Day 9 – Dal vostro inviato subalterno, che vi invita ad abbandonare questo POSTRIBOLO ripugnante
Federer de luxe, Djokovic lo appaia nella prima semifinale. Si allinea la semifinale della parte bassa. Ed il torneo australiano continua all’insegna del pronostico rispettato. Bastano poco meno di due ore all’ex numero uno al mondo per frustrare le velleità del connazionale Stan Wawrinka in tre rapidi set. Roger Federer inizia con piglio ferocemente ispirato, deciso a soffocare sul nascere qualsiasi tentativo del boccheggiante avversario. Ed è un soliloquio punitivo senza sbavature o dormienti fughe dalla realtà. Implacabile al servizio, fulminante di dritto ed ottimo di rovescio. E quando il colpo meno devastante del proprio repertorio (il rovescio), finisce per risultare più incisivo ed annichilente del migliore in dotazione all’avversario, per questi c’è davvero poco da fare. Trovarsi una religione improvvisata, pregare e fare esercizio di fede. O convincersi che quarti di finale a Melbourne rimane un bel risultato per chi fa il tennista. Naso violaceo ed efelidi palpitanti, Stan prova comunque a scovare dal nulla qualche casuale abbrivio, una sonnolenza dell’avversario o qualsiasi motivo utile per entrare nel match. Speranze vane perché Federer supera di slancio l’unico momento di apparente equilibrio annullando una palla break sul 2-3 del secondo set, ed approda in semifinale senza aver nemmeno sporcato troppo l’autoreferenziale e candida divisa. Torneo comunque buono per Wawrinka, segnato dai successi su Monfils e Roddick. Se prima era una sorta di affidabile medioman capace di far fuori con protervia tutti quelli oltre la ventesima posizione del ranking, ora rischia di diventare tenace top ten in grado di sominare i reietti fuori dai primi dieci. Ai posteri l’ardua (e certamente inutile) sentenza.
In mattinata Novak Djokovic ha raggiunto l’ex monarca elvetico nella semifinale della parte bassa. Nessun impiccio per il serbo, che doma in tre agevoli set Thomas Berdych, in un accoppiamento da delirium tremens. Il ceco, sempre accattivante come un ramarro pluviale e simpatico quanto un orzaiolo, tenta una reazione portandosi avanti 4-1 nella seconda frazione, prima della miserabile caduta. 6-1 7-6 6-1, e Djokovic che lascia una sensazione di buona consistenza. Ora ennesimo re-match con Federer in semifinale, dall’agevole lettura. Tra i due incorre un quasi abisso tecnico imbarazzante. Il serbo, Flushing Meadows insegna, se in giornata di grazia ed esaltazione, può in ogni caso provarci, sperando di far trasecolare il match sul piano della virulenta lotta da vicolo del Bronx, che spesso assottiglia differenze tecniche apparentemente impietose.
La “leonessa” cede alla muro danese. Na Li sempre più convincente. C’erano poche speranze, in sede di erronei pronostici, per la tennista italiana, opposta a Caroline Wozniacki. Non certo per le capacità tecniche, quanto per le energie che la trentenne milanese aveva lasciato sull’infuocato centrale nella battaglia rusticana con Svetlana Kuznetsova. E invece Schiavone inizia sciorinando la solita gamma di colpi variopinti. Una serie di polpette avvelenate al vetriolo e bliz a rete, che sembrano non dare scampo alla boccoluta bambola danese. Due parole per la tanto vituperata e dileggiata numero uno al mondo dalla mutanda rossa e tennis spumeggiante quanto un gazzosino sgasato da sei giorni. E noiosa. Utilitaristica. Attendista oltre ogni immaginifica previsione. Ma non ha ucciso nessuno. Mai rubato caramelle o punti a quel computer che la indica come numero uno. Nemmeno si rifiuta di andare davanti ai giudici. Ed ora che, per sua stessa ammissione, la si sa colpita anche dal mozzico di un feroce canguro con le turbe psichiche, viene da difenderla con lo steso piglio di un Ghedini qualsiasi. Invocare il “fumus persecutionis”, la congiura, il teorema complottista dei vetero-seguaci del rovescio in back con tendenze vagamente comuniste. Non è certo colpa sua se la Wta offre questo, e basta essere delle costanti regolariste per prevalere su fiammate estemporanee di altre ragazze dal tennis più avvincente. Gianni Clerici ne parlava come della “più debole numero uno della storia”. Forse bisognerebbe soltanto attendere che questa ventenne usurpatrice abbia qualche anno di carriera in più. O al limite voltarsi indietro di pochi mesi per vedere le sagome inquietanti e boccheggianti di Dinara Safina o Jelena Jankovic.
Ma torniamo al match. Schiavone vola. Lacera il muro difensivo della numero uno, con trovate quasi irridenti. Verso la scandinava e verso il computer. 6-3 3-1 e l’ennesimo miracolo dell’italiana non sembra più un miraggio. Anche la stanchezza non sembra intralcio rilevante. Bastano un paio di soluzioni fuori misura per rimettere in partita l’avversaria. Quella continua a correre come un automa invasato ebbro di camomilla alla trielina, e rimandare dall’altra parte pallate profonde. Bastano per mettere in fila cinque games, vincere il secondo e scappare anche nella terza e decisiva frazione. Improvvisamente anche le gambe dell’italiana diventano pesanti e la stanchezza diviene alibi, forse prima ancora mentale che fisico. Il tempo di provare un altro miracoloso recupero, prima che la danese chiuda 6-3. Schiavone, dopo un inizio balbettante, esce da questo torneo con rinnovate ambizioni, la convinzione di potersela giocare con quasi tutte e che la storica quarta piazza della classifica mondiale non è un caso.
Ad affrontare Caroline Wozniacki nella prima semifinale, sarà la cinese Na Li. Sempre più convincente ed autoritaria. Un cecchino infallibile che continua nella sua marcia immacolata. Dopo Azarenka, fa fuori in agilità la tedescona Andrea Petkovic. Altra orchessa orridamente macchinosa e legnosa quanto una quercia secolare, avvezza alla smidollata arte subumana di voler squarciar palline come un maniscalco che batte all’impazzata sul ferro. Bella atleta, per carità. Rispetto ad altre di simil risma ha una poderosa capacità di corsa (la vedrei bene nei 400 metri piani), ma il resto è di una inquietante demenza tennistica priva di un costante colpo definitivo. Tira un bel randellone di dritto con tanto di rantolo asfissiante ("uuuhhhh-fffffaahhh"), fa la faccia truce, guarda i suoi domatori all’angolo (figurarsi, sembra che quelli la dirigano con un telecomando o un frustino scudisciante) e si batte il pugno sul cuore (Djokovic ed il mio amico Francuzzo il fulminato, hanno proseliti) neanche avesse fatto il break decisivo sul 15-14 nel terzo set della finale di Wimbledon. Sta perdendo 6-2 3-2. E perderà, quasi ridicolizzata dall’ordinata e brava avversaria, 6-2 6-4.
Federer de luxe, Djokovic lo appaia nella prima semifinale. Si allinea la semifinale della parte bassa. Ed il torneo australiano continua all’insegna del pronostico rispettato. Bastano poco meno di due ore all’ex numero uno al mondo per frustrare le velleità del connazionale Stan Wawrinka in tre rapidi set. Roger Federer inizia con piglio ferocemente ispirato, deciso a soffocare sul nascere qualsiasi tentativo del boccheggiante avversario. Ed è un soliloquio punitivo senza sbavature o dormienti fughe dalla realtà. Implacabile al servizio, fulminante di dritto ed ottimo di rovescio. E quando il colpo meno devastante del proprio repertorio (il rovescio), finisce per risultare più incisivo ed annichilente del migliore in dotazione all’avversario, per questi c’è davvero poco da fare. Trovarsi una religione improvvisata, pregare e fare esercizio di fede. O convincersi che quarti di finale a Melbourne rimane un bel risultato per chi fa il tennista. Naso violaceo ed efelidi palpitanti, Stan prova comunque a scovare dal nulla qualche casuale abbrivio, una sonnolenza dell’avversario o qualsiasi motivo utile per entrare nel match. Speranze vane perché Federer supera di slancio l’unico momento di apparente equilibrio annullando una palla break sul 2-3 del secondo set, ed approda in semifinale senza aver nemmeno sporcato troppo l’autoreferenziale e candida divisa. Torneo comunque buono per Wawrinka, segnato dai successi su Monfils e Roddick. Se prima era una sorta di affidabile medioman capace di far fuori con protervia tutti quelli oltre la ventesima posizione del ranking, ora rischia di diventare tenace top ten in grado di sominare i reietti fuori dai primi dieci. Ai posteri l’ardua (e certamente inutile) sentenza.
In mattinata Novak Djokovic ha raggiunto l’ex monarca elvetico nella semifinale della parte bassa. Nessun impiccio per il serbo, che doma in tre agevoli set Thomas Berdych, in un accoppiamento da delirium tremens. Il ceco, sempre accattivante come un ramarro pluviale e simpatico quanto un orzaiolo, tenta una reazione portandosi avanti 4-1 nella seconda frazione, prima della miserabile caduta. 6-1 7-6 6-1, e Djokovic che lascia una sensazione di buona consistenza. Ora ennesimo re-match con Federer in semifinale, dall’agevole lettura. Tra i due incorre un quasi abisso tecnico imbarazzante. Il serbo, Flushing Meadows insegna, se in giornata di grazia ed esaltazione, può in ogni caso provarci, sperando di far trasecolare il match sul piano della virulenta lotta da vicolo del Bronx, che spesso assottiglia differenze tecniche apparentemente impietose.
La “leonessa” cede alla muro danese. Na Li sempre più convincente. C’erano poche speranze, in sede di erronei pronostici, per la tennista italiana, opposta a Caroline Wozniacki. Non certo per le capacità tecniche, quanto per le energie che la trentenne milanese aveva lasciato sull’infuocato centrale nella battaglia rusticana con Svetlana Kuznetsova. E invece Schiavone inizia sciorinando la solita gamma di colpi variopinti. Una serie di polpette avvelenate al vetriolo e bliz a rete, che sembrano non dare scampo alla boccoluta bambola danese. Due parole per la tanto vituperata e dileggiata numero uno al mondo dalla mutanda rossa e tennis spumeggiante quanto un gazzosino sgasato da sei giorni. E noiosa. Utilitaristica. Attendista oltre ogni immaginifica previsione. Ma non ha ucciso nessuno. Mai rubato caramelle o punti a quel computer che la indica come numero uno. Nemmeno si rifiuta di andare davanti ai giudici. Ed ora che, per sua stessa ammissione, la si sa colpita anche dal mozzico di un feroce canguro con le turbe psichiche, viene da difenderla con lo steso piglio di un Ghedini qualsiasi. Invocare il “fumus persecutionis”, la congiura, il teorema complottista dei vetero-seguaci del rovescio in back con tendenze vagamente comuniste. Non è certo colpa sua se la Wta offre questo, e basta essere delle costanti regolariste per prevalere su fiammate estemporanee di altre ragazze dal tennis più avvincente. Gianni Clerici ne parlava come della “più debole numero uno della storia”. Forse bisognerebbe soltanto attendere che questa ventenne usurpatrice abbia qualche anno di carriera in più. O al limite voltarsi indietro di pochi mesi per vedere le sagome inquietanti e boccheggianti di Dinara Safina o Jelena Jankovic.
Ma torniamo al match. Schiavone vola. Lacera il muro difensivo della numero uno, con trovate quasi irridenti. Verso la scandinava e verso il computer. 6-3 3-1 e l’ennesimo miracolo dell’italiana non sembra più un miraggio. Anche la stanchezza non sembra intralcio rilevante. Bastano un paio di soluzioni fuori misura per rimettere in partita l’avversaria. Quella continua a correre come un automa invasato ebbro di camomilla alla trielina, e rimandare dall’altra parte pallate profonde. Bastano per mettere in fila cinque games, vincere il secondo e scappare anche nella terza e decisiva frazione. Improvvisamente anche le gambe dell’italiana diventano pesanti e la stanchezza diviene alibi, forse prima ancora mentale che fisico. Il tempo di provare un altro miracoloso recupero, prima che la danese chiuda 6-3. Schiavone, dopo un inizio balbettante, esce da questo torneo con rinnovate ambizioni, la convinzione di potersela giocare con quasi tutte e che la storica quarta piazza della classifica mondiale non è un caso.
Ad affrontare Caroline Wozniacki nella prima semifinale, sarà la cinese Na Li. Sempre più convincente ed autoritaria. Un cecchino infallibile che continua nella sua marcia immacolata. Dopo Azarenka, fa fuori in agilità la tedescona Andrea Petkovic. Altra orchessa orridamente macchinosa e legnosa quanto una quercia secolare, avvezza alla smidollata arte subumana di voler squarciar palline come un maniscalco che batte all’impazzata sul ferro. Bella atleta, per carità. Rispetto ad altre di simil risma ha una poderosa capacità di corsa (la vedrei bene nei 400 metri piani), ma il resto è di una inquietante demenza tennistica priva di un costante colpo definitivo. Tira un bel randellone di dritto con tanto di rantolo asfissiante ("uuuhhhh-fffffaahhh"), fa la faccia truce, guarda i suoi domatori all’angolo (figurarsi, sembra che quelli la dirigano con un telecomando o un frustino scudisciante) e si batte il pugno sul cuore (Djokovic ed il mio amico Francuzzo il fulminato, hanno proseliti) neanche avesse fatto il break decisivo sul 15-14 nel terzo set della finale di Wimbledon. Sta perdendo 6-2 3-2. E perderà, quasi ridicolizzata dall’ordinata e brava avversaria, 6-2 6-4.
Prima che iniziasse il match tra canguri e koala mentre li accarezzava berdych sorrideva, direi di prendere nota di questa nota positiva di giornata.
RispondiEliminaPer il resto era tutto lì scritto, forse non mi aspettavo un Wawrinka così arrendevole, o forse non era arrendevole era Federer che danzava senza sosta. La Schiavone avrebbe anche potuto farcela, diciamo che la Woz è anche molto solida mentalmente, perdere il primo set non l'ha indebolita. I time-out medico oramai è una tattica di gioco. Domani vedremo cosa accadrà......non ho visto un solo game di Nadal, tu l'hai visto? Come sta giocando, come lo hai visto fisicamente?
Jess
Certo che la Wozniacki è proprio bellina!
RispondiEliminaSoprattutto se messa di fronte alla Schiavone.
O al 90% del circuito femminile.
Comunque, Picasso, non mi trovo d'accordo quando dici che il punto debole di Federer è il rovescio. Secondo me il suo rovescio è discreto. Il vero punto debole di Federer, trovo, sono le prime di servizio: tante, troppe volte, riesce a mettere non più del 50-60% di prime.
Con Djokovic, mah, ho l'impressione che vedremo un match-fotocopia di New York.
Spero di sbagliarmi!
Buona notte e a domani. ;-)
Ciao Jess,
RispondiEliminacerto, sarà stata un'immagine edificante (che ho perduto, e me ne costerno) quella di Berdych tra i koala. =) Wawrinka non è mai entrato nel match, per meriti di un Federer quasi perfetto. Nadal è il solito. Non è che ha avuto test probanti, per capirlo. Di certo con Murray (sempre se la giochranno loro) sarà un match più aperto di ciò he si pensa. L'ennesima chance per lo scozzese.
Sul mto ormai mi son stufato di ripeterlo. E' una cosa inutile ed antispostiva. Situazione meno aberrante di quella vista tra Date e Radwanska, ma cmq fastidiosa.
@Fabio,
Carinamente insipida Carolina. Ultimamente gradisco Vera (per tutto il pacchetto da centro d'igiene mentale che porta sul campo. E soprattutto ora, che può farmi vincere dei danari. Mah, sperando non sbarelli, la squilibrata russa).
Non ho mica detto che il rovescio di Federer è un colpo "debole". E' certamente la parte meno incisiva del suo reperorio. Tutto è relativo. E' chiaro che il 90% dei top 100 (forse il 95%) vorrebbe averlo, quel colpo. =) Di certo quando entra quello è segno che è una giornata ispirata.
Djokovic è cmq sempre lì. Stiamo a vedere come si evolverà la soria di questo re-match.
Ciao, notte a te.