Sull’erba di Halle, ormai lo sappiamo
da anni, ogni volta va in scena una specie di tennistico concerto
dell’Orchestra Filarmonica di Vienna. Drogata catarsi di sviolinanti sinfonie a una
mano che s’incrociano tra il verde che domina tutto. Quasi un miraggio, nel barbaro mare di tribali suonatori di tamburi, trionfanti nel resto della
stagione.
L’atmosfera è così diversa al Gerry
Weber Open, che contagia anche Gael Monfils. Il francese mette il mantello da
Bahrami e inizia a intrattenere il pubblico con circensi trovate assolutamente
inutili. Smash al salto da fondo, doppie finte piroettate su smash in
sospensione e tutto un campionario di faccette irridenti, risate, passi
ciondolati e siparietti. Dall’altra parte, Haas e un basito Hernych (afflitto ceco
di lunga milizia ormai in disgrazia), che (bontà loro) giocano solo un bel
tennis. Divertente, ma finto come una banconota di tre euro, Gael. E non è "bastiancontrarismo" a tutti i costi.
Perché un simile comportamento potrebbe anche piacermi, se esibito anche sul sul
5-5 al quarto set contro Robredo (e forse l’avrebbe anche vinta). Sarebbe sincero, folle e spontaneo. Ma se il truce
e serioso pedalatore snodato solo ad Halle si trasforma in strafottente evaso
da un circo bulgaro, la cosa puzza di finzione. Con avversari infastiditi dall’irrisione che, distratti, rischiano anche di lasciarci le
penne.
Alla fine però, in questo magnifico
concerto di angeli drogati di viagra che armano rovesci classicheggianti, si arriva
alle battute finali con i soliti protagonisti: Haas, Federer, Gasquet,
Kohlschreiber, Youzhny. Mancano in pochi, davvero. Adriano Panatta durante l’ultimo
Roland Garros diceva di divertirsi a guardare in tv le partite di Federer e dei
pochi esemplari di un tennis neoclassico. Il resto, per lui, è wrestling. In
una crisi di megalomania imperante, m’illudo Adrianone abbia letto quest’analogia
nel mio blog, mentre era in barca a Porto Cervo. Poi mi passa.
Nel dolce frinir di erbivore scudisciate,
finiscono per appaiarsi in finale Roger Federer e un sorprendente Mischa
Youzhny, tornato ai fasti di qualche anno fa, dopo aver annichilito
Kohlschreiber e uno spento piccolo Mozart versione sordo/muto/monco/cieco, Gasquet.
Nel suo giardino di casa invece, Federer procede spedito alla ricerca di quel
titolo che manca da 43 settimane e che potrebbe portarlo ad appaiare John
McEnroe a quota 77 tornei vinti in carriera (mi accorgo di non aver mai messo
tanti numeri in un post). Si è fatto largo superando innocui soggetti, a tratti con
sadico e sommamente inutile accanimento punitivo (vedasi superluo piglio nel
voler completare il biciclettone alla vittima sacrificale Mischa Zverev). In semifinale
soffre un set contro il vecchio Tommy Haas (i due, tra foto insieme, doppi, interviste,
party, allenamenti e dichiarazioni d’ammirazione reciproca, sembrano una coppia
di fatto), poi la spunta al terzo. La felicità nel vedere i due splendidi
protagonisti, rischia di scemare nel constatare la solita, nauseante devozione
accecata di alcuni commentatori. Il tedesco mette in fila due orrendi doppi
falli, dopo altri due orrori aberranti coi quali cede il servizio decisivo nel
terzo? uno zeppolato è capace di dire: “Eh,
quando Federer ha deciso di cambiare marcia, Haas non ha potuto niente…”. Confermata
la mia teoria: se Federer ascoltasse queste bestialità, diventerebbe lui stesso
tifoso di Nadal. Per non diventarlo anche io (il rischio è forte e mi finirei
con un'arrugginita scure medievale), decido di seguire lo streaming di
telemalaysia international.
La finale è tesa, bella ed equilibrata. Coi due che si affrontano in un languido corpo a corpo di colpi meravigliosi. Youzhny ispirato e delirante, con la faccia da bi-ergastolano sfuggito notte tempo da un manicomio criminale moscovita, affronta Federer senza alcun timore reverenziale. Splendido match quello del colonnello russo, contro un Federer buono ma discontinuo, infastidito. Mischa vince il primo, e ci vuole tutta la classe e la voglia dello svizzero per riacciuffare, ancora in rimonta, la vittoria. Il tutto condito da punti che sono assoluto splendore. Smash a rimbalzo in quasi giravolta di recupero da un lob, radenti rovesci slice che quasi bruciano l’erba e solite danze. Lo svizzero sembra aver recuperato il servizio, colpo basilare nell’economia dei suoi meccanismi di gioco. Finisce per vincere e porre la sua candidatura anche per la vittoria a Wimbledon. Così come Murray, che pur ciancicato (e quando mai) vince al Queens in finale su Cilic. Un Federer così motivato e a tratti spumeggiante, è sempre bella notizia e Haas (ve lo dicevo: coppia di fatto) si spinge addirittura a vederlo favorito ai Championships. Possibile ma, fuori dai concerti della Filarmonica di Vienna/Halle, potrebbe non bastare per affrontare i primi tre suonatori di tamburi e grancasse, ben più solidi e costanti di un pur ispirato Youzhny o del vecchio Tommy.
La finale è tesa, bella ed equilibrata. Coi due che si affrontano in un languido corpo a corpo di colpi meravigliosi. Youzhny ispirato e delirante, con la faccia da bi-ergastolano sfuggito notte tempo da un manicomio criminale moscovita, affronta Federer senza alcun timore reverenziale. Splendido match quello del colonnello russo, contro un Federer buono ma discontinuo, infastidito. Mischa vince il primo, e ci vuole tutta la classe e la voglia dello svizzero per riacciuffare, ancora in rimonta, la vittoria. Il tutto condito da punti che sono assoluto splendore. Smash a rimbalzo in quasi giravolta di recupero da un lob, radenti rovesci slice che quasi bruciano l’erba e solite danze. Lo svizzero sembra aver recuperato il servizio, colpo basilare nell’economia dei suoi meccanismi di gioco. Finisce per vincere e porre la sua candidatura anche per la vittoria a Wimbledon. Così come Murray, che pur ciancicato (e quando mai) vince al Queens in finale su Cilic. Un Federer così motivato e a tratti spumeggiante, è sempre bella notizia e Haas (ve lo dicevo: coppia di fatto) si spinge addirittura a vederlo favorito ai Championships. Possibile ma, fuori dai concerti della Filarmonica di Vienna/Halle, potrebbe non bastare per affrontare i primi tre suonatori di tamburi e grancasse, ben più solidi e costanti di un pur ispirato Youzhny o del vecchio Tommy.