«Ma dove abiti, a Spinaceto? Spinaceto non è per niente male, pensavo peggio...».
«Ma infatti...»
«Ciao».
Non sarà male, ma dal famigerato quartiere descritto da Moretti davanti al muro in un surreale dialogo, la mia amica arriva con quasi un' ora di ritardo. «Perché uno dei problemi che affliggono questo paese, lo sappiamo, è il tchraffico» (altra cit. cinefila). Sarà, ma per arrivare a Londra ci si impiega meno.
Ma bene, breve resoconto di una soporifera giornata al Foro. Che magari non ve ne frega un cazzo, ma fa niente.
Noto subito una gran ressa, un quasi raduno degli onanisti anonimi, con inquietanti occhiaie e pallore clamoroso, sul campo di Goerges-Erakovic, mentre Peer e Niculescu non se le filano di pezza nemmeno i parenti stretti. Poi dice che l'effetto velina non conta. La tedesca, in tenuta da evidenziatore fucsia, serve con l'eleganza di un cigno tettuto e si muove come una mucca pezzata al lento pascolo.
«Vai bimba!!!» grufola un attempato fan sulla cinquantina, col volto avvampato e occhi da deviato sessuale. Poi cerca biecamente di riprendersi: «Hai visto che dritto potente in back (!) che ha Giuglia, eh?», rivolto al figlio che lo guarda con un moto di pietà.
Tette per tette, preferisco stare sul campo adiacente per osservare le leggiadre evoluzioni di Petruccia Cetkovska, ninnolo in cristallo swarovski soffiato, di cui colgo le ultime pennellate vincenti contro la Cepelova. Rola e Gimeno si scotennano, idem Lucic e la tappa yankee Davis.
Andando pranzo (4 panini pagati quanto un tavolo da sposa), la mia amica lascia sgomenta l'allegra comitiva: «Sai che questo Sock mi piace?», squilla. In effetti, il mangia hamburger, tra un home run e l'altro, piazza un game perfetto: smorzata, ace, sventaglione di dritto e volée vincente seguendo la seconda.
«Ma tanto perderà, più talpa terricola Pere Riba», sentenzio.
«Ma che dice questo malato di mente? E tagliati quella barba» pensa un lampadato con collo della polo alzata per mostrare la marca. Poi, saprò, è andata così: vince Pere.
M'imbatto nella paffuta e sorridente Belinda Bencic che entra in campo per allenarsi e già col piglio di reginetta redarguisce gli inservienti che bagnano troppo il campo. Uno di loro, tamarro, risponde a tono.
«A te nun serve, ma è er campo che c'ha bbbisogno!».
«Ma infatti...»
«Ciao».
Non sarà male, ma dal famigerato quartiere descritto da Moretti davanti al muro in un surreale dialogo, la mia amica arriva con quasi un' ora di ritardo. «Perché uno dei problemi che affliggono questo paese, lo sappiamo, è il tchraffico» (altra cit. cinefila). Sarà, ma per arrivare a Londra ci si impiega meno.
Ma bene, breve resoconto di una soporifera giornata al Foro. Che magari non ve ne frega un cazzo, ma fa niente.
Noto subito una gran ressa, un quasi raduno degli onanisti anonimi, con inquietanti occhiaie e pallore clamoroso, sul campo di Goerges-Erakovic, mentre Peer e Niculescu non se le filano di pezza nemmeno i parenti stretti. Poi dice che l'effetto velina non conta. La tedesca, in tenuta da evidenziatore fucsia, serve con l'eleganza di un cigno tettuto e si muove come una mucca pezzata al lento pascolo.
«Vai bimba!!!» grufola un attempato fan sulla cinquantina, col volto avvampato e occhi da deviato sessuale. Poi cerca biecamente di riprendersi: «Hai visto che dritto potente in back (!) che ha Giuglia, eh?», rivolto al figlio che lo guarda con un moto di pietà.
Tette per tette, preferisco stare sul campo adiacente per osservare le leggiadre evoluzioni di Petruccia Cetkovska, ninnolo in cristallo swarovski soffiato, di cui colgo le ultime pennellate vincenti contro la Cepelova. Rola e Gimeno si scotennano, idem Lucic e la tappa yankee Davis.
Andando pranzo (4 panini pagati quanto un tavolo da sposa), la mia amica lascia sgomenta l'allegra comitiva: «Sai che questo Sock mi piace?», squilla. In effetti, il mangia hamburger, tra un home run e l'altro, piazza un game perfetto: smorzata, ace, sventaglione di dritto e volée vincente seguendo la seconda.
«Ma tanto perderà, più talpa terricola Pere Riba», sentenzio.
«Ma che dice questo malato di mente? E tagliati quella barba» pensa un lampadato con collo della polo alzata per mostrare la marca. Poi, saprò, è andata così: vince Pere.
M'imbatto nella paffuta e sorridente Belinda Bencic che entra in campo per allenarsi e già col piglio di reginetta redarguisce gli inservienti che bagnano troppo il campo. Uno di loro, tamarro, risponde a tono.
«A te nun serve, ma è er campo che c'ha bbbisogno!».
Tre minuti di plastica meraviglia l'allenamento tra il Kohli (un wurstel paonazzo) e Dimitrov. Magie di mezzo volo, prove di rovesci che cantano e suonano Mozart.
Pennetta poi il suo toy boy Fogna fanno impazzire la folla sul centrale (noi li evitiamo come fosse ebola). Visto che ci siamo, capitolo Italia: grande (e unica tricolore) vittoria di Travaglia (solido, e se non avesse perso un anno per la lesione cruenta dei tendini della mano sarebbe molto più avanti) su quel che resta di Montanes. Non vedo lui e nemmeno Caruso per cui si è mobilitata la torcida della Trinacria, brutalizzato da Querrey (visto genitori coprire gli occhi ai figli piangenti). Cipolla bitumato da «mano de tufo» Giraldo. Donati colpi discreti ne ha, ma paga periodi di sbarello sanguinosi. Vedremo se sono solo tipiche distrazioni dei diciotto anni (o se le porterà fino ai 33). A proposito di Italia, il tempo ascoltare il «Gioia uccidila!» di un composto tifoso alla Barbieri, che però non gli dà ascolto e perde da Razzano. Mi fanno notare, emozionati: «Ma come, esperto-esperto, e non ti sei accorto che vicino a te era seduta (addirittura) Alice Matteucci?». Me' cojoni, avessi saputo le avrei chiesto di farmi un autografo sulla maglietta degli Stones. Anzi no, l'avrei destabilizzata perché nemmeno lei saprà chi è.
Sempre sui vippe. Un ragazzo, giulivo, avvista la preda: «C'è la Asderaki!» e si fionda, annebbiato sulla poveretta. Immagino la delusione quando leggerà «Con affetto, Mariana Alves. Minchione» (che proprio uguali sono, sì). Non capisco perché il giudice di sedia assista all'atroce Dellacqua-Shamayko. E perché la guardi anche un entusiasta Barazzutti in fase da pre-coma narcolettico. Temo gli osservatori gli abbiano detto che Dellacqua è italiana, o in vista di naturalizzazione della russo-italiana. Boh.
Prima di andarmene, in un punto strategico, tengo d'occhio tre match: le volée del transalpino Herbert contro le sassate del russo-kazako di Bra Golubev col fisico da pera (e rum), match di giornata. Vincerà il bombarolo folle in rimonta, profetizzo. Mi allibisco di me stesso. In lontananza arrivano gli echi delle urla belluine del tremebondo Victor Estrella, nano dominicano, capace di ischerzare Tomic (non che ne abbia bisogno, ci pensa da solo): va sotto, tocchetti di sufficienza, passo caracollante, svogliate pallette. Perché? Sogno un suo doppio con Fognini, nel Colosseo, circondati da tigri feroci tenute a stecchetto. Match folle tra Bencic e l'elegante cigno perdente Hercog. Ciapanò manicomiale. Finirà per vincere in rimonta la svizzera che, lasciando perdere isterie da divetta, paragoni con Hingis e altro, ha bei colpi e carattere. Oggi le avrei prese tutte. Il segreto forse è il live (consolazione di chi nell'ultimo periodo ha preso solo «Muzio Scevola» piazzato, alle corse dei levrieri (virtuali).
Pennetta poi il suo toy boy Fogna fanno impazzire la folla sul centrale (noi li evitiamo come fosse ebola). Visto che ci siamo, capitolo Italia: grande (e unica tricolore) vittoria di Travaglia (solido, e se non avesse perso un anno per la lesione cruenta dei tendini della mano sarebbe molto più avanti) su quel che resta di Montanes. Non vedo lui e nemmeno Caruso per cui si è mobilitata la torcida della Trinacria, brutalizzato da Querrey (visto genitori coprire gli occhi ai figli piangenti). Cipolla bitumato da «mano de tufo» Giraldo. Donati colpi discreti ne ha, ma paga periodi di sbarello sanguinosi. Vedremo se sono solo tipiche distrazioni dei diciotto anni (o se le porterà fino ai 33). A proposito di Italia, il tempo ascoltare il «Gioia uccidila!» di un composto tifoso alla Barbieri, che però non gli dà ascolto e perde da Razzano. Mi fanno notare, emozionati: «Ma come, esperto-esperto, e non ti sei accorto che vicino a te era seduta (addirittura) Alice Matteucci?». Me' cojoni, avessi saputo le avrei chiesto di farmi un autografo sulla maglietta degli Stones. Anzi no, l'avrei destabilizzata perché nemmeno lei saprà chi è.
Sempre sui vippe. Un ragazzo, giulivo, avvista la preda: «C'è la Asderaki!» e si fionda, annebbiato sulla poveretta. Immagino la delusione quando leggerà «Con affetto, Mariana Alves. Minchione» (che proprio uguali sono, sì). Non capisco perché il giudice di sedia assista all'atroce Dellacqua-Shamayko. E perché la guardi anche un entusiasta Barazzutti in fase da pre-coma narcolettico. Temo gli osservatori gli abbiano detto che Dellacqua è italiana, o in vista di naturalizzazione della russo-italiana. Boh.
Prima di andarmene, in un punto strategico, tengo d'occhio tre match: le volée del transalpino Herbert contro le sassate del russo-kazako di Bra Golubev col fisico da pera (e rum), match di giornata. Vincerà il bombarolo folle in rimonta, profetizzo. Mi allibisco di me stesso. In lontananza arrivano gli echi delle urla belluine del tremebondo Victor Estrella, nano dominicano, capace di ischerzare Tomic (non che ne abbia bisogno, ci pensa da solo): va sotto, tocchetti di sufficienza, passo caracollante, svogliate pallette. Perché? Sogno un suo doppio con Fognini, nel Colosseo, circondati da tigri feroci tenute a stecchetto. Match folle tra Bencic e l'elegante cigno perdente Hercog. Ciapanò manicomiale. Finirà per vincere in rimonta la svizzera che, lasciando perdere isterie da divetta, paragoni con Hingis e altro, ha bei colpi e carattere. Oggi le avrei prese tutte. Il segreto forse è il live (consolazione di chi nell'ultimo periodo ha preso solo «Muzio Scevola» piazzato, alle corse dei levrieri (virtuali).
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