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mercoledì 30 marzo 2011

LA DISFIDA DEL VECCHIO THOMAS MUSTER


Un vecchio avventore mi ha aperto le vie del paradiso e, più umanamente, l'uscio del circolo tennis di Barletta. Potente, ma terrenamente limitato, il tipo. Direte, il Picasso s’è giocato l’ultima rotella che girava in senso orario? E’ andato nella cittadina della disfida per auto accoltellarsi il pancreas con le evoluzioni da maldestro fabbro ferraio del giovane e sponsorizzatissimo (dai soliti Mastri burattinai orbi) Trevisàn? Ha voluto godersi il tennis champagne del “perdente fortunato” Gianluca Naso, dopo essersi riempito come un otre di xamamina? Acclamatissimo il ragazzo di Sicilia, specie dai dannunziani esteti in crisi d’astinenza e che si sciolgono come giuggiole ai frutti di bosco appena vedono qualche bel colpo pulito di un italiano. Oppure il Picasso ha voluto riappropriarsi dell’idea di bruttezza del mondo affrontando a petto nudo i terrificanti pallonettoni mancini del vecchio Alessio Di Mauro? Agghiacciante l’altro siciliano, ma uno dei pochi a risultarmi quasi commovente per la mestierante abnegazione lasciata ad ogni scambio sull’argilla assieme al sudore. O questo pericoloso squilibrato blogger, colpito da sofisticato snobismo italico, s’è alfine fatto corrompere dal cristallino talento di Fabio Fognini? Magari bendato si sarà addentrato nei delicati meandri di ciò che possono pensare quelli bravi e “politically correct” sul tennis del ligure. Lo vedo schiaffeggiare pigramente impettito, smoccolare e prenderle di santa ragione dal rudimentale Haider-Maurer. Niente di tutto questo, o quasi. Non preoccupatevi, l’eroina rimane l’ultima istanza di autodistruzione.

Il fato, la tambureggiante pioggia del lunedì e l’incombenza di una placida oscurità ieri, hanno fatto slittare ad oggi il match di Thomas Muster. Il 44enne austriaco ex numero uno al mondo era, per ovvie e comprensibili ragioni, l’unica attrattiva di un torneo comunque ben organizzato e con una gradevole cornice logistica. Pavoneggiandomi un po’, con la colonna sonora di questa leggendaria cover e con lo stesso animo da anfitrione conquistadores (“mamà è Londinais, papè è di Barleeeeittt”), ho invitato una leggiadra pulzella straniera a passare la tarda mattina pomeriggio in compagnia delle arrotate del vecchio leone austriaco. Arrugginito, sdentato, ma pur sempre la cosa più interessante cui assistere. La tipa però non è “anglàis”, ma di Pordenone. E malgrado le titubanti promesse, non s’è presentata mica. Avrà compreso che sono pazzo. La sa lunga. O all'argilla preferisce le poesie crepuscolari. Chi può dirlo.

Le nuvole sono lontane e gonfie di oscure minacce inesistenti, e c’è un tiepido sole che sbuca timidamente. E Muster inizia il folle tentativo, contro il connazionale Martin Fisher. Un'altra pietra che va impietosamente ad incagliarsi nel suo utopico tentativo di ritorno. Corre scomposto, arrota come un forsennato e rantola sofferenza, il vecchio Thomas. Capelli radi, barba incolta e quasi completamente canuta da gladiatore in pensione, splendido fisico asciutto per un ultraquarantenne. Sembra più tirato ed in forma del recente passato, ma bastano due scambi per capire quanto non abbia alcuno scampo. Il giovane avversario è tipo regolare con qualche fiammata anticipata di rovescio, brevilineo, ben testato da anni alle competizioni challengers. Vale pienamente i primi 150 al mondo. Troppo per quell’attempato signore, che pure quindici anni prima era in vetta al mondo. Il primo set scivola via. Un crudele 6-0 che lascia addosso una sfumata sensazione di impietosa malinconia mista a patetismo, per quell’irrazionale ostinazione. Cosa mai lo spinge a tanto?

Mi volto verso le palme, poi guardo un paio di lombrosiani di mestiere. Hanno facce veramente brutte, ma di una bruttezza insignificante. Ed le espressione vuotamente assorte. Li pagano per stare lì ed osservare. E tutto assume un contorno ancor più vagamente comico. Il gran segreto è ridere del mondo, e pensare che il mio certosino Napoleone non può stare al loro posto per motivi contingenti. Chissà cosa pensano. E cosa diranno migliaia di appassionati dell’italtennis. Azzardo, convinto di non andare troppo lontano: “Ma perché continuano a dare inviti a questo ex tennista quando ci sono giovani italiani da inserire nei challengers?”.

Ad inizio del secondo set ecco il sussulto d’orgoglio dell’ex campione. Basta qualche cross in esasperante top spin, lunghi scambi e quel gancio frullato di mancino dritto che gli dà il break in apertura del secondo set. Condito da un urlaccio e gli applausi un filo patetici della gente. Thomas non sembra curarsene, pare davvero convinto del suo progetto inevitabilmente e consapevolmente suicida. Il secondo set si trasforma in un match di tennis. Tiene botta l’old man. Continua ad alzare le traiettorie costringendo Fisher ad arrampicarsi goffamente in cielo per colpire di rovescio a due mani. Schiaffeggia di dritto e rovescio, corre, si carica. La semi ovazione che lo porta sul 2-4 è meno carica di inutile sentimento compassionevole. Inizio a capire quanto l’ex numero uno si diverta davvero a mettersi alla prova. Confrontarsi con giovani atleti di nuova generazione. E prima ancora col suo fisico. E’ un modo per sentirsi vivo avvertendo la morte, forse. Concetto difficilmente spiegabile. L’altro seguita sforzandosi di non pensare all’avversario, pedala a brevi passetti, ogni tanto chiude con belle accelerazioni o irriguardose smorzate. Lui rischia persino di recuperare il break, prima di cedere. Ma mi convinco ugualmente che Muster abbia un senso. Assolutamente da rispettare. Molto più di quel nugolo di osannati campioncini da top 400 italiani, per i quali si continua a pretendere ed invocare inviti. Solo per godere della loro inutile spocchia da figli di papà cresciuti nella bambagia. Tipi così convinti, che di andare a costruirsi quelle ossa rachitiche all’estero, proprio non gli passa per l’anticamera dell’ipotalamo. Anzi, alle loro nobili orecchie viziate risuona come una bestemmia. Cento, mille altri inviti al vecchio campione con alle spalle una carriera costruita grazie al sacrificio. Anche se ha 44 anni, ed ha perso 6-0 6-3.

2 commenti:

  1. Due pezzi in due giorni! Continua così

    Per puro caso ho visto l'ultimo game della partita in streaming, e in un attimo mi sono scoperto a sperare nel recupero impossibile, quasi a tifare. Federer dice che Sampras potrebbe tranquillamente vincere ancora qualche partita ATP, io a questo punto lo augurerei di più a Muster, dopo i quaranta merita più rispetto l'ostinazione folle della mano fatata, a meno che non si tratti di McEnroe, forse.

    A proposito: c'è un video di Djokovic e McEnroe che giocano un paio di punti in un dopo partita al US Open del 2009. Al minuto 3:35 Supermac, in camicia e pantaloni, fa vedere cosa potrebbe risultare utile nel provare a rallentare la marcia trionfale del nostro beneamato.

    Il link:
    http://www.youtube.com/watch?v=N8gbgse0WsY

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  2. Sampras ha 40 anni. Alla sua età Jimbo fece semifinale in un epico e irripetibile Us Open ('91). E l'anno successivo QF. Sampras, come altri vecchi, avrebbe il vantaggio di basare il suo tennis soprattutto sul braccio e non solo sul fisico. Rispetto a Muster (oltre alle monumentale differenza di carriera e palmares), ha questo vantaggio. Ovvio che per continuare ad essere competitivi contano le motivazioni, e Sampras non credo ne abbia molte. Muster sembra motivatissimo, ma non può oggettivamente farcela.
    Il tennis è cambiato (soprattutto nelle superfici). Credo che Sampras, come il 45enne Edberg vincerebbero ancora partite due su tre. Ma è una mia idea. Poi, metti un parquet indoor veloce come negli anni '90. O il Queens di quegli anni. Sampras o l'ultraquarantenne Edberg perderebbero da top 50/70 come Berlocq, Pere Riba, Starace, Andujar etc...? Forse tornerebbero a casa dopo una sonora lezione. =)
    Ciao, a presto.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.