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martedì 25 giugno 2013

WIMBLEDON 2013 – TONFO NADAL, ERRANI SPAZZATA VIA





Day 1 - Dal vostro inviato, assieme al “Plotone di Erinni che vagano nel bosco dell’ingiustizia italiana”.

24 giugno, San Giovanni Battista (o Decollato), da oggi giorno di liberazione dal ritorto “arrotinismo” esasperato che da anni deflora impunemente prati e inorridisce spettatori sull’orlo di un esaurimento nervoso.
E l’ora di pranzo e mi guasto la visione di quell’erba illibata e smerigliante assistendo all’incontro del nostro aratro a scoppio Sara Errani. Sì, perché l’orrore e il trash mi attraggono, irrimediabilmente. Solo che questa volta va trasformandosi in pulp. Quasi splatter. L’italiana cede in modo impietoso, avvilente, umiliante. E’ uno spettacolo a tratti straziante. E sì che i bookmakers facevano grande affidamento su di lei (proprio stamani pagavano una sua vittoria finale appena 251 volte la posta: un record). Una schifezza totale, per usare un lieve eufemismo. Letteralmente piallata e ridicolizzata dalla giovanottona portoricana, Monica Puig, che è il ritratto della salute. Chiappe tumide e tennis ideale per fare bene sull’erba, buon servizio e colpi piatti e profondi. Il contrario dell’italiana che rema dietro la riga, senza lo straccio di un vincente e il tempo di organizzare le sue agricole arrotate di difesa. Gran varietà di tennis, dissero. E inesistente, aggiungo. Se solo tagliassero l’erba come vent’anni fa rendendola più veloce, questa non potrebbe nemmeno mettere piede all’All England Club. Dopo il "set perfetto" dello scorso anno, altra pagina inebriante. Ah, non per infierire, ma qualche sentore ce l’avevo e avevo piazzato simbolica fiche:

N°          Selezioni             Evento  Data evento       Termini V/P       Quote    Risultato
1             Monica Puig        Sara Errani v Monica Puig
(Vincente incontro)         24/06/2013       Nessuno              6.50       Vincente
Puntata:  10,00     Vincita totale:  65,00  

Avanti Pennetta, Knapp e Giorgi, che i colpi per giocare su erba li hanno. Niente da fare per Fognini. Contro di lui Melzer ha l’espressione del vecchio Nick Belane, il più dritto ispettore di L.A., mentre si ripete: “Cindy, me la pagherai cara, t’inchioderò il culo come nessuno ha fatto mai!”. L’austriaco calante ha l’esperienza giusta per capire quando e come prendersi gioco del bizzoso italiano che in conferenza stampa si supera con un guizzo: “Ho giocato un match noioso”, dice. “What?” fa quello, e lui “Ho giocato di merda”. Ah, ok.
Ma oggi era anche la giornata della partigiana liberazione da Silvio Berlusconi, condannato da un manipolo di livorose Erinni (cit.). Chi a puttane mandò un paese per vent’anni, per colpa di una puttana viene ora condannato a sette anni di gabbio. La notizia mi coglie di sorpresa, in macchina. Mentre inizio a pensare a scenari di biblica Apocalisse, con le nubi violacee rigonfie d’oscure minacce, vedo sul cellulare: Darcis-Nadal 7-6 7-6 4-2. E allora ne ho la conferma: è una giornata che cambierà le sorti dell’universo. Potremmo essere invasi dagli abitanti del pianeta Zagor. Il belga Steve Darcis è tennisticamente equilibrato e fisicamente normodotato. L’ideale per eseguire alla perfezione gli schemi di Arrigo Sacchi, come terzino destro, senza i picchi d’arroganza (di quel Panuzzi lì) e inutili personalismi. Non uno sprovveduto, anzi, lo scorso anno alle Olimpiadi, su quei campi, aveva giustiziato Berdych. Spelacchiato, con la faccia da bravo ragazzo, insospettabile e studioso d'ingegneria che salutava sempre sorridendo. D’improvviso impazzisce e ammazza la fidanzata con sessatacinque coltellate e poi si dà fuoco.
Guardo qualche immagine e mi pare davvero un Nadal senza mordente e voglia di reagire. Dicono abbia prenotato le vacanze in Salento per la prossima settimana, e si capisce il perché. Darcis non è il cavallo pazzo Rosol ma gioca bene, ben centrato ed essenziale, e vince. Il maiorchino ha sempre sofferto i prati vergini delle prime giornate su cui non può forzare i suoi appoggi folli e strisciare. In passato si è sempre salvato per il rotto della cuffia, per poi eroicamente/oscenamente carburare e, profittando del terreno divenuto sabbioso, spingersi fino in fondo. Stavolta nemmeno arriva a lottare, perché privo della condizione di altri anni. Nadal spento, pallido, fermo come un pugile suonato. Ostenta anche la solita zoppia delle giornate di sconfitta. Ci attendono altri giorni/mesi d’interrogativi e trattati medicali? Pietà. Ha però perso in un modo così rassegnato da quasi impietosire il mio arido cuore di pietra ruvida. Quasi, ho detto.
Passeggia Federer, facile Murray, senza patemi anche Tsonga contro nano-bluff Goffin. Impresa vera quella del vecchio Hewitt (ha gli anni di un Ferrer, in fondo, solo che lui ha seguito parabole atletiche umanamente spiegabili). Nell’ultimo match di giornata insegna tennis da erba a Wawrinka, spaesato dai bassi rimbalzi, lui abituato a spanciare i suoi colpi devastanti ben sopra le pudenda.
Tra le donne, protagonista di giornata Vika Azarenka. Con tanto di brivido horror-splatter. A un certo punto l’indemoniata Linda Blair ululante cade male. Esala un urlo stridulo e agghiacciante. Spaventevole. Orrendo. Uno pensa che sia morta. Arriva a invocare l’ambulanza. Spera facciano presto. E pazienza per il ginocchio. Magari non potrà più giocare, non camminerà più, le amputeranno la gamba, gliene metteranno una di palissandro, ma “salviamole la vita!” arriva a pensare in uno slancio di commozione. Giunge l’arbitro, l’avversaria Koehler (la sorella del baffuto stopper juventino degli anni ’90, ma più maschile). Dopo cinque minuti riprende. Come nulla fosse. Corre e urla come un demonio. Zoppicando tra un punto e l’altro. Rifila 6-2 finale all’avversaria e, impietrita, sembra invocare l’ovazione del pubblico per l’enorme impresa medico-scientifico-sportiva compiuta. Nel silenzio, qualche timido applauso d’incredulità e sobrio fischio.
Per gli amanti del pulp, eccovi qui il filmato (bollino rosso cardinalizio):
E d’improvviso, la speranza che Serena punisca queste bionde urlatrici/ululatrici, magari armata di strap-on, diviene più forte.


domenica 29 luglio 2012

OLIMPIADE DI LONDRA 2012 – SONNECCHIA FEDERER, FUORI BERDYCH




Day 1 - Dal vostro inviato, ebbro di spuma, nel braciere olimpico. 

Lo guardi attentamente, in quella sgargiante maglia giallo ocra con spruzzi degli altrettanto vividi colori della sua Colombia, e Alejandro Falla sembra una specie di pappagallo ara, o cocorito. Rassicurante quanto Valderrama senza cespuglio in testa e numero dieci sulla schiena. Colorato e spumeggiante, in quel mare di purple che tutto inonda in una Londra avvinazzata dalla fiamma di Olimpia. Copertura televisiva quasi ridicola e per il resto, misera analisi rivolta in larga parte ai soli risultati. Molti match li invento, steso sulla sdraio. Con le cicale che cantano sotto l’albero di ulivo, e in lontananza minuscole navi limano lentamente l’orizzonte. Quell’anonimo colombiano col berretto, l’espressione torva, spalle scoscese e braccia da simil primate che pencolano fin quasi sotto le ginocchia, ha un futuro a Hollywood. La parte del vice galoppino sicario del cartello di Medellin è parecchio inflazionata, ma è scritta per lui, su di lui. 
Stranissimo effetto, quello del centrale di Wimbledon versione olimpica, con sfondo fuxie e larghi sprazzi di vuoto sulle tribune. Più facile persino del già facile previsto, il compito di un elegantissimo Roger Federer in rosso fiamma, che in punta di piedi argina senza troppi patemi il velenoso mancino sudamericano. Situazione così tranquilla che sugli spalti Mirka (anche lei in conturbante tutta rossocrociata) sbadiglia, e vorrebbe mangiarsi tre chili di fish&chips. Il numero uno al mondo arriva al doppio match point sul 6-3 5-3 prima della clamorosa fuga narcolettica dalla realtà. Cede il servizio, poi il set, ed eccoci in un terzo set ai confini della realtà. Penso ad un Federer immenso tanto nei suoi picchi di tennis marziano, quanto negli algidi sonnellini ristoratori con babbuccia e pallina da giovin signore adagiato nel letto a baldacchino. Che tanto, c’è tempo. Ma quel colombiano truce, con quell'espressione sporca, cattiva e segnata che puoi trovare nelle peggiori bettole di Medellin e dalle infingarde parabole mancine che sull’erba diventano spesso letali, è una specie di combattente tremebondo. Uno che nei match tre su cinque, non muore mai. Lo schiacci, ma quello si rimette sulle zampette e sgattaiola via. Stavolta quinto set non potrà esserci, ma i due riescono ad esibire queste peculiarità. Faccio appena in tempo a pensare a tutte queste cose che Federer, rinsavito e risvegliato dal torpore coi sali, ha già vinto 6-3 al terzo. 
La sorpresa di giornata è impacchetta ed infiocchettata dal belga Darcis, scaltro normotipo belga che uccella la pertica Berdych all’ennesima goffo scivolone. E di scivolate da oggi le comiche sulla sgusciante erba rizollata ne mostra parecchie anche oggi, il ceco. Tennista impostato, emozionalmente sterile e quasi plastificato nella sua essenza da bocca di fuoco studiata nella galleria del vento. Spesso miope. Spessissimo cieca. Di lui rimane la triste immagine di un lampione altissimo, e dalla luce spenta. Basta un buon tennista dal discreto talento e notevole furbizia come Darcis, a far emergere i limiti d’intelligenza tennistica di Berdych. Datemi dieci Gasquet, e tenetevi questo losco figuro smunto. Perderà lo stesso, ma mi divertirò di più. Tra i favoriti di seconda fascia avanzano Del Potro, Isner e Tipsarevic che batte ancora quel Nalbandian che nemmeno la maglia argentina riesce a ridestare dal pantagruelico torpore post calcione “cafonal” del Queens. Buon successo di Dimitrov su Kubot, mentre Almagro doma Troicki. Piccola sorpresa la vittoria di Benneteau su Youzhny, e masochista francese che si riguadagna Federer. Avanza come un sol uomo, granitico come roccia impermeabile, Philipp Petzschner. La fiamma d’Olimpia è in lui. Vede il traguardo. Intanto schianta Lacko, il resto lo scoprirete presto. Seppi regola di giustezza Young, talentuosissimo americano in condizioni di forma sfolgorante, che “braccio d’oro” Paolone Bertolucci in giornata batterebbe ancora. 
Uno sguardo immaginifico alle donne. Serena Williams come un rullo sulla Varenne ormai allo stanco trotto declinante e coi garretti sgonfiati, Jelena Jankovic. Una che senza corsa, negli ultimi mesi si è confermata tennista di mediocrità assoluta. Abbacinante essenza di un nulla tedioso. Da numero 60/70 massimo. Piccole sorprese di giornata, le sconfitte di Na Li e Stosur, lo scorso anno vincitrici di Major e quest’anno in crisi devastante. La cinese perde da Hantuchova, esperta slovacca sempre pericolosa sui prati. Ben più clamorosa la sconfitta di Stosur, caduta alla lunghissima distanza nella rete del divertentissimo cartone animato iberico Carlita Suarez Navarro, 10-8 al terzo. Poco da dire sull’australiana bombarola, sublimazione della sconfitta pirotecnica, che con quegli occhi angosciati e le terrorizzanti pacche che si dà sulla coscia, ti mette ansia solo a guardarla. 
Facile vittoria di Kim Clijsters su Roberta Vinci. E chiunque abbia un qualche erudimento di tennis giocato e visto sa quanto una Kim che si tenga appena in piedi, contro l’italiana non può perdere mai. Oggi stava in piedi. Niente da fare per la tarantina, così leggera nella sua atavica pesantezza. Dolci ricami e deambulanza moviolistica atroce. L’impressione orrenda è che si stia “erranizzando” sempre più, tra urla e un ”occhio della madre” che in doppio deve inquietare non poco le avversarie. Arma segreta del loro doppio. Portano invece a compimento il compito Pennetta e Schiavone, non senza complicarsi un po’ la vita contro avversarie buone ma alla loro portata, come la rumena Cirstea e l’esperta ceca Zakopalova. Ora la brindisina avrà un altro test difficile, ma non impossibile, contro la merlettata Pironkova, vincitrice su Cibulkova. Bulgara sottiletta che sgambetta a meraviglia sui prati (basta vedere cosa ha combinato gli ultimi anni a Wimbledon). Schiavone trova invece sulla sua strada una Vera Zvonareva (vittoriosa sul donnone svedese Arvidsson) mai battuta in carriera, e che patisce oltremodo tecnicamente. E sì che lei è un dio femmina (insomma) della tecnica. Prima o poi dovrà batterla e quale migliore occasione di una russa in ripresa dopo le traversie fisiche, ma ancora lontana parente di quelle capace di fare finale a Wimbledon. Anche perché, le opportunità di batterla di assottigliano sempre più, malgrado la nostra sia nell’età preadolescenziale. Io l'ho detta, preghiamo.

Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.