Privati della telecronaca del cantastorie Fabretti (gli esegeti del
Sommo Vate lo danno alle prese con la punzonatura della sei giorni di
mountain bike in Val di Non), c'era ben poco d'interessante o comicamente avvincente
nel confronto Stati Uniti-Italia di Fed Cup, in scena nel gelo di
Cleveland.
Il
sostituto si fa apprezzare per un “Karin pecca di generosità,
appena avanti di due break ne cede uno” (ne sa, ne sa, ma deve
farsi ancora le ossa). Aspettiamo però il Vate Faber 2, sperando il suo sia solo un turno di riposo, come per le nostre big.
Restava
il sadico interesse nel vedere Capitan Barazzutti alle prese con
Camila Giorgi, ragazzina tennisticamente autistica, cresciuta in una
campana di vetro e ascoltando solo le parole (temo deliranti) dello scapigliato
babbo-domatore Sergio, a grandi linee: «Tira
forte e vicino le righe. E se sbagli, spara ancora più forte,
fortissimo finché non la spacchi la pallina. Cazzo».
In attillata maglia-muta da sub nera già strepita in panchina,
pazzo, frenetico. Un mix inquietante tra Branduardi e Casaleggio con
sobria capigliatura elettrizzata, Telespalla Bob e Keith Richards.
Urla qualche consiglio. E quelle sono ancora al palleggio di
riscaldamento. L'avversaria chiede un lob e Super Vicky bombarola le
tira un tracciante nei denti. Sergio esulta. Barazza, sgomento, si
sbraccia: «E' il
palleggio Cami, è il palleggio! Ma questa intende l'italiano?»
rivolto a Palmieri, che nicchia.
Camila
Giorgi affrontava Madison Keys, diciottenne ragazzona dai mezzi
fisici e tecnici notevoli e dentatura che rimanda al «Dentone»
di «sordiana» memoria, numero 37 al mondo. Speranza concreta del tennis
yankee, come la nostra Camila lo è di quello italiano, malgrado
abbia quattro anni in più, vissuti alla catena di babbo Sergio
(intanto sedato dal medico sociale azzurro con anestetico per cavalli
imbizzarriti).
Poi
si inizia, e lo spettacolo è emozionante. Rasenta la fantascienza.
L'italiana parte come una forsennata. Gambe ben piantate e una
pioggia di missili terra aria sul cemento di Cleveland, letteralmente
crepato come Dubrovnik dopo un attacco della contraerea
serba.
Il
sapiente Barazzutti catechizza la nostra «Chucky bambola assassina».
Mai visto così ciarliero e parco di consigli, tracimante in logorrea
da abuso di bardolino. Lui che sovente in panchina si assopisce
facendo ristoratori sonnellini, stavolta mima colpi, movimenti e
tattica. Pare di sentirlo «Brava
Cami, ma lavorala quella seconda. Piazzala profonda la risposta,
senza rischiare. Cambi di ritmo e via. Ah, anche qualche smorzata,
appena puoi. E non ti scordare il back in difesa».
Quella tutta composta e col piglio da scolaretta dopo lezione di
matematica, fa cenno d'aver inteso tutto. Pronti, via:
bum-bam-pum-sbadabam. Missili da ogni verso che s'infrangono sul
rettangolo. Dentro, per oggi. E va benone così. Madison,
molle e indolente come cavallona stracca dopo una lunga corsa,
osserva lo spettacolo, allibita. Deve sembrarle crudele vedere una
che tira tutto e non difende mai, stesso «vizio» che spesso le
rimproverano, per via di una pigrizia atavica nei coscioni. Camila le gambe le avrebbe, semplicemente
non vuole - difendere - perché non contempla l'avversaria nella sua non idea di tennis e suo gioco perfetto.
I
soliti mirabolanti scienziati parleranno di «miracolo Barazzutti»,
capace di erudirla tecnicamente. Già me le vedo le notizie, appena oscurate da: «Le toghe rosse ora iniziano a esagerare: complotto anti m5s» sul FQ/Il Giornale, ad opera di Scanzi-Travaglio/Sallusti-Berpietro.
L'Italia
travolge gli Usa col buon apporto anche di Frankenstein Knapp,
ingobbita e devastante, proveniente dai monti tirolesi come Seppi (ma
più virile e violenta del felino caldarense): potente come Zoeggeler, semovente e rude, giocandosela punto a punto con
Masha a Melbourne aveva dimostrato una crescita notevole. A Cleveland
è brava a scardinare le modeste difese di McHale e Riske.
Scelta
quanto mai azzeccata di Barazzutti, far riposare le protagoniste
degli ultimi anni. Un cambiamento dal fortissimo impatto, non solo
generazionale, ma anche tecnico, rispetto alla tradizionale e
laboriosa scuola italiana. Interessante (almeno quanto un editoriale
di d'Arcais su Micromega sgargarozzando un bianchetto) sarà vedere
come integrerà il nucleo storico, appagato e in là con gli anni,
col nuovo, veemente e affamato. Io opterei per la seconda via, ma non
sono Barazzutti. Per mia sfortuna (economica), e fortuna (tricotica).
"Un mix inquietante tra Branduardi e Casaleggio con sobria capigliatura elettrizzata, Telespalla Bob e Keith Richards. "
RispondiEliminaSTO ANCORA RIDENDO.
Grazie Picasso.
Si niente, ciao.
EliminaPiù che scegliere tra vecchio e nuovo secondo me Barazzutti finirà per mischiare le une e le altre. Errani e Vinci anche per via del doppio sono necessarie, e poi due tra Knapp, Giorgi e Pennetta. Unica tagliata fuori è la Schiavone.
RispondiEliminaPenso anch'io e di positivo c'è avere diverse alternative, tutte competitive. Dipenderà da tanti fattori, tra cui lo stato di forma del momento, e (non tralascerei) la volontà del nucleo storico di spendersi nella manifestazione.
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