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lunedì 4 aprile 2011

UN WEEK END DA GENI



E’ stato un fine settimana assai intenso. A tratti avvincente e spettacolare ai livelli più alti e sublimi della competizione. Frammenti imbizzarriti di genio, talento e follia che regnano ai vertici dello sport, fanno sognare ed accendono la fantasia di chi va ricercando quelle schegge pazze. Istantanee capaci di divellere la catastale monotonia abbruttente. Faccio un breve bilancio di questo pazzo week end. Rapido perché debbo dedicare il mio tempo alla preparazione fisica e mentale alle pre qualifiche degli Internazionali d’Italia, ove nutro discrete possibilità di entrare. Trevisàn e Vagnozzi permettendo. E se riduco da 60 a 45 le sigarette giornaliere.


Antonio Cassano: 7. Lasciateli parlare. Questo è un genio puro, autentico, cristallino. C’è tutta la follia di un eroe maledetto, nelle sue inutili gesta. Sublimi, irrazionali, tormentate ed estremamente insensate come le cose più alte. Non è mai banale, tocca dirlo. Dall’adolescenza trascorsa tra motorini rubati ed irridenti tunnel a furenti compagni di squadra trentenni e miliardari, fino al grande successo che tutto annebbia, figurarsi una mente dominata dallo squilibrio tutt’altro che latente. Soldi, donne, magie romane e fuochi pirotecnici che salgono al cielo dalla sua mega villa da neo arricchito kitch e bambino mai cresciuto. E ancora serate folli, macchine potenti e banconote da 500 donate ad un senzatetto, magari commuovendosi un po’, per poi tornare a vivere a 200 all’ora contromano. Cassano rimane il quindicenne infestato dall’acne che durante una partitella si lamenta con l’allenatore per estrema modestia dei suoi compagni, li dileggia in strettissimo dialetto donando loro due palloni, di modo che possano finalmente toccarlo. Con Neqrouz o col monumento Batistuta, poco importa. Insolente e sempliciotto ragazzo agghindato in modo imbarazzante al volante di una utilitaria in centro a Bari, come nella sala-tempio dei trofei madridista. E cosa mai gli fregherà? Tonino è uno che non pensa mica, gli manca il sottilmente subdolo canale della mediazione nel cervello. E’ quello che segna un gol impossibile e coi piedi riesce a fare tutto, anche a cuocerti un ovetto alla cocque senza farlo cadere in terra. Lo stesso che d’un tratto impazzisce esibendo il viscerale malessere del “ragazzo di vita” in salsa barivecchiana, isterico, teatrale ed infantile.
Il megapresidentissimo eccelso ed imputato lo prende al Milan. Afferma sconsolato “Cassano non ha ancora compreso lo stile Milan”. E che voglia Iddio, non lo comprenda mai. Ieri entra a dieci minuti dalla fine, quando i compagni hanno già vinto. Vagamente imbolsito. Potrebbe limitarsi ad una scenica passerella. Ma non sarebbe Cassano. Si guadagna un rigore, lo trasforma, esulta come se avesse segnato il gol della vittoria all’ultimo minuto dei supplementari di una finale Champions. Poi in pieno recupero insegue e stende un avversario e si fa cacciare fuori. Il tutto in due minuti. Ditemi se questo non è un inutile genio.

Alexander Pato: 7,5. Eh si, il papero con l’adolescenziale macchinetta per raddrizzare i denti decide il derby della “madunina”. Dopo mesi tormentati è giunto il suo momento. Sul campo regala gemme, al di fuori pare aver impalmato niente meno che Barbara B. Voglio dire, quella signorina B. che in tribuna, tutta elegante e costipata in un tailleur da educanda delle Orsoline, gli sorride austera. Ammetto di ammirare questo ragazzo brasileiro, elogio del semplice talento quasi imbarazzato. Deve esserci del genio in lui, nei suoi piedi, in quella faccia pasticciata da barba caprina e nelle scelte di vita. L’ammirazione si trasforma in feroce invidia, pensando alla signorina Barbarella B. Ancora. Una sordida e sinistra fantasia comincia a balenare nel mio cervello squilibrato. Mirabolanti capriole, fantasiosamente sconce con al centro, come unica e sola protagonista, la signorina B., simile ad una sacerdotessa devota di incontrollabili sodomie. Mentre imita il babbo.

Valentino Rossi: 8. Ogni sport ha la sua geniale essenza superiore. Un simbolo o simulacro cui tutti devono inchinarsi, anche quando è malconcio o ha una moto simile ad un cavallo imbizzarrito. La avverti subito quella essenza, osservando Valentino Rossi. Anche uno che coi motori “non ci sa fare, che non sa neanche guidare…un tipo perso dietro le nuvole e la poesia”. E’ una sensazione che oltrepassa la specialistica, i mezzi, la gelida elettronica. Valentino è genio funambolico e temerario capace di rendere avvincente e vincente anche un trabiccolo, perché nelle sue vene scorre la velocità. La possiede, la doma e la sfida contro ogni legge fisica. Non è un automa come Schumacher o Doohan, ma accarezza l’idea pazza e ardimentosamente irrazionale di Gilles o Barry Sheene, innestandola in una mentalità Re Mida o cannibale vincente. Quasi fosse l’essere perfetto, per la velocità. L’idea dominante del centauro che vince di carattere anche quando perde, con semplice gesto o una mossa. Testa e coraggio, prima di un mezzo che spinge al limite come nessuno. Valentino Rossi vince anche prima di iniziare a dare gas, con la forza della mente e con un sorpasso azzardato da uomini duri. Un gesto che avvilisce e ridimensiona a modesti scolaretti anche quei ragazzi bravi e veloci che paiono avere un missile scud sotto il sellino.


Mi sa che stiamo andando fuori tema. Questo è un blog che narra di tennis, almeno credo. Ma tant’è. Fedele al "Minzolini style", pur di rifuggire lo scottante scenario potrei anche dissertare di politica mediorientale, medicina zen, poesia crepuscolare, filosofia greca, alla sagra della salsiccia piccante di Cutrofiano, religioni mistiche, idolatrie indù, l’accoppiamento dei facoceri subsahariani, scrivere della vita su Marte, degli origami, di Nietzsche, Ida Dalser, o Fracazzo da Velletri. Ma che tennis sia.

Benoit Paire: 7,5. La prestigiosa platea era quella del challenger di St.Brieuc. La fortuna e la ventura del circumnavigatore vuole che un demoniaco sito di scommesse trasmetta questo fenomenale torneo. Spicca di luce propria un naif personaggio francese, Benoit Paire. Voglio premettere, uno che in questa stagione batte Gilles Simon in un Atp e perde per due volte di fila da Matteo Viola in competizioni challenger, ben si descrive senza bisogno di mirabolanti panegirici. Malgrado inquadratura fissa improponibile, mi gusto tutta la semifinale contro il buon polacco da top 100 Przysiezny. Ed è uno spettacolo delirante. Frustate di rovescio bimane, dormienti pallate e smorzate dense di finale candore. Pare un serpe incantatore, Benoit. Gli riesce tutto e domina in due set, tra un’accelerazione fulminante a chiudere uno scambio cloroformizzato e magie degne di un ispirato funambolo del circo Togni. Spesso inutili.
Ok, si gioca a Miami. Dall’altra parte dell’oceano è in ballo il famigerato “quinto slam” nominale. Quelli intelligenti e sani di mente, pensano a quell’evento che a me invece suscita una specie di rigurgito nauseabondo. Rivaluto persino i martellanti postumi di una sbronza di vodka. E allora via verso la finale del torneo bretone tra Paire e Texeira, buon podista transalpino. Ecco che sale in cattedra Mr Hyde. Qualcosa di difficilmente spiegabile umanamente. Il tormentato bohemienne di Francia getta via tutto, con una furia frustrata e frustrante. Benoit urla, spacca due racchette, sbaglia un facile tocco a campo aperto con l’altro stramazzato a terra, scalcia con violenza prolungata i teloni, becca un penality point e perde 6-3 6-0. Avanti così, genialmente folle, ricco di talento e gesta irrazionali. Uno splendido circense avviato, malgrado la sconfitta, ad una sicura carriera da scheggia impazzita. Qualcuno che possa scombinare scenari spesso incensati e noiosi del circuito. Prepotentemente salito al quarto posto nella mia personale classifica dei mentalmente labili prestati al tennis (fantasioso e divertente, altrimenti pensereste che mi ecciti con Fognini).

Azarenka/Sharapova. Qualcosa bisogna anche dire sull’inutile torneo di Miami. Finale femminile inattesa. Due diversamente svitate partorienti biondone di quasi 1,90 se le suonano e strillano come in preda a raptus omicidi. La rinata e semovente statua urlante Sharapova (buon Dio), finisce per soccombere all’accecata furia di Victoria Azarenka, bielorussa ingrugnita e posseduta da chissà quali demoni spaventosi. Ha già steso Zvonareva ed una malconcia Clijsters, e vola via 6-1 4-0 anche in finale contro la sua omologa siberiana. Quelle sue urla prolungate, stridule e acute rimandano ad un film dell’orrore, ma fanno il paio con randellate insolitamente precise. Poi si ha l’unico picco d’interesse abbozzato. La valchiria bielorussa si fa raggiungere sul 4-4. Si teme la crisi di nervi. Vivo per quella scena. Che possa farsi recuperare, diventare bluette, dare in escandescenza e alfin la morte prendendosi a racchettate sul mascolino gargarozzo. Allertati i caschi blu e sedici esorcisti pronti all’intervento, ma è tutto vano perché finisce per chiudere 6-4. Mentre già pregustavo il plastico di Vespa.

Djokovic/Nadal. Tra gli uomini altri due energumeni corrono come invasati fisicamente mutanti, ebbri di sportivo viagra artigianale e chissà quale intruglio diabolico per tori di Pamplona. Hanno sbaragliato la concorrenza senza appello: un volenteroso, bravo ed impotente Mardy Fish e quel Federer ormai sempre più vittima di una cappa asfissiante. Non riesce più a venirne fuori l’elvetico, tramortito dai magli mancini ad uscire di Nadal. Inconcludente a servizio, fuori giri nello scambio prolungato, falloso nelle soluzioni offensive, aria di svagata sufficienza nei colpi di volo. L’ex numero uno esce con le ossa rotte dalla tournè americana, e con due avversari attualmente ad un livello superiore. Djokovic e Nadal danno vita a solito match di cruenta intensità. Fisicamente debordante. Recuperi snodati, strisciate con le gambe a compasso, mulinelli, ganci e tragicomiche smorzate-pallonetto del serbo (tennista più fantasioso che simpatico e più bello che geniale, lo sappiamo). Nadal sembra tirato a nuovo, in condizioni più centrate rispetto al precedente di sue settimane prima. Ma il confronto si trasformai in estenuante maratona, coi due a prendere fiato dopo ogni punto come due pugili suonati. Tante ne diranno: Battaglia palpitante, infinta, intensa, epocale, stellare, emozionante, storica, monumentale, leggendaria. Un supplizio, per il mio sonno. De gustibus. Abbandono la trincea ad inizio terzo set, dicendomi che vincerà quello che terrà meglio fisicamente. Scopro essere Djokovic. Questo è il nuovo tennis. Chissà un match tre su cinque a Parigi. Yummm.

2 commenti:

  1. Condivido appieno tutto ciò che hai detto su Valentino Rossi, mi fa lo stesso effetto, nel suo è immenso, sempre, è nato per quello.
    Invece, io Cassano lo trovo inutile, fastidioso, eccessivo, avrà anche qualche colpo di genio, ma solo quelli....è un periodo nero per talenti nel calcio italiano, di altri tempi non gli avremmo perdonato tanto e sopravvalutato tanto, cmq de gustibus.
    Paire devo ancora riuscire a vederlo.
    Non ci volevi proprio pensare al tennis, capisco,sono in tanti a pensarlo in giro, anche se c'è chi non mi crede (non tu eh ;), pur se ti concentri sull'intesità agonistica dopo 40 minuti non ne puoi più, c'è solo quella. Non sei l'unico, il mio convivente (che non guarda il tennis se non "costretto" da me, ma da un pò incomincia a buttarci l'occhio) mi ha guardato, si è dato due pugni sul cuore e mi ha detto: io questo non lo posso vedere, cambia canale va...a sto punto prederisco Nadal!
    E' iniziata Roma-Juve, fortunatamente.

    (Credo che si inventeranno qualcosa di nuovo con le superfici.)

    Jess

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  2. Ciao Jess,
    Non riesco a divertirmi con delle evoluzioni che hanno reso il tennis un esasperato sport per muli da soma. Vince Djokovic, bravo Djokovic. Tra un po’ starà meglio fisicamente Nadal, e vincerà Nadal. Non c’è spazio per altre riflessioni, disquisizioni tecniche o teoremi freudiani. Tanti ultrasoloni e parolieri del nulla saranno giubilanti per questo iperagonismo ritrovato. Ne godranno per anni masturbandosi alacremente fino a farsi scoppiare l’ipotalamo dalla contentezza. A me viene il sonno. Le superfici sono tutte più lente, per favorire gli scambi prolungati. Ormai tra terra e pseudocemento colloso o sverniciato la differenza sembra davvero minima (gli unici che non l’hanno capito sono i “terraioli” italiani ed i loro seguaci minus habens, che continuano a dirsi fieramente “specialisti del rosso”). Beneficiano di questa omologazione orrenda i due attuali dominatori omologati. Trovo più interessante vedere tornei minori e personaggi semisconosciuti.
    Cassano, beh…de gustibus appunto. Mi ha sempre divertito, perché abbina l’irrazionalità selvatica a colpi di genio assoluti. Pur essendo destinato (nella migliore delle ipotesi) ad un riformatorio, con i piedi è riuscito a sfondare. Malgrado gli eccessi ed una vita da neo-arricchito kitch, ha mantenuto un cuore puro (oltre alle cassanate o trovate riprovevoli, conosco tante cose inattese che ha fatto negli anni della Roma). Poi si può dire dello spreco di talento nel corso degli anni, che è un viziato, etc…non si può non concordare. Ma rimane il fatto che dalle pseudo favelas pugliesi si è ritrovato miliardario e nella sala del Bernabeu indossando un giubbetto di finta pecora. In un paese che non è il Brasile, l’Argentina o la Spagna e dove (nel calcio, ma in massima parte nel tennis) sfondano i soliti snob figli di papà senza alcun talento che non siano i soldi e la spocchia immotivata, rimane una bella storia

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.