Day
14 – Uomo cazzuto che cammina
per il Miglio Verde
Arrivò
finalmente il grande giorno. Indeciso se dormir come un ghiro che ha trincato
un litrozzo di vino a garganella o vedere la finale con le pudenda sul
patibolo, opto per la seconda ipotesi. Munito del prodigioso mix di farmaci
contro il mal di mare, nausee, vertigini ed horror vacui, mi sistemo in
trincea. L’attesa è febbrile. Spasmodica. Mortale. Mi trema tutto il velo
pendulo e gli intestini brulicano, strizzati dalla tensione. Sono così avvinto
come l’edera, che mi addormento appena entrano in campo. Drogato come un cammello
subsahariano dopo la traversata del deserto.
Solo un lacerante urlo, mi desta di soprassalto. Assonnato, immagino un’invasata bionda ricoverata nel reparto gestanti (sezione partorienti con disturbi della mente), che spruzza accecate nuvole di baygon contro un bacherozzo intorpidito.
Il confronto amoreggia col paradosso tennistico. Un paradosso così clamoroso che potrebbe inebriare, spingerti alla più profonda ammirazione per quella minuscola italiana arrivata fino alla finale non si sa per quale prodigio, baciata dagli dei dell’antiestetica laboriosità. Le inumane urla dell’insensata e quasi lobotomizzata siberiana che vanga come una furia, contro quei sinistri “oh-heee” di arrembante assalto senz’armi. La cicalona dal demente tennis senza mezze misure, contro l’allegro topetto terricolo senza colpi. Una vatussa bionda, contro la gnomeide italiana che col suo testone a stento le arriva allo sterno. Bolidi di servizio con seconde più violente delle prime, di fronte ad un sevizio della scuola “volandresca”, che a tratti puoi rinvenire nei tornei under 10. L’algida pin-up regina sul dorato pisello, col naso arricciato a comunicare nobile alterigia spetazzante, contro una specie di Litizzetto meno fastidiosa (fisicamente, eh), umile, tutta allenamento e lasagne della mamma.
Sarà l’effetto delle legali droghe, ma un risolino isterico degno del miglior Melandri durante la “zingarata”, mi coglie, inconsapevole, mentre le guardo. Contrasto più stridente non l’ho avvertito nemmeno quando in un cartone animato il nano Pisolo s’avventava contro Tyson vero.
Sul terrificante 4-0 iniziale, dagli spalti inizia a piovere qualche pietoso battimano ritmato. Di quelli che ti fanno sprofondare ancor di più nell’angoscia. In cabina di commento c’è però una grandissima fiducia negli sconfinati mezzi tecnici della nostra ardita topolina d’assalto smussato. Talmente consci delle mirabolanti soluzioni di daltonico tennis variopinto di Sara Errani che, con una scaramanzia come nemmeno il duca-conte Sevenzara (“uì-uè-uà, la sfortuna resta là”), accennano sibillinamente ad una finale del passato, conchiusasi in modo tragico. “Silenzio! Non si può dire che porta male!”. Solo quando la nostra impavida arrotina aggancia il suo primo games grazie ad una tramontana di canonici doppi falli siberiani, possono tirare un sospiro di sollievo e rivelare il gran segreto. Facevano riferimento alla famigerata doppia bicicletta parente del sadismo di una Germania antica, inflitto da Steffi Graf a Natasha Zvereva nel 1988. E quel liberatorio sospirone in cabina, la dice lunga sul farlocco caso buffo creatosi attorno a Sara Errani. Sperticate lodi, elegie, vaniloquenti ed estatici inni alla mirabilia tecnica della nostra neo top ten, ok. Ma un game vinto è pur sempre grasso che cola. Si stappa quasi uno sciampagnino, dando implicitamente ragione a quegli invidiosi che vedevano il suo approdo in semifinale come un piccolo, grande miracolo tennistico. Qualcosa di difficilmente ripetibile.
Sara ha infinitamente meno talento di quella paralizzata Zvereva ‘88, ma più coraggio. E, vinto quel games, inizia la sua dignitosissima finale. Il dato tecnico del match è di agevolissima lettura. Facile, da capire. Persino Fabretti (adeguatamente imbeccato) ci stava per arrivare: Masha randella ad occhi chiusi. Errani rema, quando e se può. Poi però il vate torna sulla varietà di Errani e la "completissima" (come quelle degli annunci nelle ultime pagine dei giornali) Sharapova, facendo crollare tutto.
Dopo l’inquietante inizio, l’italiana trasforma la feroce esecuzione incombente in un match di tennis. Scontato e senza storia, ma pur sempre un confronto sportivo senza drammi o punizioni immeritate. Ed è già gran cosa. Corre e rema con grandissimo, antiestetico, ardimento, la nostra. Prova ad arginare la furia dell’avversaria senza paura. Un paio di buone palle corte a far muovere in avanti la goffa statua siberiana, e qualche artigianale bliz a rete. Uno addirittura da comica anni ’15 a seguire un lobbone. Ammirevole, quasi commovente. Ma il mio ammennicolo sembra ben saldo. Sarita rimane strenuamente sul campo e in quel ghignetto con cui accompagna la smorzata, c’è tutta l’essenza della finale: “ehhh-gnì!”. “David e Golia”, “La cicala e la formica”, o quello che volete voi. Solo che stavolta il finale non è certo una fiaba per bambini problematici. Sharapova, cui va dato atto dell’ossessiva tenacia nel voler tornare al vertice assoluto, non si fa prendere da paure o tentennamenti e chiude con un eloquente 6-3 6-2. Quasi presa in giro involontaria, a premiare questa sinfonia di tennis da diversamente "strillone", è quella Monica Seles che fu capostipite ed apripista del fenomeno gorgheggiante.
Sommi pegni o meno, da questo Roland Garros 2012 femminile si possono trarre due conclusioni. Il livello del tennis femminile, perso nei meandri di una violenza a volte senza criterio, rimane piuttosto povero e con protagoniste ancora soggette ad altalene di forma e risultati. Panorama ideale per il ritorno sul trono Maria Sharapova, e perché Errani con la sua laboriosità possa addirittura inserirsi nelle contese di vertice.
Solo un lacerante urlo, mi desta di soprassalto. Assonnato, immagino un’invasata bionda ricoverata nel reparto gestanti (sezione partorienti con disturbi della mente), che spruzza accecate nuvole di baygon contro un bacherozzo intorpidito.
Il confronto amoreggia col paradosso tennistico. Un paradosso così clamoroso che potrebbe inebriare, spingerti alla più profonda ammirazione per quella minuscola italiana arrivata fino alla finale non si sa per quale prodigio, baciata dagli dei dell’antiestetica laboriosità. Le inumane urla dell’insensata e quasi lobotomizzata siberiana che vanga come una furia, contro quei sinistri “oh-heee” di arrembante assalto senz’armi. La cicalona dal demente tennis senza mezze misure, contro l’allegro topetto terricolo senza colpi. Una vatussa bionda, contro la gnomeide italiana che col suo testone a stento le arriva allo sterno. Bolidi di servizio con seconde più violente delle prime, di fronte ad un sevizio della scuola “volandresca”, che a tratti puoi rinvenire nei tornei under 10. L’algida pin-up regina sul dorato pisello, col naso arricciato a comunicare nobile alterigia spetazzante, contro una specie di Litizzetto meno fastidiosa (fisicamente, eh), umile, tutta allenamento e lasagne della mamma.
Sarà l’effetto delle legali droghe, ma un risolino isterico degno del miglior Melandri durante la “zingarata”, mi coglie, inconsapevole, mentre le guardo. Contrasto più stridente non l’ho avvertito nemmeno quando in un cartone animato il nano Pisolo s’avventava contro Tyson vero.
Sul terrificante 4-0 iniziale, dagli spalti inizia a piovere qualche pietoso battimano ritmato. Di quelli che ti fanno sprofondare ancor di più nell’angoscia. In cabina di commento c’è però una grandissima fiducia negli sconfinati mezzi tecnici della nostra ardita topolina d’assalto smussato. Talmente consci delle mirabolanti soluzioni di daltonico tennis variopinto di Sara Errani che, con una scaramanzia come nemmeno il duca-conte Sevenzara (“uì-uè-uà, la sfortuna resta là”), accennano sibillinamente ad una finale del passato, conchiusasi in modo tragico. “Silenzio! Non si può dire che porta male!”. Solo quando la nostra impavida arrotina aggancia il suo primo games grazie ad una tramontana di canonici doppi falli siberiani, possono tirare un sospiro di sollievo e rivelare il gran segreto. Facevano riferimento alla famigerata doppia bicicletta parente del sadismo di una Germania antica, inflitto da Steffi Graf a Natasha Zvereva nel 1988. E quel liberatorio sospirone in cabina, la dice lunga sul farlocco caso buffo creatosi attorno a Sara Errani. Sperticate lodi, elegie, vaniloquenti ed estatici inni alla mirabilia tecnica della nostra neo top ten, ok. Ma un game vinto è pur sempre grasso che cola. Si stappa quasi uno sciampagnino, dando implicitamente ragione a quegli invidiosi che vedevano il suo approdo in semifinale come un piccolo, grande miracolo tennistico. Qualcosa di difficilmente ripetibile.
Sara ha infinitamente meno talento di quella paralizzata Zvereva ‘88, ma più coraggio. E, vinto quel games, inizia la sua dignitosissima finale. Il dato tecnico del match è di agevolissima lettura. Facile, da capire. Persino Fabretti (adeguatamente imbeccato) ci stava per arrivare: Masha randella ad occhi chiusi. Errani rema, quando e se può. Poi però il vate torna sulla varietà di Errani e la "completissima" (come quelle degli annunci nelle ultime pagine dei giornali) Sharapova, facendo crollare tutto.
Dopo l’inquietante inizio, l’italiana trasforma la feroce esecuzione incombente in un match di tennis. Scontato e senza storia, ma pur sempre un confronto sportivo senza drammi o punizioni immeritate. Ed è già gran cosa. Corre e rema con grandissimo, antiestetico, ardimento, la nostra. Prova ad arginare la furia dell’avversaria senza paura. Un paio di buone palle corte a far muovere in avanti la goffa statua siberiana, e qualche artigianale bliz a rete. Uno addirittura da comica anni ’15 a seguire un lobbone. Ammirevole, quasi commovente. Ma il mio ammennicolo sembra ben saldo. Sarita rimane strenuamente sul campo e in quel ghignetto con cui accompagna la smorzata, c’è tutta l’essenza della finale: “ehhh-gnì!”. “David e Golia”, “La cicala e la formica”, o quello che volete voi. Solo che stavolta il finale non è certo una fiaba per bambini problematici. Sharapova, cui va dato atto dell’ossessiva tenacia nel voler tornare al vertice assoluto, non si fa prendere da paure o tentennamenti e chiude con un eloquente 6-3 6-2. Quasi presa in giro involontaria, a premiare questa sinfonia di tennis da diversamente "strillone", è quella Monica Seles che fu capostipite ed apripista del fenomeno gorgheggiante.
Sommi pegni o meno, da questo Roland Garros 2012 femminile si possono trarre due conclusioni. Il livello del tennis femminile, perso nei meandri di una violenza a volte senza criterio, rimane piuttosto povero e con protagoniste ancora soggette ad altalene di forma e risultati. Panorama ideale per il ritorno sul trono Maria Sharapova, e perché Errani con la sua laboriosità possa addirittura inserirsi nelle contese di vertice.
Masha urla come una sguattera. Ma che dico una; cento, mille. Giuro che in più di un'occasione sono scoppiato a ridere! Le sue tonalità sono sempre imprevedibili. Una volta acuto e stridulo, una volta corposo e basso; una volta come se si fosse rovesciata l'acqua bollente della pasta addosso e una volta come se l'avesse presa in culo. La Errani invece è una "regolarista da fondo campo" anche negli urli. Sarebbe interessante farci uno studio scientifico. Penso che in una qualche improbabile facoltà universitaria statunitense o neozelandese (non nuove a ricerche "bizzarre") possa anche esserci dell'estremo interesse in proposito.
RispondiEliminaFelice per il lieto fine, comunque; e felice per l'imminente fine della stagione su palta.
Ciao! :)
Si rasenta la comicità assoluta, quando il fastidio ti ha ormai assuefatto.
EliminaTra l'altro, quasi come presa in giro, a premiarle c'era l'apri pista delle urlatrici. Quella Seles che aprì il mostruoso varco.
Certo, anche nell'urlo le due appalesano diverse e quasi opposte peculiarità tecniche. Ma anche nelle rivoluzionarie ed immaginarie università on-line, potrebbero farne uno studio approfondito. =)
Ciao, a presto.
Melandri, Picasso... No Malandri.... Che se mi caschi su Amici Miei l'evirazione te la meriti davvero... ;)
RispondiEliminaTragico errore di battitura, fu. Come scrivo anche Erreni o Pannetta. Puoi fregarmi su Proust o Balzac, ma su "Amici miei", proprio no. Triologia che rivedo periodicamente. =)
Eliminaciao picasso, finale prevedibile...ma tu avresti potuto diventare famoso. celebre. ;-))
RispondiEliminaa presto
Il prezzo della notorietà. Quasi più estremo che partecipare al GF. Ciao, a presto.
Eliminale palle rimangono in campo!
RispondiEliminasaluti dalle terre dei barbari.luca
Sì, appena dentro le righe. D'un soffio.
EliminaTerre dei barbari?
Ciao Luca, alla prossima.