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lunedì 7 maggio 2012

IL RUGGITO DI ANDREAS SEPPI





Un ritardatario cronico rischia di collegarsi con la tv di stato tennistico e capirci ben poco. Benoit Paire si alza dalla seggiola, applaude il pubblico e riceve un boato di calorosa acclamazione. Andreas Seppi se ne sta nell’ombra, col volto pallido e stravolto, i capelli scomposti, come reduce da sei ore di terrificante maratona o quadriglie infingarde nell'infernale girone dei lussuriosi. E che vuoi farci, si sarà detto quel ritardatario, pare che il lazzarone francese abbia vinto, mentre il nostro eroe tirolese stia ancora pensando a qualche occasione persa per strada, come il fratello di Carolina Kostner che si corruccia per aver scelto la sciolina sbagliata. Invece no, potenza della finale più tragicamente insulsa della storia del tennis dai tempi della racchetta quadrata ad oggi, è accaduto l’esatto opposto. Ma il pubblico avrà capito tutto, e ringrazia l'istrione d'Avignone per il grande spettacolo regalato durante la settimana.


Altrove, nella stessa giornata ed in  tornei di pari livello, si poteva assistere a match di nobiltà tennistica assoluta. Juan Martin Del Potro in forma quasi 2009 (sempre più quasi), domina il torneo di Estoril, sbarazzandosi in finale di Richard Gasquet, solito paperotto acciaccato e svagato dal braccio innestato in un corpo non suo. A Monaco, platea abituata gli scorsi anni ad assistere a match di leggiadra rutilanza, tra i vari Misha Youzhny, Florian Mayer o Petzschner, quest’anno l’onore del tennis bailado made in crucconia, l'ha tenuto alto quello sfolgorante talento dormiente chiamato Philipp Kohlschreiber. Sempre con quell'espressione da abiocco imminente stampata suo volto, in finale fa fuori l’increscioso pennellone spiritato Marin Cilic. Sempre nella ridente Baviera, va in scena l’ennesima rinascita gaudiosa del vecchio Tommy Haas. Semifinale raggiunta, con lo sfizio di frustrare il tennis del top 5 Tsonga, 750 posti in classifica guadagnati in sei mesi dopo un anno e mezzo di stop, ritorno nella top 100. Ad uso e consumo di chi il tennis non lo conosce, per età o ignoranza: la classe non invecchia. E se appena mette assieme col nastro adesivo quel che resta delle sue ossa malferme ricoperte da muscoli laceri, Tommy rimane un tennista sontuoso. 

Ma siamo di carne e sangue inconsapevolmente devoti al masochismo.  A beneficio dell’involontariamente lungimirante ritardatario, vengo a farvi dunque un breve sunto dell’obbrobrio tennistico andato in scena l'Atp 250 di Belgrado. Torneo orfano all’ultimo minuto dell’acciaccato numero uno-organizzatore Novak Djokovic (c’erano però i minori pargoli Marko e persino l'imberbe Djordje, a sgambettare. Per tacere di zii e parenti vari a non far mancare la conturbante sensazione da “Famiglia Addams”). Il tempo di guardare un’immagine di Sallusti e Santanche e pensare alla morte buia, terrore e stridore di denti, e siamo in trincea.  Manca solo la rituale frittata di cipolle. L’inizio è di quelli sfolgoranti, che riconciliano con una qualche convinzione antica. Pronti, via e Benoit a suoi di rasoiate di rovescio si porta avanti 3-1. Vuoi vedere che accade il quasi paradosso che un tennista zemaniano ne batta uno simile a squadretta povera, dedita ad uno stucchevole ed utilitaristico giuoco all’italiana? Mera illusione. Paire si spegne come un pero cotto. Non ne mette una in campo:  score agghiacciante di 0-8.
E’ così il pennellone alterato, da sempre. Alterna grandi fiammate a vuoti stordenti. Il francese potrebbe fare cose mostruose, ma sbaglia tutto. L'italiano sa fare tutto, senza brillare in niente. L'esito non dipende certo da Seppi, che porta a casa una finale quasi senza aver tirato un vincente. Si piazza lì al centro, e tic e toc, col vago e sinistro rumore metallico del robottino di vecchia generazione e la faccia da Petar che ulula tra i monti austroungarici tra le caprette. Uno dei tre/quattro tennisti più noiosi che io abbia mai potuto vedere, il quasi albino atleta atesino. Assolutamente monotematico, narcolettico ed impalpabile. Una macchinetta sparapalline oliata con la valeriana. Ma sembra aver trovato una miglior solidità mentale, e tanto basta. Dicono si sia allenato coi tennisti forti negli ultimi mesi, e ne abbia giovato. Avrei una soluzione alternativa: Evitate gli allenatori, fate sedute monstre con quelli forti e migliorerete senz’altro. Un po’ come avveniva all'università (non quella di Valona, ovvio) quando ci si faceva spiegare l'esame da quelle brave, con gli occhiali civettati. O con le cavie che Lendl ospitava nella sua tana (delle tigri). Che Bolelli vada ad allenarsi da Berlocq, insomma.

Seppi noioso quanto il ti-toc difensivo della Germania calcistica anni ‘80/90. Seppi più solido. Seppi serio e bravo ragazzo nato tra i monti. Seppi addirittura vincente, e tanto basta. Viene solo da chiedersi quale devianza della mente possa consapevolmente e senza interessi personali, portare qualcuno a tifarlo. E’ come votare Tabacci o Rutelli senza scambio di favori. Non venitemi a parlare di nazionalità, patria ed altre cazzate. Questo aggraverebbe la vostra situazione di malati mentali in codice rosso.
E vogliamo forse dire qualcosa di chi invece s’appassiona a Paire, Gasquet o addirittura Petzschner? Che c’entra. Lì v’è fierezza masochistica. Intenso amore per il bello fine a se stesso,  consapevolezza suicida in un mortale abbraccio con la follia. In ultima istanza siamo devoti dell’alterata bellezza che soccombe,  noi. Pazzi intimamente. Ma con la pazza convinzione d’essere nel giusto premettendo che è sbagliato. Capito, no?
Allora vedi Benoit, scanzonato e rassegnato, sotto 6-3 5-2. Annulla un match point, poi due, sei. Mettendo dentro sette smorzate di fila. Non è mica sano di mente, quello. E’ contento così, lui. Si starà divertendo.  Ed anche a noi va bene così, intimanente.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.