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sabato 21 giugno 2014

WIMBLEDON 2014 NON VUOLE PADRONI






Sembra la frase ad effetto estrapolata da «Romanzo criminale», ma è effettivamente così. Un controsenso, se si pensa ed epopee del passato recente, con lunghi domini e dinastie ininterrotte. Da Borg a Sampras, fino a Federer.
Se tra le donne tutto pare più chiaro, l'edizione 2014 dei Championships al maschile nasce senza un favorito assoluto: i quattro leader storici appannati e appaiati al cancelletto, tradizionali outsiders a loro volta in riserva e ghiotta occasione per le nuove leve, ma passare dalla vittoria di un Atp 250 a quella di uno slam, non sembra cosa facile.
Vediamo un poco le griglie dei cavalli alla partenza (puledri, stalloni e molti castrati), facendo qualche considerazione sulle quote dei bookmakers.



UOMINI

Prima fila
Djokovic, se il problema al polso non è serio, sembra il cavallo buono per perdere in sicurezza. Da tempo arriva sempre in fondo, come Podenzana alle battute finali di una classica di primavera, senza il guizzo per la volata. O livido per le sberle di Wawrinka, o con la lingua penzoloni contro Nadal. L'ho pronosticato vincente negli ultimi tre slam e, pensando di portargli discreta sfiga, continuo. Tabellone insidiosissimo: Tsonga e Berdych prima della semifinale con Murray, ma se esistesse un Dio pagano e volleante, perderebbe già al secondo turno col mefistofelico vecchiaccio Stepanek.
Federer al suo fianco. Se il fisico regge, proverà la zampata del campione e vedendo alcune quote (a 6,50 addirittura), lo giocherei senza indugio. Perché? Quando hai gli anni di Cristo, su quei prati hai vinto qualcosa come sette volte e i principali avversari sono in fase di appannamento, la conclusione è solo una: questa può essere l'ultima occasione buona. Prima del derby con Wawrinka (se Stan ci arriva) e della semifinale con Nadal (quale occasione più ghiotta per fare i conti con la storia?), insidie Muller, Mahut e Janowicz (parlandone da vivo) negli ottavi.

Seconda fila
Nadal. Lo sanno anche gli esperti di lancio del gruviera: i rischi di scivoloni sull'infida e vergine erba nei primi turni, quando è ancora in fase di carburazione diesel, sono notevoli. Nelle fasi finali invece, per batterlo ci vogliono i pallettoni. Terra, erba, piombo o cemento armato. Rafito con l'elmetto: spettro di Rosol (ancora tu, ma non dovevamo vederci più?), poi Ivone Karlovic al terzo (se Frankenstein ci arriva), Gasquet il maschio col borsello negli ottavi e Raonic nei quarti, prima della sempre affascinante semifinale con Federer.
Murray. Mi pare di averlo visto col kilt, mischiato ai tifosi uruguagi a Brasil 2014. I book lo danno come secondo favorito, ma un suo bis mi sembra difficile e lo lascio in seconda fila, malgrado il connubio con la virago Mauresmo e un tabellone impacchettato della befana avvolta nella bandiera della Union Jack: l'ottavo più semplice (Fognini), il quarto sulla carta più agevole (Ferrer, ma grande occasione per Dimitrov), e una semifinale aperta a tutto con Djokovic.

Terza fila
Stan Wawrinka. Mai a suo agio sull'erba, e per giunta con un febbrone equino a debilitarlo. Un tabellone benevolo può permettergli di recuperare strada facendo, con insidia palo della luce (in fronte) Isner, per arrivare al derby elvetico di quarti.

Outsiders. Sempre quelli. Berdych e Tsonga (entrambi sulla strada di Djokovic), negli ultimi anni vittime designate dei quattro carnefici, potrebbero provare il gran salto, ma paiono incartapecoriti. La buon costume british priverà il ceco dei completini floreali H&M (rimedierà con candidi pizzi e giarrettiere), ma sa come si arriva in finale e con quella carocchia quotarlo 41,00 è un'esagerazione. Tsonga (a 51,00) idem, perché, pur in calo, sa come giocare sui prati.

Mine vaganti. Nel panorama di ammosciamento generale Dimitrov può mostrare le palle e dimostrare di non essere solo il tronista da riviste patinate che si accompagna all'algida (vice) regina urlante Masha, inoculandosi come una biscia nel quarto di Ferrer. Tre su cinque è però altro sport rispetto al Queens, dove pure ha faticato a battere Feliciano. Tra lui a 21,00 e Gulbis a 67,00 prendo il lettone, malgrado il rude drittone troppo macchinoso per l'erba, ancora nei paraggi di Berdych (che se lo sogna pure di notte e urla). I book lo sottovalutano, dandogli meno credito di Janowicz (l'ombra moscia di quello dello scorso anno) e Raonic (51,00), bucaniere terrificante, che però sull'erba è sicuro sulle gambe come un neonato vitellino incartapecorito.

Italiani. L'erbivoro della scuola indocinese Seppi ha problemi di sinusite (Baghdatis o Brown al secondo possono fargli male). Fognini ha un tabellone da challenger di Poznan fino al terzo turno, poi con Anderson saluta e va a Formentera con fidanzata e reduci del Gf. Volandri su erba perderebbe anche da Ramesh Krishnan (di 53 anni e 130 kg). Turbo risposta e culo di Sacchi Bolelli, numero uno al mondo dei lucky loser e nei sorteggi, pesca il fenomeno paranormale giapponese Ito. Lorenzi numero uno dei sorteggi sfortunati, becca Federer. Il mondo è ingiusto, si sapeva. D'obbligo evitare i pietosi battimani d'incoraggiamento del centrale.




DONNE

Prima Fila.
S. Williams in pole position. Ma nel suo spot c'è un mucchio selvaggio. Bimbominkia Bouchard negli ottavi e finale anticipata nei quarti con Sharapova. Se sta bene, la disossa e rispedendola in California a promuovere le caramelle lassative. Poi Halep o Ivanovic in semifinale.
Masha e l'avvilente destino di sentirsi regina del mondo, ma di esserlo solo quando le altre le levano di mezzo Serena. Starà già pregando. Rischia di suicidarsi prima dei quarti come balena spiaggiata (su erba), o facendosi infilzare con una fiocina da Giorgi.

Seconda fila
Azarenka è rientrata in discreto peso forma, dopo un periodo pre maman. Se ritrova ritmo partita strada facendo (e Muguruza le dà tempo), sarà orrido osso duro e può provare il trucido exploit in una parte bassa di tabellone clamorosamente più povera di quella alta. Nei quarti con Radwanska e semifinale con Li (o Kvitova), partirebbe tutt'altro che battuta. A 17,00 la prendo al volo. Dopo essermi imbottito di Plasil.
Kvitova su quei prati ci ha già vinto e se non incappa nei soliti orrendi altri e bassi nei primi turni (occhio a Venus al terzo), nei quarti può battere Li, diventando osso durissimo per tutte.

Terza fila
Na Li. Mai troppo a suo agio con gli imprevedibili rimbalzi dell'erba, lei che è una macchinetta di precisione (spesso impazzita). Sarà la volta buona? Che cazzo ne so. Per me rischia già contro Stosur.
Halep. Essenziale e poco appariscente, sa quello che vuole, pensa in grande. Altro ritiro tattico a 's-Hertogembosch. Ostacolo serbo (Ivanovic, più che Jankovic), prima della semifinale con Serena (quoto 2,20 che ne esce viva).

Quarta Fila
Ivanovic. Negli ultimi tempi, grazie al nuovo coach ex sparring e al ricovero in una clinica per menti disagiate, ha trovato un minimo di serenità. Sfortunata a finire nella tonnara in alto, nella parte bassa avrebbe potuto dire la sua. Ma la quota 34,00 dei book è clamorosa (da provare).
A. Radwanska. Dopo la stagione terricola da horror vacui può regalare qualche gioia in più, ma la possibilità di vincere uno slam l'ha gettata via contro un'invasata chiappona mangia crauti, lo scorso anno. Avviata a una carriera da perdente d'alto livello e quarti come massimo obiettivo. (Ormai ridotto alla penosa scaramanzia).

Outsiders. Ancora negli occhi la clamorosa edizione 2013, ma difficile ci sia un Bartoli-bis e voglia il cielo anche un Lisicki-bis. La tedesca però si esalta solo a Londra, come drogata di wurstel e crauti. Poi le rivelazioni parigine: Bouchard (alla prova Serena negli ottavi. Uau: 50 cent contro Justin Bieber) e Muguruza (se riesce a stare in piedi sull'erba), Keys (se entra in fiducia). Nostalgica menzione per la rientrante Vera Zvonareva e la vecchia Venus. Difficile riescano a fare qualcosa più degli ottavi Wozniacki, Jankovic e Kerber. Incomprensibili le quote così alte (81,00) per Cibulkova e Stosur (non saranno al meglio, ma nemmeno tumulate, credo).

Italiane. L'unica con discrete possibilità, pur nel suo strambo bungee jumping tennistico, è Giorgi. Può esaltarsi nel confronto da cricket su erba con Sharapova. Pennetta ha un buon tabellone (Stephens alla portata prima dell'ottavo con Kvitova), ma dopo Indian Wells è solo selfie con bocca a culo di gallina. Vinci su erba può andare avanti esaltandosi in un leggiadro tennis d'attacco, la versione erranizzata pallettara di talento imbolsita, rischia di lasciarci le penne già contro l'impertinente bimbetta Vekic. Knapp, bah. Schiavone sfortunata, sarà prevedibilmente rullata da Ivanovic. In tabellone c'erano due/tre giocatrici (ancora vive) cui Errani avrebbe potuto strappare un set. Fortunata a incrociare la giovane Garcia, lontanissima dalla forma primaverile, con cui può vincere anche più di due giochi. La quota 501,00 (come la carica) è però buona. Per chi da mesi (anni) abbotta le pudenda sulle sue doti da funambolo (tutt'altro che terricola arrotina), consiglio di puntarci la casa e macchina. Quota buona, ma l'ho vista anche a 650. Affrettatevi.
 

Per un refrigerante week end (senza puttan tour) al lago di Caldaro:
Federer v/p 6,50
Azarenka v/p 17,00

Per un mese a Santo Domingo
Ivanovic v/p 34,00
Gulbis v/p 67,00 (o Berdych 41,00)

mercoledì 22 gennaio 2014

AUSTRALIAN OPEN 2014 – SEMIFINALE NADAL-FEDERER. RADWANSKA ESORCIZZA AZARENKA






Day 10 – Dal vostro inviato, in fila alla mutua, con vecchi smoccolanti contro il malgoverno. Sembrava Twitter


Una giornata di musica e magia, a Melbourne. E' notte fonda quando mi piazzo, avvolto da un virtuale bandierone polacco, davanti alla tv per vedere Radwanska-Azarenka La sveglia suonerà alle 7,15, ma conta poco, dormo meno di Berlusconi (io per insonnia, lui per alti impegni istituzionali e pensieri superiori: tette, culi e gare di burlesque). Avevo invitato i fedeli a fervorose preghiere laiche, ma anche a invocare il Papa polacco o i preti che la scomunicarono per quelle malandrine foto desnuda (perché poco desnuda, credo), persino l'anima fluttuante di padre Amorth, affinché Agnese facesse il miracolo d'esorcismo. Mai confronto fu così netto, tra il bene e il male assoluto della Wta. E l'inizio è di quelli che riconciliano col mondo: un miracolo d'intelligente leggerezza che umilia la violenza trucida. Agnese, occhio tagliente, scucchia e atteggiamento serafico, lascia sfogare il tamarro bielorusso, scava colpi dal cemento, inventa deliziose rabdomanzie, fa apparire palline dal nulla come un prodigio di magia. Il commentatore inglese è in estasi mistica, un trionfo di: meraviglioso, incredibile, magico, geniale. Forse un po' esagerato, ma la smilza polacca manda in tilt e fuori giri il paracarro ululante. 
Sul punto di beccarsi un ovetto la vedi, tutta violacea, urlare frasi rabbrividenti (canonico «ohhhh» atterrito del pubblico), tirarsi pugni e racchettate sulle gambe. Spettacolo orrendo. Perché l'interpretazione di Linda Blair sia perfetta manca solo il rigurgito verdognolo. La maghetta vince il primo, tiene anche nel secondo mulinellando colpi leggeri nel concerto di urla da sirena d'ambulanza (che sia una invocazione freudiana?) che mai arriverà, per portarsi via l'indemoniata buzzica dell'est. E io m'addormo sul 2-2.
Stamani mi sveglio alle 7 meno quasi, e vedo il risultato 6/1 5/7 6/0. Esorcismo completato, con sadica illusione nel secondo set (che fattucchiera sarebbe la dolce Agnese, altrimenti?). Provo a trovare in rete qualche filmato, e trovo questo. Godetene tutti e andate in pace. E accendete due ceri a Sant'Agnese martire fuori le mura, sulla Nomentana.


Semifinali completate: Na Li-Bouchard e Radwanska-Cibulkova. Tranne la cinese, semifinali a sorpresa. Nell'altro quarto, la gnoma Cibulkova aveva facilmente disposto di Simona Halep. Slovacca che ha trovato la settimana d'ispirazione violenta davanti al suo fidanzato hipster. Le entra qualsivoglia bomba terra aria accompagnata da inebrianti (come un mix di ebola e scorbuto) «ohhh-llllèèè» da toreador di tori nani di peluche. Secondo esorcismo difficile per Agnese (anche se quella bicicletta inflittale lo scorso anno è ancora nel cuore e nella mente).
E' ingiusta la programmazione quella che mi mette gli uomini di mattina, quando mi è impossibile vedere qualcosa, tranne appendici prandiali, perché a lavoro o alla mutua come stamattina. Continua la «Cavalcata delle Valchirie» di Roger Federer, sulla scia della splendida prestazione contro Tsonga. Da quanto leggo e vedo, batte Murray in quattro set, col brividino finale. Match già vinto e scozzese rianimato, portato al quarto set dopo aver servito per chiuderla in tre, con possibili fantasmi che si ripropongono nella mente a minarne la serenità. Tutto bene quel che finisce bene, nessuno psicodramma freudiano (e un po' gasquettiano), e Federer la chiude al quarto set. Sembra tornato leggero, rilassato, sciolto. L'impressione è che abbia mollato gli ormeggi e, stante condizione fisica e sintonia col nuovo strumento, voli sul manto azzurro. Sul match point Edberg esplode levando le braccia al cielo con una grinta ed entusiasmo mai visti, nemmeno quando vinceva Wimbledon. 
Vedo l'intervista post match dello svizzero e finalmente gli si legge in faccia una soddisfazione infantile, ringiovanito di dieci anni rispetto all'annus horribilis 2013. S'incupisce un poco solo quando gli parlano della semifinale con Nadal. Già. Match storico, ma cui arriva con speranze più alte rispetto al recente passato. Rafa il piagato, malgrado le stimmate sul palmo (la Santa Sede in serata manderà un emissario - che ne approfitterà per aprire un gay bar a Melbourne - per analisi accurate sul fraticello di Manacor) dispone del bulgaro Dimitrov. Il giovane signor Sharapova pecca d'inesperienza, fallendo tre palle per andare avanti due set a uno. E lì la perde. Con maggiore fiducia, in futuro potrà dire la sua.


martedì 22 ottobre 2013

MASTERS WTA ISTANBUL - HALLOWEEN ANTICIPATO, ASPETTANDO UN PO' DI TENNIS








Fiabesca presentazione del Master Wta in scena a Istanbul, laddove l'Europa abbraccia l'Asia, tra Grand Bazaar, Kibbutz e zaffate di Kebeb. Ed è subito magia. Le nostre eroine sfilano, tutte in ghingheri come al gran ballo delle debuttanti: irrinunciabile tradizione a metà tra il mondano favoleggiante e il tragic-horror, ormai. Vestiti alla moda, trucco, parrucco e tacco 12 d'ordinanza (e quanto darei per vederle camminare come ubriache in un pub londinese, dopo la foto). Intendiamoci, vestiti molto belli. A stridere è il contrasto, e vederli addosso a semiculturiste, quasi obese o spaurite ragazze abituate a fare sport e meno alle Grand Soirées. Da sinistra a destra, schierate: Sara Errani, italico orgoglio, in un drappo grigio forse avanzato da una sartoria locale di tappeti turchi, sorriso tragico e la stessa disinvoltura terrorizzata di una ragazzina maschia vestita a donna per la prima comunione. Agnieszka Radwanska esibisce sguardo viziosetto e abitino nero eccentrico con doppio spacco futurista, ornato di veli a coprire braccia e proverbiali ginocchia puntute. Petronia Kvitova opta invece per un semplice e beneaugurante azzurro elettrico/viola apparato funebre (e va bene che ultimamente il viola va fortissimo, guardate questa faccia, però....), offrendo alla camera il suo profilo migliore: silhouettes da Venere incinta al quarto mese di tre gemelli.
Al centro, la diva: Serena Williams. Meno ridicola in certe situazioni perché naturalmente vamp, in fiammeggiante vestitino rosso premaman, dal décolleté mozzafiato. «The woman in red» Kelly Le Brock nera e di un quintale. Deliziosa. E spaventosa. Al suo fianco l'altra favorita del torneo, Vika Azarenka conciata come un Crudelia Demon de noantri o trucida fata Turchina versione nero pece dopo aver ingoiato un bue muschiato. Lungo vestito nero e collana di perle (o denti di squalo tigre). Antologica acconciatura da Marlene Dietrich e brilluccicante abito tempestato di strass e paillettes (Maradona style) a esaltarne il bel fisico, per Jelena «Varenne» Jankovic. La chiamano «The body (e faccia da sacco di juta)» non a caso. Na Li sembra evasa da un Kibbutz: vestito bianco e colletto stile Signora Rottenmaier, comodo anche per le risaie di Yangshuo. Ultima, e immagino la fatica che avrà fatto il fotografo nell'inquadrare anche lei, Angelique Kerber: un wurstel bardato a festa, tutta di nero (che sfina) sbracciata e in pantaloni, con l'espressione agghiacciante di una laureanda bruttina prima della seduta.

Ridancianeria a parte, c'è anche un dato tecnico in questo Master turco. Sorteggiati ieri i due gironi, da cui usciranno le quattro semifinaliste. Ecchiveli:

Gruppo Rosso

S.Williams, A.Radwanska, Kvitova, Kerber. Americana ovvia favorita, per la vittoria del girone ma anche per il successo finale. Secondo posto buono per la semifinale in bilico: leggermente favorita Petra Kvitova, emersa dalle acque come un balenottero nel finale stagione, sull'Agnese ultima versione merluzzo e Kerber capace di arraffare un posto al master con buon finale di stagione, ma reduce da un 2013 mediocre.

Gruppo Bianco

Azarenka, Li, Errani, Jankovic. «Sorteggio durissimo per Errani!», leggo. Rientra chiaramente in quell'affetto e desiderio di protezione verso il nostro pulcino arrotino, che si vorrebbe sempre vedere alle prese con una Gatto Monticone, Arancita Rus o, proprio al limite, Misaki Doi anchilosata. Malgrado a parole la descrivano come fenomeno, intimamente la considerano appena top 30. Altrimenti non si spiega. Qui però, dettaglio, è un Master e ci vanno le prime otto. Azarenka fuori portata (se si presenterà sotto il quintale di peso forma), con Li e Jankovic può dire la sua. La cinese al 60% la spazzerebbe via in due set, troppo potente e più solida, ma quel minimo sindacale di forma lo esibisce una volta ogni tre mesi, quindi: spiragli. Jankovic dopo anni di crisi nera e penosi tentativi di migliorare un tennis troppo difensivo e senza spunti vincenti, tornando al passato (trotto invasato e volée da Ridolini in gonnella) ha acciuffato il Master. Ma l'italiana può giocarsela, altrimenti ci sarebbe l'Itf a Lagos, no? 

giovedì 4 luglio 2013

WIMBLEDON 2013 – Bartoli e Lisicki: wurstel, salsiccia e finale

      

                                
Day 10 – Stasera wurstel e crauti. Nella convinzione che l’orrore ci inghiottirà

“L’orrore! l’orrore dice Kurtz alla fine cuore di tenebra. L'orrore. (e beato lui non ha visto le due finaliste di Wimbledon 2013)", sembra di sentire quel gran genio zoppo e misantropo di Boris Yelnikoff nella sua più ispirata visione dell’umanità, di cui siamo rassegnate vittime. Vorrei lanciarmi in estatiche elegie da salamelecco rutilante, ma è l’orrore invece il sentimento che maggiormente mi pervade commentando ciò che oggi è successo sul centrale di Wimbledon. E allora accontentatevi di questa fiumana di luoghi comuni e cliché spaventosi. Tutto dev'essere in linea.
La finale più clamorosa, inattesa, misera tecnicamente e per classifica, dell’intera storia dei Championships. Senza dati alla mano, da quando vedo questo strano e imprevedibile sport. Da ignaro fanciullino di fine anni ‘80, fino ai giorni di odierna decadenza fisica: Marion Bartoli e Sabine Lisicki, due diversamente spaventevoli visioni suine di tennis femminile, di medio livello. Quella transalpina, e quella ariano/teutonica. Incredibile. E sì che ci eravamo liberati di Masha e Vika e i loro livori dell’est. “Dalla padella alla brace”, “chi lascia la strada vecchia sa cosa lascia, ma non sa cosa trova”, e “non ci sono più le mezze stagioni”.
Il botolo francese si era presentato a Londra ancor più inquartato, unto e tarantolato, ma nuovamente seguito dal sadico scienziato babbo. Una specie di fiaba a lieto e raccapricciante fine. Separazione, ritorno all’ovile della grassa figlia prodiga. Il tutto coronato dal grande risultato. Ci vorrebbe anche una colonna sonora. Un “Ne me quitte pas” con Verdone al piano. Arriva in finale grazie a un miracoloso tabellone da Pasqua, Epifania e Sant’Oronzo con le campane che suonano a festa (Karin Knapp, Camila Giorgi, l’acerba Stephens e i resti della povera Kirsten Flipkens in semifinale). Eccola lì, esibire il solito campionario del sudato show: danze tribali, colpi quadrumani privi della più elementare spiegazione fisico-razionale, ragliati “ahhhrrrlllezzz” con la “erre” moscia, sguardi allucinati e killer con occhi sporgenti da lemure nella stagione degli accoppiamenti. Poco ha potuto, si diceva, la belga Flipkens, vittima sacrificale del rituale kitch. Meno abituata a giocare simili match, già appagata e alla fine pure rotta. Amen.
All’orrore di Francia si appaia, garrulo e deflagrante, quello di Crucconia. Sabine Lisicki deve essere stata concepita dai genitori che mangiavano wurstel e crauti, guardando le partite di Boris Becker a fine anni ‘80. Perché il biondo donnone con le gambe che traboccano cellulite, su erba ci sa fare. E’ efficacissima. Bim-bum-bam-badabum-spatapummete. Servizi e badili di risposta, arrembaggio sempre e comunque.
Riesco a trovare su youtube solo alcuni filmati. E Boris Yellnikoff, con la sua visionaria saggezza, ritorna: l’orrore, vero. Inarrestabile. Madida di sudore, tutta piegata su se stessa, sempre pugno in alto, urla d’incitamento (che dirà, poi? generico “Ahèèè” belluino, “Aleeez” francofono  o, temo seriamente, “Heil”, in una sognante rievocazione d’invasioni polacche? Non si capisce). Uno che ignora il tennis si aspetterebbe un secco 2-0. Ma è ancora tennis (mica boxe) e quella soffre, si blocca goffamente quando si tratta di servire per il match, poi prende a vergare e invadere la passiva Polonia con violenza inusitata. 
In lei rivedo Barbara, giunonica ragazzona tedesca in vacanza dalle mie parti, anni fa. Dal sorriso timido e cellulitici coscioni budinosi che ballavano mentre giuliva correva sulla spiaggia, come obesa tortorella al tramonto. Bionda, pallida e imponente. Mi smarriva, così dolce, brutta ma a tratti piacevole, malgrado parlasse con accento duro, simile a quegli strani tizi visti nei documentari sul processo di Norimberga. Era ghiotta di cornetti gelato, snack al cioccolato e patatine "crick crock", che rosicchiava in modo rivoltante. Cercava il ragazzo italico, tutto pizza, pummarola, baffi da sparviero e virtuoso mandolino, per un’avventura focosa. Un mio amico, si sacrificò. E ne porta ancora i segni.
Bene, Sabine le somiglia. E in più ha anche dei denti di vampira a impreziosire il quadro. Una specie di mix tra la "Sellerona" televisiva di Bonolis e la figlia dell’Ispettore Derrick (versione parodia di Max Tortora). Anche lei divora le sue barrette, sgranocchia avida e va a servire, ancora masticando. Si pulisce le gengive dai residui, tra un colpo e l’altro. Un po’ come zio Roccuccio, quando, dopo il luculliano pranzo domenicale in campagna, ebbro di vino, si puliva i denti. Talvolta con le unghie, spesso solo col risucchio emettendo fischi agghiaccianti, altre volte usando lo stuzzichino. Lisicki continua nel suo spettacolo. Quasi giochi negli intermezzi di un pranzo in cui si sta scofanando un pollo allo spiedo con contorno di patate al forno, bagnato da un boccalone da due litri di birra. Ci manca solo che rutti e scorreggi come un cavallo da tiro bengalese. Potrebbe farlo in finale. Non perdiamo la speranza.
Ma io sono un tecnico. E allora parliamo di finissima tecnica. Due settimane fa vidi Lisicki, versione cassa mortuaria con le rotelle, in quel di Burmingham, faticare le pene degli inferi per venire a capo della guercia Miriana Lucic (mica Chris Evert) e perdere contro Alison Riske (non proprio Steffi Graf). Potere dell’attuale Wta, di un tennis così elementare che se una imbrocca (casualmente) la settimana in cui avvista il campo, prende fiducia e tutto muta. Oppure sarà merito quegli snack miracolosi che trangugia con bulimica voracità, Dio solo lo sa. Si appaia a Marion, in una finale surreale. Annesso ennesimo rotolo sull’erba ad esibire i bianchicci chiapponi, pianti a dirotto, pugni al cielo (ma basta). Una volta, va bene. Due, è troppo. Tre, scoccia. Quattro, ti porta a sperare non ne abbia più modo.
Panzer favorito. La degna e coerente conclusione sarebbe però un trionfo delle piccola fiammiferaia obesa di Francia, ma chi può dirlo. Potrebbero anche, per decenza, lasciare vacante il titolo.


domenica 9 giugno 2013

ROLAND GARROS 2013 – Super Serena Williams. Disdicevoli pagelle di un osservatore distratto





Giornata quattordici – Dalla sala parto d’emergenza, nella selvaggia Savana


Serena Williams 8. La sua rinascita possiede qualcosa di mistico. Quasi una parabola di “Sani Gesualdi” o filosofica, al limite trama di un filmetto plastificato di Hollywood. A 32 anni scopre l’amore (del sempre più emaciato e provato Mouratoglou), la voglia di allenarsi e primeggiare nel tennis. Attività per anni considerata uno dei tanti business, cui dedicare ritagli di tempo tra la pubblicità dei bubble gum al lampone e il lancio di un maculato perizoma per taglie forti. Non male farlo per tempo, perché il mondo è pieno di atleti che, una volta appesa la racchetta al chiodo, si ripetono, con animo fatalista: “Se solo mi fossi allenato, se solo…”, e qualcuno si getta dai ponti. Ci si domanda solo, vedendola ultratrentenne tirata a lucido, ben allenata e quasi imbattibile, cosa sarebbe stata questa forza della natura negli anni della gioventù. Trema solo con Kuznetsova, poi accetta di buon grado la battaglia di forza e stronca l’ossessiva urlatrice siberiana in finale. Dal “Se Serena vuole è la più forte” al “Serena è la più forte, perché lo vuole”, il passo è breve.
Maria Sharapova 7. Si arriva a rimpiangere, con animo nostalgico, quell’infido e romantico ponentino romano. E l’arietta frizzante, ma non meno infingarda, nelle sue umide e ancora fredde serate di maggio. In altre parole, quelle che avevano messo k.o. Maria Sharapova, provocandole costipazione, febbre e (salvifica) raucedine, portandola a giocare forse il suo miglior match: quello (non disputato) con Errani. E’ tornata al suo massimo dopo l’infortunio alla spalla, spartiacque della sua rumorosa carriera. Ci prova pure, in finale, di forza. L’altra accetta di buon grado, e con piglio orgoglioso, perché in quell’arte (di altre che pur ne ha) le è superiore. La siberiana avrebbe dovuto provare a variare gioco (cosa?), attaccare o giocare di volo (quando? Basta bestemmie…), invece, in quella battaglia forzuta su un campo che pare trasformato in sala parto d’emergenza nella Savana, non può che soccombere.
Sara Errani 7. (1,5 al post finale di doppio). La perenne lotta tra il leone e lo scoiattolo. Lo scoiattolo può vincere la battaglia, se il leone dorme o se ne va. Purtroppo, Serena contro la nostra eroina non dorme, men che meno ha intenzione di andarsene. Buonissimo torneo, e conferma d’essere (specie su terra battuta) la numero quattro al mondo. Per costanza e regolarità. Le prime sono di altro pianeta. Quasi altro sport. Il suo tennis arrotato, inoffensivo, senza nessun colpo con cui prendere l’iniziativa (in primis il servizio, in secundis la risposta), sono l’ideale per l’aggressione di Serena. Persino in sicurezza, come in un allenamento con macchina sparapalline (modalità soft). Non rimane che aspettare che il leone se ne vada. Stremata da quel game strappato a Serena, è anello debole del doppio matrimoniale, sconfitto in finale. La faccia infantile bimba offesa che nemmeno parla al microfono dopo la premiazione, rimane forse più imbarazzante di quel 6-0 6-1.
Victoria Azarenka 2,5. Se questa è una donna, viene da chiedersi. Perde da Sharapova. Ecco, se un merito tocca dare a simile Linda Blair tennistica sempre più truce e inquartata, insostenibile e volgare quanto uno scaricatore di porto bielorusso ubriaco di vino in un bar malfamato nel porto di Minsk, è quello di rendere (quasi) tollerabile il tennis e le urla della russa.
Agnieszka Radwanska 4-. Ah, Agnese, dolce Agnese. La sottiletta polacca (colpevole quella tintura bionda del crine stile lucciola dell’est sulla Palmiro Togliatti, o Cristoforo Colombo) si lascia ingarbugliare dalla maggiore “arte” e pazienza terricola di Errani. Mette in difficoltà le feroci picchiatrici (anche le prime tre) e cade, come sgomenta, contro la formichina italiana (che quelle prime tre non riesce proprio a contrastarle, nemmeno in sogno). Un altro, logico, paradosso di questa Wta.
Svetlana Kuznetsova 6,5. Femminile quanto un fuochista armeno coi baffi da sparviero, ritorna a livelli (fisici e mentali, i colpi li ha sempre avuti) d’eccellenza. Se non quelli di quattro anni fa, qualcosa di simile. Vestita come una hippie ed esalando urla da cinghiale “che esce di foresta” diceva Boskov, spaventa anche Serena.
Jelena Jankovic 5-. Trotta e nitrisce di buona lena (assai notevoli i tempi della sorella di Varenne sul miglio sterrato). Perde solo da Masha nei quarti, dopo aver vinto 6-0 il primo set, giocando il suo miglio tennis: trottare rimandando tutto dall’altra parte e aspettare che l’altra s'ammazzi. Quando quella pone fine ai propositi suicidari, niente da fare. I suoi pavidi rinculi e volée colpite con urletto terrorizzante manco la pallina fosse una mortale biglia di fuoco, rimangono una delle immagini più vivide (e comiche) del torneo.
Francesca Schiavone 6+. Sarà perché ha ormai gli anni di Gesù in croce, di cui sembrava considerarsi figlia legittima, ma sembra finalmente rilassata. Parigi, con la sua magica atmosfera, fa il miracolo. Senza più il dovere di dimostrarsi la più forte del mondo, per colpa, merito o condanna di quella magnifica cavalcata del 2010, si mostra rilassata. Come se si dovesse chiudere un cerchio. Vince tre partite giocando bel tennis, persino quei cavernicoli “ah-uiiiih” da ernia fulminante, appaiono tollerabili. S’issa agli ottavi, arrendendosi solo alla bruta forza indemoniata di Victoria Azarenka.
Ana Ivanovic 5 (di umana pena). Nel guardarla ormai smagrita, smarrita, titubante, maldestra nella coordinazione, incerta nel lanciarsi la pallina, viene da domandarsi quali problemi abbia. E come sia riuscito simile “affare” che disarticola gambe e braccia a vincere su quei campi. Mica nel 1969, ma nel 2008. Spettacolo pietoso. Agnese ne fa emergere tutte le lacune. Poi la vedi alzare la gambetta, gridare “ajde” e subito dopo ridere in modo insensato. Leggi il tabellone che dice 6-1 4-0 40-15 per l’altra, e continui a non capire.
Marion Bartoli 4,5. (di estatica ammirazione masochista). La Parigi piovosa, umida e plumbea, dei primi giorni del Roland Garros, sembra uno splendido quadro malinconico. Manca però una protagonista, una specie di Gioconda versione trucido-surreal-comica: Marion Bartoli. Imbacuccata, con leggins che ne fanno oscenamente risaltare le generose curve, procede in quel grigiore umido parigino come una diva dell’orrore. Solito spettacolo, condito da danze tribali e pizzicate, movenze maniacalmente folli, racchetta agitata come scacciamosche. Pure inquartato (avrà preso almeno 15 chili), il grottesco buzzurro d’oltralpe cede in modo pietoso a Francesca Schiavone.
Roberta Vinci 6+. Per la prima volta arriva alla seconda settimana del Roland Garros. A conferma del salto di qualità compiuto nell’ultimo anno. Niente può contro Serena, cui però si oppone con gran dignità, colpi deliziosi e tennis d’altri tempi. Insomma, anche contro l’uragano si riesce, se non a vincere, a giocare. 


lunedì 3 giugno 2013

ROLAND GARROS 2013 – Federer tentenna, cuore Errani





Giornata otto – che fa rima con granbiscotto. Il prosciutto.


Due incontri molto diversi animano il pomeriggio sui due campi principali del Roland Garros. Federer, sullo “Chatrier”, svernicia con serafica perizia Gilles Simon. 6-1, e davvero non vedi come l’eroe di casa, trasparente per tennis e fisico da lastra esposta al pallido sole affacciatosi a Parigi, possa inventarsi qualcosa per porre fine alla carneficina. Sul “Lenglen” soffre un po’ invece Sara Errani contro Carla Suarez Navarro. Uno di quei match brutti, tirati, ma che la nostra formica operaia parrebbe destinata a portare ugualmente a casa, malgrado l’iberica lasci partire colpi da fermo infinitamente più ficcanti.
All’improvviso, accade l’inatteso. L’imponderabile che tutto dirige, quasi sadicamente. Federer vola nell'iperuranio e Sara si blocca, sul 5-5, vittima di un dolore al costato. Non si capisce se muscolare, intercostale, o cosa. Ai luminari che la visitano, dice di non riuscire a respirare. Riprende, ferma (e silente), perdendo il set e mandando a ramengo una schedina di scommesse (sorprendetevi, se l’adoro). Ancor più inspiegabile quello che accade a Federer. La notizia e il pissi-pissi bao-bao anima siti, allarma tremanti tifosi divenuti di un pallore inquietante, fa trillare telefoni con amici e parenti increduli: “Ma che lo svizzero ce sta a lascia' le penne?” fa, con un filo di sadismo, zio Roccuccio (intimamente Djokovaro). Non si riesce proprio a spiegare. Tecnicamente, fisicamente, biblicamente o sessualmente, fate vobis, non si capisce come lo svizzero ceda due set di fila, in modo così netto. E non basta certo l’intelligenza tattica e le capacità di recuperare colpi in difesa del transalpino, simile a un gatto randagio, secco e spelacchiato.
Errani soffre, prova ugualmente a far mulinare le gambe tozze e lentamente ci riesce. Sarà tardi? Sotto di un set e un break nel secondo (per quel che conta tra le donne) alza la soglia del suo tennis, e la riacciuffa per i capelli. Sara torna quella di prima, Carlita rimane la sciancata di sempre (con una gamba-caviglia al 70% di semi invalidità) che però inizia a sbagliare, crollando nel terzo. Gran cuore e coraggio dell’italiana, brava a crederci quando molte avrebbero mollato. In questo parallelo così diversamente uguale, ecco che Federer, dopo l’inspiegabile fuga, tornato in sé. D’incanto riprende a sviolinare colpi che il francese non può più contrastare, e la porta a casa. Nei quarti troverà l’altro idolo di casa Tsonga che, proseguendo nel suo percorso netto, spazzola via il petulante Troicki, serbo dal tennis increscioso che non sa nemmeno cosa ci faccia negli ottavi.
L’altro quarto vedrà un derby spagnolo, ma non quello previsto. Se Ferrer brutalizza come da previsione Kevin Anderson, ha del pietosamente comico quello che accade tra Almagro e Robredo. “Byron Moreno jr”, favorito, domina i primi due set e s’invola nel terzo. Robredo versione Highlander però, è duro a morire. Recupera un break di svantaggio nel terzo, uno nel quarto, uno nel quinto (fors’anche nel sesto, ci fosse), e vince. Follia vera. Almagro si conferma uno dei più inquietanti perdenti (d’alto livello, eh) del circuito. Il torneo di Tommy Robredo invece, trasformatosi in istrione aizzatore delle folle, assume contorni epici. Storici. Da record, perché è il primo tennista a recuperare tre incontri da uno svantaggio di 0-2. Dategli una bicicletta, e questo batterà nettamente Nibali e Wiggins al Tour.
Tra le donne, già detto di Sara Errani, la sua più elegante consorte nulla ha potuto, a ora di pranzo, contro Serena Williams. Robertina ne esce viva e anche con la soddisfazione del bell’inizio di secondo set, in cui regge fino al 3-3, tra slice bassi e deliziosi ricami. Errani nei quarti troverà, come da previsioni, Agnieszka Radwanska. Brava, concreta, intelligente, dalla mano assai delicata e con la testolina sempre presente nel match, la polacca. Vi sorprende che abbia cucinato come una gallinella in brodo Ana Ivanovic (orba picchiatrice che sa fare solo una cosa, e male)? A me, no. L’intelligenza e la tecnica, ogni tanto, prevalgono. Serena invece dovrà vedersela con l’esperta Sveta Kuznetsova. Dopo mille traversie fisiche e scarsa convinzione mentale delle ultime stagioni, la russa sta ritrovando stimoli e tennis d’un tempo. Non credo però potranno bastare contro la pantera americana.



domenica 20 gennaio 2013

AUSTRALIAN OPEN 2013 – IL GENIO DEL PEROZZI, TRA DJOKOVIC E WAWRINKA





Day 7 – Dal vostro inviato in trincea che stamani ha aperto ai testimoni di geova, in mutande, con l’accappatoio e sguardo stralunato. E a loro, un po’ imbarazzati, ha detto: “Meh, accomodatevi. Io intanto vado a farmi un doccino. Ma voi parlate, che vi ascolto.”.


In mattiniero slancio baloccante e volendo pagarmi una decina di birre per scaldare via la sera, stamani decido di piazzare un colpetto assestato: over 27,5 giochi su Djokovic-Wawrinka a 1,90. Vuoi che Stan non riesca a raccattare più di nove miserabili giochi? Ha colpi e necessaria sfrontatezza da torello spocchioso. Fiducioso, dopo il breve contrattempo coi testimoni di geova (fuggiti a gambe levate: “è pazzo! È pazzo!”, gridavano), m’assiepo. L’inizio è clamoroso. Un Wawrinka esagitato che crivella di colpi il numero uno al modo, come l’orsetto delle giostre. One-man-show dell’elvetico minore e 6-1 in mezz’ora scarsa, tra gli “ohhh” del pubblico ammirato. Novak è allibito, frustrato. Quasi non lo avessero svegliato per tempo o avesse passato la sera a  prima a sfondarsi con la vodka a 70°. Dà la nitida sensazione di quei gechi che nel mese di ottobre iniziano a patire i primi rigori dell’inverno incombente. Intorpiditi e atrofizzati, sono facile preda del gattaccio, che con un secco balzo lo catturano. Il felino ci gioca un po’ e poi lo lascia lì, morente. Perché, avendo la pelle urticante, si guarda bene dal mangiarlo.
Il gattaccio oggi è Stan Wawrinka, che non smette di  sguainare colpi di lusso, salutati dal canonico urlo di guerra belluino: Fendenti del proverbiale rovescio, colpi laterali al paletto. Sensazionale. Mentre il serbo ancora stenta a pervenire, in balia di acque scosse dal maestrale. E’ gioia vera, un’autentica domenica del signore nostro, e pazienza se non si è andati a santificare il suo corpo mistico in chiesa.
Sono estasiato. Poi realizzo, e la scommessa? Vuoi vedere che ho giocato over 27,5 game ed a fregarmi non sarà lo spavaldo butterato ma il serbo, incapace di vincere quei dieci, miserabili, giochi? Il dubbio diviene atroce quando, in un baleno e una schioppettata via l’altra, Stan si ritrova 6-1 5-2. E qui mi sorregge il colpo di genio, perché cos’è il genio perozziano se non “fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità di esecuzione”? Metto l’eventuale vincita dell’over sul successo del serbo a 1,72. O all’asciutto o ubriaco come una bestia. O tutto o niente, come gli impavidi eroi gasquettiani. E’ storia vista. Confido sull’indole del bel torello combattente che tende ad ammosciarsi sul più bello, e sull’evenienza che il geco scaldi il suo sangue da rettile grazie a un improvviso raggio di sole. Se non saran soldi, sarà la grande gioia per la vittoria di un Wawrinka spumeggiante. L’inerzia del match gira. Chiamato a servire per il set, sul 30-0, Stan si rattrappisce in modo indecente, e l’altro si galvanizza. Può piacere o meno, ma a questo Djokovic basta concedere il minimo spiraglio che vi si avventa con ferocia. E con parziale tremendo, vince il secondo 7-5. 
Felice per la doppia vittoria bettistica, ma un po’ deluso, provo l’epocale copertura del gaggio: un decimo simbolico della quasi sicura vittoria, su Wawrinka (ora data a 13,00). In più potrò indossare impunemente la casacca rossocrociata, senza pensare al vil denaro comunque in cassaforte. Cosa vuoi di più da una domenica iniziata con la visita dei testimoni di Geova? Wawrinka gioca bene, pare destinato alla combattuta sconfitta pensata all’inizio, ma poi ha uno splendido sussulto animalesco portando l’incontro al quinto set, dopo scambio da orgasmo dei sensi.
Nole stanco, corto e rattrappito, deve metterci tutta l’esperienza e la testa da numero uno, per restare in scia, e resistere a quelle tramontane di sberloni spavaldi di Wawrinka. Il match diventa una battaglia eroica coi due, stremati, che vanno ad oltranza. Nole rischia meno, tiene lo scambio, Stan deve rischiare sempre un colpo in più, con seconde pazze e schiaffi in corsa con cui aizza la folla. L’elegante sfrontatezza dello sfidante, e la calma olimpica del numero uno. Ed alla fine prevale Djokovic. Quasi commovente Wawrinka, umanamente non gli si poteva chiedere di più. Bravissimo Djokovic a gestirla così bene. L'atroce immagine di Hulk Hogan Nole che esulta, rovina anche un, raro, mio giudizio positivo su di lui, ma questo si sapeva. Resto avvilito, ma con la scorta di birra serale.
Resto di giornata: avanti di slancio Na Li e Radwanska, che ridicolizza con leggerezza deliziosa le mazzate submentaltennistiche di Ana Ivanovic. Serba ormai buona per intrattenere i campi centrali nei primi turni, in quanto bona (a me intriga molto, ma molto, più la polacca, ad esser sinceri. Col suo fascino da insospettabile, nasconderà doti notevoli.). Sorpresa relativa la sconfitta di Kerber contro Makarova, Flipkens trinciata dalla Sharapova. Tra gli uomini niente può Nishikori opposto a Ferrer, e nemmeno Anderson per arginare Berdych. Si ritira (e io che vi avevo detto?) Tipsarevic contro Almagro.

Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.