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mercoledì 5 luglio 2017

WIMBLEDON DAY 2 - SUA DIVINITA' FEDERER ENTRA IN SCENA


Dal vostro solerte inviato, che non si tiene nelle mutande rossonere (col diavolo sul davanti) per il rinnovo di Donnarumma. Immanente, ho chiamato Mirabelli e Fassone che copulavano allegramente: "Bel lavoro ragazzi, ora speditelo al Real, che alle merengues manca un vice pizzaiolo per le trasferte. O alla Juve, cui serve un vice pallone d'oro".

Bando alle pinzellacchere, era il gran giorno di Federer. Tutto pronto per il debutto del semidio svizzero, nel suo elegante slancio verso l'attesissima "nona". Statua vivente che lagrima sangue e volée più di San Gennaro di fronte a Maradona accusato di molestie a una giornalista russa.
Un pallido sole si fa spazio tra le nubi gonfie per accoglierlo con i dovuti onori. Il verde dell'erba riluce ancor di più quando sua Divinità Eccelsa la calpesta coi piedi santi, entrando in campo. Urla d'emozione e composti gridolini british lo accompagnano mentre sgamba leggiadro in riscaldamento. Una candida fascetta a raccogliere gli ormai radi capelli. Appare sempre più stempiato, ma è un greve inganno. Non è lui a perdre i capelli, ma i capelli che perdono lui, rendendosi conto di non esserne degni. Tutto bianco, immacolato come la beata Vergine Maria. "È proprio un Santo!" si lascia andare un attempato spettatore coi lucciconi. 
Di fronte a lui, vittima sacrificale, Alexander Dolgopolov. Quella pazza libellula dal volo schizoide. Imprevedibile talento pazzo. "È un talento questo, un po' come Fognini, no?", mi fa uno che la sa lunghissima, più di Bersani mentre recita la parabola della mucca sul binario.
Lo spettacolo dura meno del previsto. Dopo un set, l'ucraino svolazzante, ferito all'ala, getta la spugna. Un pizzico di delusione tra i tifosi. Qualcuno invoca qualche games di esibizione: "Sire, la prego, non ci abbandoni così...".
Quello se ne va e tocca a Djokovic. Anche per lui poco più di un set di sgambata, prima che Klizan molli il colpo.
Per il resto, mezzo Del Potro basta e avanza per sbarazzarsi di un next gen a caso, Mischa Zverev affetta un Tomic presumibilmente alticcio e (a proposito di sobrietà dimenticate) si rivede addirittura Ernesto Gulbis, intento a sbranare il dominicano che pare uscito da una puntata di Narcos, Estrella. Avvincente sfida dal passato tra due ex diversamente gregari: Ferrer e Gasquet. La volontà sorretta da poco altro dello spagnolo e il talento naturale senza niente altro del francese. Vince Ferrer, su erba. Vien quasi da credere a Dustin Brown sulla lentezza dei campi. Ma questa è una vicenda vecchia come il cucco: l'erba a Wimbledon ha lasciato il posto a una specie di sterco battuto da almeno 15 anni. Nel confronto dell'estinzione, cui mancava il commento di Alberto Angela, Youzhny dispone di Mahut.
Anche tra le donne, in una giornata senza sussulti e con le favorite avanti senza patemi, era in programma una sfida tra ex inconsapevoli: Radwanska e Jankovic. Resta viva, temo per poco, la polacca morticella. 


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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.