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domenica 20 maggio 2012

SHARAPOVA, L'URLANTE REGINA DEL FORO



MARIA SHARAPOVA CONFERMA IL TITOLO DELLE SCORSA STAGIONE, VENENDO A CAPO DELLA CINESE NA LI, DOPO UNA EQUILINRATA FINALE SOTTO LA PIOGGIA BATTENTE,

Maria Sharapova: La Regina del Foro. E non suoni come deprecabile battuta da “ridiere” di quinta. Rischia seriamente di sciogliersi sotto la pioggia come una statua di sale. In modo definitivo, spero. Ma alla fine la spunta di carogna contro la cinese, nel suo ormai notorio eccidio urlato e semovente di ogni cosa. Questa siberiana che pare il mix tra una partoriente e la figlia dell’urlatore Tony Dallara ha ormai un feeling strettissimo col torneo romano. Con buona pace dei pesci-ratto del Tevere, stroncati a branchi interi da quei decibel di belluini ragli.
Na Li: Il moderato badile d’Oriente. La figlia di Mao ci insegna ogni torneo di più, una certa qual moderazione violenta. Meno estrema di alcune, meno talentuosa di altre (anche ad immaginare ce ne siano due o tre), ma ben equilibrata, baricentro basso e pochi fronzoli. Dona la compita sensazione di un videogame. Se poi ci si mette anche la schiena ballerina di Serena, la finale è lì. Tanti rimpianti per un titolo alla sua portata. Ma non ricordateglielo, potrebbe trattarvi da sguatteri o da improvvidi mariti/allenatori.
Serena Williams: Un gelato limone e pistacchio. Bardata come una palombara, fa spavento. Tra sonnolente sgambate in allenamenti lampo, lappate di gelato al pistacchio e shopping in centro alla ricerca di mini coulotte degne dei mitologici chiapponi, pare stia girando il seguito di “To Rome with love”. Sul campo però è un terrificante peso massimo che s’abbatte su modesti pesi medi o pari categoria avvinazzate e miopi, frantumandone sportive ossa. Poi, per contrappasso, fa crack la sua, di schiena.
Petra Cetkovska: Tettine frementi. Lezioso ninnolo frutto di un folle accoppiamento tra gattone Mecir ed un carillon, agevolato da una propizia notte di languida mezza luna. Fa fuori Agnieszka Radwanska, in un match che rimanda agli anni ’70, tra vellutati rovesci e smorzate sturbanti. Poi contro Pennetta inizia a spennellare gli angoli solo sullo 0-6 0-5. E porta a casa un game.
Flavia Pennetta: L’inferma madonna addolorata. Avrebbe bisogno di una messa cantata, questa ragazza che somiglia alla statua della madonnina saracena. O di guarire bene. Approdo ai quarti, con robusta dimostrazione di forza, tra folate di vento e derby da salone di bellezza con Kirilenko. Poi il solito, malvagio, problema al polso, le impedisce il quarto di finale con Serena. Che se siete Barazzutti penserete alla sua portata.
Venus Williams.  Una Venere alla giornata. “Voglio solo raccogliere quello che ancora il tennis mi regala, giorno per giorno”. Vederglielo ammettere in italiano e con candore, non può che farmi sperare in un ultimo guizzo. 
Angelique Kerber: O Animàl. Una seria riflessione al merita questa mancina tedescona forsennata, degna di uno speciale di “superquark”. Di una violenza terrificante, disumana, animalesca. Angelique (Briegel) Kerber si arrende solo in semifinale, ma non prima d’aver fatto fuori Kvitova. Orènde sbadilate e recuperi forsennati grazie a gamboni irreali. Il futuro appare roseo. O funesto, per noi. 
Victoria Azarenka: E vecchi demoni incerottati. Avvolta da spettrali folate di nebbione raggelante, torna valchiria in preda a demoniache presenze. E si ritira.
Agnieszka Radwanska: Murray in gonnellino. Con quell’arietta estranea, infingarda e svogliata, da turista polacca in visita ai bar di San Pietro alla ricerca di una vodka, esce subito, uccellata dalla ninnolesca Petra Cetkovska. Più brava e dotata di lei nell’arte fiorettistica a 4km/h. 
Petra Kvitova: La giraffa d’argilla. Altra balbettante esibizione, tra dolori alla schiena da giraffessa, ad altri malanni addominali. Nell’altalena Wta condizionata da infortuni e forme scadenti, capita che la Petronia ceca  possa cedere ad Angelique Kerber.
Maria José Martinez Sanchez: La farfalla morente. C’è in lei tutta la tragica bellezza malinconica di una farfalla morente, dopo una giornata di magnifici ed eleganti svolazzi.
Francesca Schiavone: Altri ahuiiihh a vuoto. Ragli laceratonsille su cui Makarova et simila vanno a scoppiettanti nozze. Declino autentico, o semplice rientro nei ranghi pre 2010.
Sara Errani: Arma letale (per chi guarda, improvvido, senza rimedi medicali). La più continua delle nostre ultimamente, pur nel più brutale scotennamento di ogni estetica tennistica e parvenza di bellezza. Se questa è il futuro del tennis italiano, iniziate anche a snocciolare un rosarione gigante. Garibaldini ed urlanti assalti senza munizioni, tra pallette arrotate e servizio da bocciofila. Puntualmente sbranata da Stosur, o da una top 100 in stato di grazia.
Ekaterina Makarova: Martello pneumatico. Sgomina facilmente Francesca Schiavone a suon di sapide martellate mancine, come si fa con un petulante e smarrito bacherozzo urlante.
Karin Knapp: Bomba o no Bomba "...arriveremo a Roma", cantava Venditti. Era la basculante e pachidermica bombarola alla moda, che mancava tra le azzurre. Nobilita la wild card battendo Vinci e giocandosela con Cibulkova. Messi alle spalle problemi fisici ed un cuore ballerino, sembra pronta per tornare nel tennis che conta.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.