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venerdì 27 novembre 2009

Master di Londra, la ruota della fortuna premia Federer e Del Potro



La regola del gironcino all'italiana poteva portare ad epiloghi bizzarri, si sapeva. Ma che si arrivasse a decidere i qualificati in base al numero di games vinti, è apparsa vicenda grottesca. Ed a parità di games, un simil Sandro Bondi, si sarebbe messo lì, a scartabellare e conteggiare anche i quindici vinti e persi.
Queste sono le regole del Master, occorre adeguarsi. Contrarie allo spirito del tennis, in cui vince chi batte tutti, nessuno si gioca scudetti e retrocessioni. Sua maestà unta dalle divinità "racchettare", Federer, s'inchina per la seconda volta, con classe, alle alabarde furenti del bombardiere Del Potro, presentatosi a Londra in sorprendenti e smaglianti condizioni di forma. Comincia a delinearsi una seconda psicosi per il campione svizzero? Troppo presto, attendiamo. Dopo le arrotate mancine di Nadal, (in canotta, ai tempi che furono), a mandarlo al manicomio ora sono le sassate della pertica argentina (in canotta pure lui). Che le divinità siano allergiche alle canotte? E come dargli torto. Semplicemente inguardabili i tennisti in canotta, vittime di stilisti da ergastolo ed isolamento diurno.
Riassunto ed epilogo folle, del girone nobile. Quasi fosse una giostra, o un conteggio da pizzicagnoli con disturbi mentali: Roger Federer regola di incostante giustezza imperiale, Murray e Verdasco, in tre set. Svagato e falloso, si arrende in tre set a Juan Martin Del Potro, ma passa ugualmente. L'argentino che pure aveva perso da Andy Murray, si qualifica lo stesso. Perché ha vinto un game in più, così riferisce il pizzicagnolo.
E chissà la reazione dello scozzese, e soprattutto della bacucca mamma ultrà, sempre composta, neanche fosse una hooligan degli Hibernians, piena di birra come un otre. Immagino, ma è una malignità, soddisfazione doppia per Giovan Martino. E' risaputo come l'argentino vorrebbe più di ogni altra cosa, ricacciare in gola gli urticanti “c'mon” dello scozzese, esalati ad ogni (e dico ogni) punto, a suon di pallate nel gargarozzo. Magari un giorno ci riuscirà anche nello scontro diretto. Beffa a parte, Murray continua a giocare con spocchia indolente. Quasi fosse annoiato da se stesso. E come dargli torto.
Discorso a parte per Fernando Verdasco. "Un nome, un mito, un applauso.". Lo spagnolo, ovviamente, non rientra nella “ruota della fortuna”, e in nessun conteggio di games. Che fosse arrivato a Londra come divertente e scenica comparsa, si sapeva. Che sia proverbiale perdente di classe, anche. Il mancino iberico, si agita come un virglto tarantolato imbrattato nella senape, e per non fare torto a nessuno, riesce nell'impresa di perdere 7-6 al terzo sia con Del Potro che con Murray. E per due set, illude (chi non lo conosce), di poter sgambettare anche Federer. "Anvedi come gioca Nando, è proprio la fine der monno! Anvedi come perde ben! Ammazzalo chi é!". I dotti diranno che gli manca solo qualcosa per fare il salto di qualità. Certo, quel dettaglio infinitesimale che distingue i perdenti dai campioni.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.