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domenica 27 febbraio 2011

NOVAK DJOKOVIC VELEGGIA A FORZA TRE



Tra sfarzo e costruzioni pacchianamente futuriste, nella nuova città dello sport e dei petrol-dollari, la finale più attesa e scontata, mancando Nadal, si è risolta in poco più di un’ora di tennis terrificante nella sua bruttezza. Al punto che qualcuno gira immediatamente su Wozniacki-Zvonareva, godendo (se non di tennis) della coraggiosa russa perdente. Vera dai tumidi occhioni color di un cielo che battaglia con le nuvole, scardina la muraglia difensiva della boccoluta nordica da numero uno che pare uscita fuori dalla reclame del mulino bianco versione scandinava e vince in quel di Doha.
Qualche altro pazzo, osservando le atroci gesta da snodato robot sparapalle serbo sull’inerme svizzero in una giornata in cui stecca anche nei pensieri, arriva addirittura ad anelare un rapido ritorno del diavolaccio di Manacor. Se all’ormai tragico imbarbarimento tecnico, non si vuole abbinare anche la mancanza di rivalità vera (panacea di ogni male sportivo che trascende il gesto tecnico, secondo taluni), l’iberico rimane l’unica via percorribile. La dionisiaca e moribonda arte tennistica dell’ex dominatore svizzero soccombe nettamente all’emergente vis apollinea del serbo esagitato con gli occhi da pernice. Niente da fare per Roger Federer, quasi rinchiuso e soffocato nella sua stessa teca di ricordi ed invincibilità, contro un buon Novak Djokovic. Buono, e nulla più. Il serbo per l’occasione sfoggia un completo nero da corsaro strabico, annessa fasciatura in tinta al ginocchio. Per mimetizzarsi come bacherozzo dalla luccicante corazza nella notte degli emiri e per mettere paura all’avversario. Come non bastasse quella faccia da inquietante dipinto macabramente horror. Nole continua sulla scia degli ultimi successi. Dalla Davis agli Australian Open. Inizia ben concentrato, serve in modo impeccabile senza dare modo all’avversario di entrare nel match. Mento scucchiato e bocca aperta da fratello di latte di “Aigor” Marty Feldman che imita l’urlo di Munch versione sincopata, prosegue per la sua strada. Rovescio in corsa, braccia da un lato e gambe dall’altra, come rigida marionetta snodabile caricata con le duracell.
Federer rimane dentro quella campana di cristallo, a specchiarsi e rimembrare qualcosa di poeticamente inutile, mentre l’altro rantola i suoi colpi regolari. L’abbrivio, il solito spiraglio, Djokovic lo offre ad inizio secondo set, alla prima occasione in cui il suo servizio diventa più umano. Bastano due antiche frustate in sospensione e l’ex monarca sbuca la testa fuori da quella teca alienata. Eccolo, pensa qualcuno. Il classico momento in cui il match gira. Troppo facile da capire anche per una capra tibetana travestita da giornalista sportivo degno di un lombrosario. Quell’occasione Djokovic la offre sempre, ed il campione degli immortali record non può non approfittarne. Niente di più ingannevole, perché quell’abbrivio, ancora una volta, Federer lo getta via. Sbircia dallo spiraglio, prima di chiudersi le dita nella porta. In modo maldestro, goffo, disarmante. E’ il chiaro segno di una rivalità che ha forse modificato la sua inerzia, passando dalla parte serba. Che, come sovente accade all’elvetico, si sta trasformando in patologia, morbo senza antidoti. Federer dona la netta sensazione di frenetico soffocamento lento, in barba agli ossimori e chi li ha inventati. Eccolo infatti restituire il break con un game di servizio degno di un Gasquet travestito da Seppi in giornata standard. E con l’incuranza di uno spiaggiante Bolelli ne perde cinque di fila, per chiudere il periodico 3-6. Mai visto così brutto, impalpabile, falloso. Uno smash inverecondo suggella la prestazione da galleria degli orrori dello svizzero, con contorno di servizi inceppati, rovesci sfarfallanti e persino dritti di tremebonda e facile lettura anche per Gimeno Traver. Sicuramente non al massimo e sempre in ritardo sulla palla, fisicamente e mentalmente. Problemi che il sinuoso tennis classicheggiantemente rassegnato di Stakhovsky e le funamboliche stilettate di un Gasquet appena recuperato ad una apparenza di vita, non potevano mettere a nudo.
Esulta Djokovic, e ne ha ben donde. Ha acquisito la giusta convinzione, quella che sta a metà tra la mancanza di umiltà degli esordi e la tragica realtà dei fatti che lo vedeva inevitabilmente soccombere ai due più forti. Niente da dire, consistenza e costanza ammirevoli. Ma niente di inarrivabile o prodigioso. Un Nadal integro, ed un Federer lo spazzerebbero ancora via agevolmente. Anche il Juan Martin Del Potro che nel 2009 a New York brutalizzò Nadal con un periodico 6-2 e venne a capo di Federer dopo cinque set di battaglia. Ma coi se e coi ma, non si va da nessuna parte. Anche una Bustine Henin al meglio farebbe un sol boccone di Zvonareva e Wozniacki. Una Romina Oprandi in ciabatte batterebbe di slancio Renata Voracova, Gasquet che batte Gilles Simon sarebbe legge di vita da imprimere nella pietra delle dodici tavole, invece che clamorosa sorpresa, se tutti i top cento incappano in una giornata storta o si ritirano, Seppi vince sempre, e così via. Ma coi se e coi ma, non si va da nessuna parte.
Una breve digressione la merita proprio Juan Martin Del Potro, sempre più convincente nella tournè americana e con l’ultima finale agguantata a Delray Beach. Il torneo è quello che è, basti pensare che su quei lidi ha trionfato gente come Xavier Malisse ed Ernests Gulbis, ed anche gli avversari sono più morbidi di quelli che dovrà azzannare in Masters 1000 e Slam. Ma è già qualcosa, rispetto alle funeste previsioni di qualche mese fa.
Ed allora godiamoci con animo estatico il Djokovic dominante che ci ha liberato dal male delle dittature sportive. I submentale adoratori dell’orrore estetico saranno ben felici. Djokovic è senza alcun dubbio è il migliore in questi primi mesi della stagione. L’obiettività innanzitutto. Lo spirito poi si empie di ripugnante estasi nell’osservarlo col petto gonfio, il mento prominente e l’espressione di ormai rilassata ferocia nell’alargire al festante pubblico il consueto saluto a tre dita. A scanso di equivoci le indica bene: un due e tre. Che vorrà significare? I vetero-dietrologi hanno iniziato un bailamme di fantasiose congetture. La terza vittoria di qualcosa? I tre porcellini? Un terzo slam che vincerà a Wimbledon battendo in finale Grannollers? La Nina, la Pinta e la Santamaria? Le tre scimmiette sbronze? E’ un fan di Qui-Quo-Qua? Maramaldeggia sul fatto che batterebbe l’avversario anche con tre dita? La triade Moggi-Giraudo-Bottega? La lupa, la lonza e il leone? Il fatto che la Serbia avesse preso tre goal dalla Lettonia (questo su suggerimento di un acuto giornalista rai)? E’ uno dei reduci della diaspora del “terzo polo”, resistenti al mercato delle vacche marce? Tutti fuori strada. E’ un semplice ed ingenuo saluto abusato dagli ultranazionalisti e parafascisti serbi ad indicare nient’altro che Dio, patria e imperatore. Niente di così strano ed inconsulto. Ognuno saluta come vuole, e chi osserva si fa la propria idea. Al limite può temere che in futuro uno svitato inizi a salutare col braccio teso come nella Germania anni ’30. Domandarsi cosa voglia significare in una manifestazione sportiva (nemmeno a squadre nazionali), un gesto che i miliziani infliggevano al cadavere del loro nemico (mussulmano, cattolico, croato o kossovaro), tranciando mignolo ed anulare e lasciando le altre tre dita come saluto definitivo. Sarà, ma io continuo a credere che volesse significare “Siamo rimasti in tre, tre briganti e tre somari, sulla strada di Girgenti…”. Alludendo chiaramente alla sfida a tre tra lui, Nadal e Federer.

10 commenti:

  1. Ciao Picasso,
    direi che si può cominciare ad accostare la mente di Federer a quella di Gasquet.
    Ovviamente un abisso, in termini di risultati, separa questi due giocatori; ma mentalmente cominciano ad assomigliarsi proprio tanto.
    Comunque è la seconda volta consecutiva che Roger perde malamente e svogliatamente contro un Djokovic non eccelso.
    La cosa che più irrita è vederlo così, impotente, che non accenna manco per sbaglio a una benché minima reazione, e se ne sta lì con quel faccino che racchiude un po' tutto e un po' nulla, come se niente fosse.
    (E poi nelle interviste va a dire cazzate - ad esempio che vuol tornare N.1)
    La mente umana, specie quella dei grandi talenti, spesso risulta essere incomprensibile.
    (Beh, non solo la loro).

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  2. Ciao Fabio,
    nel primo set Djokovic è stato formidabile al servizio. Poi è calato, ed è tornato quello visto contro Feliciano Lopez e Berdych. Tradotto: battibilissimo. Federer e stato davvero abulico. Forse avrebbe bisogno di qualcuno che lo scuota riportandolo sulla terra, come un tennista normale. Rimane una delle prestazioni più incolori dell'elvetico, cui abbia mai assistito.
    Al N.1 ci credeva, forse ci crede realmente. Guardando quello di mostruoso che ha da difendere da Nadal (magari li conferma tutti e ciao Pepp), forse non è nemmeno eretico pensarlo. "il cervello è una safoglia 'e cipolla", diceva uno psicanalista freudiano...=)

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  3. La finale di Dubai è stata un partita a suo modo scioccante. Raramente si vede non Federer, ma un qualsiasi giocatore di alto livello sbagliare così tanto e in modo così non provocato. Assurda la sua ostinazione a colpire come se aspettasse semplicemente che gli astri gli facessero uscire il dritto che diceva lui, che poi non usciva e lui faceva la faccia di chi se la prende perché c'è fila alla posta. Dicono che Federer stecca di rovescio perché colpisce d'anticipo, ma steccare così tanto?

    Di questi tempi gli ace e i dritti inside-out di Raonic mi sembrano poesia.

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  4. @Fabio Severo,
    una partita completamente steccata (nel vero senso del termine), può anche starci. Esemplificativo in tal senso è quello smash da delirio vero. E quando è in giornata tremebonda, non riesce proprio ad aspettare, provando qualcosa di divcerso per entrare nel match come tutti gli umani. Sono i pro e i contro dell'essere Federer.
    Diventano comunque sempre più frequenti, queste alienazioni. Sempre in fondo ai tornei e spesso con lo stesso tennista (Nole tre dita). Una simile prestazione non l'avrebbe mai avuta contro un (chessò) Gasquet. Anche perchè, nel caso, avrebbe vinto 7-6 al terzo. =)

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  5. Se Federer non trova la "sua croce" non è felice, quest'anno questa è la musica...mi sa che è iniziata allo Us open, adesso il "complesso" è Djokovic, almeno sul duro di certo.
    C'è tutta la stagione su terra, ma il majorchino come alternativa, non so cosa è peggio...almeno le "faccine" del serbo sono più divertenti. (Il tre di 'ste benedette dita è irritante, ma è questo nazionalismo serbo -con tutto il rispetto- che lo è, purtroppo sono esagerati)
    La stagione ci dirà se il serbo si confermerà o resterà mezzo personaggio di contorno. Se si lancerà verso "grandi vittorie e record personali" ai 1000 all'ora di sicuro c'è solo una cosa, che nel momento chiave il virus scandinavo parte, lo randella e ci porta lo scalpo.
    Anche io penso che Gasquet che batte Simon sia legge.
    Del potro, il torneo è quel che è, ben venga, gli da fiducia perchè si riprenda.

    Oramai mi hai viziata, quando apro la pagina: leggo il titolo e guardo la foto ho la mia risata (quasi) quotidiana garantita, grazie Pic e complimenti!!! ;)

    Jess

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  6. Ciao Jess,
    grazie. Certo, la situazionè quella. Con Nadal in infermeria e Federer versione Phantomas, il serbo è stato bravo a farsi trovare al posto giusto.
    Divertenti le "faccine"?
    http://www.open-tennis.com/images/winners/novak_djokovic.jpg
    Questa qui?
    Qualche secolo fa, più che divertenti, sarebbero valse un ergastolo nelle segrete...=)

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  7. Certo che non me ne fai passare una....
    Questa "faccina" è inquietante, ma vuoi mettere quella del tuo articolo sulla vittoria dell'AO?

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  8. Questa era tipica dell'internato in un carcere psichiatrico...per AO, ti riferisci a quella dove strizza l'occhietto in modo suadente? Sì, è parecchio comica.
    Per quanto anche questo quì non scherza...sembra la caricatura lobotomizzata di Jack Nicholson in "Shining".
    http://www.philipp-petzschner.de/index.php?id=34&L=1
    (Porto ignobilmente questo pseudonimo agghiacciante, ma non avevo visitato il suo sito negli ultimi due anni, e non mi ero accorto di quell'espressione da ghiacciare il sangue nei polsi.)

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  9. Sì, proprio quella, deliziosa, è stata "il meglio".
    Anche questo sta messo bene, ma l'effetto è differente, ha anche un sito personale e non di decorazioni? Non pensavo proprio, vabbè oggi ce l'hanno proprio tutti ;)

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  10. Certo, ormai ce l'hanno tutti. Dovrebbe avercelo persino Crazy Dani Koellerer (una prece).
    http://koellerer.cc/
    Quando scoprirò anche Seppi o Bolelli, sarà l'inizio della fine. =)

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.