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martedì 31 agosto 2010

US OPEN 2010: KENDRICK E DENT INFIAMMANO LA PRIMA GIORNATA


Poche, anzi nessuna sorpresa nella prima giornata degli Us Open 2010 che iniziavano a New York. Gli organizzatori danno l'onore del primo match sull'Artur Ashe a Melanie Oudin. La teenager eroina della passata edizione, ma reduce da una serie di risultati disarmanti. La "piccola Jimba", con la solita mascella prominente ed il fisico da torella, tutta bardata di viola come una melanzana silana, non delude strapazzando una povera ucraina in malarnese. Poi tocca alla vincitrice della scorsa edizione, Kim Clijsters. La mamma belga, vola. Fa un pò di tenerezza la sua avversaria, Greta Arn, imponente ungherese trentunenne dal bel gioco offensivo che si allena a Roma, dove ha trovato anche l'amore. 6-0 in una ventina di minuti, prima che la campionessa uscente trovasse uno dei suoi proverbiali black out. Ma la dolce Greta, non riesce ad approfittare nemmeno dello 0-4, e si arrende 7-5.
Vero interesse della giornata "picassesca" rivolto a qualche pupilla dei miei occhi. Il piccolo samurai Kei Nishikori, Taylor Dent, ed il redivivo Robert Kendrik. A tratti esaltanti le angolazioni piatte del nippo contro il falegname travestito da robot russo/kazako Korolev. Tipo cui non dovrebbe essere concesso di calcare i campi da tennis, tanto oscenamente rudimentale è il suo gioco. Dopo un set e mezzo di ridicolizzazione, vittima delle prodigiose e naturali accelerazioni del giovane ragazzo dagli occhi a mandorla, il maniscalco kazako si ritira. Non definitivamente, purtroppo.
Ma l'eroe di giornata si chiama Robert Kendrick. Americano che viaggia verso i 31 anni, uscito fuori dalle qualificazioni. Contro di lui l'orridissim'uomo Gael Monfils. E il match non delude. Forse il migliore della giornata, tra quelli che ho intravisto. Robert, ormai sparito dalle grandi platee, che fatica a restare nei duecento ed a competere nei challeger americani, prova l'impresa biblica. Pare ispirato l'americano con la faccia da divo delle soap opera. C'è tutto o quasi, quel repertorio che mi fece parlare di una specie di ibrido miracoloso, a metà tra Sampras e Agassi. Con la schiena di Pippo Satonastaso. Vince il primo set mentre l'altro rema oscenamente, al solito. E' un continuo stridere delle suole gommate sul cemento, più insopportabile delle sue evoluzioni forzutamente difensive.
Il tennis è una magnifica contraddizione. Tra un bellissimo tennista dal braccio dolce ed il fisico logorato da mille traumi, ed un ginnasta che gioca una cosa buffa che rimanda lontanamente al tennis, è partita pari. A tratti molto divertente. Gael però riesce a prendere il sopravvento, portandosi avanti due set a uno. Col pizzetto, la solita canotta, i mutandoni a quadretti e due specie di fasciature/ginocchiere, è immagine incresciosa. Uno strazio dei sensi. Neanche fosse un giocatore di basket acrobatico, quella disciplina che si gioca sui materassi gommati e che commentava Dan Peterson. Tra poco metterà anche un caschetto protettivo. Viene da chiedersi, ed intimamente sperare nella retoricità insita della domanda: "Ma quanto potrà durare un essere umano che esprime una simile "cosa", prima di intorcinarsi a morte tutti i muscoli del corpo? Un anno? Due? Un set?". Magari, troppa grazia. Kendrick non molla, è al limite dell'eroismo. Tra un bel servizio, un'accelerazione poderosa ed un delicato tocco, vince il quarto set e vola avanti di un break ad inizio del quinto. Eccita gli animi degli spettatori che assiepano il campo numero 11, prima che si sgonfi tristemente, lasciando spazio al francese. Amen. Ma quello di Monfils non è tennis, è l'inizio della fine. O la fine dell'inizio.
Pone rimedio alle ingiustizie del mondo, Taylor Dent. L'americano pesante e stanco come una balena alla ricerca del suicidio, inizia paralizzato dall'emozione. Poi pesca tre set di portentoso serve&volley illuminato, con cui si disfa di Alejandro Falla, mancino colombiano che con quello sguardo rassegnato non può proprio sostare nei primi cento. E' un paradosso vivente. Il vecchio panda americano, dopo le cinque ore di commovente battaglia serve&volley dello scorso anno con Navarro Pastor (il match più bello dell'intero 2009), a New York si conferma ispirato e deciso come non mai.
Il resto della giornata è il trionfo del'ovvieta. Tra gli uomini prova invano a complicarsi la vita Robin Soderling. Nervoso e consunto dalla calura nuovayorkese, si dibatte come un'aringa in agonia schizoide. Si fa recuperare due set da Haider-Maurer, modesto austriaco che un mese fa giocava i futures in Italia, e che nelle qualificazioni aveva giustiziato Simone Bollelli (rivalutato e giustificato dunque l'azzurro, in Italia funziona così). Psycho killer poi finisce per vincere al quinto, ma si mostra davvero poca cosa. Prova a fare la fine del pesce in barile anche Jurgen Melzer, che si fa riprendere due set di vantaggio, prima di prevalere al quinto contro il redivivo Dimitry Tursunov. Russo dall'intelligenza tennistica pari ad una colata di cemento armato.
Nessun problema per Roddick contro il francese scarso, Robert e per Davydenko che batte facilmente l'americano Russel. Persino Cilic torna dare incoraggianti notizie di sé, eliminando in tre set l'ucraino Marchenko. Si ritira mestamente il povero ormai "mano de palta" fernando Gonzalez. Sorpresa, molto relativa, l'eliminazionde Lleyton Hewitt ad opera del francese Mathieu. E quando il combattente per eccellenza perde dal gran perdente maximo, in cinque set per giunta, l'idea che il gran combattente sia alla frutta, è molto più che un'idea. In nottata passeggia anche Federer sullo gnomo argentino Dabul. Convincenti alcune possibili mine vaganti come De Bakker, Anderson (ripugnante come pochi, ma almeno mi fa vincere i primi euro con le scommesse) e Ricardas Berankis, teenager lituano dalle ottime prospettive. Tra lui e Grigelis il piccolo stato dell'ex Unione Sovietica ha due under venti dall'ottimo potenziale, ed un futuro ridente. In Italia c'è chi si masturba col rudimentale aspirante top 300 (a 21 anni) Trevisan. O col talentuosissimo nuovamente top 500 (e 23enne) Naso. E continuano ad eccitarsi nelle mutande pensando d'esser credibili, bontà loro.
Tutto liscio anche tra le donne. Passeggiano Dementieva, Pavlyuchenkova, Ivanovic, Pennetta e Schiavone. Facile anche Venus Williams su Roberta Vinci, a conferma che se l'americana partecipa, riesce almeno a tenersi in piedi. Si salva per il rotto della cuffia Samantha Stosur sulla russa Vesnina, confermatasi perdente indefessa e compagna di vita ideale di Richard Gasquet. Daniela Hantuchova, esile gazzella dalle sinuose movenze e dai bei colpi fluidi, prevale sull'inguardabile mammuth nitrente Dinara Safina (ogni tanto le cose vanno come dovrebbero andare). Sara Errani vince il tiratissimo il derby con Tathiana Garbin. Non oso immaginare lo spettacolo straziante. Perde un set Victoria Azarenka, che tutta di nero sembra sempre sull'orlo dell'efferata notizia criminosa. Aspettiamo con ansia fremente. Io però, dopo aver visto qualche scambio ho preferito guardarmi "velone": Un trionfo di doppi sensi fallici che Jacchetti elargisce ad attempate signore di 70anni intente a dimenarsi sul palco come squilibrate. E ad un tratto mettono sul palco anche un fantoccio bambola gonfiabile con le sembianze del nostro adorato premier, nei panni di impenitente sciupafemmine. Le svitate ballano col fantoccio e dalla regia v'è una voce divertentissima che fa: "Cribbio! Cribbio!". Forse è meglio morire guardando la Azarenka, ho concluso.

sabato 28 agosto 2010

TABELLONE MASCHILE E PRONOSTICI FLUSHING MEADOWS 2010: NADAL, PERCORSO IN SALITA



Sorteggio non proprio benevolo per il numero uno al mondo, capitato dalla parte di Murray. Meglio Federer che pesca Djokovic nella sua semifinale. Dalla parte del maiorchino anche le insidie Nalbandian e Gulbis. L'elvetico dovrà invece guardarsi dalla minaccia Soderling. (analisi del tabellone)

Il punto di maggior interesse del sorteggio odierno, era vedere da che parte sarebbe finito Murray. Vero ago della bilancia (malgrado pesi quanto un internato di Mathausen). E la mano fatata del sorteggio newyorkese non solo piazza l'outsider scozzese nella semifinale di Rafa Nadal, ma mette dalla sua parte anche una serie di insidie notevoli, come Nalbandian o Gulbis. Cammino più agevole invece per Federer. Tabellone poco favorevole per gli italiani, ma nel loro caso nemmeno Moggi avrebbe potuto congegnare una griglia abbordabile.
Ipotetici abbinamenti dei quarti, ed eventuali nserimenti:
(1) Rafael Nadal - (8) Fernando Verdasco. I patemi palesati dal numero uno spagnolo durante la torrida stagione americana, lo pongono in posizione leggermente defilata per la vittoria finale. E il sorteggio gli mette di fronte un quarto certamente impegnativo. Subito Teimuraz Gabashvili, russo compulsivamente pazzo, di quelli da isolamento diurno e notturno. Qualcuno lo paragona a Marat, io lo vedo come reincarnazione sportiva dello strangolatore di Boston. Non in gran forma, ma sempre uno che è meglio evitare al primo turno. Poi Istomin ed al terzo ostacolo uno tra Gilles Simon e Philipp Kohlschreiber, sperando che il delizioso ermellino tedesco abbia risolto i suoi acciacchi. Da quelle parti, senza nessuna chances, c'è anche Donald Young, talentino gettato alle ortiche. Tennista comunque da guardare attentamente, per chi ancora crede che Bolelli sia un talento sprecato. Per il maiorchino poi ottavi in relativa sicurezza contro il puramente platonico pericolo volleante rappresentato da Feliciano Lopez o i colpi del vecchio pirata Ljubicic, lontano da quella forma ancestrale del vittorioso precedente primaverile a Indian Wells.
Se a Nadal non è andata bene, al suo ipotetico avversario di quarti, il sorteggio sembra aver emesso, quasi con mano sadica, una mezza sentenza di morte. Sulle tracce del madrileno, spento dalla suicida programmazione primaverile da Kunta Kinte, prima Fabio Fognini, nel re-match del primo turno perso a Wimbledon. Poi possibile terzo turno di fuoco con David Nalbandian. Quanto di peggio si potesse pescare. Sempre che il talento bulimico dell'argentino non s'ingolfi o preferisca preservarsi per la semifinale di Davis. Visto il soggetto, tutto è possibile. Superato (forse) l'imponente ostacolo argentino, altro duro esame negli ottavi, con un avversario che uscirà da una specie di tonnara di talenti e vecchi lupi. Il talento smagliante e strozzato di Gulbis, subito all'esame Chardy, o il sempre orripilante e coriaceo "o' zappatore" Ferrer che inizia immediatamente contro il fromboliere ucraino Dolgopolov jr.
(3) Andy Murray - (7) Thomas Berdych (8). Lo scozzese nella versione deluxe ammirata a Toronto può giocarsi le sue carte per la vittoria finale. La cernia boccheggiante sotto il sole di Cincinnati faticherebbe anche a raggiungere i quarti. L'inizio è però agevole con lo slovacco Lacko e poi forse il folkloristico Jamaicano attaccante Dustin Brown, prima di incrociare Wawrinka, sempre solerte a farsi da parte con deferenza, al primo tornello/tennista top 20. Ottavi ancora in discesa, sulla carta opposto a "Byron Moreno jr" Almagro in scarsa condizione o, più probabile Sam Querrey. Ma in quegli anfratti possono fare faville anche le nostre veline italiche Seppi/Starace.
Non il miglior avversaro possibile nei quarti, per lo scozzese. Anche se il Thomas Berdych delle ultime uscite ha dato l'impressione di aver finito benzina e la sorprendente lucidità di inizio stagione, mostrando inquietanti segnali di ricaduta verso la proverbiale veemenza ottusa da homerun. Per approdare ai quarti dovrà impegnarsi in un macabro impallinamento di vezzosi cardellini attaccanti. Esordio col mancino serve&volley Llodra, ma da quelle parti fluttua anche il magnifico tennis vitage di Radek Stepanek, sperando non sia offuscato dai troppi malanni fisici e dall'età avanzata, oltre che da quel volto da dipinto del Pacciani. O al limite il transalino Benneteau in gran palla. Ottavo presumibilmente con Mikhail Youzhny, sempre che il russo dalla psiche labilmente disturbata riesca ad emergere in uno spot affollatissimo: Da Golubev a Xavier Malisse tornato tennista vero, fino all'increscioso trampoliere da baraccone John Isner.
(6) Nikolay Davydenko - (4) Novak Djokovic. Il russo già nel suo periodo di maggior fulgore orripilante era lontano da ogni velleità di successo nei major. Nella versione attuale, tra un ghigno da ottuagenario ed un colpetto anticipato da videogame, può provare ad issarsi anche agli ottavi. Con la proverbiale tigna del vecchietto che sgomita nelle file alle poste per ritirare la pensione. Nessun grosso ostacolo, eccezion fatta per il genio morto di Richrd Gasquet in un eventuale secondo turno. Il transalpino potrebbe anche regalarci l'ennesia sconfitta pirotecnica. Poi probabile che il posto di "nosferatu" venga preso da Andy Roddick, non al meglio, ma comunque capace di tirare sempre fuori tutto davanti al suo pubblico. Difficile che a sbarrargli la strada siano il pensatore disperso Tipsarevic o il ritorto ginnasta imprestato al tennis con la lingua perennemente penzoloni, Monfils.
Discorso a parte per Novak Djokovic. Il serbo bene o male, spesso male, dritto o storto, ovviamente stortissimo, legnoso e con gli occhi a palla, alla fine ci arriva sempre. Stavolta, sorteggio impegnativo per lui. Quasi proibitivo. Esordio col suo delfino lobotomizzato Troicki. Poi Philipp Petzschner. Nella remota ipotesi che il tedesco vinca il suo primo turno contro un qualificato. E non è detto, perchè attualmente non vincerebbe nemmeno se gli piazzassero dall'altra parte una bambola barbie sbrodolina. Per Novak terzo turno nel quale potrebbe sbucare fuori persino il vecchio James Blake, se gli ricorderanno d'esser ancora vivo. Ma è negli ottavi che il sorteggio sembra essersi divertito, e dove ad attendere il serbo ci sarà uno dei due tennisti più caldi dell'estate americana: Mardy Fish o Marcos Baghdatis, che presumibilmente si affronteranno in un interessante terzo turno. Sia la neo sogliola yankee in gran spolvero, che il bacherozzo cipriota dal contagioso tennis diverissement in caso di giornata d'ispirazione proveniente direttamente dal Dio Zeus, possono far fuori il serbo.
(2) Roger Federer - Robin Soderling (6). Tra lo svizzero e la sua settima finale a New York, uno squilibrato taglialegna scandinavo. Nella riffa dei possibili avversari da affrontare nei quarti, Roger ha infatti beccato lo svedese Robin Soderling, in una gustosa riproposizione del quarto giocato e perso a Parigi. Ma per lui primi turni soft. Potrebbe quasi incaricare Mirka di sbrigare la pratica. Ma, Falla docet, dovrà comunque evitare disattenzioni. Inizierà con l'argentino gnomo da veloce Dabul, fino al terzo match, un classico (del recente passato) con Lleyton Hewitt, sempre che l'australiano non si confermi un triste ex, cedendo al perdente maximo, Mathieu. Per l'elvetico poi un ottavo dalle flebili incognite legate al prevedibilmente imprevedibile tennis scintillante di Jurgen Melzer (acrobatici suicidi dell'austriaco a parte).
Robin Soderling nei quarti, almeno mentalmente, non deve essere un bel ricordo per lo svizzero. Lo "psyho killer" dopo il tragico esito della finale casalinga a Bastad, a metà tra il libro cuore ed un trattato sulla potenziale criminosità di una mente alterata, è apparso senza più risorse fisiche e mentali. Ma di lui c'è sempre poco da fidarsi. Per arrivare al confronto con l'ex numero uno al mondo, deve sbarazzarsi delle deliziosamente malinconiche volée del rottame americano Taylor Dent, e delle residuali bordate di "mano de piedra" Gonzalez, suo malgrado, dopo l'infortunio, ridotto a triste "mano de cartongesso". Per lui poi un ottavo misterioso, in cui tra l'improponibile Montanes da cemento ed il fantasma di Marin Cilic, per il quale anche i familiari pare abbiano inoltrato domanda di morte presunta, può saltare fuori anche un qualificato (azzardo: Dancevic o Mahut. Quando il mondo sarà meno malvagio).
Italtennis. A meno di improbabili novità provenienti dalle qualificazioni, solo tre partecipazioni tricolori. La metà rispetto alla scorsa edizione, con l'obiettivo di migliorare l'esaltante score di zero set vinti. A conferma del florido stato comatoso del movimento tennistico italiano al maschile. Una delle poche speranze di vincere qualche partita, era legata alle lune altalenanti di Fabio Fognini. Ma l'abbinamento con Verdasco sembra proibitivo. Certo l'ha battuto a Wimbledon, ma non è sempre domenica. Non è andata malaccio invece a Seppi e Starace, rispettivamente abbinati ad altri due spagnoli. Il caldarense parte addirittura quasi favorito con Grannollers, più difficile l'abbinamento del napoletano con Almagro. Fresche notizie dalle qualificazioni: Non ce l'ha fatta Simone Bolelli, sconfitto da Haider-Maurer, austriaco oltre la duecentesima posizione, il cui nome rimanda al processo di Norimberga, dedito a challengers e futures. E che il cemento lo avrà visto solo in qualche cantiere. Insomma, nemmeno l'attenuante della scarsa preparazione alla superficie, per il nostro talentuosissimo ragazzo. Che dire, si spera che possa trovare l'aiuto di una vecchina di passaggio, per salire le scale dell'aereo di ritorno.

TABELLONE FEMMINILE E PRONOSTICI FLUSHING MEADOWS 2010: OPPORTUNITA' PER TUTTE



Wozniacki capita dalla parte della Jankovic, Clijsters in quello di Venus. Ostacoli Kuznetsova e Sharapova sulla strada della danese. Grande occasione per Pennetta e Schiavone, Venus permettendo. (Analisi del tabellone femminile di Flushing Meadows 2010).Tabellone femminile che orfano di Serena ed Henin e minato da precari stati di salute di molte, somiglia ad un circo camuffato da caccia al tesoro. Almeno una quindicina di nomi con velleità più o meno fondate di vittoria, comprese le due azzurre Pennetta e Schiavone. Possibile un'altra affermazione a sorpresa, ma azzardare pronostici è più arduo che indovinare una sestina al superenalotto. Per uno strano gioco del sorteggio, capitano dalla stessa parte di tabellone le regolariste Wozniacki e Jankovic, alla ricerca del loro primo slam. Dall'altra parte il tennis più brillante ed il ricco palmares di Venus Williams e Kim Clijsters. Gli ipotetici accoppiamenti dei quarti, ed aventuali inserimenti:
(1) Caroline Wozniacki - (8) Na Li. La testa di serie numero uno per caso di questo torneo monco, dopo la convincente cavalcata a Montreal, si presenta con giustificate ambizioni di successo. Dopo un interessante confronto con la signorina Berdych, Lucie Safarova, la danese incrocerà la racchetta presumibilmente con Masha Sharapova negli ottavi, se questa riuscirà a battere Aravane Rezai, ancora ferma all'exploit madrileno. Dopo l'estate Usa l'ugola alla varechina, frutto di un rapporto scellerato tra Axl Rose e Tony Dallara, appare pronta al rilancio definitivo o ad una camicia di forza. Di pochissimo conto il recente infortunio alla caviglia, perchè l'invasata starlette urlante non contempla il movimento nel suo gioco, entusiasmante quanto un'infervorato comizio di Gasparri. Carolina la bambolina bionica proverà a far prevalere il suo utilitaristico tennis regolare ed i recuperi oscenamente travolgenti, nello scenario di estremo equilibrio e picchiatrici smidollate.
Passasse indenne questi ostacoli, per lei Na Li. Solo sulla carta, perchè più che l'ordinato ping-pong tennis della cinese, in questo spot ha tutte le carte in regola per prevalere Svetlana Kuznetsova, in grado di dare ripetizioni a molte giovinette vezzose o maschie sceriffe (Kirilenko e Shvedova). Primo turno interessante per la russa dall'esondante femminilità da far invidia ad un rugbista armeno, contro la quarantenne fiabesca samurai Kimiko Date Krumm, che proprio non si rassegna alla pensione.
(4) Jelena Jankovic - (7) Vera Zvonareva. Nubi funeste anche sul destino della Varenne in gonnella, minata da piccoli acciacchi e praticamente ferma nel suo box a mangiare biada coperta da una gualdrappa. Se la zoccolatura terrà, per lei destino parallelo a quello della Wozniacki (ma dodicimilaeseicento volte più insopportabile). Metterà sul piatto quello che ha: Grandi corse e la speranza nel fato e negli dei, di non ritrovarsi di fronte qualcuna che la pialli di giustezza. Una Amanmuradova qualsiasi (ma il tirannosurus rex uzbeko deve ancora passare le qualificazioni). O la vezzosissima e leggiadra Kaia Kanepi, figlia illegittima di Bisteccone Galeazzi e Platinette, autentica mina vagante di un quintale che Jelena si beccherà in pieno al terzo turno. Dopo aver esordito però contro Simona Halep, nota agli appassionati più attenti per essersi ridotta l'ingombrante davanzale. Altra picchiatrice capace (in teoria) di stendere la serba è Yanina Wickmayer. Ma l'armadio a tre ante belga, rivelatosi proprio nello scorso Flushing Meadows non è nelle stesse condizioni. Da quelle parti, gran curiosità (per me e qualche altro disperato dall'animo sensibile) nel rivedere Maria Josè Martinez Sanchez, al suo rientro dopo il lungo stop per il problema al ginocchio. Due turni sulla carta abbordabili per lei, prima di misurarsi con la bambolona belga. Poche chance invece per Romina Oprandi, che esordirà a New York con la tedesca Georges. Nella speranza che la tortorella italo-svizzera non incappi in raffreddori, tonsilliti ed altri contrattempi (a tal proposito, urge un viaggio a Lourdes o la benedizione di un prete, meglio se ateo o scomunicato).
Vera Zvonareva attede la Jankovic nei quarti. Dopo la finale di Wimbledon la russa è tornata ai suoi sbalzi d'umore isterico. Sembra capace di tutto. Ma ha un tabellone in discesa i cui unici pericoli sono rappresentati dal noioso tennis scolastico di Agnieszka Radwannska o dalle roncole di Nadia Petrova e Andrea Petkovic.
(3) Venus Williams- (6) Francesca Schiavone. L'unica Williams presente, e non senza incognite. Come non bastasse il fisiologico declino, deve fare i conti con una salute ballerina che la tiene ferma ai box da Wimbledon e ne ha messo in forse la partecipazione a New York. Pronta ad approfittarne con raffinata destrezza Roberta Vinci, non fosse che anche la piccola tarantina è tenuta assieme dallo scotch. Ad eccezione della bulgara Pironkova, protagonista per caso a Wimbledon, Flushing Meadows per la venere nera può rivelarsi quasi un anticipo di Fed Cup (se mai la giocherà). Prima di Francesca Schiavone infatti, sulla carta ottavo molto interessante contro Flavia Pennetta. Torneo confezionato da Babbo Natale per la brindisina, che può approfittare di primi turni abbordabili (l'israeliana Peer l'insidia maggiore) prima di misurarsi con una Venus in misteriose condizioni e con cui non è mai partita sconfitta in partenza.
Possibile derby italiano o confronto con Venus Williams per Francesca Schiavone, dunque. Ma la milanese nella strada per i quarti dovrà comunque superare minacce inquietanti. Tralasciando Melanie Oudin, lontana dall'esaltazione dello scorso anno, sulla sua strada la rotolante russa sovrappeso Anastasia Pavlyuchenkova o, più probabile, l'invasata camionista bielorussa Victoria Azarenka. La truce valchiria posseduta Belzebù proprio lo scorso anno fu battuta dalla tennista italiana, e quel match pare (voci di corridoio) la costrinse ad essere internata in un luogo dove non nuocere a sè stessa e agli altri.
(2) Kim Clijsters - (5) Samantha Stosur. Mamma Kim proverà a ripetere la magnifica ed inattesa cavalcata della scorsa stagione. Nel plotone pressoché compatto delle pretendenti al titolo, possiede le maggiori credenziali, se non altro per l'esperienza. Ma anche lei deve fare i conti con una condizione fisica arrangiata e qualche insidia di tabellone: La mancina ceca randellante Kvitova esplosa lo scorso anno negli States, prima del quadrumane botolo Marion Bartoli, vero mistero buffo del tennis mondiale. Al limite, può insinuarsi nel quarto della transalpina Ana Ivanovic. Già in allerta gli ambientalisti newyorkesi, che protestano per l'indiscriminato sterminio di piccioni svolazzanti sui campi di Flushing durante i match della serba isterica.
Nei quarti Kim Clijsters può sfidare Samantha Stosur, lontanissima dai picchi di gioco di inizio stagione. L'australiana dalle spalle muscolate da mastro lindo in gonnella rischia già contro l'allegro cetaceo Kleybanova o addirittura contro l'urlante guerrigliera gnoma Sara Errani, ultimamente in buona forma da perdente combattiva. Il prototipo del tennista italiano al contrario. Dovesse sopravvivere, probante test per Sam sarà quello di ottavi contro la rientrante Elena Dementieva. La russa vampirizzata, reduce ancora dall'infortunio parigino sembra sulla via del pieno recupero al top: Produrre il suo insulso spettacolo da perdente di valore, prevedibile come un'applauso a comando di una sit com. Interessante il possibile derby di terzo turno da shok anafilattico tra lei e Dinara Safina, tornata a nitrire e vincere qualche partita.

FEDERER RIPARTE DA CINCINNATI


Roger Federer torna alla vittoria dopo sette mesi, battendo un indomito e sorprendente Fish. Nell'Ohio si squaglia Murray, annaspa Djokovic, frulla a vuoto Nadal. (Le pagelle)

Roger Federer: 7,5. "Ricomincia da (sessanta) tre", come i titoli vinti in carriera. Intendiamoci, non un torneo memorabile per l'ex monarca, fortunato nel doversi spendere solo dai quarti in poi. Imbarazzante la facilità con cui dispone di Davydenko e Baghdatis, fluttuando colpi e asciugando rare stille di sudore. A tratti la sua maggior difficoltà, forse, è quella di avere 1256 soluzioni a disposizione. E spesso decide di non usarne nessuna, gettando via tutto assumendo uno strano pallore nel volto. Sarà la suggestione del nuovo allenatore, ma la novità dell'estate americana è una ritrovata semplicità. A tratti pare uno scolaretto devoto. Prova colpi ed effetti nuovi, contro il cipriota prende la rete con gran frequenza, e si produce continuamente, con alterne fortune, in quello che è uno dei credo di vita del nuovo coach Paul Annacone sin da quando giocava: il "chip&charge". Il risultato è che sembra meno svagato ed indeciso del solito. Storia a sé la finale, dove fatica a leggere il servizio di un Fish implacabile e continuo, e la spunta solo alla distanza, ma senza grosse fughe dalla realtà.
Mardy Fish: 7,5. Autentico eroe del torneo. Dopo anni da pachidermico internato nella clinica "ossi rotti (ve li aggiustiamo ben)", é tornato a livelli impensabili. Infortuni in serie fantozziana (tibie, polsi, ginocchi e persino costole) e questa specie di "er ventresca", espressione di lenta improvvisazione e dieta da Homer Simpson, sembrava perso per il grande tennis. Quest'anno l'ex "grattacheccaro" bolso con gli occhi piccoli come capocchie celesti di spilli e la barba trascurata, s'è trasformato in smilzo atleta modello. E sul campo si vede. Gran servizi e deliziosi colpi piatti. Oddio, guardarlo dimenarsi, vagamente ingobbito ed apprensivo nei pressi della rete, è sempre un'esperienza sensoriale. Ma la mano è di quelle buone. Tra gli americani, escluso l'invalido civile Dent e Blake forse già tumulato da qualche parte, Mardy è il più divertente. Sapide sberle per battere in serie: Simon, Verdasco, Gasquet, Murray e in semifinale l'amico Roddick. Dopo la prima pausa per pioggia, si teme l'incresciosa ricaduta bulimica e che nell'attesa abbia ingurgitato un bue farcito con maionese e ingollato una mezza dozzina birre. Ma sul 4-6 2-5, la pioggia a catinelle invece arriva in suo soccorso, assieme ad un Roddick smidollato. In finale gioca praticamente alla pari anche con Federer. Io però, continuo ad esser turbato da quella mezzindiana che inforca i ray-ban, al suo angolo. Assai notevole. La moglie, mi dicono, un'avvocatessa del jet-set. Indubbiamente il miglior colpo del buon Mardy.
Marcos Baghdatis: 7. Sempre col fantastico atteggiamento di chi é entrato in campo per digerire una cofana di spaghetti alle vongole, trangugiati mezz'ora prima. Tra un rutto abortito e l'altro, il bacherozzo cipriota con lo chignon mena le danze del suo divertentissimo sirtaki-tennis. In forma smagliante, ispirato e continuo come nei rari momenti belli. Fantasia al potere. Risate da Pierino che l'ha fatta grossa, bei fendenti e la solita scucchiaiata-smorzata di dritto, marchio di fabbrica come la "z" di Zorro panciuto. Spedisce a casa Berdych e dopo gran battaglia anche Nadal. Perde l'ispirazione in semifinale, contro un Federer sull'orlo della perfezione.
Andy Roddick: 6. Sembrano lontani i problemi degli ultimi mesi e la mononucleosi. Vince una gran corrida violenta con Soderling, batte Djokovic, dimostrandosi meno goffo e arruffato del serbo (e ho detto tutto). Ad un passo dalla finale il cingolato s'ingolfa, come arrugginito dalla pioggia. Lascia via libera a Fish giocando un tie-break da chiamare gli artificieri, protezione civile e Wwf. Dritti e rovesci in piccionaia, volée da mezzadria spiccia. In ripresa, comunque.
Rafael Nadal: 5. A vederlo frullare a vuoto come un invasato tormentoso, vien da riciclare qualche commento del mese di marzo. Altro sport, il tennis sul cemento. Lontano anni luce dal Rafa numero uno cannibale sulla terra e vincente sui prati. Persino Benneteau rischia di fargli lo sgambetto, poi riescito al giulivo "cabezon" in vena di magie, Baghdatis. Sui campi duri il maiorchino sembra uno scoiattolo muscolato intrappolato in un cortile, o Pippo Inzaghi piazzato sulla fascia. Tanto basta per far defilare il numero uno al mondo per il successo a New York. Ma uno slam è così lungo e pieno di variabili, che le sue carte se le giocherà fino in fondo.
Novak Djokovic: 5--. Un festival di marchiani errori da maniscalchi, grotteschi rovesci affettati con grazia da ruvidi falegnami artritici, discese a rete e volée stuprate oscenamente. Il serbo torna a sbarellare come nelle giornate di maggior grazia ripugnante, nel raggelante match perso con Roddick. Un esperto m'ha confidato il quinto mistero di Fatima: Se Nadal non confermerà la stagione monstre sulla terra, Federer seguita nello spettacolo da "Sig. Tentenna" e Murray non manda la mamma in un ospizio/casa della carità, nel 2011 il serbo diverrà numero uno al mondo. E sarà giunto il momento di dedicarmi con gaudio al campionato di cricket rodesiano.
Andy Murray: 5-. Come un fuscello morente sotto il sole selvaggio dell'Ohio, Gulbis e Fish lo costringono a folli corse da rachitico pupazzetto virtuoso. Un quadro futurista dell'orrore umano. Si attende da un momento all'altro che esali l'ultimo sdegnoso respiro: Sbuffa, si lamenta, zoppica, caccia fuori la lingua, digrigna i denti, quasi sul punto del prolasso cardiocircolatorio. Poi una leggera emiparesi. Quel ventilatore alle spalle, durante il cambio campo potrebbe anche ammazzarlo come il Dott. Braschi, 92enne stroncato da uno spiffero maligno. Un indegno teatrino, perché poi Andy seguita a trottare ed arpionare prodigiose palle in recupero, come e più di prima. La mamma bacucca/fine psicologa (madida di sudore e violacea nell'atto di contenere maldestramente il livore omicida), lo aizza all'agonismo di caucciù. E quello inizia anche uno spettacolo fatto di raggelanti e disconnessi "c'mon" da cavernicolo effeminato, che non spaventerebbero nemmeno un porcellino d'india lattante. Basta per vincere in volata contro il selvaggio Gulbis, niente da fare col più paziente Fish. Tutto questo per dire che Andy ha pagato una leggera stanchezza rispetto all'ottima performance di Toronto.
Julien Benneteau: 6+. Gioca bene questo francese con la faccia da Cesare Cremonini (venti chili fa) o da attore di commedie francesi d'infima risma. Sa fare tutto bene, niente benissimo. Ficcante a rimbalzo e discreto anche nei pressi della rete. Completo e frizzante come l'acqua "Bertier" sgasata da tre giorni. Pure un bell'agonista elettrizzato, sembra. Impallina Nadal per quasi due set, fino al match point, quando assume la stessa espressione dello sveglissimo "trota" (futuro Premier, ne sono certo) se gli parli del mare di Otranto o del Barocco. E quello ti parla dello stilista.
Nikolay Davydenko: 6. Con quella berretta sblusata sui lati da operaio polacco d'inizio secolo, somiglia al tragico protagonista di un film muto moldavo. Di quelli che in piena notte ci propone, con animo estatico e un fil di voce, Enrico Ghezzi. Ma lo Stakhanov del tennis gioca un discreto torneo. Quarti di finale e decorosa difesa contro Federer.
"Cincinnati Bengals", le tigri del Bengala (oggi le comiche). Gasquet/Youzhny: 6,5. Due schermidori che si sfidano nel a colpi di fluetto, nel reparto "psicopatologie autolesioniste con tendenze al suicidio", nella clinica "il cervello è 'na sfoglia'e cipolla". "Er canaro" russo accarezza rovesci musicali. Come li adagiasse di giustezza col calloso palmo della mano. Ma dopo un ammaliante primo set si sgonfia. E cede il passo al tormentato giovane aspirante al martirio transalpino che tira di rovescio come stesse imbracciando un violino tzigano. Richard, ancora alle prese con una schiena ballerina, poi cede a Fish. Koellerer: 6,5. Squalificato per tre mesi. Già fa ridere. Se si pensa che la motivazione è l'innocuo inserimento di un link di scommesse nel suo sito, la situazione é kafkiana. Ma se uno aggiunge anche che la squalifica é stata sospesa, si deve concludere che la federazione internazionale è diventata il "muppets show". Come se qualcuno si fosse convinto che Pacciani era il mostro di Firenze, e lo avesse condannato solo perché ogni tanto disegnava gli omini con le corna. E a 3+3 facesse seguire 6 (il numero del Demonio). Ma se non sbaglio avvenne già. Gulbis/Melzer: 7. Uno dei tre match più belli della stagione. Ad immaginarlo. Perché si svolge lontano anche dalle telecamere di "tele Vietnam libero". I geniali organizzatori (voto, 1-) preferiscono dare spazio al match da "nightmare" Querrey-Ferrer (1,5) con "o' zappatore" iberico che frantuma l'inenarrabile uomo di cemento yankee. Il lettone vince al al tie-break decisivo, dopo aver annullato anche dei match point. Poi sfiora l'impresa contro Murray. Tratta il numero 4 scozzese come un emaciato orsetto delle giostre con la faccia da pipistrello. Martoriandolo a suon di dardeggianti accelerazioni, ed ispirate foglie morte. Cede solo alla maggior esperienza dell'avversario, virtuoso come pochi nella difesa sul cemento. Petzschner: (ameba vera). Da Wimbledon a Flushing Meadows, sette rutilanti sconfitte. Senza alcun nerbo, anche contro l'atroce "innominato" di cemento. A New York farà il pizzettaro sugli spalti. O batterà Djokovic. Kohlschreber: 6. Un malvagio infortunio alla spalla gli impedisce il solito bel set di spennellamento contro Federer. Si spera lo ricompongano in tempo per gli Us Open.
Italia (di terra bella uguale non ce n'è). Ancora al mare, a mostrar le chiappe chiare. Fognini: 4,5. Non fai in tempo a scrivere che è il meno anacronistico dei nostri, con una racchetta in mano, e il "McSafin" de noantri si impegna a smentirti. Perde da Benjamin Becker nelle qualificazioni di Cincinnati e da un sudafricano numero 483 al mondo in quelle di New Haven. Fenomeno vero. Ma a New York è l'unico a poter vincere qualche partita. "Ammazza come siete ridotti in Italia!", potrebbe dire uno straniero che ignora situazioni ben più tragiche nel belpaese, e magari non sa che le leggi dello stato italiano vengono elaborate da un manipolo di strambi secessionisti in camice verde seguaci del Dio Odino. Sotto la guida di un omino con la stessa faccia di gomma di Sandra Milo travestito "Tommaso 'o pallonaro" ventiduenne. Seppi/Starace: s.v. Pronti ad aggredire il cemento di New Haven con ardimento e ferocia da fiere sanguinarie. Andreas pare sollevato dalla rinuncia di Serena Williams. Intimamente temeva di incontrarla in piena notte in un vicolo del Bronx, o che gli organizzatori gliela piazzassero come avversaria di primo turno. I soliti pettegoli riferiscono invece come il napoletano, bardato di un toupé biondo platino in stile Platinette, si fosse iscritto all'Itf femminile che si gioca nel Bronx questa settimana. "Questo si che é un torneo per veri duri!", ha esclamato. Smascherato prontamente dai gendarmi. Bolelli: s.v. Ancora con la paperella salvagente, pronto e guizzante come un tonno, nelle qualificazioni di Flushing Meadows. Preparato a puntino per la superficie veloce che pur si adatt(erebbe) alle sue caratteristiche tecniche, dopo cinque mesi di terra rossa. "Ma si gioca lo stesso con la racchetta, nevvero?", qualcuno lo ha sentito chiedere in giro. Paolo Lorenzi: s.v. Anche lui di poco fuori dal main draw dell'ultimo slam stagionale. Una gita pagata negli states forse la meritava anche. Ma uno che becca 6-2 periodico da Koellerer, deve farsi delle domande. Volandri: (6,5 per il commento tecnico su sky, che ho accuratamente schivato come l'ebola). E cosa vuoi pretendere ancora da Volandri. Si é riguadagnato i top 100 con caparbi risultati nei challenger. Qualcosa potrà ancora fare negli Atp da discount su terra. Non entra per poco nel tabellone di Flushing Meadows. Peccato, avrei pagato di tasca mia per vedere un Isner-Volandri. Andrà in lambretta a Manerbio, superfavorito per la vittoria.

PETE SAMPRAS: I 39 ANNI DI PISTOL PETE



Compie trentanove anni Pete Sampras, simbolo del tennis nell'Era Open. Tra vittorie, innumerevoli record e colpi di fluida esplosività. Con l'unico cruccio della terra parigina.


Il fragile teenager che farà la storia. Le grandi leggende, a volte, iniziano con buffi paradossi. Sul centrale di Parigi, gli organizzatori hanno programmato un secondo turno curioso, tra due teen-ager americani: Michael Chang e Pete Sampras. Grandi promesse, si raccontava in quel lontano 1989. Da un lato un diciassettenne con le gambe corte e gli occhi a mandorla che ne tradiscono la discendenza cinese. Contro di lui un gracile e ciondolante ragazzo bruno, dai tipici tratti somatici ellenici ad indicarne i natali materni. Il cielo parigino era quasi una colata di cemento, e ben si sposava con un match deludente. Il più giovane, ma già navigato cino-americano polverizzò le titubanti evoluzioni del talentuoso avversario, con un eloquente 6-1 periodico. Troppo acerbo Pete, gracile, impaurito dallo scenario, slegato, quasi goffo nel tenersi in piedi sull'argilla. Qualche buon colpo a svelarne le stimmate de fuoriclasse, poi il vuoto imbarazzante. E questo sarebbe il futuro campionissimo? Veniva da chiedersi. Quel risultato, riletto qualche anno dopo avrebbe fatto sorridere. Il giovane Pete continuò il processo di maturazione. In fondo bastava costruire un minimo di fisico e fiducia attorno a quei colpi di una naturalezza devastante. Già qualche mese dopo, a New York, mostrò il suo reale potenziale. Cinque set di gran battaglia per far fuori Mats Wilander. Non certo l'ultimo arrivato, ma campione in carica, ex numero uno, nonché autore di 3/4 di slam l'anno precedente. Stanco, si arrese poi a Jay Berger, curioso esemplare americano che a causa di una schiena svitata, serviva con un circense movimento, passandosi il braccio dietro al collo come uno squilibrato pizzaiolo acrobatico.
Una nuova stella, in una generazione di fenomeni. L'anno successivo è quello della definitiva esplosione. A Flushing Meadows inizia una cavalcata imperiosamente magica, fatta di gioventù, freschezza, colpi prodigiosi e serenità mentale da campione scafato. Un mix che non può non risultare vincente. Si sbarazza di Ivan Lendl, poi in semifinale incrocia John McEnroe, trentunenne genio alla furibonda ricerca di un altro successo. Inevitabile avvertire un senso di frustrazione impotente nel volto accigliato del vecchio John. Si ha la smarrente sensazione che il match rappresenti il passaggio dal tennis antico a quello moderno, con picchi di futurismo ispirato. "Così giocano i marziani!" vien da esclamare vedendo quei colpi fulminanti, partire senza tracce di fatica o forzature disumane. Un match impeccabile, servizi esplosivi e saette di dritto che non lasciano scampo. Il vecchio leone strappò un set di puro furore agonistico, prima di arrendersi alla nuova abbagliante stella del tennis mondiale. Pete si ripeté, schiantando in finale Andre Agassi in tre set. In pochi giorni aveva cancellato due vecchie leggende del decennio precedente, e ridimensionato il suo coetaneo dalla zazzera ossigenata, diventando il più giovane vincitore degli Us Open, appena diciannovenne.
Il suo purissimo talento venne ad incastonarsi come gemma luccicante in un panorama zeppo di campioni. Da Lendl e McEnroe al triste canto del cigno, ad Edberg e Becker che si spartivano i bottini sui terreni rapidi. Ed attorno un nugulo di giovani e rampanti connazionali, fulgida nidiata intagliata con lo stampino: Il frenetico tennis d'anticipo simile ad un flipper di Agassi, o il curioso dritto baseball di Jim Courier, fino al già citato Micheal Chang, fenomenale nel tirare fuori risorse impossibili da un fisico e un repertorio modestissimo. Ma tra tutti, Pete possedeva qualcosa in più. La capacità di coniugare il tennis classico alle velocità lunari imposte dai nuovi materiali e dal tennis moderno. La naturalezza di un talento a tratti disarmante. Colpi di velocità e violenza impressionante, partoriti con la minima fatica. Se il talento è l'abilità di ottenere il massimo col minimo sforzo, Pete era talento puro che camminava. Lucido architetto dalla mano geniale. Tra un punto e l'altro ciondolava con la lingua penzoloni e la testa bassa, inelegante e scoordinato nei movimenti, le braccia lunghe e l'incedere da primate pluviale. A metà Forrest Gump e il parto scellerato fuoriuscito dalla matita di un fumettista. E proprio non ti aspettavi che colpisse la palla in quel modo fulmineo, al tempo stesso fluido, coordinato ed impeccabilmente preciso.
Il tempio di Wimbedon. In molti cominciavano però a temere che quella fiammata potesse rimanere isolata. Al limite circoscritta ai campi in cemento, i cui rimbalzi veloci e regolari sublimavano il tennis balisticamente immacolato di Sampras. "Pistol Pete", appunto, per quella velocità di stilettata, che non dava tregua. L'approccio all'erba di Wimbledon presentava alcune curiosità. Rare eccezioni di orsi svedesi a parte, da quelle parti si vinceva giocando serve&volley. E Pete, malgrado falsità storiche tramandate da miopi voci narranti, non ha mai praticato lo schema con continuità. L'americano si esaltava nel devastante schema servizio-dritto, riuscendo al più a chiudere il punto con bellissime zampate di volo, grazie ad una mano morbida come pochi. Per molti insomma, difficilmente avrebbe vinto sui prati inglesi. Persino troppo veloce quel servizio per consentirgli di prendere la rete con comodità. Dovrebbe servire a 3/4 della velocità, per arrivare bene a rete, come l'elegante "tacchino freddo" (citando il sommo "bisteccone") Edberg, si diceva. E invece l'americano cresciuto a Palo Verde seppe costruirsi un metodo infallibile, tutto suo. Sulla sua prima annichilente, nemmeno nembo kid travestito da superman poteva nulla. Poi seconda più lenta, ma sempre offensiva per prendere la rete e giocare uno splendido serve&volley o chiudere col dritto radente. Se a questo si aggiunge riflessi e gran destrezza nella risposta d'incontro, divenne praticamente ingiocabile sull'erba, ancor più che altrove. E a Wimbledon erige il suo tempio personale. Vittime sparse, l'ossessionato e spiritato cavallo pazzo Ivanisevic, Rafter, il Becker agli ultimi stanchi tuffi erbivori. Stabilisce il record assoluto di sette vittorie tra il 1993 ed il 2000, e quello dei cinque sigilli consecutivi del solito spettro Borg (quasi uno spiritello dispettoso per aspiranti recordman), lo manca solo per l'intromissione di Richard Krajicek nel '96.
Sei anni da dominatore, tra record, lacrime e rivalità. Sampras sale in vetta, e continua a vincere senza sosta. Anche tra le lacrime ed il dolore per la perdita del suo coach amico Tim Gullickson, e lo sconforto che lo coglie durante un match, poi vinto con coraggio, contro Courier a Melbourne '95. Il nuovo dominatore del tennis mondiale trova in Andre Agassi il degno antagonista, sempre presente nel film della sua carriera. Lontani anni luce i due, e con personalità talmente contrastanti da creare un'ideale rivalità lunga un decennio, annacquata soltanto da un alone di finto buonismo amichevole, a mascherare un'antipatia strisciante. Istrionico al limite dello sbruffone il kid di Las Vegas, elegante e pacato l'americano di sangue ellenico. Sgargiante e kitch Agassi, sobrio e classicheggiante Sampras. Showman intrattenitore dalla (spesso forzata) battuta a comando Andre, riservato ed introverso Pete. Scialacquatore e viveur l'uno, gran risparmiatore al limite della taccagneria l'altro. I loro destini si intrecciarono per anni in innumerevoli battaglie, con Sampras che ovviamente fece prevalere sul campo il suo maggior tasso di talento.
"Pistol Pete" macina record e vittorie a velocità impressionante, quasi simile a quel dritto sfoderato come una colt. Supera Roy Emerson nella particolare classifica di slam vinti, portandone a casa 14. In Australia vince due volte, e New York s'impone in cinque occasioni (come solo Connors e poi Federer) e gioca otto finali (agganciando Lendl). Rimane per sei anni al numero uno al mondo, 286 settimane consecutive. Record tornato di stretta attualità dopo il frustrato tentativo di scalzarlo ad opera di Federer. Ed è proprio l'avvento dell'elvetico a mettere in dubbio il suo ruolo di più grande tennista dell'era open. Ragionieri pazzi e pizzicagnoli di ogni risma hanno misurato sul bilancino di precisione ogni cosa, con perizia da pazzi: Vittorie, numero di sconfitte, differenti avversari, logaritmi svalvolati, percentuali e coefficienti di difficoltà applicati al teorema di Euclide tennistico. Insulse diatribe di chi trascende dall'emozione che rasenta la follia, e non può comprendere come il più grande di ogni era geologica è, e sarà solo uno: John McEnroe, il Verbo.
L'incubo "rosso", il lento declino e l'ultimo guizzo. L'infinito campione americano, capace di dominare le scene per anni, non riuscirà mai nell'impresa di domare l'infida terra parigina. Su quei campi, oltre a perdere d'incisività nei sui colpi vincenti, diveniva lampante l'unica pecca del suo gioco: Il rovescio. Ad una mano ed efficace nelle soluzioni in back o d'incontro, insufficiente se giocato coperto. In quegli anni il Roland Garros era proscenio del tennis fisico e muscolare, arrotatamente pedalato. Picchi di increscioso tennis da "horror vacui" rappresentati da Muster, Bruguera o Albert Costa. Persino Berasategui faceva finale in quei tempi di gramo scempio estetico. Solo cocenti delusioni per in numero uno, annesse umiliazioni impensabili. Dall'iniziale disfatta con Chang, passando per Schaller, e chiudendo malinconicamente nel 2002 contro l'italiano Gaudenzi. Senza mai trovare i giusti accorgimenti, spesso intrappolato e vulnerabile nella diagonale rovescia. Bastava che un quasi mestierante in giornata di grazia scalpellasse su quel lato, o con servizi in kick ad uscire da sinistra, ed il gioco era fatto. Solo nel 1996 si avvicinò al successo, sconfitto in semifinale dal futuro vincitore del torneo, Kafelnikov.
Il declino, lento ed implacabile, arrivò all'inizio del nuovo millennio. Quasi simbolica, la sconfitta a Wimbledon 2001 contro Federer. Un suggestivo passaggio di consegne con quello che sembrava l'erede naturale, per talento e stile di gioco. A New York, nel 2000 e nel 2001 prima un monumentale Safin, poi il giovane Hewitt gli sbarrano la strada in finale. Ma c'è ancora il tempo per un ultimo sussulto, malgrado l'inevitabile logorio fisico. Dopo una stagione deludente, ormai trentunenne, nel 2002 Pete piazza una zampata antica, afferrando il quinto titolo a Flushing Meadows, ed il quattordicesimo major. In finale, quasi per un gioco del destino, proprio contro lo storico avversario di sempre, Andre Agassi. E Pete chiude praticamente lì, come fanno i grandi campioni, lasciando da vincente.

MASTERS 1000 TORONTO: LA ZAMPATA DI MURRAY


A Toronto si rivede un Murray in gran spolvero che fa suo il torneo. Federer ancora a corrente alternata, Djokovic in ripresa e Nadal nuovamente a disagio sui terreni duri. (le pagelle).

Andy Murray: 8. L'aria salubre delle acciaierie canadesi deve ispirarlo assai nel liberare mente e gran braccio. Gioca un altro torneo sontuoso mostrando quello che da anni potrebbe essere e non è ancora. E forse mai sarà. Ridimensiona le ambizioni del ritrovato Nalbandian, aggressivo e geometricamente ineccepibile, evidenzia tutti i limiti del Nadal cementizio. Fino alla finale, vagamente venata di surreale e simile ad un divertente "ciapa no", in cui prevale su Federer. Il fuscello scozzese è ora atteso all'ennesima prova del nove: Riuscirci anche in uno slam. Inquietante l'abbraccio finale alla bacucca mamma factotum, con occhiali alla "renegade"-cacciatrice di triglie.
Roger Federer: 7-. All'inizio l'attenzione era tutta per quella mise rosa frù-frù che avrebbe entusiasmato Aldo Busi. Poi picchi di gran tennis alternati a distrazioni e passaggi a vuoto inquietanti. Fisiologici, direbbe qualcuno che la sa lunga. Questo è il nuovo Federer. Il suo problema, più che nel fisico, risiede nella testa. Nel non riuscire a mantenere l'imperioso livello di gioco oltre un'ora. Esibizione di tennis monstre, poi l'avversario (il Berdych o Djokovic di turno) rimesso in vita, e ad un passo dalla sconfitta il prodigioso recupero. Ma non sempre l'avversario è pavidamente consenziente. In finale con Murray, match a tratti pregevolissimo, non può bastare una manciata di acuti formidabili alternati a marchiani errori da smemorato di Collegno.
Rafael Nadal: 6-. La festa è finita. I dieci tornei sul veloce senza vittorie, prima della cavalcata primavera-estate su terra e a Wimbledon, non erano un caso. Il cemento rimane la superficie in cui più fatica e si mostra senza difese, contro gente che gioca a livelli d'eccellenza. Servizio poco offensivo e prodigiose arrotate difensive che sul cemento non producono gli stessi effetti devastanti. Pur in condizioni fisiche ottime, ancora non basta per prevalere anche su questi campi.
Novak Djokovic: 6,5. Inatteso, riemerge dopo un'ora di autentica umiliazione sportiva impartitagli da Federer in semifinale: 6-1-2-0. Tutto giallo ocra con sbreghi alari sulla maglietta, assai in voga nella Germania anni '30, sembra avvilito, impotente. Poi è bravissimo a sfruttare la chance che Federer gli offre (e lo svizzero, almeno una te la porge sempre, cavallerescamente). Consistente, implacabile ed esaltato come non lo vedevo dalla famigerata semifinale di Madrid con Nadal. Al suo angolo, il duo "Gianni e Pinotto" continua ad annuire in sincrono. Sono vestiti in modo identico, come gli anziani nelle comitive in gita al Vaticano. Una visione tremenda. Novak va ad un passo dal servire addirittura per il match, prima che l'altro metta la freccia. Ritrovato, sembra.
David Nalbandian: 6+. Dopo la bellissima cavalcata a Washington, era atteso alla conferma. Ed il pingue argentino non si fa pregare. Si sbarazza delle Kessler terricole (Robredo e Ferrer) e supera anche Soderling, prima di cedere ad un Murray esaltato. Sforzandosi di non vederlo paonazzo e sudato già dopo due scambi, è evidente come sia più fresco di altri, avendo giocato meno. Se il fisico regge, il suo bulimico ed esondante talento, lo rende (imponente) mina vagante a New York.
Thomas Berdych: 5,5. Ha raggiunto un buon equilibrio tattico, dopo anni di suicidio ottusamente violento. Certo. E' tennista capace di vincere su ogni superficie. Ci siamo. Forse vale i primi 5/6 al mondo. Può essere. Ma quell'attitudine da pavido allocco piumato, è l'ultimo fardello da cui liberarsi per fare il salto di qualità. Come a Wimbledon, il braccio smunto inizia a vacillare quando serve per il match. Allora fu graziato da quella inenarrabile fiatella di rovescio a metà rete di Federer, in Canada lo svizzero non ha pietà.
Alexandr Dolgopolov jr.: 6+. A vederlo, simile ad una svolazzante ballerina di bolero, non gli daresti due lire. Ma questo ragazzo ha nel braccio un lancia razzi devastante. Dopo anni di infortuni e tentativi nei challenger, sembra arrivato il momento della sua esplosione a grandissimi livelli. Ed il cemento agevola i suoi colpi poderosi. Quasi specializzato nella caccia alle quaglie della Patagonia in migrazione canadese (Petzschner e Youzhny): Le fa sfogare, giulive e starnazzanti, per un set, e poi le impallina senza pietà.
Le scherzose foche dell'Ontario. Gasquet/Stakhovsky: 7,5. Uno dei migliori accoppiamenti possibili, nel tennis moderno. Il lascivo airone dei radioattivi cieli ucraini e lo spelacchiato cigno in disarmo. Si vive tutto il match nella fiduciosa attesa di un paio di punti fini a se stessi, che allevino lo spirito troppe volte deturpato dai Querrey e Ferrer. Il francese è più impalato del solito per i problemi alla schiena e svogliatamente, concede alla platea qualche bel ricamo. Attacco di rovescio lungolinea, e demivolè stoppata che somiglia all'incanto estatico e finale. Poi perde nettamente, facendo sembrare l'ucraino un cuore di drago. Clonateli. Ernests Gulbis: 5+. Il lettone che vincerà gli Us Open (un anno o l'altro), è ancora claudicante per gli antichi problemi al ginocchio. Ma riesce a fare partita pari contro Soderling, grazie ad un tattica illuminata: Chiudere lo scambio al primo colpo brutalmente naturale o con smorzate a go-go come non si vedeva dai tempi di Ilie Nastase. Non vince, ma se solo sta bene fisicamente, cominciate a tremare. Jurgen Melzer: 4,5. Geniale nell'arrivare nei tornei che contano già spompato dall'esecrabile mietitura di punti nei tornei europei low cost. La sconfitta con Seppi in quel di Umago deve aver inevitabilmente minato il suo ego. E perde contro l'eroe di casa Polansky. Uno che con quel nome sarebbe da arrestare per libidinose molestie tennistiche, e che vede i primi 150 come un miraggio. Philipp Petzschner: 3-. Qualche suo biografo lo dà in condizioni fisiche precarie. Lui, inde-fesso, continua a giocare in ogni dove, come un Harlem Globetrotter appena uscito da un centro d'igiene mentale. E quando mi ricapiterà più di entrare ovunque in tabellone, si sarà detto con insospettabile acume. Ma cosa vuoi aspettarti da un tizio con le meningi fratturate in tre punti ed un ginocchio malconcio? Un lobotomizzato sciancato può solo collezionare cinque sconfitte di fila o vincere gli Us Open. Philipp Kolschreiber: 6,5. Nei tornei importanti il Seppi tedesco (ma divertentissimo e pieno di talento) sale in cattedra. Raggiunge i quarti di finale, poi va in scena la duecentoseiesima ed ispiratissima esecuzione de "L'incompiuta de Kohli". Contro Nadal, per un set l'ermellino teutonico sciorina tennis che è pura sinfonia celestiale. Poi si spegne progressivamente e l'esperienza del campione iberico ha il sopravvento. Mikhail Youzhny: 5,5. Il russo mentalmente instabile, dopo qualche illusorio torneo d'inizio anno lottato ad armi pari (anzi, superiori) coi più forti, è tornato in se. Ha il gran merito di liberarci dall'inquietante e soporifera presenza del fantasma formaggino Gilles Simon. Poi il prevedibile delirio masochistico lo rapisce mentre stava affettando con classe Dolgopolov. Ritrovato, per l'autodistruzione.
Italiani d'estate. Fabio Fognini: 6. Un italiano che si avventura in America somiglia ad un astronauta che pianta la bandiera sulla luna. Il "McSafin" nostrano è una specie di pioniere. A Toronto passa le qualificazioni e poi supera lo spettro di quello che fu Stepanek, prima di arrendersi a Davydenko. Non è molto, ma abbastanza. Sarà anche per l'età, ma il ligure, baldanza e passo da bullo impettito a parte, è l'unico della ciurma italiana a dare l'idea di un tennista vero, di quelli che hanno ambizioni internazionali e nessuna paura di confrontarsi coi più forti in tornei di livello, invece che vivacchiare furbescamente gabbando il computer. Uno normale insomma, stranamente italiano. Seppi/Starace: s.v. Il riposo dei guerrieri, dopo la sfolgorante estate di conquista. Ora v'è febbrile attesa per il torneo di Bucarest, dopo l'inutile trasferta agli Us Open. In Romania, non essendoci nessuno, una semifinale o finale si può arraffare con destrezza. Intanto si sono guadagnati almeno un'altra stagione da top 50. Il resto si vedrà, con un po' di buona sorte possono anche salire tra i primi trenta, continuando l'inebriante lotta per la prima posizione nel ranking italiano. E guarderanno dall'alto gente come Llodra e Stakhovsky. Entusiasmo alle stelle tra i tifosi italici. Simone Bolelli: 7,5. Dopo mesi trascorsi a remare in challenger terricoli come un Pere Riba qualsiasi (che a differenza dell'iberico non vince e non entra tra i primi cento), il suo nome figurava tra gli "altenates" delle qualificazioni a Cincinnati. La rinuncia di qualcuno gli apre le porte delle qualificazioni, e lui si cancella immediatamente. Immagino, esibendo un tragico sorriso fantozziano: "Stavo a scherza', ma credevate davvero che...". Pare sotto illuminato parere dell'équipe di studiosi che lo seguono, e che ne hanno consigliato un ritemprante ferragosto in riva al mare, con secchiello e palette a costruire castelli di sabbia e trovare cavallucci marini.

WTA CINCINNATI: VINCE KIM, VINCE IL TENNIS

Ferme ai box le sorelle Williams, autoritario acuto di Kim Clijsters. Ennesimo crollo in finale per lo scaldabagno urlante siberiano. Il tremendo sgarbo ad Ana Ivanovic. In ripresa Flavia Pennetta, Schiavone sempre più giù. (le pagelle).

Kim Clijsters: 7,5. Ha vinto Kim, ha vinto il tennis. Assenti le sorellone multivitaminiche, è lei quella che più somiglia ad una numero uno. Colpi, intelligenza tattica, calma e temperamento da campionessa, fa suo il torneo di Cincinnati. Fino a quel punto perfetta, rischia l'incresciosa sconfitta in finale contro lo scaldabagno urlante siberiano, annullando tre match point. La pioggia, sopraggiunta a due punti dalla sconfitta, contribuisce a metterle ordine nella testa. Per vincere senza problemi, basta solo spostare quel rumoroso ed impalato totem biondo, coi suoi bei colpi incrociati e contro tempo.
Maria Sharapova: 7 (all'ugola d'amianto). Seconda finale consecutiva persa, nel caparbio tentativo di ritorno a buoni livelli. Il tremendo fastidio per quei ragli belluini da fiera prossima alla camicia di contenimento, lascia il posto alla tragicommedia patetica per l'esito della finale contro mamma Kim. La pioggia deve averle levato il ritmo di rantolo, e lei cade miseramente ad un punto dalla vittoria. A nulla serve il ridicolo medical time-out d'ordinanza. Una domanda ferragostana: Per un avversario è più antisportivo l'abuso di racchetta, un saltuario smoccolo o dover ascoltare per tre ore un continuo concerto sinfonico da anitra morente che ha fatto i gargarismi con l'acqua ragia? Ormai scarica e sotto 1-5 smette lo strepitante e delirante concerto, e silente tira i cinque/sei colpi più belli del match. Non ci vuole Dulbecco per capire che con maggiore ossigenazione al cervello sarebbe una tennista migliore (oltre che meno fastidiosa).
Anastasia Pavlyuchenkova: 6,5. Fa tantissima simpatia questa imbronciata ragazzotta russa vagamente sovrappeso. Già madida di sudore attorno al pingue girovita dopo tre punti. Ma ha una bella mano e facilità di tennis, se solo ogni tanto azionasse il cervello. Per spostarla ci vuole una gru, ma ella gioca da ferma, talvolta in obbligate demivolè folli neanche fosse Federer. Approda in semifinale, e sfiora l'impresa contro Masha. Sa bene che per batterla deve farla correre, e lei ci prova, anche con qualche graziosa smorzata pallonetto (che però contro la siberiana basterebbe anche). Il futuro è suo.
Ana Ivanovic: 7 (al senso del ridicolo). Gioca un bel torneo, giungendo in semifinale. Ed è già notizia da prima pagina. Poi si rende protagonista di una vicenda al limite del grottesco. L'organizzatore dell'imminente torneo di Montreal, tal Eugene Lapierre, le nega una "wild card" preferendo darla ad una giovane canadese e motivando il rifiuto con lo scarso rendimento della serba negli ultimi periodi. Sacrosanta verità, per una capace nell'intera stagione di vincere due partite in fila solo in due occasioni, e che ha una classifica inferiore a quella della quarantenne Kimiko Date Krumm. Ma ella non può accettare una simile insolenza plebea. Come vergine cuccia ferita da cotanta rozzezza, alza il sopracciglio e sbotta con algida protervia da immortale e flatulente star dei campi: "Questo signore ha passato il segno!", rifiutando il tardivo invito per aristocratica ripicca. A Montreal faranno a meno delle sue insensate urla di guerra e di quelle squinternate pallate in piccionaia. E gli spettatori eviteranno di munirsi di un protettivo casco integrale. Morale della comica: Alla serba, qualcuno (uno psichiatra o qualche ciabattino) dovrebbe far capire che non è un mix tra Chris Evert e Margareth Court, ma una modesta nuumero 62 al mondo. Ed il signor Lapierre s'è guadagnato di diritto una candidatura al Nobel per la pace.
Flavia Pennetta: 6+. Sul cemento americano la brindisina torna sempre ai suoi massimi livelli. Proprio quando la classifica la spinge in basso. Ovviamente paga dazio contro avversarie di livello superiore, ed in buona giornata (Kuznetsova o Clijsters). Già molto, pensando che qualche mese fa bastava una Zakopalova qualsiasi.
Svetlana Kuznetsova: 4. Sforzandosi di non pensare a quegli shorts da film del terrore, la minatrice russa aveva destato grande impressione nel vittorioso torneo di San Diego, sciorinando tennis lussuoso. A Cincinnati perde subito dalla Sharapova. Questa è la wta, altalena e nessun punto fermo.
Victoria Azarenka: 4. Qualcuno deve aver visto il match da "shining" perso con Ana Ivanovic. Se ne è uscito vivo, potrà saperne di più.
Francesca Schiavone: s.v. A beh. Continua nel digiuno post scorpacciata. Attendiamo frementi che ritorni (almeno) ai livelli pre Parigi. Perché al tennis sa giocare come poche. Rimane l'orrendo dubbio di una maledizione finale: Quando un buffo tizio in doppiopetto extralarge, pur intento a districarsi tra una missiva e l'altra degna del dolce stil novo con "binnu", decise di invitarla a corte, presentandola come l'immagine dell'Italia che è uscita dalla crisi economica. Una sentenza.

domenica 8 agosto 2010

LO SCRITTORE DI TENNIS PIU' ORIGINALE AL MONDO



Letture "lo cost" per l'estate
Dedicato ai maldestri segaioli


Pezzi di cervello esploso, cappi e mazze ferrate. Wallace è morto impiccato. Voglio dire, s'e stretto un cappio al collo ed è andato lungo disteso, nel suo magico mondo di parole aggrovigliate. Quando, gioco forza, dovrò uccidermi anch'io, toccherà scegliere un metodo alternativo. Escogitarne uno che possegga i crismi di una originalità illminata da divinità che danzano una mazurka, ignudi bruchi. Non conoscevo questo scrittore, poi un mese fa Pier Paolo me ne consigliò la lettura di qualche stralcio. Forse il migliore che mi sia capitato di leggere, in questo ambito. Metti che lo scorso anno mi fossi impiccato? Sarei stato il solito, esecrabile plagiatore postumo. Anche di suicidi. Qualcuno avrebbe nerbato le mie carni ormai vinte dal "rigor mortis", con una mazza ferrata.
Allora ho pensato ad altro, nell'evenienza estrema. Un colpo di fucile in bocca? Il cervello in mille pezzi che vola via, e brandelli di materia grigia mescolati a frammenti aguzzi di scatola cranica frantumata. Sarebbe un bel congedo, da vero maschio con le palle sudate. Guido una volk's, ma debbo ancora affinare l'arte del duro. E poi, lo ha già fatto Cobain. Ci vuole qualcosa di estrosamente unico, perdio! Escluse a priori cicute e aspidi, roba da donnicciole, mi sono indirizzato verso quello che più accarezza un'idea di libertà immacolata e finale: Gettarmi a volo di gabbiano dal settimo piano gridando : "alpini gabbiate pietà!". Vuoi mettere il non avere un funerale in chiesa ed ascoltare la filippica di un prete grinzosamente sciocco? In un feretro in frassino, finemente lavorato, dover anche sopportare la beffa. Le teatrali nenie di uno con una sottana luccicante che ciancia di vita eterna, e magari ha la strizza al culo all'idea di crepare. I globuli rossi stecchiti si avvilirebbero ancor di più. "Senza il prete e la messa...perché di un suicida non hanno pietà", cantava Faber. E allora al plagio materiale, se ne aggiungerebbe uno intellettuale, bieco e strisciante. Nessuna alternativa credibile. Dovrò pensarci ancora o vivere, malgrado i latrati di Sara Errani o una voleè sgozzata di Djokovic.
"Il problema di quello lì è che sembra non abbia nessuna ambizione. Qualcosa bisogna pur fare...". Si corrucciava mio padre, in piena enfasi di finta tribolazione, parlando del giovin Picasso. Un discendente capellone, bocciato in quarta liceo, dedito alle droghe leggere e poco altro. Poi scosse la testa, trincò l'ultimo quartino di rosso slavato e bestemmiò contro il creatore, l'immacolata concezione dei Picassi e una dozzina di santi in paradiso. E intonò un brigantesco canto popolar-folkloristico. Lui, con la sua bella Fiat Ritmo metallizzata si sentiva un realizzato, qualcuno che ce l'aveva fatta. Era nel giro, insomma. Nel suo mondo, una 1100 bordeaux, poi una 128 color oliva e infine la modernissima ritmo del 1983, dovevano garantirgli l'ingresso nel cda al fianco di 'gnello. Quella frase stride un po' con l'obiezione che mi è stata mossa qualche giorno fa, o la conferma in pieno: "Non é che tu stia esagerando? Che ti consideri il più gran 'scrittore' della terra, quando invece sei all'inizio e ti leggono due gatti?". Può essere, tutto può essere. Anche che il letame olezzi di mughetto. Ma allo stesso tempo mi risulta sinistramente insulsa la sua chiosa: "E poi, polemiche e critiche è normale che ci siano, quando si diventa 'famosi'...". Io, che famoso vorrei diventarlo andando all'isola. O consumando del sesso spiccio innanzi alle telecamere del Grande Fratello.
(Mi pare di udire dei commenti: Buon Dio, ma che scrive il Picasso? Si sarà giocato anche quella mezza rotella che pareva ancora girare nel giusto verso? Può essere, può essere. Arrivo al sugo.).


***

Le bionde muse, e la sconcezza di una mente plagiata. Sarà, ma pochi giorni fa discutevo con una ragazza. Seduti al tavolino di un bar in riva al mare, si godeva del tramonto oscenamente rossastro, simile ad una mezza anguria sbronza che fa il windsurd. Niente di troppo sofisticato, con qualche picco da Tupamaru imborghesiti: Concerti in piazza, musica etnica, un gruppo di peruviani poveri e tristi come una melancolia di morte che gridano il genocidio orrendo della conquista di Colombo. Poi si è passati a questioni più frivole, tipicamente estive: Il problema alla cinghia motore della sua LanciaY azzurrina, fino alla scottante querelle sulle chiappe di Belen, romantica fata delle fiabe dementi, di chiaro stampo italiano, che tira di cocaina come gran parte dei debosciati a due zampe e senzaculo.
Poi, non so per quale motivo sconciamente inutile, ho finito per confessarle il mio sogno erotico irrealizzalibe: LUISELLA COSTAMAGNA. Ebbene sì, gran femmina. Sensuale, colta, intelligente e sexy. Oh, si. Tremendamente sexy ed attraente quando ammicca con quei sorrisetti furbi che ne arricciano il naso tentatore. Un ammaliante serpe biondo sibilante. Possiede un dono e non lo sa, quella donna. "Oh, non me lo avevi mai detto...ma allora c'è qualcuna dello spettacolo che non ti stia sulle palle!". Si è liberata la mia partner occasionale da quattordici mesi. Per implicito desiderio di confortare quelle parole, ho ricarato la dose con una rivelazione ancor più sconcia: La stessa luce viziosa negli occhi, movenze sensuali ancorché impercettibilmente sinuose, l'ho notata anche in un'altra donna del jet-set. La ex miss italia, rossa sulfurea e sensuale. Una diavolessa con occhi di gatta tentatrice. E sembra pure dicretamente intelligente. O almeno, dovrebbe esserlo abbatanza per sfuggire alla nomina di Ministra della Repubblica italiana. "Miriam Leone!". Ha squittito l'amica, facendo un sorrisetto insensato. Ho pensato fosse la desuetudine alla birra doppio malto.
"Ed Elisa Isoardi ti piace?". Ha chiesto, parecchio incuriosita.
Una bella bruna frivola e solare che presenta un programma di ricette alla tv. Ne avevo un vago ricordo. Ma sì, pur'ella dotata di un'innata una virtù assoluta. Non chiedetemi quale. Quel qualcosa che difficilmente si riesce a spiegare con volgari parole, sminuendo l'insindacabile giudizio di un'erezione clamorosa. Senza alcuna reticenza le rivelo che mi garba assai. Anzi, la vedrei come ideale partner per l'ormai famosissima scena del burro di "Ultimo tango a Parigi". Con la variante lussuriosa di avvinghiarci lacoonticamente su un tavolo impastato di sfoglia per fare i tortelli alla bolognese. Una fantasia peccaminosa, per cui chiedere l'assoluzione ad un prete molestartore di ragazzini armeni e lavare con sei pater noster, almeno. La tizia di fronte a me ha fatto la faccia dello stupore divertitamente scettico.
"Si, in pratica mi hai citato le tre muse di Tinto Brass, quelle che desidererebbe avere nel suo nuovo film...". I dettagli del godereccio fine serata a casa mia erano già pronti, ma quel picco di volgare mancanza d'originalità, ha rischiato di mandare tutto a monte. A puttane quasi, nel vero senso del termine. Per mesi e fino a pochi minuti prima mi considerava un tipo, a suo modo, estrosamente particolare, quasi interessante da conoscere o studiare. Ora era tutto perso. Ho cercato di accampare scuse infantili, dirmi assolutamente ignaro dell'affare. Ma dentro di me, apparivava una vicenda sensorialmente strana, bizzarra, inspiegabile. Voglio dire, sapendomi innocente ho pensato i peggiori risvolti: Sto diventando anch'io un genio della perversione sconcia? Già lo ero? Coincidenze? Sono il suo erede? Dovrei mettermi a girare film? Poi non ci ho pensato più.
Ora qualcuno penserà che la calura estiva ed il bisogno di ossigenazione al cervello, stia lentamente rendendomi un idiota, o un Gasparri qualsiasi. E si chiederà, cosa diavolo c'entra tutto ciò col tennis? Con Federer in difficoltà? Con Gulbis che s'è rotto di nuovo e proprio non vuole sentirne di esplodere in faccia al mondo quel benedetto talento innato e cristallino. Niente, o tutto. Dipende. Sono solo cocci, chincaglierie rotte che vagano nella mia testa e andrebbero sistemate al punto giusto. Solo i più illuminati o intimamente pazzi potranno riuscirci. Io già li ho ben chiari nella mia testa, del resto mi importa un cazzo. E' risaputo come le cose più apprezzate si scrivono per non far capire niente alla gente che le apprezza. E perché le scrivi allora? Perché deve pur passare quest'ora maledetta. O per non farmi apprezzare.

***


Le "bestie di satana" devote al Dio Onan. Qualche giorno fa ho scoperto, con discreto raccapriccio, che un mio post era stato linkato (e il termine obrobbriosamente moderno, già indica nefasti presagi) in un forum piuttosto in voga. Niente di male, tra aggregatori vari e quisquilie, può succedere anche di ritrovarsi citati in un sito di scommesse clandestine sulle corse dei cani. Me ne hanno segnalato altri due, ma ho evitato di sbirciare, avendo già stimolato un discreto meteorismo intestinale col primo. Un manipolo di smidollati avventori in erba dibatteva. Si facevano delle domande. Voglio dire, non essendo del ramo m'é sembrato increscioso come discutessero di me che non esisto, di un mio pezzo, del mio modo d'intendere il tennis e persino di scrivere. Si arrovellavano i cervelletti in tragico disarmo, simili a quelle frattaglie e rimanenze di vitellone malato vendute al "McDonald's". Ottusi, sterilmente sciocchi. Imbarazzanti. I più sagaci partorivano sentenze di morte, frutto di elucubrazioni simili ad autofellatio cerebrali di stampo Dannunziano.
Li ho immaginati, brutti come topi. Oscenamente rupuganti. Giovani col viso deturpato da pustole di gioventù morente. O vecchi, con vaga forma di rincoglionimento e precoce appassimento neurocerebrale, col cazzo avvizzito malgrado i vani tentativi di cimentarsi in quelle pratiche ossessive e solitarie. Si affannano, con vorticosi movimenti delle pupille sporgenti, ovviamente slegate al cervello. Entrambe le tipologie di lettori, hanno in comune una repellenza impalpabile. Sono sfuggenti come curiose salamandre dello Yucatan. Invisibili camaleonti dell'idiozia. Perché mica si fanno vedere o sentire direttamente. Non gli balza in testa di poter commentare o discutere con l'autore del presunto crimine. Sono abilissimi. Sgattaiolano con la destrezza delle pantegane nate nelle fogne di Calcutta. E parlano di te. O meglio di quello che credono sia tu, mentre in realtà sei un altro o qualcuno che i loro encefali deturpati dall'idiozia logorante non possono comprendere. Si spendono in parole vuote, ottusamente subnormali. Scrivono perle d'insensatezza abbagliante, su questo e quello, talvolta azzuffandosi come galline. Emettono giudizi insindacabili, linciaggi morali dei picassi sparsi nel mondo. Tutti fieri e convinti. Magari rileggono il loro commento ed egagri si dedicano alla loro scellerata arte prediletta: l'ossessiva masturbatio semiadolescenziale o da depravata ed impotente vita senile in un ospizio. Ecco, così vedo i forummisti, assieme agli altri. Imberbi sfigatelli nerd o pseudo-Pacciani talmente frustrati dalla loro impotenza morale e di penna, da sfogarsi come i maniaci seriali, infierendo su quello che loro non possono essere. Vinti da una depravazione malata che sfocia negli omicidi seriali. Solo che questi strani esseri, non ammazzano nessuno. Ci hanno una tana insomma.
"Ma dai...i forummisti sono la piaga sociale del mondo, adesso? Mi sa che stai delirando davvero...", dice quello. Mannò, figuriamoci. Ci scherzo, ne rido. Poi vi é anche un buon 10/15% di gente moderatamente sana di mente mescolata a loro, capitata lì per caso. Sono animaletti divertenti, in ultima istanza. Si coprono di ridicolo, e non lo sanno. Da buon fruitore dell'orrido ed uomo che si nutre di mostrocismi di ogni risma, vuoi che mi scomponga per i parti di menti plagiate? Ne rido della grossa. Se solo venissero a Maometto, risponderei esercitando la mia innata verve da insultatore da competizione. Poi, non tutti lo sanno, sono un laico, antiproibizionista, liberale e libertario. E sorattutto un "gahndiano" non violento. La gente, al limite la smonto e smembro con le parole. E' uno sport d'élite. Se poi capita che mi si venga ad istigare di persona, tre/quattro jab ben assestati li regalo volentieri. Modestamente, ho ancora una bella mano, non mi piacerebbe Tsonga altrimenti. Ok-ok, non sono proprio un "gahndiano" modello.
E allora? Dove voglio parare con questi discorsi labilmente sconnessi? A nulla, ovvio. I forummisti picchiatelli di certo non sono un male estremo, ma si avviano inconsapevolmente alla mostruosità. Sarebbero futuri uomini migliori se si ubriacassero di vodka, leggessero Hemingway, "rubassero e 'toccassero i femm'n", s'interrogassero su Berlusconi e Carboni lasciando perdere i Picassi lazzaroni, scrivessero dei poemetti satanici dopo aver scolato una bottiglia di Jack Daniels. Questi amabili piscialletto sono un piccolo segnale di un paese che va alla deriva intellettuale. "Ah, Picasso, Picasso...tu non hai ancora capito un cazzo di come funziona il giro! Devi mescolarti a loro, farteli amici...insomma pubblicizzarti, e vedrai che...". Insomma, dovrei sfruttare la demenza altrui, tendente al mostrocismo. E' così che funziona in ogni campo, che i dritti emergono. Sarà per dare credito alle parole biascicate dal vecchio sbronzo sulla mia mancanza di ambizione o per altro, ma non mi frega un cazzo di spiegarmi. Farmi capire. So già di essere almeno dieci spanne superiore alla massa (e qui ritorna l'esondante ed inguaribile modestia). Lo so io, e forse chi ha avuto il coraggio e la pazienza di continuare a scrivermi (in quattro). Si saranno forse resi conto della mia "immediatezza-non mediata" nello scrivere boiate a gettito continuo sul rovescio di Youzhny, sugli occhi spiritati della Carfagna, sull'ugola di Plant o la fica di Kate Moss. Gli altri, beh, continueranno a pensare quel cazzo che vogliono. Li lascio volentieri alla loro fantomatica setta di adepti deliranti. Hanno la loro bibbia, la legge divina non scritta, il corano del tennis. Guai a chi osa scrivere o pensare la medesima cosa, per pura casualità. Si diventa sciacalli. Testimoni di geova che vogliono arricchirsi copiando il Verbo, la loro luce guida. Accostarsi ad essa configura una specie di blasfemia inenarrabile. Menti in disarmo appunto, traviate ed incapaci di una loro idea. Possono andare a farsi inculare da un branco di macachi.
(Avete messo assieme qualche coccio? No? va bene, è lo stesso).


***

Alla disperata ricerca di una pionieristica originalità di masturbazione (a due mani). La realtà è che da un anno scrivo di tennis, ed occorreva anche fare un bilancio, il giorno prima di andarmene in ferie (magari definitive). E allora, quale occasione migliore per vomitare quello che penso della gente? Di gran parte della gente, ovvio. Che le persone mi stiano sul cazzo, nella quasi totalità è un dato di fatto. Già ammessa questa mia vaga misantropia illuminata più volte. Semplicemente, trovo che la razza umana sia stupida, insulsa, insignificante. Mi spiego meglio: L'uomo è inoffensivo preso singolarmente. La rivoltante piaga sociale si ha allorchè essi si coalizzano, formano un gruppo, un partito mafioso, una tribù, un condominio, una setta, una comunità, un'associazione per delinquere, una religione, una loggia massonica, un paese...etc...Qualcuno la chiama democrazia, altri demenza collegiale. Fanno semplicemente paura, perché non saranno mai capaci di esprimere un singolo pensiero sensato. Da soli non valgono un cazzo. Consci della loro pochezza (morale ma certamnte anche fisica), si rifugiano nel gruppo per continuare la loro vita da pusillanimi. Come le bestie insomma. Gli uomini abbinano a quel minimo istinto primordiale il bieco interesse. Lo disse Cèline, poi Bukowski, Camus, forse Bocca o anche Sartre, se solo avessi avuto lo stomaco di leggerlo.
(Vi immagino ancora) Cazzo dice questo? Si mette a fare delle dissertazioni di sociologia artigianale? Non è meglio scrivere del dritto flatulente di Seppi? Come dicevo prima è temo di bilanci senza senso. E le ferie prossime con la calura insopportabile a rendere queste ultime giornate insostenibili, agevola il rivoltarsi della sacca scrotale, da almeno un anno ammorbata da voci pissi-pissi, bao-bao, insulti camuffati, accuse sibilline, sorrisetti dementi. Orsù, facciamo ordine nel disordine. Scrivere di tennis su questo blog e altrove mi distende i nervi. E' un ottimo palliativo alle droghe sintetiche. Per l'alcol invece, non v'è proprio rimedio. Dieci anni fa avrei scritto di ciclismo, di Pantani, Chiappucci, Coppolillo o Podenzana. Vent'anni fa forse di "Arighe" da Fusignano, un omino pelato ansiogeno, illuminatamente squilibrato ed intimamente pazzo da legare. Uno di quelli che rischiavano di finire le proprie giornate in una clinica per menti stressate, se non gli avessero consigliato per tempo di mollare la panchina e prendersi una lunga vacanza. O forse di Zdenek Zeman, Il Maestro Boemo. L'uomo dell'utopia offensiva. Il suicidio arrembante. Una sigaretta via l'altra e quella faccia da sfinge egizia logorata da pensieri altissimi, che ti ridicolizzava senza dire niente, con la semplice espressione marmorea. Il più grande umorista della storia.
(Ora delira col calcio? Eh già, questo ce lo siamo giocato in modo irreversibile). State sereni, non ho perso il senno. Non più del solito, almeno. Siete voi che dovreste aver già messo assieme i pezzi del quadro orripilante. Ha tutto una sua logica stringente. Lampante, oserei. E' che non riesco ad arrivare al punto. Divago, come al solito. O forse la cosa è talmente insignificante da rifiutare di farsi affrontare di petto. Allora ci proviamo, con ardimento. In qualsiasi ambito il dissenso mi diverte. Più di quanto il nostro adorato premier apprezzi il contraddittorio. Provocano una leggera orticaria scrotale solo le accuse provenienti da lingue di serpente mascherate da sorrisetti dementi e gran pacche sulla schiena. Ma qui si entrerebbe in un territorio minato. Dovrei citare soporifere penne alla valeriana doppia. Ci vorrebbe troppo tempo, e rischierei di scrivere un poema. Meglio tornare ai nostri adorabili pugnettari da forum, costa meno fatica e mi diverte molto di più.
Ho la grave pecca d'esser modesto, che poi è l'anticamera della "mancanza d'ambizione" vaticinio che quel vecchio si portò nella tomba. Assieme alla sua Citroën zx del '91 (comperata per protesta, quando comprese che acquistare Fiat non lo avrebbe reso cavaliere del lavoro). Ma se qualcuno evidentemente più stupido di me prova a pigliarmi per il naso, divento di una megalomania devastante. Il mio ego si gonfia come un'otre gigante. Divento 103 volte più arguto Gesù e dotato di Siffredi. Trasecolo quasi nel morbo inguaribile che ha vinto la mente del sultano, spappolata dal viagra arigianale. Questo increscioso fenomeno di trasformazione avviene solo quando mi vengono mossi appunti da parte di gente inferiore o coalizzati mentali. Il problema è che io reputo tutti, inferiori. E allora? Siamo messi bene. Bel dilemma, da consegnare all'equipe di studiosi che cura Bolelli.
Ok-ok, divago. Ma arriverò al punto un giorno o l'altro. Potrei benissimo affrontare questioni stringenti, chessò: Il doloroso rischio d'estizione del pesce-ratto, la delicatissima questione politica italiana, l'avvincente challenger di San Marino, l'ex leone Muster che ritorna, oramai sdentato, a mietere impietose sconfitte, Malisse splendido protagonista a Washington, Lindsay Davenport che torna e vince, in doppio. Insomma, di materiale ce ne sarebbe. Ma io da oggi sono in ferie da tutto, poi questo è un vacanziero post sui generis. Ed io, se ne faccia una ragione il coacervo di menti uniche, non devo dare spiegazioni a nessuno. Scrivo per semplice divago intellettuale e diletto letterario. Senza agganci mafiosi, tesserini di massoneria giornalistica, uomini incappucciati che mi affidino una strategia della tensione. E proprio per questo mi risulta grottesco il bailamme di proteste e polemiche, mail e forum, suscitate da scritti opera di uno pseudonimo, senza nulla a pretendere. I più arguti rinverranno la soluzione un paio di righe sopra.
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All'improvviso la coscienza. I Maestri misconosciuti del copista Scorcelletti. Guccini? Bukowski? John McEnroe? De Andrè? Cèline? Villaggio? Rino Gaetano? Max Bunker? Pannella? John Lennon? Sid Barret? Camus? John Fante? (mh...molti che si chiamano John, bizzarro.). No, no...siete fuori strada. Ben altri sarebbero i miei Maestri occulti di vita sconosciuti. In questo anno abbondante nel mondo del tennis scritto e raccontato per diletto, è capitato di ricevere dei feedback. Dicono sia inevitabile che avvenga, quando hai superato i cinque lettori giornalieri. Tralascio quelli positivi (normale che ne riceva di positivi, malgrado il mondo vada all'incontrario), e mi concentro sulle critiche (Il Nazareno ne ebbe moltissime. Ed io che gli sono leggermente superiore, ne ho ricevute molte. Ci sta.). Gli altri hanno continuato una logorante opera di stracciamento di maroni pirouettata. Che senso ha leggere qualcuno, insultarlo e prendersi la briga di inviare anche mail pseudo-sofisticate? Al limite non leggerlo. Se mandassi quotidianamente mail di piccata e compulsiva protesta a Minzolini, sarei da rinchiudere. Mi consegnerei io stesso a due infermieri di un centro d'igiene mentale.
Ma tornando al nocciolo, l'accusa/sentenza più ricorrente che mi viene mossa è d'essere un vile plagiatore folle. D'aver scritto circa 250/300 pezzi (mica me lo ricordo quanti) in preda al raptus da copiatore illuminatamente diabolico. Devo dire che questa osservazione non m'ha sorpreso. Più che altro mi gratifica il fatto d'esser riconosciuto come genio assoluto. Perché solo un'entità ultraterrena riuscirebbe a plagiare in modo così indefesso e continuato. Se a questo si aggiunge che mi vengono citati una decina di autori (più o meno gradevoli), si ha il vero trionfo. Riesco a plagiarli tutti contemporaneamente, con destrezza invereconda. Ma se si conclude il concetto rimarcando come oltre la metà delle vittime del mio sconcio plagio nemmeno le conosco, sarà la mia apoteosi finale. L'idea di essere Dio, comincia ad impossessarsi di me. Sono più potente ed invincibile del creatote e del suo consaguineo Berlusconi che spetazzano danzando un valzer viennese. Sinceramente non pensavo di meritare tanto, in così poco tempo. Provando poi a mezza voce a rimarcare come da questa scellerata attività io non ci guadagno più che una manciata di lupini smozzicati, l'idea che siano tutti più stronzi di uno stronzo di vacca fumante, s'insinua subdolamente infingardo.
E' impresa assai ardimentosa analizzare nel dettaglio tutte le vittime di questa mia attività da luciferino copista del Goja (ve lo ricordate "Scorcelletti/Totò" che copia la Maja desnuda e la Maja in camicia da notte?). Il più turpe dei furti intellettuali, sarebbe quello dell'eloquio letterario scanziano. Nettamente in vantaggio sugli altri, secondo gli ultimi sondaggi. Molti (in specialmodo i forrumati) rimarcano obbrobriose similitudini. Tali e tante da non poter essere casuali, ma frutto di approfonditi studi crittografici delle opere dello scrttore in questione: Considerare Seppi parecchio noioso, Gasquet un gran talento dalle fragili meningi, magari scrivere che la Sharapova urla. Ecco le prove incontrovertibili. In un tribunale del Texas m'inchioderebbero. Condannato senza appello a friggere su una sedia elettrica. Ignominioso come due persone possano avere una fantasia così simile, e che soprattutto trascenda la realtà.
Altri citavano anche dei termini plagiati, non ricordo quali. Immagino "cazzodicane", "piscialletto", o altre perle simili. Bene, proverò a porre rimedio, cercando di distanziarmi dalla strada del Maestro dei forummers coi cervelli coagulati in un unico niente: Seppi diverrà entusiasmante talento dal folle ed avvincente estro ispirato, Gasquet un indomito combattente delle steppe boliviane, etc...Insomma, scriverò cose che non penso, diventando giornalista vero e proprio. Col rischio d'essere internato, o assunto dalla Fit. Ma avrò riacquistato un'ispirata unicità.
Il più divertente e alterato dei contestatori bacchettava una citazione di Gilles Villeneuve. "Ma come, Scanzi ci ha fatto un libro su Guilles!". Ok, mica lo sapevo. Rassegnato, ho dovuto cambiare delle cose in me. Convincermi che ancora bambino abbia versato lacrime per la morte di Paletti, mica per il canadese volante. Poi un adepto ancor più inferocito, di cui serbo gelosamente la recentissima (due giorni fa) missiva elettronica. Incantevole nella sua spartana ricercatezza linguistica: "scommetto che sei pure milanista come Scanzi adesso? hahahaha...". a quel punto ho stracciato il poster di Franco Baresi dalla parete, e appiccicato uno di Paolillo che sorride suadente. Cancellato dalla mia mente le sgroppate di furente eleganza "maldiniane", sostituendole con gli svolazzi agricoli di Centofanti.
Ancora, uno dei piccoli fans più intransigenti (questa però è una donna. Ho azzardato, con le caldane agostane): "E che fai anche l'antiberlusconiano come Andrea? non c'è limite alla vergogna.". A quel punto ho prenotato l'opera omnia di Sandro Bondi. E letta con avida ingordigia intellettuale, ho goduto nelle mutande. In seguito ho provveduto celermente a comperare il dvd "Per fortuna che Silvio c'è" e mi sono fatto anche le tessere di P2, P3 e P4. Ed altro ancora. E se provassi a chiamare il premier "caimano"? Lì si configurerebbe l'orripilante asservimento a Moretti. Qualora in un picco di livore affermi che l'omino di Arcore è un tangentista, massone salito al governo solo per salvarsi dal confino? A quel punto verresti additato come una pecora che scopiazza Di Pietro, Travaglio...persino un demagogico "grillino" senza fantasia propria. Ecco dunque che occorre inventarsi qualcosa di nuovo. Tipo che l'unto dal signore ha un vizietto, una devianza sessuale ittica. Cresce delle triglie in imponenti acquari che circondano lo smerigliante e lussureggiante panorama di Villa San Martino. E ancor prima che queste divengano adulte, si lancia in furibondi amplessi anfibi con i pescetti. Questo non lo ha scritto nessuno, nemmeno Shakespeare.
A tutti costoro ho provato a far capire che del loro eroe non conoscevo nulla se non due articoli letti nel suo blog (uno anche commentato col nickname "chinaski", e in cui ricevetti i complimenti dello stesso ed il divertente appellativo di "orteghiano"=sostenitore dei perdenti a vita) ed il de profundis a Federer 2008 leggiucchiato su Ubitennis. Con umana pazienza, mi sono sforzato di far comprendere che è il mio modo di pensare ed intendere lo sport ed il tennis, da quando son nato. I seguaci dell'unica bibbia e che non ammette il pensiero comune dell'evidenza, rimangono ancora dubbiosi come bisce. Avrei forse dovuto portare loro delle prove. Chessò, un mio tema di scuole medie in cui invece della solita nenia sulla mafia, Ciancimino (padre) et similia, descrivevo l'incanto di una stop volley di Supermac. O forse di quella volta in cui, all'esame di settembre (a quei tempi la scuola era una roba semi-seria e si riparava a settembre), alla verifica scritta di matematica, invece della soluzione ad un problema di trigonometria, riportai un'intensa lettura del drammatico, epico ed avvincente Connors-Krickstein del '91? Ironia della sorte, fui salvato per un pelo dall'inevitabile bocciatura, per intercessione di un prete (il prof. di religione). Non ho voglia, e nemmeno mi interessa risultare originale ai loro occhietti vitrei, scrivendo che Seppi mi inebria con le sue discese a rete suadenti o che le scimmie se solo vogliono, possono librarsi in volo. La chiosa però, la merita il più istrionesco dei mattatori: "Ho visto la tua foto su PostOffice, hai pure la barba....come Scanzi!". Rispondo dopo qualche ora: "Ma veramente la barba ce l'aveva anche il nazareno nel tempio...". Il solerte eroe: "Certo Picasso, certo, ora si che stai capendo...".
Ma, seppure in numero più esiguo, vi sono state nei mesi anche altre rimostranze. Qualcuno ha citato Gianni Clerici. Ok, ci siamo. Inevitabile, quando si scrive di tennis. Rispetto al precedente è un paragone almeno più plausibile. Con una illusoria parvenza di nesso logico. Non che io valga un quarto di unghia del mignolo del vecchio scriba quando aveva dodici anni, ma perché di lui ho letto di più. Nessun romanzo, ma articoli sparsi pubblicati per Repubbica, fino all'ultimo, triste trafiletto su Nadal-Petzschner. Vent'anni di lettura, chiaramente possono avermi influenzato, inutile negarlo. Almeno quanto Max Bunker. Ma scrivere "rantolo" o pensare che Nadal "arroti le palline", non mi pare sintomo di gravissimo furto letterario. Per rasserenare i sogni di quei lettori che non vogliono maldestre brutte copie di siffatta risma, giuro sul Dio Lilith che non lo farò più. E allora? Invece che "Nadal forzuto arrota palline" descriverò il maiorchino come esponente del tennis classico, guadagnandone in originalità. E che le bietoline sono capaci di pensiero dominante. Certamente più di chi ha partorito questa similitudine scellerata. Perché nei miei scritti rozzi e spartani, ci vedo nulla, ma proprio nulla del garbo raffinato di uno scrittore come Clerici. Solo chi si è fumato l'oppio, o Morgan alle sei del mattino, potrebbe rinvenire un seppur minimo punto di contatto a livello di tentativo. Lo scriba venera Federer, Venus e pochi altri, mentre il resto è trattatto alla aristocratica stregua di inutile ciarpame o al meglio "mestieranza". Da queste pagine e nel mio modo di concepire il tennis, si è sempre cercato di descrivere le inutili gesta di personaggi surrealmente insulsi, a volte folklosistici come chi scrive.
E c'é anche Rino Tommasi (addirittura!) nel calderone. Uno solo, ma vale la pena citarlo perché carico di surreale significato. Lo stesso vizio del Maestro di andare sempre e comunque contro gli italiani. Sono un sovversivo antipatriota da mandare ai ceppi, con pena doppia perché quel vizietto stolto non è originale. Poi, sempre come lui, una volta scrissi che abolirei l'antidoping. Due indizi fanno una prova. E per l'acuto osservatore, il sottoscritto è incapace di pensiero proprio. A questo non risposi nemmeno. Ovvio che se (in pieno delirio) elogiassi Fognini, Adelchi Virgili o un altro azzurro, diverrei l'emulo di Commentucci. Ma a questo, non si è ancora arrivati. Perché non ho mai parlato bene degli italiani, non per altro.
Ma il must rimane uno, ed uno solo. Mail datata di qualche mese, ma vale la pena citare integralmente il dialogo di penna sbilenca... "Caro Picasso, di Semeraro ce n'è uno!". "E tutti gli altri son nessuno", ho risposto. Ma quello ha continuato, anche un po' benevolo: "Non fraintendermi non la prendeai mica come un'offesa...apprezzo comunque il tuo sforzo di avvicinarlo, ma la sua incisività è unica...sei bravo e scriveresti bene anche con un tuo stile". "Ok.". Semeraro (mi sfugge il nome e mi scuseranno i suoi lettori), proprio non so chi sia. La mia ignoranza nella letteratura sportiva non ha confini. Probabilmente ho attinto anche da lui, per intercessione dello spirito santo. Persino Ferrero, c'è. Ah, si. Ammetto, se avessi davvero tutte queste capacità paranormali nel plagio acrobatico, forse azzannerei lui. Mi piaceva il modo garbato, seppur pungente di scrivere. Mi garbava parecchio. Una volta scrissi al suo blog, ma fui censurato. Questo non mi piacque mica. Ed è diventato parecchio soporifero. Financo Bottazzi. E chi cazz'è Bottazzi? Si chiederà qualcuno (assieme a me): "leggere un tuo pezzo è come vedersi una partita commentatata da Bottazzi". Usufruendo solo di tv straniere e streaming indocinesi (davvero tipico di chi cerca idee altrui), non so chi sia. Me l'hanno raccontato come un commentatore enfatico-folkloristico. M'è parsa una battuta simpatica questa.
Gli altri non me li ricordo, e comunque non conosco le vittime. Probabilmente sono frutto della fantasia malata di chi me li ha proposti, e nemmeno esistono. In tutto questo, noto una faccenda strana: Sono tutti uomini. Neanche una donna. Proprio io che ho una spiccata sensibilità femminile. E probabilmente sono una donna. State in campana, Picasso Petzschner è donna. Potrei avervi fregato tutti, ancora una volta.


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Perché il post più lungo ed inutile della storia moderna? Non lo so. La sostanza è che ho impiegato un'ora e mezza a scriverlo, quando gli altri mi prendono al massimo venti minuti. E perché comunque qualcosa dovevo lasciare prima di partire per le vacanze. Una decina di giorni alla spiaggia libera per non abbienti. Magari qualche turista o italiana da concupire con il mio innegabile sharme (ah, se solo non avessi la zavorra al piede), e laute bevute di birra e vodka a buon mercato. Gli altri, quelli che mi vengono accostati come pietra dello scandalo, magari staranno sul loro yatch, con bellissime donne in perizoma, sorseggiando champagne e caviale. I forummisti invece, continueranno a farsi le pipette, sugli uni e sugli altri. Auguri e buona estate.
Poi in realtà, vi era anche un altro scopo recondito. Che magari qualcuno linkasse (e lenkasse avidamente) anche questo cappello/a. O addirittura commentasse qui. Ma si sa, sperare che da un giorno all'altro alla gente spunti un quarto di attributi, è impresa ardua.

Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.