Day 4 – Dal vostro inviato nella stiva, che da quando si è separato ha una stabile relazione con una donna fedele: Signorini
Bye-bye Jelena. Mi piace cominciare con un evento di liberazione mondiale. La nitrente serba bardata a casta diva, ci saluta con mestizia melancolica. Dopo Ana Ivanovic, saluta la compagnia anche l’altra spocchiosa reginetta del nulla orridamente lagnoso, Jelena Jankovic. Simpatica come lo scorbuto. Trotta a vuoto la sorrellona illegittima di Varenne, in un grottesco tutù premaman rosa "confetto Falqui". In quella conturbante mise pare una languida controfigura di Marilyn Monroe truccata da cavallo, per carnevale (mancano solo i proverbiali “bye-bye baby” e “tu-tu-pi-tù!”). Sgroppa in modo insipiente, e basta una discreta quadrumane, Shuai Peng, per rispedirla rapidamente a casa. Una delle tante cinesi che non mollano un quindici, arrembanti e fastidiose come petulanti mosche tsè-tsè che si eccitano tutte dopo un quindici vinto esalando striduli ghignetti da roditori (gnì-gnì). Jankovic trotta in modo insipiente. Fuori forma, e senza un benedetto colpo vincente. La passista irregolarmente fallosa cede in due set alla cinese, che elargisce pugnetti urticanti a go-go, anche quando perde il punto.
La Serbia ci saluta. Fuori anche l’emergente Bojana Jovanoski, che forse diventerà più competitiva delle altre due (non che ci voglia poi molto), dopo aver spaventato un po’ la mia prediletta melanzana conturbante e con le ranocchie angosciatamene esaurite nel cervello (Vera Zvonareva). Avanti tutta Kim Clijsters sull’involuto cartone animato Carla Suarez Navarro, bruttina che fa simpatia, cui è rimasto solo un bellissimo ed inutile rovescio. Convincente Flavia Pennetta sulla Dominguez Lino, ora per la brindisina lo snodo fondamentale del torneo rappresentato da Shahar Peer, già sua giustiziera nell’ultimo slam. Match equilibrato e che potrebbe essere risolto da un refolo di vento. Avanzano Pavlyuchenkova e Stosur. Si arena il balenottero Kleybanova contro l’ex pettoruta rumena Simona Halelp. Una che è rumena e che si è ridotta l’ingombrante seno. Il nostro alacre buongoverno si è adoperato perché una simile donna non possa mai mettere piede nel nostro paese, dove la donna è “l’altra parte del cielo”. Ed il culo di una diciassettenne.
Il triste congedo di Del Potro. “Per l’argentino il capolinea sarà rappresentato da Marcos Bagdhatis”. Ebbi a dirlo appena scorti i tabelloni. Non che ci volesse molto. Dopo il dignitoso esordio contro l’israeliano Dudi Sela, l’argentino si è arreso in maniera netta al bacherozzo cipriota, che a Melbourne è sempre scintillante come nella stagione della muta. Una sconfitta più netta di quello che dice il punteggio. Sui campi di Melbourne c’è solo la sagoma vuota di quello che fu “il pistolero di Tandil”. Nessuna rivoltella fumigante e sguardo tagliente. Ma un lancia sassi inceppato, con l’occhio rassegnato. Il lacerante infortunio al polso, lontano dalla piena guarigione, sembra aver lasciato scorie mentali e timori nell’animo del campione di Flushing Meadows 2009. Fa il suo mestiere Marcos Baghdatis, che vince in quattro facili set e si guadagna un interessante terzo turno contro Jurgen Melzer. Il mancino austriaco seguita nel suo percorso netto liberandosi di “vengino gente, è arrivato l’arrotino” Pere Riba, uno che fai fatica a distinguere nel marasma di fastidiosissimi ronzini arrotatori d’iberia.
Avanza anche Rafael Nadal, che trincia lo statunitense Sweeting. Poco da dire sullo spagnolo, in perfetta “media Graf” anni ’90. Un po’ più ostico sarà il suo match di terzo turno. Ad attenderlo non ci sarà Feliciano Lopez, ma il diciottenne Bernard Tomic. Talento zero, simpatia meno undici. Ma questo ragazzo che pare il figlio illegittimo di Andrea Gaudenzi (dopo un cruento frontale con un tir, o con Tsonga), dopo Chardy ha steso anche il volleante fotomodello spagnolo. Ora il repellente australiano potrà mettere in difficoltà anche il numero uno al mondo. Magari costringerlo fino al decimo games, in uno dei tre set. Approdano al terzo turno senza troppi patimenti anche i due outsiders del torneo, Andy Murray e Robin Soderling.
Per il resto, scontato successo di Jo Tsonga su Andreas Seppi, ultimo baluardo dell’arrembante pattuglia italica. Il leontigre caldarense lotta con ardimento, ma dopo la tenace pugna contro Arnaud Clement, era complicato chiedergli il miracolo. Due righe su Tsonga (o quel che ne rimane). Il tennis è imprevedibile e spesso i campioni trovano risorse fisiche e morali partita dopo partita. Soprattutto quando sono stati ad un passo dal baratro. Ma dopo Petzschner e Seppi, appena gli mettono un tennista vero davanti, rischia di fare le valigie e salutare la compagnia. L’identikit perfetto potrebbe essere il giovane e debordante ucraino Alexandr Dolgopolov jr. che continua a pestare tutti, lasciando grossi lividi. Ieri si è arreso ai suoi colpi in quattro set, Benjamin Becker. Match comunque da non perdere. Avanzano garruli David Ferrer, John Isner e, con molti patimenti, anche quel truce figuro da ricovero coatto in un neurodeliri, rispondente al nome di Mikhail Youzhny.
Sorprese di giornata (ma anche no), i due giovani che assieme a Paire io (infallibile come l’unto che ha una fidanzata immaginaria e manda videomessaggi a gettito continuo neanche fosse il Mullah Omar depravato, dal suo bunker pieno di escort governative) segnalai per tempo. Milos Raonic, fenomenale picchiatore che divelle le (poche) ambizioni del povero Michael Llodra, ed il giovane lituano Ricardas Berankis, normotipo assai dotato che passa sulle macerie di un Nalbandian devastato dopo la battaglia di primo turno con Hewitt. L’argentino rischia di riaversi solo metà giugno. O per il quarti di Davis.
Bye-bye Jelena. Mi piace cominciare con un evento di liberazione mondiale. La nitrente serba bardata a casta diva, ci saluta con mestizia melancolica. Dopo Ana Ivanovic, saluta la compagnia anche l’altra spocchiosa reginetta del nulla orridamente lagnoso, Jelena Jankovic. Simpatica come lo scorbuto. Trotta a vuoto la sorrellona illegittima di Varenne, in un grottesco tutù premaman rosa "confetto Falqui". In quella conturbante mise pare una languida controfigura di Marilyn Monroe truccata da cavallo, per carnevale (mancano solo i proverbiali “bye-bye baby” e “tu-tu-pi-tù!”). Sgroppa in modo insipiente, e basta una discreta quadrumane, Shuai Peng, per rispedirla rapidamente a casa. Una delle tante cinesi che non mollano un quindici, arrembanti e fastidiose come petulanti mosche tsè-tsè che si eccitano tutte dopo un quindici vinto esalando striduli ghignetti da roditori (gnì-gnì). Jankovic trotta in modo insipiente. Fuori forma, e senza un benedetto colpo vincente. La passista irregolarmente fallosa cede in due set alla cinese, che elargisce pugnetti urticanti a go-go, anche quando perde il punto.
La Serbia ci saluta. Fuori anche l’emergente Bojana Jovanoski, che forse diventerà più competitiva delle altre due (non che ci voglia poi molto), dopo aver spaventato un po’ la mia prediletta melanzana conturbante e con le ranocchie angosciatamene esaurite nel cervello (Vera Zvonareva). Avanti tutta Kim Clijsters sull’involuto cartone animato Carla Suarez Navarro, bruttina che fa simpatia, cui è rimasto solo un bellissimo ed inutile rovescio. Convincente Flavia Pennetta sulla Dominguez Lino, ora per la brindisina lo snodo fondamentale del torneo rappresentato da Shahar Peer, già sua giustiziera nell’ultimo slam. Match equilibrato e che potrebbe essere risolto da un refolo di vento. Avanzano Pavlyuchenkova e Stosur. Si arena il balenottero Kleybanova contro l’ex pettoruta rumena Simona Halelp. Una che è rumena e che si è ridotta l’ingombrante seno. Il nostro alacre buongoverno si è adoperato perché una simile donna non possa mai mettere piede nel nostro paese, dove la donna è “l’altra parte del cielo”. Ed il culo di una diciassettenne.
Il triste congedo di Del Potro. “Per l’argentino il capolinea sarà rappresentato da Marcos Bagdhatis”. Ebbi a dirlo appena scorti i tabelloni. Non che ci volesse molto. Dopo il dignitoso esordio contro l’israeliano Dudi Sela, l’argentino si è arreso in maniera netta al bacherozzo cipriota, che a Melbourne è sempre scintillante come nella stagione della muta. Una sconfitta più netta di quello che dice il punteggio. Sui campi di Melbourne c’è solo la sagoma vuota di quello che fu “il pistolero di Tandil”. Nessuna rivoltella fumigante e sguardo tagliente. Ma un lancia sassi inceppato, con l’occhio rassegnato. Il lacerante infortunio al polso, lontano dalla piena guarigione, sembra aver lasciato scorie mentali e timori nell’animo del campione di Flushing Meadows 2009. Fa il suo mestiere Marcos Baghdatis, che vince in quattro facili set e si guadagna un interessante terzo turno contro Jurgen Melzer. Il mancino austriaco seguita nel suo percorso netto liberandosi di “vengino gente, è arrivato l’arrotino” Pere Riba, uno che fai fatica a distinguere nel marasma di fastidiosissimi ronzini arrotatori d’iberia.
Avanza anche Rafael Nadal, che trincia lo statunitense Sweeting. Poco da dire sullo spagnolo, in perfetta “media Graf” anni ’90. Un po’ più ostico sarà il suo match di terzo turno. Ad attenderlo non ci sarà Feliciano Lopez, ma il diciottenne Bernard Tomic. Talento zero, simpatia meno undici. Ma questo ragazzo che pare il figlio illegittimo di Andrea Gaudenzi (dopo un cruento frontale con un tir, o con Tsonga), dopo Chardy ha steso anche il volleante fotomodello spagnolo. Ora il repellente australiano potrà mettere in difficoltà anche il numero uno al mondo. Magari costringerlo fino al decimo games, in uno dei tre set. Approdano al terzo turno senza troppi patimenti anche i due outsiders del torneo, Andy Murray e Robin Soderling.
Per il resto, scontato successo di Jo Tsonga su Andreas Seppi, ultimo baluardo dell’arrembante pattuglia italica. Il leontigre caldarense lotta con ardimento, ma dopo la tenace pugna contro Arnaud Clement, era complicato chiedergli il miracolo. Due righe su Tsonga (o quel che ne rimane). Il tennis è imprevedibile e spesso i campioni trovano risorse fisiche e morali partita dopo partita. Soprattutto quando sono stati ad un passo dal baratro. Ma dopo Petzschner e Seppi, appena gli mettono un tennista vero davanti, rischia di fare le valigie e salutare la compagnia. L’identikit perfetto potrebbe essere il giovane e debordante ucraino Alexandr Dolgopolov jr. che continua a pestare tutti, lasciando grossi lividi. Ieri si è arreso ai suoi colpi in quattro set, Benjamin Becker. Match comunque da non perdere. Avanzano garruli David Ferrer, John Isner e, con molti patimenti, anche quel truce figuro da ricovero coatto in un neurodeliri, rispondente al nome di Mikhail Youzhny.
Sorprese di giornata (ma anche no), i due giovani che assieme a Paire io (infallibile come l’unto che ha una fidanzata immaginaria e manda videomessaggi a gettito continuo neanche fosse il Mullah Omar depravato, dal suo bunker pieno di escort governative) segnalai per tempo. Milos Raonic, fenomenale picchiatore che divelle le (poche) ambizioni del povero Michael Llodra, ed il giovane lituano Ricardas Berankis, normotipo assai dotato che passa sulle macerie di un Nalbandian devastato dopo la battaglia di primo turno con Hewitt. L’argentino rischia di riaversi solo metà giugno. O per il quarti di Davis.
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