Highlights
Bukowski
è morto, Guccini s’è appena ritirato dalle scene, ciò che resta di Pink Floyd e
Led Zeppelin ci fa arrizzare le carni ogni quindici anni ormai, in occasioni
solenni.
Levatemi
anche John McEnroe, e sarei pronto al suicidio. Svilito dalla fine dei propri miti
giovanili. Eccolo allora, come catarsi d’inizio dicembre. Mentre nobildonne nascoste da cappelli con visierine, spetazzanti come
dromedari subsahariani, sfilano sul red carpet alla prima della Scala cianciando di Verdi e Wagner, gli schiavi della genialità artistica piangono
l’anniversario della morte di John Lennon. Maledicendo quel colpo di rivoltella
che ne impedì nuove poesie in musica, senza farne sbiadire il ricordo
dell’immortalità. E col circo tennistico che riposa dopo la logorante stagione, sbuca la solita leggera e inebriante salvazione dello spirito
tennistico, alla Royal Albert Hall. Tradizionale Master di fine anno in cui
incrociano le racchette eroi del passato remoto come McEnroe, Lendl, Wilander o
Leconte. E quelli da passato recente, tra cui Ivanisevic, Moya, Henman e
“magicien” Santoro, maghetto che malgrado un fisico rotondo, sciorina i
soliti colpi da rabdomante.
Il
proscenio è davvero splendido. Ideale per le opere sinfoniche di Mozart o
Mahler. L’acustica, perfetta, fa quasi avvertire nitidamente lo schiocco sulle
corde, o il frusciare di una stop volley ricamata dal genio immortale. Eleganza
completata da un veloce tappeto color grigio a fare da pendant con le chiome degli
epici reduci anteguerram e col canuto crine del pubblico. Una sequela di
allegri e vispi ottantenni in gita premio, alcuni dei quali, in pullman,
requisiti da Samorì per un comizio sulle primarie fantasma del Pdl.
Pronti,
via. Inatteso forfait di Ivan Lendl per un problema fisico, maniacale e morboso
perfezionista fino alla fine. Come se gli altri anziani ruderi sulla
cinquantina che sgambettano lì siano in condizioni perfette. Basta vederli, alcuni
rattoppati come Tutankhamon, altri ormai oltre il quintale e col volto paonazzo da pre infartuati. Pare quasi un
dispetto, quello dell’inumano robot ceco, al suo eterno rivale. Al suo posto
infatti, nel girone di McEnroe, c’è Guy Forget in forma scintillante. Più
giovane e pericoloso. L’americano poco se ne cura, il Master londinese sembra
fatto per lui. Pronto a confermare il titolo della scorsa stagione, a 53 anni
suonati. Inizia in surplace, domando lo spelacchiato idolo di casa Jeremy Bates,
testimonianza vivente di quello che gli inglesi dovevano farsi piacere negli
anni ‘80/’90, prima dell’avvento di Henman o d’inventarsi tifosi di un
selvatico scozzese. Poco più che un top cento, che ogni anno lottava per
passare un turno a Wimbledon come massima ambizione. Il suo bel tennis da
maestro di circolo, non riesce a infastidire un McEnroe tirato a lucido,
radente, preciso e musicale come corda di violino argentata: 6-4 6-1, con
annesso campionario di sfuriate, proteste e delizie che mandano in sollucchero
i pensionati sulle tribune che sorseggiano champagne. Altro che prima della
scala.
Poi
la sfida che vale un posto in finale. In prima serata, venerdì, sulla tv
inglese. Supermac al duro esame Forget, più giovane ed attuale capitano di
Davis francese. Smilzo mancino dal tennis spumeggiante e gradevolissimo, che
dopo aver dominato in doppio riuscì ad issarsi fino al numero 4 al mondo di
singolo, già in età matura. L’americano non sembra patire l’elegante
tennis del francese, in condizioni fisiche sorprendenti. Serve in maniera impressionante,
John (una prima che farebbe comodo a Seppi, e una seconda che Volandri potrebbe
volere come sua prima). E attorno a quel punto di partenza
imprescindibile, il solito campionario di volée, servizi seguiti a rete con
attenzione, svisate, ricami, smorzate, sempre con la racchetta imbracciata come
fosse uno stradivari, da cui partono fantastiche giocate in mezza volata a
tutto campo che lasciano di stucco spettatori ed avversario. McEnroe
domina il primo set, 6-2. E il match è serio, non la tradizionale baracconata
d’esibizione tra ex. Persino i siti di scommesse on line quotano l’incontro,
arricchendomi come al solito. Pressoché alla pari i due: 2,00 e 1,72. John però
trova il tempo di esaurire gli “occhi di falco” nel giro di un game e mezzo,
tra le risate del pubblico. Solito teatrino dell’assurdo col giudice di sedia,
quando non può più chiamare il falco. E le telecamere gli danno ragione. I geni
sono così. Imprevedibili, pazzi, contraddittori. Tiene alla grande però,
persino nello scambio dal fondo, ora con un “rovescio gillette” che bacia
l’incrocio, ora con una zampata che l’ascia l’altro di sasso. Annaspa un po’ a
inizio secondo set, miracoloso pallonetto in contro balzo che scavalca
l’avversario, ma su cui il francese si produce in un passante di dritto
vincente da ballerina giravoltante. Ovazioni. Ma niente può il pur gradevolissimo
transalpino contro questo geniale vecchietto indemoniato: 6-2 6-4.
Nel
girone meno interessante, e più equilibrato, a sorpresa, prevale Mats Wilander
che doma il canguro volleante Pat Cash, più avvezzo dello svedese ai
tappeti veloci come quello predisposto alla Royal Alber Hall, e sempre ispirato
a Londra. Poi, nel confronto che vale la finale batte Henri Leconte, semovente
talento pazzo, solo braccio attorno ad un fisico da mammuth e ad un
atteggiamento perdente.
La
finale tra McEnroe e Wilander all’ora di pranzo non ha storia. Una crudele, e a
tratti sadica, esecuzione spietata. Malgrado gli occhi abbottati dal sonno, il
genio ha lo sguardo luciferino delle migliori occasioni, le sopracciglia
pizzute sopra un volto da moccioso 53enne eternamente strafottente, che porta
in giro con fierezza le sue rughe. Vola, imbracciando la nuova e fiammante
Dunlop 200g con l'impugnatura di pelle da uomini duri, come fosse armonica prosecuzione del braccio. E domina il primo
set, tra rabone, riccioli, zampate ed ovazioni dell’ottuagenario pubblico che
fa tintinnare le dentiere. Ci prova anche, Mats, che nel circuito dei veterani
McEnroe non lo batte nemmeno col pensiero (circa 15 a 0, il parziale degli
scontri diretti). Nessuna novità, quando non puoi più chiedere molto al fisico,
vince chi ha il braccio di Dio. Tra un quarantenne Ferrer e un cinquantenne
Santoro o Malisse, vinceranno sempre i secondi. Lo svedese prova l’impiegatizio
serve&volley degli ultimi anni di carriera, infilzato come un totano da
quel satanasso ispirato che regala un’ora di prodezze, ricami e colpi di
sciabola che nettano una mela: 6-1 6-2, e trionfo. E poco conta che sia sempre più
lento, e vecchio. Meglio una melliflua carezza di McEnroe, che sei ore di
battaglia rusticana tra Djokovic e Nadal. Preferisco due ore di concerto del
Maestrone Guccini settantenne al giovane Tiziano Ferro, o un’ululato del vecchio Plant a tutte le giovani mezze tacche attuali. Così la pensa un precoce vecchio rincoglionito, che tra una
decina d’anni rischia di venerare anche l’inesistente.
“Come
riesce a mantenersi in queste condizioni? Qual è il segreto?”, gli domanda una
intervistatrice, appositamente scelta tra le milf. “Avevi dubbi?” gli fa lui,
visibilmente soddisfatto. Catarsi assoluta di fine anno, che rimanda all'idea più genuina di questo sport, senza le esasperazioni abbruttenti
degli ultimi anni. E un 2012 di occhi appallati, roncole, esultanze bestiali,
inumane gesta, corpi divelti per arrivare oltre la soglia, tendini rotti che si
rigenerano dal nulla, tribune simili a grate del maxiprocesso, rituali
apotropaici e rosarioni. E non basta nemmeno l’apparizione di un elegantissimo
Novak Djokovic, a farmi andare di traverso il tutto. Il serbo è premiato dal
Principe William in persona, tra l’altro reduce dall’annuncio di paternità dei
giorni scorsi. Stavolta non dovuto a lazzaroni Spiriti Santi ma, pare, ad un
cocktail della fertilità al gusto cocco, sbevazzato dalla consorte durante il viaggio
in Polinesia.
A questo punto non ci resta che aspettare che i vari picasso, malisse, nalba e altri svitati si ritirino...vedo già la foto di petzschner che imbraccia il trofeo nel 2015(si si 2015)...
RispondiEliminaun abbraccio, ste
Va beh dai, a 31 anni che magari annaspa contro Leconte e i suoi 120kg di agilità? Probabile. Non fosse per il fatto che all'Atp Championstour non giocano cani e porci, ma gente che ha vinto slam, fatto finale o almeno vinto una Davis. Comunque, fammelo giocare almeno fino ai 35. Come doppista potrebbe seguire le orme di Nestor, fino ai 40. :)
RispondiEliminaCiao Ste, a presto.
Ciao Picasso. Quanta bella nostalgia ! Le battaglie rusticane tra il Djoker e Nadal sono sulla via del tramonto, vedrai, abbi fede. Fanno bene a ricordare queste vecchie glorie ultra cinquantenni ancora capaci di entusiasmare e sostenere un torneo.
RispondiEliminaHenri Leconte, bontà sua, con quel suo fisico da sacco di patate mostra pur sempre un'agilità sorprendente. Come dire, invecchia con allegria coltivando la sua arte.
I miei complimenti per il tuo pezzo. Un'ode al tennis. (Permetti ?)
Caro Picasso, Buon Natale, auguri per un felice e prospero Anno Nuovo anche da parte del mio marito. (Lui non ha il mio vizio di scrivere. Ma la tua scioltezza linguistica diverte anche lui.)
Ti saluto cordialmente
Anna Marie
La classe non invecchia, almeno quella.
EliminaGrazie mille, e buon Natale anche a te.
Ciao, a presto.
ciao P.
RispondiEliminaalzo un bicchiere alle cose a tutte le cose belle.
la tua rubrica è tra esse.
scrivi un po' ti più cristo che le legioni della tristezza sono troppe...
Pp (Z?), ciao e grazie. Ricambio il brindisi. Questi sono solo palliativi, belli o brutti, alla tristezza.
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