A ROMA VA IN SCENA L’ENNESIMA
RIPROPOSIZIONE IN TONO MINORE DI UNA CORRIDA FORSENNATA. IN CUI LA SPUNTA
SEMPRE IL FORSENNATO PIU’ IN FORMA. FORSENNATA.
Rafael Nadal/Novak Djokovic: Sperando in una profezia dei
Maya a caso (con l’ausilio di Red Ronnie).
Hemingway traeva possente ispirazione osservando le corride. Alla terza replica
di questa pseudo corrida tra esagitati ed ossessi sventratori di tennis,
avrebbe iniziato a detestare le corride. E scrivere come Moccia. Se devo
spendere due parole di numero: più in forma fisicamente lo spagnolo, e vince
lui. Quando lo sarà il serbo, vincerà il serbo. Che, a voler esercitare la
fantasia, avrebbe anche più armi al suo arco. Fiorello come supporter, parecchio letale.
Roger Federer: L’ambivalenza dormiente del potenziale terzo incomodo. Aspettando Murray, Quinzi o la maturazione del figlio illegittimo dell’orsetto polare Knut, lo svizzero sarebbe l’unico con velleità d’inserirsi nella rivalità dell’orrore. Dopo il successo azzurro cielo di Madrid, si ritrova impelagato nelle solite sabbie mobili rossastre, di terreni ed aristocratiche meningi assenti. Sfolgoranti punizioni che sanno di sadica leziosità nelle esecuzioni di Berlocq, Ferrero o Seppi. Liquefatto per un set e mezzo di fronte allo snodato robot di Serbia tornato in buona esaltazione strisciante. Qualche scampolo di quello che potrebbe essere, ce lo regala solo sulla coda di una semifinale segnata.
David Ferrer: La classe operaia rimane in semifinale. Un suo match può provocare smarrimento, vertigini e compulsive convulsioni. Fino al desiderio di gettarsi a volo d’angelo dal settimo piano anelando la finale liberazione. Si rasenta l’eroismo antico ad uscirne vivi, senza battere una ritirata strategica. Versione meno aggiornata di un Nadal depotenziato, gobbo, nano ed allo specchio. Migliorato, ma ancora tragicamente poco per infastidire realmente il suo carnefice connazionale.
Andreas Seppi: L’anestetizzante alieno che infiammò il Foro. Miracoloso, quasi. Per i suoi ritmi abituali, almeno. Perché nei fanghi d’alga guam del Foro fa fuori Isner e Wawrinka in versione polli allo spiedo, laddove fino a qualche mese fa il polletto vallespluga lo interpretava lui. Alla perfezione. Per il resto, nell’abbacinante noia di un tennis che crivella lentamente le meningi, sembra rinnegare la leggendaria burla di una carriera da “regolarista falloso”, mettendoci più sostanza e tenuta mentale.
Andy Murray: Una carpa all’ingrasso. Un’acuta osservatrice di silouhettes mascoline mi fa notare come l’inglese si sia irrobustito. Plausibile. Staranno provando a mettergli massa, come i conigli d’allevamento, per avvicinare finalmente i primi due e vincere uno slam. Il rischio è che quel livello lo raggiunga a trentacinque anni, quando sarà troppo tardi. Sempre se nel frattempo, per decreto papale e volontà del nuovo Pontefice Immortale Silvio Berlusconi, l’età anagrafica non verrà bloccata a 27. Intanto Andy si fa superare, in rimonta, da Richard Gasquet. Praticamente un marchio a vita.
Jo Wilfried Tsonga: Bisonte piombato. Lascia la nitida sensazione di pesante impotenza, nel suo perdente quarto con Djokovic. Troppo lenta la superficie, troppo lento e rassegnato lui, che per battere i magnifici quattro lassù dovrebbe inventarsi una prestazione tutta frizzi, lazzi, sassate e ricami. Però vincerà a Wimbledon. O al Queens.
Juan Monaco: Terricolo cagnaccio d’assalto, che con le sue orride arrotate anni ’80, si trova a meraviglia sui lenti campi romani che videro furoreggiare Alberto Mancini. Niente-di-meno-che. Rischia di cambiare le sorti dell’intero torneo, infastidendo un Djokovic ancora incartapecorito.
Richard Gasquet. Non sparate al violinista senza testa. E senza fisico. S’arrende solo a Ferrer nel solito tristissimo confronto di stili che ti fa sprofondare nel più delirante nichilismo tennistico. Delitto come quel rovescio capace di suonare melodie ancestrali, nel moderno tennis rimanga tragicamente avvilito. Sarà perché il tennis è testa, fisico e poi braccio. Fosse un assalto di fioretto, o un film di Tim Burton, questo cartone animato avrebbe qualche slam in bacheca.
Thomas Berdych: Meno piacevole di una nodosa pertica di frassino. Di quelle che il babbo usava per battere le mandorle. Stessa viscerale emozione, per quel miope tennis orrendamente impostato e balisticamente impeccabile. Con Nadal, sulle romane sabbie mobili, farebbe partita pari solo mettendo in campo una prestazione difficilmente congegnabile. Ad avere un cervello.
Juan Martin Del Potro: Un passo avanti, uno indrè. Un giorno illude di poter rinverdire recenti fasti schioppettanti, l’altro sembra una stanca pera afflosciata sui suoi patimenti.
Fabio Fognini: Genio e sregolatezza. Dove il genio sta nello smoccolo acrobatico. E la sregolatezza risiede in quelle pallate a gamba rigida, petto in fuori e faccia irridente, che tanto hanno terrorizzato i tordi fin l’oltre Tevere. Perde da Granollers, spagnolo da tennis catacomba, per giunta in una forma da pre tumulazione.
David Nalbandian: Il genio della lampada su un fisico da obeso camionista sessantacinquenne con la gotta. Solo che la lampada se l’è mangiata a colazione. Regala però forse il più bel match del torneo, lottando alla pari con Murray, tra magie e mirabilie da giocoliere della racchetta.
Lucasz Kubot: Marcantonio d’arrembaggio. Terra, erba, cemento, marzapane, bitume. Prima, seconda, in risposta. Sempre e comunque all’attacco, questo trentenne polacco. Basta per battere i resti di uno Starace sulla via della rottamazione, e divertire come pochi.
Roger Federer: L’ambivalenza dormiente del potenziale terzo incomodo. Aspettando Murray, Quinzi o la maturazione del figlio illegittimo dell’orsetto polare Knut, lo svizzero sarebbe l’unico con velleità d’inserirsi nella rivalità dell’orrore. Dopo il successo azzurro cielo di Madrid, si ritrova impelagato nelle solite sabbie mobili rossastre, di terreni ed aristocratiche meningi assenti. Sfolgoranti punizioni che sanno di sadica leziosità nelle esecuzioni di Berlocq, Ferrero o Seppi. Liquefatto per un set e mezzo di fronte allo snodato robot di Serbia tornato in buona esaltazione strisciante. Qualche scampolo di quello che potrebbe essere, ce lo regala solo sulla coda di una semifinale segnata.
David Ferrer: La classe operaia rimane in semifinale. Un suo match può provocare smarrimento, vertigini e compulsive convulsioni. Fino al desiderio di gettarsi a volo d’angelo dal settimo piano anelando la finale liberazione. Si rasenta l’eroismo antico ad uscirne vivi, senza battere una ritirata strategica. Versione meno aggiornata di un Nadal depotenziato, gobbo, nano ed allo specchio. Migliorato, ma ancora tragicamente poco per infastidire realmente il suo carnefice connazionale.
Andreas Seppi: L’anestetizzante alieno che infiammò il Foro. Miracoloso, quasi. Per i suoi ritmi abituali, almeno. Perché nei fanghi d’alga guam del Foro fa fuori Isner e Wawrinka in versione polli allo spiedo, laddove fino a qualche mese fa il polletto vallespluga lo interpretava lui. Alla perfezione. Per il resto, nell’abbacinante noia di un tennis che crivella lentamente le meningi, sembra rinnegare la leggendaria burla di una carriera da “regolarista falloso”, mettendoci più sostanza e tenuta mentale.
Andy Murray: Una carpa all’ingrasso. Un’acuta osservatrice di silouhettes mascoline mi fa notare come l’inglese si sia irrobustito. Plausibile. Staranno provando a mettergli massa, come i conigli d’allevamento, per avvicinare finalmente i primi due e vincere uno slam. Il rischio è che quel livello lo raggiunga a trentacinque anni, quando sarà troppo tardi. Sempre se nel frattempo, per decreto papale e volontà del nuovo Pontefice Immortale Silvio Berlusconi, l’età anagrafica non verrà bloccata a 27. Intanto Andy si fa superare, in rimonta, da Richard Gasquet. Praticamente un marchio a vita.
Jo Wilfried Tsonga: Bisonte piombato. Lascia la nitida sensazione di pesante impotenza, nel suo perdente quarto con Djokovic. Troppo lenta la superficie, troppo lento e rassegnato lui, che per battere i magnifici quattro lassù dovrebbe inventarsi una prestazione tutta frizzi, lazzi, sassate e ricami. Però vincerà a Wimbledon. O al Queens.
Juan Monaco: Terricolo cagnaccio d’assalto, che con le sue orride arrotate anni ’80, si trova a meraviglia sui lenti campi romani che videro furoreggiare Alberto Mancini. Niente-di-meno-che. Rischia di cambiare le sorti dell’intero torneo, infastidendo un Djokovic ancora incartapecorito.
Richard Gasquet. Non sparate al violinista senza testa. E senza fisico. S’arrende solo a Ferrer nel solito tristissimo confronto di stili che ti fa sprofondare nel più delirante nichilismo tennistico. Delitto come quel rovescio capace di suonare melodie ancestrali, nel moderno tennis rimanga tragicamente avvilito. Sarà perché il tennis è testa, fisico e poi braccio. Fosse un assalto di fioretto, o un film di Tim Burton, questo cartone animato avrebbe qualche slam in bacheca.
Thomas Berdych: Meno piacevole di una nodosa pertica di frassino. Di quelle che il babbo usava per battere le mandorle. Stessa viscerale emozione, per quel miope tennis orrendamente impostato e balisticamente impeccabile. Con Nadal, sulle romane sabbie mobili, farebbe partita pari solo mettendo in campo una prestazione difficilmente congegnabile. Ad avere un cervello.
Juan Martin Del Potro: Un passo avanti, uno indrè. Un giorno illude di poter rinverdire recenti fasti schioppettanti, l’altro sembra una stanca pera afflosciata sui suoi patimenti.
Fabio Fognini: Genio e sregolatezza. Dove il genio sta nello smoccolo acrobatico. E la sregolatezza risiede in quelle pallate a gamba rigida, petto in fuori e faccia irridente, che tanto hanno terrorizzato i tordi fin l’oltre Tevere. Perde da Granollers, spagnolo da tennis catacomba, per giunta in una forma da pre tumulazione.
David Nalbandian: Il genio della lampada su un fisico da obeso camionista sessantacinquenne con la gotta. Solo che la lampada se l’è mangiata a colazione. Regala però forse il più bel match del torneo, lottando alla pari con Murray, tra magie e mirabilie da giocoliere della racchetta.
Lucasz Kubot: Marcantonio d’arrembaggio. Terra, erba, cemento, marzapane, bitume. Prima, seconda, in risposta. Sempre e comunque all’attacco, questo trentenne polacco. Basta per battere i resti di uno Starace sulla via della rottamazione, e divertire come pochi.
Murray Naldandian è stato davvero il più bel match del torneo,visto dal vivo... poi Gasquet che batte Murray è annichilente, non ci avrei scommesso un euro, poi vabbè....
RispondiEliminaFederer così secco di fronte a questo Djokovic non me lo aspettavo, era in vacanza,...e la finale una cosa angosciosa. Più si va avanti e peggio è, oramai in tutti i tornei.
Sicuramente nel tennis la testa conta, e conta molto ma secondo me il fisico conta di più perchè (passamela!) alla fine si deve correre dietro alla palla.
Delpo sono completamente d'accordo: un giorno è diverso dall'altro e non si capisce se torna o meno, in compenso sta diventando terribilmente frignoso
jess
Murray ha avuto il pregio di entrare nei due "match del torneo".
RispondiEliminaDel Potro un giorno sembra quello di anni fa, quello dopo si trascina per il campo come reduce da una maratona di 42km.
Quanto al binomio, per me è stucchevole. Vince chi sta meglio. Per ora è Nadal, ma credo che il serbo voglia puntare ad essere al massimo negli slam ed all'olimpiade, concedendo qualcosa nei Masters 1000. Perché in fondo è di carne.
Federer quella semifinale l'ha iniziata quando era già finita. Forse stanco, o semplicemente fuori fase.
Ciao, a presto.
Caro Picasso,
RispondiEliminaforse Federer ha giocato con pretattica?
Lui dice di non interessarsi alla classifica o agli abbinamenti dei tabelloni, e probabilmente, in linea generale, gli si può credere.
Ma qualcuno all'interno del suo team gli avrà forse detto (o gli avrà fatto capire) una cosa del genere: "Roger, ascolta un attimo. Se resti N.2, hai la possibilità di trovare quel bidone di Murray in semifinale a Parigi. Ma non contarci troppo, di solito hai sfiga nei sorteggi. Ad ogni modo, chi te lo fa fare di massacrarti contro Nole in questo torneucio quando verrai comunque sconfitto da Nadal in finale? Lasciagliela sbrogliare a loro. Che si ammazzino fra di loro. Tu, è meglio che riposi e che ti prendi cura delle pupe. Inoltre pioverà, qui la finale finisce mercoledì. Tanto stress per niente. Che poi Nole ha comunque più possibilità di te di vincere il torneo e quindi salvare il tuo N.2".
Poi vabbè, è andata male per Nole, ma secondo me Roger ha giocato COSCIENTEMENTE non al meglio. :)
Ciao!
Mah, così fosse i match non li guardiamo nemmeno. Sei più dietrologo di me, e ce ne vuole. :)
EliminaPuò essere, che forse implicitamente qualcosa abbia mollato. Ma non credo a simili pretattiche da ragionieri. O almeno, spero non esistano. Altrimenti si darebbe ragione ai detrattori dello svizzero, per i quali altro non è che un computer programmato per i record.
Penso, o voglio sperare, che semplicemente fosse stanco dopo la vittoria di Madrid. Ed oltre alla stanchezza abbia trovato una giornata no. Non avesse voluto fare partita, nemmeno avrebbe iniziato la piccola rimonta sul 2-6 3-5. Non credo che, maschere a parte, gli faccia piacere perdere. Forse nemmeno avrebbe partecipato al torneo. Giocare due Masters 1000 di fila al massimo, è mica cosa facile.
Quanto ai sorteggi diretti dall'alto da divinità storpie native di Manacor, Federer è storicamente sfortunello. Ma, provando ad entrare nella monarchica psiche dello svizzero, credo che l'avversario di semifinale per lui, a differenza dei suoi tifosi, conti poco, convinto come è che se tutto va come dovrebbe (nella sua mente da numero uno) batte entrambi.
Poi stiamo a vedere, magari Seppi mette in riga tutti...:)
concordo con Jess, Nalbandian gioca il tennis piú divertente di tutto il torneo. Ancora un paio di kili in meno [poi cosí grasso non lo é piú...] e magari ce lo ritroviamo qualche volta nei prossimi mesi anche nei quarti. Si tratta di vedere come e se riuscirá a spezzare il noioso tennis da fondo campo quando si gioca sul veloce.
RispondiEliminaLuca
Nalbandian è grasso per definizione. Tra poco lo troveremo tra i sinonimi di "grasso", nel devoto oli. Scherzi a parte, sicuramente è sovrappeso rispetto ad un normale tennista. Si allena poco. Intende il tennis in modo diverso da come lo intendono i top players. Altrimenti con quel braccio, non si spiega come possa non aver vinto mai uno slam.
EliminaCiao.