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sabato 17 aprile 2010

Masters 1000 di Montecarlo, verso la finale più attesa



Delineate le semifinali del Masters 1000 che si disputa nel principato, senza troppe sorprese. Ferrer e Verdasco, ultimi ostacoli all'annunciata finale tra Nadal e Djokovic apparsi in ottimo stato di forma.
Nadal-Ferrer. Rirovata l'adorata superficie rossa, Nadal è apparso in forma. Tirato a lucido ed affamato come poche altre volte. Spavaldamente aggressivo fin dalla prima palla, finanche nel rilassato riscaldamento. Un piglio intimidatorio da rampante dittatorello, persino eccessivo visti gli avversari incapaci di sostenere il suo ritmo, o almeno provarci come idea. Un game lasciato a De Bakker, giovane olandese che ritroveremo contro l'Italia in Davis. Troppo acerbo e sprovveduto per reggere due scambi contro l'ex numero uno. Abbastanza solido per turbare i patriottici sonni di Bolelli & co. sul veloce. Non è riuscito a raggranellare più di un game nemmeno Michael Berrer, cinghialone tedesco semovente, la cui pochezza ha insinuato sentimenti di disagio e profonda tenerezza nello spettatore. Annessi timidi applausi d'incoraggiamento e brusii di compatimento, come non si sentiva dai tempi delle malcapitate vittime della furia sanguinaria di Steffi Graf. Indemoniato e volitivo, il sinistrato maiorchino approda in semifinale a suon di schiaffi arrotati dal sapore vagamente antico. Nemmeno l'esperto connazionale Juan Carlos Ferrero è riuscito ad andare al di là di una dignitosa resistenza. Malgrado l'ottimo stato di forma del "mosquito", coronato dalla battaglia vinta al fotofinish contro uno Jo Tsonga, sempre più esaltante e scenico eccitatore di animi votati al martirio ed al ricordo che sfocia nell'onanismo intellettuale. L'immagine di "capitan uncino l'arrotino", ben si sposa con la sagoma di Rafa alle prese col piccolo tornado di pioggia e vento che investe il campo, durante il match di quarti. Ora avanti con la semifinale. Un arrembante "vamos" ed un passetto strisciato stile "moonwalking" al contrario, via l'altro.
Difficile che possa intralciare la strada di Nadal verso il sesto succeso di fila nel principato, il pur competitivo David Ferrer. Uno dei tanti iberici che contro il più noto connazionale, perdono prima di entrare sul campo. E poi fengono finiti in modo cruento anche sul rettangolo di gioco. Alticci, si guardano in uno specchio rotto e credono di vedersi come lui, annessa la racchetta impugnata con la sinistra, nell'immagine riflessa. Pronto ad emigrare in Patagonia per studiare il processo d'impollinazione della betulla, ma davvero non vedo come la sagoma ritorta di Ferrer possa impedire la finale al mancino di Maiorca. Mi tengo alcune variabili imprevedibili: L'invasione del campo da parte di macachi pirouettanti o il riemergere dei malanni tendinei di Rafa (a entrambe le gambe, perché con una sola, filerebbe via liscio ugualmente). Ferrer arriva alla semifinale dopo un atroce percorso di morte, quasi diretto da invisibile mano distruttrice di bellezza. Ingobbito, fisico tarchiato, fronte bassa, mascella squadrata e occhi inquietantemente vicini. Lombroso avrebbe impiegato dieci secondi per qualificarlo come killer seriale di tennis. Fa fuori un Ljubicic versione bibbitaro in pausa pranzo nell'increscioso 0-8 iniziale. E poi si abbatte sul lezioso ed adorabile Kohlschreiber nei quarti, urlando come stesse esalando l'ultimo demoniaco respiro vitale. Sbraita, smoccola, s'incita, arrota e cammina per il campo con l'asciugamano penzolante stretto tra i denti. Manco fosse un cocker minato dalla rabbia. Una delle cose più agghiaccianti cui assistere su un capo da tennis. Malgrado la sconfitta in due set tirati, rimane un gran torneo quello di "Kohli" e del suo compare "Petzsche", altro schizoide alfiere della racchettara Germania. Fortunati i tedeschi ad avere due talenti così nitidi e divertenti, limitati a tratti da un agonismo da furetti in letargo. Sfortunati noi ad avere solo gente che oltre al carattere, manca anche del braccio. Altrimenti vinceremmo dei tornei Atp, e ci divertiremo addirittura, guardando la partita di un azzurro. Ma tutto questo, la povera Laura Golarsa non può saperlo.
Djokovic-Verdasco. Il serbo è parso in confortante fase di ripresa, rispetto all'irritante cencio visto nelle ultime uscite. Nessuna furiosa crisi masochistica, se si eccettua l'innocua amnesia con cui prova a rimettere in partita un Wawrinka ormai sotto la doccia e pronto ad azzannare una fetta di gruviera. Per il resto, Novak fila via facile anche nei quarti, disponendo in scioltezza di Nalbandian. Troppo stanco e spento il tennista di gran panza e creanza, che aveva già dato tutto nell'esaltante vittoria su Youzhny e nell'ottima conferma contro Robredo. Il talento cristallino di David è imprigionato e portato in giro da un corpo non suo da una vita, e forse questa inclinazione che ne ha limitato la carriera, per assurdo lo aiuterà a superare indenne il terribile infortunio patito lo scorso anno. Ma nei quarti, aveva già esaurito ogni riserva di benzina. Rimane la sicura prestazione del serbo, che sulla terra riesce (forse involontariamente) ad esprimersi al meglio. Non v'è traccia di quella foga eccessiva ed inutile, che sul veloce lo induce a forzare tutto l'umanamente concepibile, convinto com'è di poter spaccare tutto e tutti. Eccessivo credere che folgorato sulla via di Damasco, abbia scoperto l'intelligenza tennistica, ma se non altro ha riacquisito la stessa forma della scorsa stagione sul rosso. Trotta bene, rischia il giusto e nel portare i colpi si lamenta come uno scaricatore merci intento a sollevarare un frigorifero di duecento chili, con le reni a pezzi. Tanto per rimarcare l'estrema naturalezza del suo tennis.
Semifinale comunque da prendere con le molle, vista la prevedibile imprevedibilità di un avversario tarantolato: Fernando Verdasco. Un altro spagnolo, a conferma di un dominio iberico quasi assoluto sul rosso. Il mancino di Madrid, nel principato ha ripreso a macinare buon tennis, schivando il fascino della sconfitta, che da sempre lo ammalia. Nando approda in semifinale dopo essere uscito indenne dal biblico passaggio a vuoto contro Montanes, nei quarti. Avanti 5-1 e match point nel secondo set, si fa recuperare. Perde la seconda frazione al tie-break, per poi dominare 6-0 al terzo. L'essenza pavidamente squilibrata del Verdasco sta tutta lì. La capacità di esplodere tennis avvincente e folgorante dello spagnolo, è risaputa. La sua tendenza a perdere match apparentemente lottati ma già persi in partenza o il contrario, e confermata quotidianamete. Tanto che l'esclamazione sorge naturale: "E ammazzelo, chi è!". Quella tra il serbo e lo spagnolo, malgrado gli ultimi precedenti favorevoli al primo, si preannuncia come la semifinale dai contenuti tecnici più alti, e con interessanti differenze di stili. Tant'è, occorre convincersene.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.