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domenica 16 giugno 2013

ATP HALLE, FEDERER AGGANCIA MCENROE E VEDE WIMBLEDON






Sull’erba di Halle, ormai lo sappiamo da anni, ogni volta va in scena una specie di tennistico concerto dell’Orchestra Filarmonica di Vienna. Drogata catarsi di sviolinanti sinfonie a una mano che s’incrociano tra il verde che domina tutto. Quasi un miraggio, nel barbaro mare di tribali suonatori di tamburi, trionfanti nel resto della stagione.
L’atmosfera è così diversa al Gerry Weber Open, che contagia anche Gael Monfils. Il francese mette il mantello da Bahrami e inizia a intrattenere il pubblico con circensi trovate assolutamente inutili. Smash al salto da fondo, doppie finte piroettate su smash in sospensione e tutto un campionario di faccette irridenti, risate, passi ciondolati e siparietti. Dall’altra parte, Haas e un basito Hernych (afflitto ceco di lunga milizia ormai in disgrazia), che (bontà loro) giocano solo un bel tennis. Divertente, ma finto come una banconota di tre euro, Gael. E non è "bastiancontrarismo" a tutti i costi. Perché un simile comportamento potrebbe anche piacermi, se esibito anche sul sul 5-5 al quarto set contro Robredo (e forse l’avrebbe anche vinta). Sarebbe sincero, folle e spontaneo. Ma se il truce e serioso pedalatore snodato solo ad Halle si trasforma in strafottente evaso da un circo bulgaro, la cosa puzza di finzione. Con avversari infastiditi dall’irrisione che, distratti, rischiano anche di lasciarci le penne.
Alla fine però, in questo magnifico concerto di angeli drogati di viagra che armano rovesci classicheggianti, si arriva alle battute finali con i soliti protagonisti: Haas, Federer, Gasquet, Kohlschreiber, Youzhny. Mancano in pochi, davvero. Adriano Panatta durante l’ultimo Roland Garros diceva di divertirsi a guardare in tv le partite di Federer e dei pochi esemplari di un tennis neoclassico. Il resto, per lui, è wrestling. In una crisi di megalomania imperante, m’illudo Adrianone abbia letto quest’analogia nel mio blog, mentre era in barca a Porto Cervo. Poi mi passa.
Nel dolce frinir di erbivore scudisciate, finiscono per appaiarsi in finale Roger Federer e un sorprendente Mischa Youzhny, tornato ai fasti di qualche anno fa, dopo aver annichilito Kohlschreiber e uno spento piccolo Mozart versione sordo/muto/monco/cieco, Gasquet. Nel suo giardino di casa invece, Federer procede spedito alla ricerca di quel titolo che manca da 43 settimane e che potrebbe portarlo ad appaiare John McEnroe a quota 77 tornei vinti in carriera (mi accorgo di non aver mai messo tanti numeri in un post). Si è fatto largo superando innocui soggetti, a tratti con sadico e sommamente inutile accanimento punitivo (vedasi superluo piglio nel voler completare il biciclettone alla vittima sacrificale Mischa Zverev). In semifinale soffre un set contro il vecchio Tommy Haas (i due, tra foto insieme, doppi, interviste, party, allenamenti e dichiarazioni d’ammirazione reciproca, sembrano una coppia di fatto), poi la spunta al terzo. La felicità nel vedere i due splendidi protagonisti, rischia di scemare nel constatare la solita, nauseante devozione accecata di alcuni commentatori. Il tedesco mette in fila due orrendi doppi falli, dopo altri due orrori aberranti coi quali cede il servizio decisivo nel terzo? uno zeppolato è capace di dire: “Eh, quando Federer ha deciso di cambiare marcia, Haas non ha potuto niente…”. Confermata la mia teoria: se Federer ascoltasse queste bestialità, diventerebbe lui stesso tifoso di Nadal. Per non diventarlo anche io (il rischio è forte e mi finirei con un'arrugginita scure medievale), decido di seguire lo streaming di telemalaysia international.
La finale è tesa, bella ed equilibrata. Coi due che si affrontano in un languido corpo a corpo di colpi meravigliosi. Youzhny ispirato e delirante, con la faccia da bi-ergastolano sfuggito notte tempo da un manicomio criminale moscovita, affronta Federer senza alcun timore reverenziale. Splendido match quello del colonnello russo, contro un Federer buono ma discontinuo, infastidito. Mischa vince il primo, e ci vuole tutta la classe e la voglia dello svizzero per riacciuffare, ancora in rimonta, la vittoria. Il tutto condito da punti che sono assoluto splendore. Smash a rimbalzo in quasi giravolta di recupero da un lob, radenti rovesci slice che quasi bruciano l’erba e solite danze. Lo svizzero sembra aver recuperato il servizio, colpo basilare nell’economia dei suoi meccanismi di gioco. Finisce per vincere e porre la sua candidatura anche per la vittoria a Wimbledon. Così come Murray, che pur ciancicato (e quando mai) vince al Queens in finale su Cilic. Un Federer così motivato e a tratti spumeggiante, è sempre bella notizia e Haas (ve lo dicevo: coppia di fatto) si spinge addirittura a vederlo favorito ai Championships. Possibile ma, fuori dai concerti della Filarmonica di Vienna/Halle, potrebbe non bastare per affrontare i primi tre suonatori di tamburi e grancasse, ben più solidi e costanti di un pur ispirato Youzhny o del vecchio Tommy.



Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.