Day 5
Ci si domanda quale bizzarro gioco del destino abbia fatto coincidere nella medesima parte del tabellone, e programmati nella stessa giornata: Djokovic, Monfils, Sharapova e Jankovic. Roba da farci il cast de "L'isola dei famosi dell'insipienza". Magari con l'aggiunta di Toicki e Ivanovic. Tutti gioiosamente confinati in un isolotto di pochi metri, circondati da squali tigre affamati tenuti a stecchetto da due mesi. Un sogno.
Gran tribolazione spirituale sul Louis Armstrong. Un confronto cui assistere solo dopo aver assunto due chili e mezzo di coramina. Sbuffa e lancia un urletto tremendo e sottile come la voce del demonio, Jelena Jankovic, dopo l'ennesima pallata ripugnante gettata alla "va là Peppone". Ha lo sguardo assente volto verso stelle inesistenti. Fronte prona, sopracciglia spennate da drag queen, il naso sottile e ricurvo, la mascella equina abnorme e senza labbra. Jelena sta prendendo una stesa di dimensione violentemente biblica da Kaia Kanepi, estone donnone di 120 chili che sembra aver inghiottito Moby Dick a colazione. Nulla di strano. Una disumana picchiatrice sta dominando con truculenza efferata una modesta regolarista fallosa. Ma ella volge ancora gli occhi pietosamente al cielo. Forse cerca conforto e lumi alle divinità delle cavalle. Si intuisce solo un pernacchietto dall'alto. Kaia, rispetto a simile orrore dei sensi, pare addirittura eroticamente accattivante come un biondo tornado assassino. Una Kim basinger del duemila. Ma ma lgrado le apparenze da saprofaga amazzone guerrigliera, l'estone è donnino assai fragile. E prova complicarsi la vita. Poi altre due mazzate furenti e e vince di slancio il tiebreak del secondo set.
Tranne questa piccola, insignificante, sorpresa, il tabellone femminile avanza senza grossi scossoni, figuriamoci emozioni. Concede ancora le briciole Wozniacki, dopo furibonda battaglia vince eroicamente anche il giovane bambolone sparacchiante Yanina Wickmayer sulla leziosa e minuta "ughina Fantozzi" Schnyder. Procede garrula Sveta Kuznetsova, in scioltezza sulla bella Kirilenko che si consolerà guardandosi allo specchio. Bicicletta di inutile crudeltà (ma figuriamoci, visto di chi stiamo parlando) di Masha Sharapova sulla giovane Beatrice Capra. Se le divinità accoglieranno le mie preci, l'urlatrice siberiana più di tre games alla Wozniacki non li farà.
Tra gli uomini, le due star dell'isola degli insipienti marciano con regolarità preoccupante. Gael Monfils seguita a giocare il suo strano sport. Hockey su cemento? volleyball acrobatica? Tennis mi sentirei di eslcuderlo con fermezza. Atroce, semplicemente atroce. Nefando killer di bel gioco. Tanto basta per far fuori Janko Tipsarevic, che fenomeno non è, affidabile nemmeno, ma al di là delle inquietante mescolanza fisiognomiche tra ragazzo filosofo e tatuato coatto di borgata, può dirsi tennista (ogni tanto). Vince, voglia il cielo lontano dalla mia vista anche Novak Djokovic. La semifinale è lì. Assieme alla solita, prevedibile sconfitta. Sulla strada di entrambi un protagonista inatteso: Richard Gasquet, che procede nel suo magnifico percorso di netta bellezza. Durerà? Che sia guarigione improvvisa? Per non sbagliare, meglio attendere in trepidante e religioso silenzio. Avanza involontariamente splendido pure Jurgen Melzer che si guadagna un bell'ottavo con Roger Federer. Lo svizzero arriva alla seconda settimana senza aver apparentemente versato una stilla di sudore o afflitto le meningi con sciocche preoccupazioni. Sembra in gran forma l'ex numero uno, ma ha bisogno di esami un filo più attendibili. Ultima vittima Paul Henri Mathieu, perdente maximo di presunto (ma molto presunto) talento, già miracoloso nell'arrivare al terzo turno. Fatica più del previsto la neo-sogliola Mardy Fish contro l'attempato tappo di francia Arnaud Clement, che a quasi gli anni di Cristo è ancora lì che si dibatte tutto eccitato. Inutilmente.
Gran tribolazione spirituale sul Louis Armstrong. Un confronto cui assistere solo dopo aver assunto due chili e mezzo di coramina. Sbuffa e lancia un urletto tremendo e sottile come la voce del demonio, Jelena Jankovic, dopo l'ennesima pallata ripugnante gettata alla "va là Peppone". Ha lo sguardo assente volto verso stelle inesistenti. Fronte prona, sopracciglia spennate da drag queen, il naso sottile e ricurvo, la mascella equina abnorme e senza labbra. Jelena sta prendendo una stesa di dimensione violentemente biblica da Kaia Kanepi, estone donnone di 120 chili che sembra aver inghiottito Moby Dick a colazione. Nulla di strano. Una disumana picchiatrice sta dominando con truculenza efferata una modesta regolarista fallosa. Ma ella volge ancora gli occhi pietosamente al cielo. Forse cerca conforto e lumi alle divinità delle cavalle. Si intuisce solo un pernacchietto dall'alto. Kaia, rispetto a simile orrore dei sensi, pare addirittura eroticamente accattivante come un biondo tornado assassino. Una Kim basinger del duemila. Ma ma lgrado le apparenze da saprofaga amazzone guerrigliera, l'estone è donnino assai fragile. E prova complicarsi la vita. Poi altre due mazzate furenti e e vince di slancio il tiebreak del secondo set.
Tranne questa piccola, insignificante, sorpresa, il tabellone femminile avanza senza grossi scossoni, figuriamoci emozioni. Concede ancora le briciole Wozniacki, dopo furibonda battaglia vince eroicamente anche il giovane bambolone sparacchiante Yanina Wickmayer sulla leziosa e minuta "ughina Fantozzi" Schnyder. Procede garrula Sveta Kuznetsova, in scioltezza sulla bella Kirilenko che si consolerà guardandosi allo specchio. Bicicletta di inutile crudeltà (ma figuriamoci, visto di chi stiamo parlando) di Masha Sharapova sulla giovane Beatrice Capra. Se le divinità accoglieranno le mie preci, l'urlatrice siberiana più di tre games alla Wozniacki non li farà.
Tra gli uomini, le due star dell'isola degli insipienti marciano con regolarità preoccupante. Gael Monfils seguita a giocare il suo strano sport. Hockey su cemento? volleyball acrobatica? Tennis mi sentirei di eslcuderlo con fermezza. Atroce, semplicemente atroce. Nefando killer di bel gioco. Tanto basta per far fuori Janko Tipsarevic, che fenomeno non è, affidabile nemmeno, ma al di là delle inquietante mescolanza fisiognomiche tra ragazzo filosofo e tatuato coatto di borgata, può dirsi tennista (ogni tanto). Vince, voglia il cielo lontano dalla mia vista anche Novak Djokovic. La semifinale è lì. Assieme alla solita, prevedibile sconfitta. Sulla strada di entrambi un protagonista inatteso: Richard Gasquet, che procede nel suo magnifico percorso di netta bellezza. Durerà? Che sia guarigione improvvisa? Per non sbagliare, meglio attendere in trepidante e religioso silenzio. Avanza involontariamente splendido pure Jurgen Melzer che si guadagna un bell'ottavo con Roger Federer. Lo svizzero arriva alla seconda settimana senza aver apparentemente versato una stilla di sudore o afflitto le meningi con sciocche preoccupazioni. Sembra in gran forma l'ex numero uno, ma ha bisogno di esami un filo più attendibili. Ultima vittima Paul Henri Mathieu, perdente maximo di presunto (ma molto presunto) talento, già miracoloso nell'arrivare al terzo turno. Fatica più del previsto la neo-sogliola Mardy Fish contro l'attempato tappo di francia Arnaud Clement, che a quasi gli anni di Cristo è ancora lì che si dibatte tutto eccitato. Inutilmente.
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