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sabato 6 giugno 2009

French Open - giorno 13 - Soderling, alieno in missione per conto di Dio



Un altro pomeriggio pazzo, in questo pazzo Roland Rarros 2009. Robin Soderling, alla prima semifinale di uno slam in carriera, non sembra proprio voler smettere di camminare sulle nuvole. Oramai è entrato nella parte, ha completato la sua trasformazione, da indisponente salmone (al limite triglia) svedese, ad alieno spiritato ed ingiocabile. Da allucinato e tragicomico Freddy Kruger, a raffinato "psycho killer" (a proposito, consiglio di guardare le sue partite ascoltando l'omonima canzone dei Talking Heads). Gioca quasi sospinto dalla mano divertita degli dei, in vena di smentire le convinzioni di poveri osservatori di tennis, per i quali il buon Robin, avrebbe continuato a vita la sua onesta carriera da estemporaneo cavallo pazzo perdente, da top 30. Anche oggi, opposto al “bombardero de La Reina” Gonzales, nei primi due set gioca in modo perfetto, esibisce tutto il repertorio surreale che gli aveva consentito di sbattere fuori Nadal, e tramortire Davidenko. Barbetta caprina, espressione strafottente ed impettita, sventagliate di dritto e rovescio a tutto spiano, in prossimità delle righe. A Fernando “mano de piedra” non rimane che aggrapparsi ad un servizio devastante, per rimanere in scia. Ma è costretto a correre, non riesce mai a sprigionare il suo dritto esplosivo, fa fatica doppia dell'avversario a chiudere il punto. Non c'è proprio niente da fare contro questo improvviso fenomeno, che quasi fosse la reincarnazione di John Belushi “in missione per conto di Dio” dopo “aver visto la luce”, porta a casa i primi due set. Ma proprio quando sembra destinato a concludere la sua missione divina, qualcosa s'inceppa. I suoi colpi non spazzolano più le righe, non scavano gli angoli di prima. Dopo ever annullato una palla break che somigliava ad un match point, Gonzo fa valere la sua esperienza, gioca punto per punto come un torello furente. Rientra in partita, pronto ad approfittare del primo spiraglio lasciato libero dall'avversario, che ha perso la sua aura da marziano invincibile. Trova persino il tempo di interpretare un siparietto divertente, su una palla dello svedese giudicata fuori. Prima inveisce verso l'attempato e (manco a dirlo) occhialuto giudice di linea. Lo guarda fisso, e quello finge indifferenza, provando a trattenere il terrore che gli paralizza le gambe. Poi Gonzo si accovaccia, e cancella il segno con le chiappe. Scenetta di dubbio gusto, ma tant'è, Soderling perde concentrazione. Due dritti oltre la linea consegnano anche il quarto set a “mano de piedra”, che di slancio si porta 3-0 e 4-1 nel quinto. Lo svedese oramai ritornato salmone, si salva dal baratro issandosi da 15-30, poi d'incanto rivede la luce divina comparire appena sopra le assolate e gremite tribune del Roland Garros. Si ricorda di avere una missione superiore da compiere. Ritorna scintillante alieno spiritato, quasi condotto da fili magici ed elettrici. Meraviglioso rovescio, appaiato da un dritto lungolinea. Recupera il break, e si porta 5-4 e servizio. Ed ovviamente lo tiene, per accedere in finale. Ora è chiaro a tutti. Lo svedese è in missione per conto di Dio. Se poi Dio sia quel connazionale di mezza età, coi capelli bianchi, assiepato in tribuna (e che di nome fa Bjorn) e la missione consista nel salvare il suo record, non è dato sapere. Prontamente allertato sull'appropriazione indebita di titoli divini, Supermac si è infuriato non poco
Incredibile partita, l'ennesima di questa edizione. Prima quasi vinta, poi rimessa in discussione, poi più che quasi persa, e infine vinta in modo incredibile. Certo è che un tipo esperto come Gonzales, deve fare mea culpa, ma oramai Soderling non sorprende più. Dall'inizio del torneo riesce a giocare l'intera partita (ok, oggi con una pausa) con la stessa folle intensità, che prima non riusciva a mantenere più di venti minuti. A completamento di una metamorfosi clamorosa, quello che é considerato uno dei giocatori più antipatici del circuito, oggi ha persino trovato il modo di restituire un delicatissimo punto al cileno, mentre infuriava la battaglia. E chissà se la luce lo sosterra anche nella finale.
Scendono poi nell'elettrica arena parigina, l'ex monarca (spodestato, ma a sprazzi ancora divino ed algido violinista) Federer e Del Potro. Già in sede di pronostico, a dispetto delle cinque vittorie su cinque nei precedenti, non vedevo l'elvetico così favorito. O meglio, serviva un Federer più costante di quello sonnecchioso visto con Haas, e con un livello di gioco più alto di quello che ha disposto di Monfils. La giovane “Torre di Tandil” (due centimetri meno di due metri) inizia contratto, poi si libera e comincia il suo spettacolo portentoso. Serve in modo impeccabile e violento, entra nel campo e piazza le sue rocciose bordate di dritto. Delle saette che costringono lo svizzero a correre da ogni lato, come un suddito qualsiasi. Tira in modo pregevole anche di rovescio, colpo meno efficace, ma più elegante del dritto. Nell'insana voglia di voler paragonare i tennisti attuali a quelli passati, nel vederlo preparare il rovescio bimane, pare di intravvedere la controfigura destra di Ivanisevic. Federer è in difficoltà. Tira un facile smash a rimbalzo in bocca a Del Potro, e sulla mina devastante che l'altro gli restituisce al corpo, mette in mostra una meravigliosa voleè, come fosse un colpo di fluetto, rapace e leggero. E' il quadro della tensione dello svizzero, insicuro nei colpi facili, magnifico nelle cose impossibili.
La partita va avanti così, Federer si aggrappa a tutta l'esperienza ed al suo colpo migliore (il dritto), per rimanere a galla. L'argentino è ingiocabile sul servizio, ha l'espressione tirata, gli occhi sul match, non li alza quasi mai per guardarsi attorno. Non sembra sentire il pubblico che sostiene lo svizzero in modo forsennato, e per certi versi insolito. Di solito sono ex campioni declinanti ed ultratrentenni a suscitare la simpatia (che fa rima quasi con nostalgia o pena) della gente. Ci erano riusciti il vecchio Jimbo, Supermac, Agassi. Federer invece è reduce da quattro finali di slam consecutive. Ma forse a spingere i francesi è la convinzione che un campione come lui meriti di vincere anche nel loro giardino. A fare da contro altare all'assordante tifo franco-svizzero, un manipolo di folkloristici e rumosrosi argentini, tanti piccoli Maradona, coi capelli ricci, la panza debordante, e (presumibilmente) ebbri di alcool.
Del Potro non se ne cura molto. Bel personaggio questo giovane argentino, autore di progressi di cui non lo credevo capace. Imperterrito, continua ad entrare nel campo e tirare dritti impressionanti, inrociati o lungolinea, c'è tutta la gamma. Come un pistolero del west, dallo sguardo tagliente e dal braccio veloce. E allarga le narici da sudamericano caliente, che trattiene l'emozione. Rasoiate portentose che rendono l'impresa possibile. Sente la tensione solo nel tiebreak, tre errori gratuiti che consegnano a Roger il set. Poi riprende a trafiggerlo nel terzo, con brutale regolarità. L'elvetico non riesce proprio a trovare le contromisure. A tratti strappa applausi con smorzate deliziose, e che costringono l'argentino a sgroppare inutilmente in avanti (non proprio una sua caratteristica vincente), ma sono solo soluzioni estemporanee.
Lo svizzero cede di schianto, 6-2. E mi chiedo per quanto ancora il tremendo pistolero argentino sarà capace di simili sevizi e sbracciate al fulmicotone. Porterò rogna, oppure di partite ne ho viste parecchie. Roger, che pure non eccelle per strategia, comincia a rispondere tagliato, cesella il suo rovescio, impedisce all'argentino di appoggiare i suoi colpi rocciosi, che infatti cominciano ad andare fuori misura. L'elvetico vola tra l'entusiasmo del pubblico. Porta a casa il quarto 6-1, e va anche avanti di un break nel quinto, grazie ad un meraviglioso rovescio lungolinea. La giovane torre di tandil, ora è chiaramente stanca, i suoi colpi pesano di meno, la prima di sevizio non gli entra più, non ha esperienza in simili battaglie, pare aver esaurito la sua carica emotiva. E Federer continua a martellarlo con rovesci tagliati che aprono la strada a i suoi dritti vincenti.
Lo svizzero non sembra nemmeno stanco, solo un filo di algido sudore cristallizzato sul suo volto etereo. Trova il tempo di farsi recuperare sul 3-3, ma poi Del Potro, oramai esausto, alza definitivamente bandiera bianca, con un doppio fallo. Federer chiude 6-4 al quinto. Ma un grande Del Potro, uno vero, che se continua così potrà vincere presto uno slam. L'ex despota elvetico, oggi giovin signore ridestato, ha mostrato una grande pazienza e la capacità di soffrire, variare il suo gioco, ed aspettare. Perché prima o poi gli altri calano (se non si é Nadal), e quando sono stanchi, a lui rimane sempre quello sconfinato talento che gli donarono le divinità del tennis. Ora sulla strada di una storica vittoria, trova Soderling. Glielo avessero riferito due settimane fa, sarebbe scoppiato a ridere ed avrebbe già fatto le foto con la coppa. In questo torneo pazzo invece, non si possono azzardare pronostici. Da un lato l'ex manovale divenuto alieno, dall'altra un marziano, che sta provando a calarsi nelle umane vicende. E lo Psycho killer scandinavo tornerà sulla terra, o continuerà il suo elettrico cammino da giustiziere seriale. Non si sfugge. Nostradamus dixit.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.