Ante Sciptum: Questo post ideato dalla Deficienza Artificiale è volto a capire quanti di voi ancora resistono e lottano insieme a noi (ho notato che le visite sono decuplicate rispetto a quando scrivevo regolarmente e la cosa un po' mi ha fatto riflettere). Quindi se i miei profili Instagram e Twitter testè creati e sotto linkati avranno (almeno) 1000 followers entro l'epifania, potrei tornare a dare vita a questo libero spazio di tennis e delirio. Va beh, potrebbero essere sufficienti anche 10/12. Abbasteno. Vi evito un profilo tikketokke dove ballerei nudo coperto solo di due palle da tennis.
https://x.com/tennisepsiche
https://www.instagram.com/tennispsiche14/
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È un molle pomeriggio di un fine estate infernale, con l'afa settembrina ancora asfissiante. Entro in un bar del centro per rinfrancarmi e sciacquare il gargarozzo. È un locale giovanile dalla demenziale aria alla moda. Sto pagando un ghiacciolo all'arancia, quando vedo uno schermo gigante che trasmette il tennis di Flushing Meadows. Racchette e palline invece del calcio. Ad un tavolino due donne sulla trentina tifano come ossesse per l'italico fenomeno Jannik Sinner. Sono rapite. Pazienza sia una replica della semifinale vinta con Draper, forse non lo sanno, credono funzioni come le serie Netflix. Le immagino anche due improvvisate praticanti di Padel. Sorseggiano i loro intrugli di cocktail analcolici alla papaya, zenzero, alga allucinogena e broccolo. E non si perdono un quindici. "Vai Jannik, ora dai tuttoOoOo". Mi siedo, incuriosito. Ordino un altro ghiacciolo, sempre all'arancio. Un tempo erano birre, tutto scorre, tutto sbiadisce. Le due fanno un tifo sempre più indemoniato. "Forza adesso, non sbagliare a tirare l'ace col servizio!". "Il tiebreak è rischioso" le fa eco l'altra, meno tecnica ma più saggia.
Il nostro la vince, come quasi tutte da qualche tempo a questa parte, e si alzano all'unisono abbracciandosi. "Che forza Jannik! Che potenza!"
Arrivato al terzo ghiacciolo, provo a entrare in empatia, urlando:
"E CHE POTENZA DI PERCOSSA!".
Mi guardano con un misto di pietà e ribrezzo, considerandomi un pericoloso terrapiattista fan di Kyrgios evaso dal manicomio di Camberra, un tossico di ghiaccioli abituato al calcio e che ora assiste impreparato all'epifania del tennis nel nostro paese. Forse anche un morto di fica che prova miseramente ad abbordarle.
"Non è mica calcio questo!", bisbiglia una delle due mentre si sistema la borsa finto Gucci e si avvia all'uscita.
Quella scena mi ha fatto capire come ormai siano passate due ere geologiche rispetto a quando deliravo di tennis in questo spazio di salute mentale.
Silvio è morto, la Regina Elisabetta è morta, Roger ha smesso (a chi in privato mi ha chiesto come abbia potuto avere l'ardire di non scriverne nemmeno un trafiletto, rispondo: "Non sum dignus". O, più semplicemente, non sarei in grado di fare un coccodrillo sportivo per uno come lui. Egli esige un Romanzo, che in realtà ho scritto nel cervello. Aspetto solo un munifico editore o impresario delle pompe funebri). Anche Rafa non c'è più. Picasso, crasi più forte dei due, ci lasciò tristemente orfani, cedendo non senza stoicismo ai malanni di un fisico non all'altezza del languido talento. Ci ha lasciati anche Gianni Clerici, cantore di mille avventure sportive e umane, facendoci sentire più poveri e vecchi. Anche il mio pasticciere di fiducia, Giancarlo, è al campo santo. Spirato lasciandomi privandomi delle prelibatezze dolciarie di cui andavo ghiotto come Leopardi. Morto anche lui per overdose di confetti, il buon Giacomo. È tutto finito, amici miei, che ogni tanto passate ancora da qui portando crisantemi o una birra sulla tomba del caro estinto.
Assurdo solo pensarlo, questo italico delirio racchettarro, sette o otto anni fa, quando si soffriva su uno streaming di fortuna per le ardimentose gesta di Lorenzi nell'infernale maratona di finale a Bucamarango contro un rantolante argentino di cui mi sfugge il nome. Che ne sanno quelle due influencer del bar del Paolino nazionale? O di un proditorio Andreas Seppi che, algido e balsamico come un bastoncino findus, vinceva un Atp minore sulla sgusciante erba inglese fluttuando insipiente nella pioggerellina sottile, tra i macabri versi di un corvo in calore? Niente. E mai avranno tirato giù i santi del calendario assieme al bizzoso talentino Fognini che, svegliatosi col piede sbagliato raccattava due isterici games contro un giardiniere kazako. Salvo poi la settimana dopo, ispirato da BeetleJuice spiritello porcello, infilzare Nadal nel frastuono di una Manatthan chiassosa, decadente e in bianco e nero come un film di Woody Allen.
E, se proprio vogliamo andare ancora più a ritroso visto che sono vecchio come Tutankamon e un po' meno di Pietrangeli, come spiegare alle due vezzose fanciulle al bar che io già c'ero, sebbene ancora nell'età delle scuole dell'obbligo, e mi emozionavo per il trafiletto di un giornale che celebrava l'impresa di Gianluca Pozzi, barese eroe solitario, in un Atp estivo americano che gli valse l'incredibile top 100. Oppure le fibrillazioni notturne di un concitato Scanagatta che dietro una rete metallica faceva la radiocronaca di Caratti Kid. Punto a punto, lo scricciolo piemontese ebbe la meglio su Jay Berger approdando al fantascientifico traguardo degli ottavi a Flushing Meadows.
Per i più patriottici, ci sarebbero anche le focose battaglie della vecchia Davis raccontata da Bisteccone Galeazzi: Panattone in tuta e Neuro Canè in trance agonistica, più chili nei capelli che nei muscoli, nel ruolo di "ammazzasvedesi".
Difficile spiegarlo a chi non ha vissuto e sofferto quegli anni e che ora si trastulla con un Italiano numero uno al mondo, vincitore di due Slam. L'Italtennis trionfatrice due volte nella seppur minore Coppa Davis. Un momento forse irripetibile, che ha portato in Italia un'isteria e popolarità del tennis molto più forte di quella che ci fu con la vittoria di Panatta al Roland Garros e la Davis de 'La Squadra" 76.
Tanto vi dovevo. Ah, già. Ho dimenticato l'epilogo della storia al bar. Quella frase "Non è mica calcio questo", mi ha ferito. Sono lì che, a mia discolpa, provo goffamente a trovare sul telefonino i milleduecentosei post sul tennis scritti quando ancora in italia ci si esaltava per Seppi. Lo devono sapere. Accidenti la password, la app non si apre, devo aggiornarla, ah non ce l'ho più su questo smartphone. Rinuncio. E quelle se ne vanno, tacchettando infastidite. Mi è sempre mancata la prontezza di riflessi, perché avrei dovuto rispondere con una magistrale citazione del Sommo Mario Brega: "Questo non è calcio, ammeeeee?? Io tifoso di calcio? A zoccolè, guarda che io sono mica appassionato di tennis così, io so' appassionato di tennis cosìììì!!!", e via di pugni chiusi.
vanno bene anche profili instagram Indiani ? (potrebbero essere tifosi di Paes, Bhupathi o Mirza). Se si i 1000 si possono fare
RispondiEliminaNon avevo riflettuto sull'enorme portata del bacino indiano.
EliminaConsiderando i supporters dell'ottimo Kaliyanda Poonacha, alzo l'asticella a 2500.