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lunedì 8 giugno 2009

French Open- giorno 15 - Federer nella leggenda, danzando sotto la pioggia




Come Dorando Pietri. Finire come il maratoneta, stravolto e stramazzato a terra ad un metro dal traguardo e dalla storia. Era questo il rischio tremendo, che ballava irridente nella mente di Federer come un tarlo angosciante. La tensione sul centrale del Roland Garros, avrebbe ammazzato un toro, oggi. Tre finali consecutive perse a Parigi, il record dei 14 successi ad un passo, che lo stava lentamente logorando, l'essere uno dei pochi eletti ad aver vinto tutti e quattro gli slam. E poi un cannibale, mancino e spagnolo, infinitamente meno dotato di lui, disumana espressione di forza ed atletismo, che aveva lentamente annullato il suo tennis meraviglia e la sua ambizione di eternità sportiva. Se lo sarà sognato anche di notte, quel ragazzo che somiglia a Mowglii il selvaggio, che quasi a fargli un dispetto volgarmente umano, gli ha sbarrato la strada verso la leggenda. Un incubo che uncina, arpiona, arrota ed osa riprendere i suoi colpi ultraterreni. Plebea impertinenza, rozzo e nerboruto assalto al trono celeste.
Normale si prevedesse un elvetico tesissimo. Robin Soderling, che in sette anni di carriera non era mai riuscito ad andare oltre al terzo turno in uno slam, non aveva nulla da perdere. Quasi sospinto da un'aura ultraterrena aveva inanellato prestazioni monumentali, mandando a casa il nuovo tiranno spagnolo. Il pubblico accoglie con un boato Soderling (presentato come giustiziere del mai amato Nadal, per usare un eufemismo ecumenico), e con un boato triplo lo svizzero. Al di là della comunità svizzera presente sugli spalti, si è creato un feeling mai visto tra i parigini e Roger. Gli chiedono che entri nella storia nel loro campo, vogliono essere la cornice di quella storia.
Insomma, c'era tutto perché entrasse in campo contratto. Qualcuno non aspettava altro. Ed invece, quello che non ti aspetti. Le gambe paralizzate, sono quelle dell'allampanato svedese. Il buon Soderling proprio non riesce ad entrare in partita, ritorna d'improvviso giocatore normale. Nemmeno la controfigura di quell'alieno strafottente cui era riuscito tutto nei turni precedenti. Nessuna traccia dello “psycho killer” che ha tramortito in serie avversari più quotati. D'improvviso ritornato salmone svedese d'acqua dolce, al limite Freddy Kruger allucinato.
Federer non sbaglia nulla, dritti, servizi devastanti, smorzate che ricadono come gocce morte, a fare il paio con quelle che scendono dal cielo. Già perché piove parecchio. Poco importa, l'elvetico danza elegante sull'argilla bagnata, e lo svedese pattina smarrito come uno stambecco. Primo set in meno di mezz'ora. 6-1. Prova a reggere nel secondo, il buon Soderling, ma nemmeno uno streaker che irrompe sul campo (spagnolo, tra l'altro), distoglie l'ex monarca dall'obiettivo. Mirka, avvolta da un candido asciugamani, sugli spalti, dimagrisce circa due grammi per lo spavento. Roger sbianca solo un attimo, poi ritorna algido ed etereo danzatore. Un violinista impegnato nel suo assolo, che nessuno può disturbare con fastidiosi ronzii. Non possono sbarrargli la strada i forzuti della racchetta, figuriamoci beceri invasori. Tiebreak mostruoso, quattro aces ed una smorzata, e velleità di Soderling frustrate in modo definitivo. Break in apertura del terzo e “corre via verso l'eternità”, strilla il commentatore sudamericano, sempre colorito nel dipingere le situazioni, almeno quanto Federer nel disegnare maravigliose traiettorie sul campo. Una palla break annullata con coraggio, prima che la risposta dello svedese volasse via, e lo svizzero spazzasse i fantasmi di Paavo Nurmi. Quelli che avevano minato la sua serenità mentale, che lo avevano fatto apparire avvilito ed incredulo nell'apprendere che un uomo potesse batterlo. Un marziano che conosce solo vittoria, che considera la sconfitta non come evenienza terrena, ma come sinonimo di disfatta inaccettabile. Paradossalmente umano ed infantile nella sua algida supponenza. Come non esserlo con quel braccio?
A Parigi Roger è stato sul punto di perdere, ha sofferto, ha lottato ed ha portato a casa battaglie al quinto set. Un ex extraterrestre, calatosi nella realtà, quella degli Haas, o quella brutalmente sfrontata di Del Potro in semifinale. E per questo ancora più forte. Sono lacrime diverse oggi, le sue. Sul palco, Andre Agassi (l'ultimo prima di lui ad aver vinto i quattro slam), lo incorona. Lui ringrazia il pubblico che lo ha sostenuto come un principino smarrito, per tutto il torneo, anche quando è stato ad un passo dalla sconfitta. Robin Soderling, si dimostra meno antipatico di quello che si racconta in giro, scherza e sdrammatizza sulle 10 sconfitte subite dallo svizzero, per poi concludere rendendogli onore: “Se lo merita, è il più grande tennista della storia.”. Lo dice anche lui, lo dice la storia. Amen.
Il vostro commentatore snerchiuto.
(p.s., se c'è un lettore munifico del blog, mi regali una parabola, che a furia di streaming esotici, mi è venuto l'esaurimanto nervoso).

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.