra, sta giocando in modo impressionante contro lo spagnolo attaccante Navarro, i due si ammazzano a suon di divertenti servizi e volè. Quinto set drammatico, dopo quattro ore e passa di gioco, pubblico in delirio per Dent, che pare un reduce dalla guerra in Vietnam. Gridolini ed isteria collettiva, che mi ricordano le ultime avventure di Connors a New York. Tiebreak del quinto, con l'americano che spara una cannonata di servizio e scentra malamente una volè di dritto, a sprecare il match pont. Poi un dritto da pelo sullo stomaco per annullare la palla del match dell'avversario ed un altro servizione. Chiude incocciando un magnifico passante di risposta in dritto, vincendo 11-9 al tiebreak del quinto. Ed ora andrà a giocare col barone Wurdalak Murray, che avanza. Come Nadal, Tsonga e Simon.

7 commenti:

  1. Come sempre Poesia pura e grande ironia, giusto un piccolo appunto geografico il buon Chiudinelli come Allegro ed un certo Federer proviene dalla Capitale della Chimica Farmaceutica Basel. Non dal ridente e latino ticino grazie e mi raccomando non abbandonarci nel tetro grigiore ....

    RispondiElimina
  2. Ciao Alce, come al solito gentilissimo.
    Ammetto di non conoscere bene Chiudinelli, pensavo fosse ticinese. Ma faccio pubblica ammenda e ti ringrazio per la puntuale precisazione... =)
    alla prossima.

    RispondiElimina
  3. E così pure la boscaiola taglialegna è uscita^^:)(E' inutile che ti faccio sempre i complimenti per come scrivi,ihih,sai già come la penso=))

    RispondiElimina
  4. E chi sarbbe la boscaiola taglialegna? Troppo ampio come concetto...=) se ti riferisci a Vittoriona, lei è Linda Blair posseduta da belzebù. Ciao Marty, grazie.

    RispondiElimina
  5. Si mi riferisco alla Vittoriona^^L'avevi scritto tu in tuo post questo soprannome ihih.Comunque ci sta meglio il nuovo:)

    RispondiElimina
  6. Hai proprio ragione,il sorteggio non ha aiutato la nostra eroina che sicuramente meriterebbe gli ottavi di uno slam,comunque è uscita a testa alta è questo per me è già motivo di soddisfazione.forza flavia (e dire che dopo la vittoria di los angeles pronostiocai ad un mio amico una semifinale all'open).

    RispondiElimina
  7. Ciao Marco, ben ritrovato.
    Eh, si. Un sorteggio (l'ennesimo) bruttissimo per Maria Josè. Basti pensare a come poi Serena ha demolito la Hantuchova. Nemmeno Flavia è stata aiutata dal tabellone (visto gli altri quarti). Ma chi lo sa, se riesce a servire bene e non farsi aggredire troppo da Serena (come fosse cosa semplice), se la può giocare....
    Ciao, a presto.

    RispondiElimina


Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.