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venerdì 5 giugno 2009

French Open - giorno 12 - Safina-Kuznetsova, e la wta agonizzante




Lo stato di crisi in cui versa il tennis femminile, è rinvenibile come un'istantanea brutale, negli occhi imbarazzati di vecchi campioni vicini agli ottanta, che oggi assiepavano le tribune del Roland Garros. Le sorellone Williams, di gran lunga le due più forti del lotto, attraversano un momento di appannamento. Altri interessi, l'età che passa e le motivazioni calanti, le rendono estremamente incostanti al vertice. Il manipolo di veline, pin up e starlette (Sharapova, Ivanovic), o goffe aspiranti tali (Jankovic), dopo il primo impatto, al di là della curiosità sul colore e modello succinto della mise all'ultima moda, stanno dimostrando l'infinita pochezza del loro bagaglio tecnico.
La morte di questo sport, una volta sinonimo di eleganza e bellezza (del gesto tecnico), è stata decretata in principio da Monica Seles, la serba urlatrice, ed in seconda battuta dalle sorelle Williams, brutali forze della natura. Ed ecco che i russi, che sono sempre all'avanguardia, hanno creato in provetta un gruppo di ragazzone virgulte, che raccolgono entrambe le caratteristiche, urlano come invasate tagliatrici di gole e tirano come boscaiole imbufalite. E adesso ci tocca assistere all'orrore costruito scientificamente, completamente inermi. Al di là di estemporanee curiosità che fanno folklore (Cirstea), poco altro è rinvenibile nell'attuale wta delle urla di guerra, dei pugnetti (ad ogni punto), delle sceneggiate isteriche, causate in primis da padri-madri-allenatori-trici cinici maniscalchi, che le forgiano e preparano ad un'orrida guerra santa, invece che ad una partita di tennis. Col fantasma di Amelie Mauresmo, che deambula stanca e gioca a volerci far credere di essere ancora in vita, le uniche due ragazze capaci di farmi appassionare realmente ad una partita, sono la spagnola Suarez-Navarro, adorabile criceto dal rovescio che incanta, e l'altra iberica, la mancina farfalletta volleatrice Martinez Sanchez.
La prima delle due semfinali, vedeva la numero uno al mondo Dinara Safina opposta alla sorpresa Cibulkova, tignosa slovacca che ci ha regalato l'umiliante eliminazione dei resti appannati di Maria Sharapova. Dinara è chiaramente favorita, e dopo un inizio incerto, prende a badilate furenti la giovane outsider, accompagna i suoi colpi poderosi con muggiti prolungati, fantasiosa variante, una specie di vibrato alla Stevie Wonder, versione bovina. La slovacca è un bel peperino, tutta concetrata (1,61 di altezza, una rarità nel tennis delle vatusse), nota più per gustosi espisodi di gossip, che per i risultati ottenuti. Pare che la biondina, dopo un fugace flirt con Gael Monfils (proprio lui, “l'orrid'uomo” della Martinica), abbia poi preferito la presa mancina e più leggera di Jurgen Melzer (alias, “flatulenza arricciata”). Non può certo dirsi che la ragazzotta abbia gusti tennistici raffinati, ma tant'é, piuttosto che un rovescio che accarezzasse l'anima, si è lasciata prendere da altri dettagli, che so, le proverbiali doti “d'allungo” di Monfils, la sua rinomata resistenza, o al limite le (involontariamente) fantasiose doti di Jurgen. Oggi però, sul campo da tennis, appare in netta difficoltà. Per carità, ce la mette tutta, macina kilometri, trotta come un furetto, sospinta e messa negli angoli dal tornado Dinara. La pesante clavatrice ingobbita, oramai sente il profumo del suo primo slam, è talmente concentrata, che malgrado il vantaggio, dopo un errore, lancia un urlo selvaggio che gela il sangue nei polsi dell'intero stadio. 6-3 periodico per Dinara, e seconda finale consecutiva a Parigi.
La seconda semifinale, vedeva la russa Svetlana Kuznetsova, opposta all'altra sorpresa del torneo, Samantha Stosur. Le due comiciano una semifinale di una pochezza, se possibile, maggiore di quella precedente. Giocano a perdere i servizi. La russa, forse ancora stanca per la violenta “battaglia delle mazzate” con Serena, non riesce a svolgere al meglio il suo solito di mestiere di fabbra ferraia, vaga sconcertata per il campo con i suoi “bei” tratti somatici da giavellottista maschia della DDR anni 80 (notare l'intenso primo piano della foto). L'australiana dal fisico imponente e dal look da giocatrice di beach volley, con tanto di occhiali da sole avvolgenti, gioca il suo tennis d'attacco, varia il suo gran servizio (che la russa proprio non riesce a decifrare) e non ha paura a tirare i suoi colpi più ortodossi. Poi Svetlana tiene un servizio e vince il primo set. Secondo ancor più soporifero, e il pubblico che adotta la bionda cangura, come flebile spiraglio contro la brutalizzazione assoluta di questo sport. Il match subisce un'impennata inattesa nel tie-break del secondo, con la Kuznetsova avanti 5-2 e servizio. E qui che Samantha infiamma il pubblico (va beh, si deve pure inventare qualcosa...), oramai sul punto di morire d'inedia. Con un dritto che trova un angolo impossibile, ed altri due vincenti porta a casa il secondo set. Protrae solo l'agonia Samantha, la russa che impugna la racchetta come un'ascia taglia-erbe, riprende a randellare dritto per dritto, pone in atto un'astuta tattica: rantola rumorosamente solo nei punti delicati, quando si trova in difficoltà. Ma alla fine vince 6-3 al terzo. Tutto come previsto, finale Safina-Kuznetsova. E sono ancora vivo.
Sabato, replica della tremenda finale di Roma. Durissimo aspettarsi qualcosa di più.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.