Chiusi gli Internazionali di tennis del Foro Italico, per la prima volta torneo combined. Bei match e torneo emozionante tra gli uomini, un interminabile calvario ricco di match di oscena pochezza, tra le donne. Trionfale ed incoraggiante prestazione del tennis italiano. Parola di Binaghi, quindi credeteci.
Novak Djokovic: (quale immane colpa devo ancora scontare? Ho già pagato. Sono in un letto di dolore. E Berlusconi trionferà anche in queste elezioni. Ma ora basta, la crudeltà ha un limite). Chi lo ferma più questo strano essere mutante. Un informe blob, che non muore mai. Sempre più stravolto ed invasato, in quella imbattibilità ormai quasi da record. Resiste all’attacco di Murray salvandosi ad un passo dal baratro. Una terrificante e cruenta lotta greco-romana di tre ore, chiusa esalando alla luna delle urla da non dormirci la notte. Quel muro di gomma non lo abbatti nemmeno con le cannonate. Gli rimbalza tutto e contrattacca, in una forma psico-fisica da far spavento reale. Confrontatelo con un match di un anno fa, vedrete un tennista completamente diverso. Nessuna sosta ed alcun punto gettato via. Gambe e piedi da marziano che lo fanno arrivare ovunque, in corsa, spaccata o steso in terra. Ma ci arriva. Che ci vuoi fare? niente. “Ha da passà ‘a nuttata”. Ha ormai cambiato la storia delle rivalità e le inerzie psicologiche dei contendenti. Diverrà numero uno al Roland Garros. Nessuno più lo batterà (qualche chance ce l’hanno Feliciano Lopez, Milos Raonic ed il Petz, a Wimbledon. Ma non è detto che li incroci). E’ diventato un essere inarginabile scoprendo i segreti dell’alimentazione, e ciao Pepp…E’ intollerante al glutine, il Nole. Per puro caso non ne aveva assunto quando esplose in Australia nel 2008, poi per tre anni lo hanno rimpinzato di orzo, farro e segale, normale che non andasse. Sarà così, sicuramente. E malgrado la fatica della sera prima riesce ancora a mandare fuori giri Nadal, nella finale.
Idolo vero del Foro. Le masse han sempre ragione, nella loro contagiosa demenza collettiva. Bambini in visibilio, increduli di trovare un nuovo super-eroe, ora che il wrestling è quasi bandito dalle televisioni. Nella loro semplicità, i pargoli, pensano che abbia una maschera perché, beata ingenuità, reputano che una simile faccia non possa esistere in natura. E quelle urla da tagliatore di gole, pura finzione scenica. Per carnevale vogliono la maschera del Nole. Alla fine è un trionfo, terrificante ostentazione di violento sadismo. Occhi fuori dalle orbite, bocca spalancata ed atteggiamento di marziale esaltazione. Non è sport, non è agonismo. Tra Seppi e Bolelli e questa cosa qui, non ci sarebbe una via di mezzo con sembianze umane?. “Ci voleva nel tennis un simpaticone come lui!”, dichiara l’indimenticabile Paolino “neuro-Cane”. Certo, dove “simpaticone” sta a metà tra “Er canaro”, lo strangolatore di Boston ed Hulk Hogan.
Rafael Nadal: 6,5. Lo ha trovato anche lui, il “castigamatti”. Colui che lo manda fuori giri e fuori di senno, usando le sue stesse armi. Recuperi ossessivi ed ossessionanti, disumana impermeabilità dietro la riga di fondo, ed una esplosione di fisicità che pare innaturale. E lo vedi quasi incredulo, cedere lo scettro di imbattibile, su quella superficie dove macinava kilometri e tritava avversari con una racchetta simile ad un trincia carne. Il “mostro della laguna” serbo è riuscito nell'impresa di rendermi più umano e simpatico il “cannibale” di Manacor (tranquilli non sono impazzito, partiva dalle retrovie). I bene informati davano Rafa parecchio infastidito per la scomposta (quando mai, lui sempre mai fuori dalle righe) esultanza di Djokovic dopo la vittoria di Madrid, nel suo feudo innanzi al suo pubblico. Irrispettosa ed irriguardosa per un tipo orgogliosamente hidalgo come il Maiorchino. Ma il Nole, quello è. E’ chiaro come il sole quanto il serbo gli abbia fatto perderela trebisonda , perdere serenità e sicurezza. E’ nervoso, febbricitante, persino scontroso. Sempre gentile e politically correct con gli avversari di rango ed al limite dello snob verso i “Picassi e Lorenzi” che a momenti quasi lo battono. Voleva con tutte le sue forze ribaltare la situazione e dare al serbo una lezione memorabile, di quelle che infliggeva ai Berdych e Soderling dopo aver subito uno sgarbo. Ma proprio non v’è riuscito, fisicamente. Chiamatelo contrappasso.
Andy Murray: 6. Si è ormai al cospetto del più classico caso clinico. Dopo Montecarlo un’altra prestazione quasi monumentale in semifinale, stavolta contro Djokovic. Affrontato di petto, con coraggio e fisicamente al meglio. Battaglia col mostruoso serbo, e mette a frutto le maggiori varianti tattiche del suo repertorio (questo, almeno, concedetemelo). Recupera, scappa, si fa riprendere, serve addirittura per il match, quando il braccio si inceppa e la paura lo strozza. Diviene un filamentoso groviglio simile a stracchino. Molle ed innocuo. E l’altro lo azzanna con ferocia. Gran talento, ma ormai conclamato perdente di gran lusso. Ed ora due settimane senza play station e in branda alle 21,00, avrà sentenziato mamma Jude. Al rinomato selvaggio bamboccione.
Richard Gasquet: 7. Vedi l’articolo precedente. Una fiammata di ritorno per il transalpino dal rovescio magico, che sembrava definitivamente perso a grandi livelli. Batte (in battaglia) Federer e Berdych, si arrende solo a Nadal. Se il tennis è una complessa pozione magica fatta di resistenza fisica e solidità mentale nella quale incastonare un bel braccio da tennis, è chiaro come Richard partisse sconfitto in partenza. Funambolico perdente, spesso claudicante e con un concerto di pesci rossi annegati nel cervello durante la stagione delle secche. Si capisce come quel braccio miracoloso andava per conto suo, affondando nel baratro della mediocrità suicida. Se il fisico regge e prova a spegnere quei pensieri malvagiamente afflitti che ne tarpano il cervello, potrebbe anche essere recuperato a livello dei top ten, con qualche divertente guizzo. Fine a se stesso, ovvio.
Roger Federer: 5,5. Poche chiacchiere, ormai quei due lì davanti fanno un altro mestiere. Un livello troppo intenso per la sua regale andatura calante. I due (serbo sui pedali ed in testa) sono in fuga sul Tourmalet, con la bava verde fluorescente e mascella digrignata. Lui insegue, capeggiando un drappello ben assortito, al fianco di un Murray dedito a futili scatti e ghirigori e Soderling che procede a zigo-zago. Ha trent’anni, e se Schiavone a trentuno sarebbe nel “massimo delle sue potenzialità fisiche”, perché non credere che lo svizzero un paio di altri sussulti possa averli? Accettando mentalmente di essere il numero tre. Lui che in fondo non ha logorato il fisico con un tennis da forzuto. Magari sull’erba, o sul veloce, se gli altri mollano il ritmo indemoniato. Ai posteri.
Fernando Verdasco: 5. Sempre più macchietta di se stesso. Stavolta riesce a perdere da Soderling (5,5). Ci sta, tutta la vita. Ma riuscire a farlo (mi raccontano) dopo aver avuto tre match point consecutivi, è impresa da artisti veri della sconfitta acrobatica.
Paolo Lorenzi: 7. Eroe autentico del tennis italiano al Foro Italico. Qualificazioni passate autoritariamente, prima di ridimensionare il maniscalco Thomaz Bellucci (-3). Poi l’acme si ha nella leonina sfida niente meno che a Rafa Nadal, spaventato per due set. Resistenza ad oltranza in trincea, e bliz a rete con una continuità che contro l'iberico non aveva mai voluto osare nemmeno uno che si chiamava Roger Federer, ed aveva la mano di Federer. Discese e zampate, surreali e divertenti tocchi pavidi, come ad aver timore di far male alla pallina. Tatticamente e caratterialmente, questo trentenne onestissimo professionista della racchetta è una faina. La tecnica è quello che è, ma non smette di migliorarsi. Sembra non essere uno di quegli italiani "con le spalle strette, che cercano sempre una scusa. Prima il vento, poi la pioggia...", citando Moretti.
Il resto dell’italica ciurma. Attesissimo Filippo Volandri, sempre in palla a Roma. Stende De Bakker, s’inchina ad un Wawrinka non in stato di grazia. Troppo per Flavio Cipolla, Ivan Ljubicic. Potito Starace fa il suo mestiere da buon top 40 (su terra battuta) sconfiggendo Dolgopolov e Troicki in versione dimessa, poi non ci capisce niente con Murray. Pur ammirevole, al campano manca sempre la risposta ed un guizzo per poter tentare il gran colpo con quelli di categoria superiore o con un tennis imprevedibile. Andreas Seppi al rientro strappa un set a Juan Monaco (sua nemesi storica e fisica), Simone Bolelli dopo il trionfo al Garden torna sulla terra (non come superficie) ed a confrontarsi con quelli veri. E prende sapide sberle dallo schiaffeggiante Nicolas Almagro (5,5). Fabio Fognini, claudicante (narrano), mostra tutta la sua essenza di tennis-semaforo. Di solito si esalta quando è sotto, s’appisola quando è sopra. Discontinuo (nello stesso match) se ce n’è uno. Vince i punti difficili, perde quelli facili. E spesso perde anche i match. In tre set.
Istantanee en passant. Il pallonetto in recupero delle samovente Romina Oprandi, un colpo giocato con la racchetta che passa tra le gambe. E Daniela Hantuchova, basita, sbaglia lo smash. Incanto vero. "Questa ragazza gioca un tennis arcobaleno", dice il telecronista inglese. Ci ha ragione, ci ha. Ma oltre alle cose belle, vi sono anche le nefandezze: Rimane impressa nella mente l’immagine degli ultrà serbi capeggiati dalla dinastia dei Djokovic. Tutti in fila, con sciarpa, felpa e cappellino identici, marchiati “Nole”. Raggelante. E dall’altra parte mamma Jude Murray. I due drappelli di facinorosi si beccano, s’insultano, rischiano di venire alle mani. Entra nella querelle anche Nole, con gesti inequivocabili. Per una volta avrei tifato per la mamma bacucca di Scozia, che li stendesse tutti una volta per sempre a suon di morsicate al curaro. In futuro, non escludo che la federazione internazionale possa introdurre anche nei campi da tennis gli stewart e gli agenti della gendarmeria, per limitare le intemperanze di simili facinorosi. I genitori. Cosa c’entrano col tennis? Credo nulla. Fa da contraltare la timida presenza sugli spalti della fidanzatina normale di Rafael Nadal, tal Francisca. Nell’immane coro serbo-romano sovraccarico d’eccitazione, ella grida a mezza e tremula voce “Vamos Rafa!” e poi fa una smorfia di dolore, simile ad un singhiozzo accennato.
Idolo vero del Foro. Le masse han sempre ragione, nella loro contagiosa demenza collettiva. Bambini in visibilio, increduli di trovare un nuovo super-eroe, ora che il wrestling è quasi bandito dalle televisioni. Nella loro semplicità, i pargoli, pensano che abbia una maschera perché, beata ingenuità, reputano che una simile faccia non possa esistere in natura. E quelle urla da tagliatore di gole, pura finzione scenica. Per carnevale vogliono la maschera del Nole. Alla fine è un trionfo, terrificante ostentazione di violento sadismo. Occhi fuori dalle orbite, bocca spalancata ed atteggiamento di marziale esaltazione. Non è sport, non è agonismo. Tra Seppi e Bolelli e questa cosa qui, non ci sarebbe una via di mezzo con sembianze umane?. “Ci voleva nel tennis un simpaticone come lui!”, dichiara l’indimenticabile Paolino “neuro-Cane”. Certo, dove “simpaticone” sta a metà tra “Er canaro”, lo strangolatore di Boston ed Hulk Hogan.
Rafael Nadal: 6,5. Lo ha trovato anche lui, il “castigamatti”. Colui che lo manda fuori giri e fuori di senno, usando le sue stesse armi. Recuperi ossessivi ed ossessionanti, disumana impermeabilità dietro la riga di fondo, ed una esplosione di fisicità che pare innaturale. E lo vedi quasi incredulo, cedere lo scettro di imbattibile, su quella superficie dove macinava kilometri e tritava avversari con una racchetta simile ad un trincia carne. Il “mostro della laguna” serbo è riuscito nell'impresa di rendermi più umano e simpatico il “cannibale” di Manacor (tranquilli non sono impazzito, partiva dalle retrovie). I bene informati davano Rafa parecchio infastidito per la scomposta (quando mai, lui sempre mai fuori dalle righe) esultanza di Djokovic dopo la vittoria di Madrid, nel suo feudo innanzi al suo pubblico. Irrispettosa ed irriguardosa per un tipo orgogliosamente hidalgo come il Maiorchino. Ma il Nole, quello è. E’ chiaro come il sole quanto il serbo gli abbia fatto perdere
Andy Murray: 6. Si è ormai al cospetto del più classico caso clinico. Dopo Montecarlo un’altra prestazione quasi monumentale in semifinale, stavolta contro Djokovic. Affrontato di petto, con coraggio e fisicamente al meglio. Battaglia col mostruoso serbo, e mette a frutto le maggiori varianti tattiche del suo repertorio (questo, almeno, concedetemelo). Recupera, scappa, si fa riprendere, serve addirittura per il match, quando il braccio si inceppa e la paura lo strozza. Diviene un filamentoso groviglio simile a stracchino. Molle ed innocuo. E l’altro lo azzanna con ferocia. Gran talento, ma ormai conclamato perdente di gran lusso. Ed ora due settimane senza play station e in branda alle 21,00, avrà sentenziato mamma Jude. Al rinomato selvaggio bamboccione.
Richard Gasquet: 7. Vedi l’articolo precedente. Una fiammata di ritorno per il transalpino dal rovescio magico, che sembrava definitivamente perso a grandi livelli. Batte (in battaglia) Federer e Berdych, si arrende solo a Nadal. Se il tennis è una complessa pozione magica fatta di resistenza fisica e solidità mentale nella quale incastonare un bel braccio da tennis, è chiaro come Richard partisse sconfitto in partenza. Funambolico perdente, spesso claudicante e con un concerto di pesci rossi annegati nel cervello durante la stagione delle secche. Si capisce come quel braccio miracoloso andava per conto suo, affondando nel baratro della mediocrità suicida. Se il fisico regge e prova a spegnere quei pensieri malvagiamente afflitti che ne tarpano il cervello, potrebbe anche essere recuperato a livello dei top ten, con qualche divertente guizzo. Fine a se stesso, ovvio.
Roger Federer: 5,5. Poche chiacchiere, ormai quei due lì davanti fanno un altro mestiere. Un livello troppo intenso per la sua regale andatura calante. I due (serbo sui pedali ed in testa) sono in fuga sul Tourmalet, con la bava verde fluorescente e mascella digrignata. Lui insegue, capeggiando un drappello ben assortito, al fianco di un Murray dedito a futili scatti e ghirigori e Soderling che procede a zigo-zago. Ha trent’anni, e se Schiavone a trentuno sarebbe nel “massimo delle sue potenzialità fisiche”, perché non credere che lo svizzero un paio di altri sussulti possa averli? Accettando mentalmente di essere il numero tre. Lui che in fondo non ha logorato il fisico con un tennis da forzuto. Magari sull’erba, o sul veloce, se gli altri mollano il ritmo indemoniato. Ai posteri.
Fernando Verdasco: 5. Sempre più macchietta di se stesso. Stavolta riesce a perdere da Soderling (5,5). Ci sta, tutta la vita. Ma riuscire a farlo (mi raccontano) dopo aver avuto tre match point consecutivi, è impresa da artisti veri della sconfitta acrobatica.
Paolo Lorenzi: 7. Eroe autentico del tennis italiano al Foro Italico. Qualificazioni passate autoritariamente, prima di ridimensionare il maniscalco Thomaz Bellucci (-3). Poi l’acme si ha nella leonina sfida niente meno che a Rafa Nadal, spaventato per due set. Resistenza ad oltranza in trincea, e bliz a rete con una continuità che contro l'iberico non aveva mai voluto osare nemmeno uno che si chiamava Roger Federer, ed aveva la mano di Federer. Discese e zampate, surreali e divertenti tocchi pavidi, come ad aver timore di far male alla pallina. Tatticamente e caratterialmente, questo trentenne onestissimo professionista della racchetta è una faina. La tecnica è quello che è, ma non smette di migliorarsi. Sembra non essere uno di quegli italiani "con le spalle strette, che cercano sempre una scusa. Prima il vento, poi la pioggia...", citando Moretti.
Il resto dell’italica ciurma. Attesissimo Filippo Volandri, sempre in palla a Roma. Stende De Bakker, s’inchina ad un Wawrinka non in stato di grazia. Troppo per Flavio Cipolla, Ivan Ljubicic. Potito Starace fa il suo mestiere da buon top 40 (su terra battuta) sconfiggendo Dolgopolov e Troicki in versione dimessa, poi non ci capisce niente con Murray. Pur ammirevole, al campano manca sempre la risposta ed un guizzo per poter tentare il gran colpo con quelli di categoria superiore o con un tennis imprevedibile. Andreas Seppi al rientro strappa un set a Juan Monaco (sua nemesi storica e fisica), Simone Bolelli dopo il trionfo al Garden torna sulla terra (non come superficie) ed a confrontarsi con quelli veri. E prende sapide sberle dallo schiaffeggiante Nicolas Almagro (5,5). Fabio Fognini, claudicante (narrano), mostra tutta la sua essenza di tennis-semaforo. Di solito si esalta quando è sotto, s’appisola quando è sopra. Discontinuo (nello stesso match) se ce n’è uno. Vince i punti difficili, perde quelli facili. E spesso perde anche i match. In tre set.
Istantanee en passant. Il pallonetto in recupero delle samovente Romina Oprandi, un colpo giocato con la racchetta che passa tra le gambe. E Daniela Hantuchova, basita, sbaglia lo smash. Incanto vero. "Questa ragazza gioca un tennis arcobaleno", dice il telecronista inglese. Ci ha ragione, ci ha. Ma oltre alle cose belle, vi sono anche le nefandezze: Rimane impressa nella mente l’immagine degli ultrà serbi capeggiati dalla dinastia dei Djokovic. Tutti in fila, con sciarpa, felpa e cappellino identici, marchiati “Nole”. Raggelante. E dall’altra parte mamma Jude Murray. I due drappelli di facinorosi si beccano, s’insultano, rischiano di venire alle mani. Entra nella querelle anche Nole, con gesti inequivocabili. Per una volta avrei tifato per la mamma bacucca di Scozia, che li stendesse tutti una volta per sempre a suon di morsicate al curaro. In futuro, non escludo che la federazione internazionale possa introdurre anche nei campi da tennis gli stewart e gli agenti della gendarmeria, per limitare le intemperanze di simili facinorosi. I genitori. Cosa c’entrano col tennis? Credo nulla. Fa da contraltare la timida presenza sugli spalti della fidanzatina normale di Rafael Nadal, tal Francisca. Nell’immane coro serbo-romano sovraccarico d’eccitazione, ella grida a mezza e tremula voce “Vamos Rafa!” e poi fa una smorfia di dolore, simile ad un singhiozzo accennato.
Notevole, mica da ridere è l’immagine di tal Baccini con addosso la merlettata canotta rosa di Francesca Schiavone. Doveva essere di buon auspicio. Chi è questo Baccini? Non lo so mica. Io sono come Mourinho e conosco solo "Baccini de monaco de Tibete", il cantautore, quello col parrucchino che scrisse due discrete canzoni. Tutti ne parlano male, in giro, di quest’altro Baccini. Ma come tutti quelli che non conosco, mi sta anche simpatico. Rimane un quadro di inquietante impressionismo vederlo con canotta rosea. Oltre che leggendario menagramo.
Donne, tu-tu-tu. Un torneo di bruttezza epocale. Lancinante. Stordente. Lacerante. Paralizzante. Mortifera. Persino peggio di quanto visto a Madrid. Un mausoleo di orrore che trova la degna regina in Masha Sharapova, brava a randellare della grossa attorno all’assordante vuoto. Fa riemergere a galla frotte di pesci ratti delle cristalline acque del Tevere, stecchiti dai suoi atroci ragli. Tutto facile, senza le Williams, Clijsters e con le altre in riserva (Carolina l'afflosciata). Semplicemente imbarazzante è la finale con l’australiana Samantha Stosur, perdente nel dna e nelle pupille degli occhi afflitti. Si aspetta con trepidazione che l’aussie entri in campo, ma il match è già finito. L’urlante statua siberiana può picchiare da ferma, indisturbata, senza che l’altra (che pure potrebbe) si degni di spostarla, farla correre un minimo. Davvero raccapricciante ed incomprensibile. Persino la numero 150 al mondo, qualcosa avrebbe provato. Sammy con le braccia da Mastro Lindo no, aveva perso prima di entrare in campo. La siberiana era però già a casa nei quarti contro Viktoria Azarenka (la più decente, in questo momento), prima che la bielorussa valchiria non si facesse la bua al braccio. Due righe le merita, l’adorabile Linda Blair de noantri. Da quando vince, non dà più in demoniache escandescenze. Rimane però impresso nella memoria come una pugnalata al costato quella faccia violacea, e le labbra serrate per contenere il pianto di irrefrenabile dolore, mentre colpisce le ultime palline. Prima dell’applauso del pubblico, denso di pietà. C’era Francesca Schiavone, certo. Doveva vincere al Foro, sicuro. Divelta come un calzino da Samantha Stosur (che quando non c'è una finale di mezzo, gioca a tennis). Niente di strano, però. La milanese, malgrado si atteggi a novello mix tra Martina Navratilova e Chris Evert (e qualcuno lo crede per davvero), rimane una buona tennista da top 15/20 incapace negli ultimi mesi di battere una (una) top ten. La surreale parentesi di Parigi, frutto di irripetibili congiunzioni astrali, rimane una parentesi.
Donne, tu-tu-tu. Un torneo di bruttezza epocale. Lancinante. Stordente. Lacerante. Paralizzante. Mortifera. Persino peggio di quanto visto a Madrid. Un mausoleo di orrore che trova la degna regina in Masha Sharapova, brava a randellare della grossa attorno all’assordante vuoto. Fa riemergere a galla frotte di pesci ratti delle cristalline acque del Tevere, stecchiti dai suoi atroci ragli. Tutto facile, senza le Williams, Clijsters e con le altre in riserva (Carolina l'afflosciata). Semplicemente imbarazzante è la finale con l’australiana Samantha Stosur, perdente nel dna e nelle pupille degli occhi afflitti. Si aspetta con trepidazione che l’aussie entri in campo, ma il match è già finito. L’urlante statua siberiana può picchiare da ferma, indisturbata, senza che l’altra (che pure potrebbe) si degni di spostarla, farla correre un minimo. Davvero raccapricciante ed incomprensibile. Persino la numero 150 al mondo, qualcosa avrebbe provato. Sammy con le braccia da Mastro Lindo no, aveva perso prima di entrare in campo. La siberiana era però già a casa nei quarti contro Viktoria Azarenka (la più decente, in questo momento), prima che la bielorussa valchiria non si facesse la bua al braccio. Due righe le merita, l’adorabile Linda Blair de noantri. Da quando vince, non dà più in demoniache escandescenze. Rimane però impresso nella memoria come una pugnalata al costato quella faccia violacea, e le labbra serrate per contenere il pianto di irrefrenabile dolore, mentre colpisce le ultime palline. Prima dell’applauso del pubblico, denso di pietà. C’era Francesca Schiavone, certo. Doveva vincere al Foro, sicuro. Divelta come un calzino da Samantha Stosur (che quando non c'è una finale di mezzo, gioca a tennis). Niente di strano, però. La milanese, malgrado si atteggi a novello mix tra Martina Navratilova e Chris Evert (e qualcuno lo crede per davvero), rimane una buona tennista da top 15/20 incapace negli ultimi mesi di battere una (una) top ten. La surreale parentesi di Parigi, frutto di irripetibili congiunzioni astrali, rimane una parentesi.
Ciao Picasso, ho aspettato la fine del torneo per chiederti alcune considerazioni, ma vedo che in parte mi hai anticipato!
RispondiEliminaA me pare di ricordare che fino al 2000, diciamo, le cose andavano diversamente, sotto vari aspetti.
Esistevano Connors, McEnroe, Agassi (fino a un certo punto), Noah, insomma quei personaggi più adrenalinici che hanno forse avuto anche il merito di scuotere un mondo un po' ingessato.
Però, credo che nemmeno Connors, nella sua mitica partita con Krickstein, avrebbe potuto immaginare che nelle finali, ma anche semifinali e quarti và, dei tornei non slam, in ogni punto, a parti alternate, si potessero vedere pugni, berci, urla, occhi di fuori.
Non parliamo del pubblico. A parte i messaggi subliminali da giorni del tipo "tutti aspettano la finale più attesa", ma l'urlo "Nole Nole" sabato sera al tie break del terzo? Che ha Murray, la lebbra? Restituivano il biglietto se in finale ci andava lui?
Ora, vorrei proprio sbagliarmi, ma ho avuto la sensazione che durante la meravigliosa partita tra Gasquet e Federer, ci fosse una netta sproporzione nel visibilio (che entrambi meritavano). E alla fine, per come la vedo io, ci sarebbe dovuta essere una standing ovation di dieci minuti per entrambi. Invece, sembrava aleggiare un certo mutismo, per il dispiacere, a questo punto credo, di non poter inscenare un'altra bella corrida in semifinale tra bandiere iberiche ed elvetiche.
Quando Sampras perse a Wimbledon nel 1996 ci furono suicidi di massa? Non credo.
Pensavo fosse l'esportazione di modelli calcistici, invece hai ragione tu, è un incrocio tra una partita di wrestling e un pessimo melodramma.
A questo punto, arriverei a sperare che il Roland Garros lo vinca Soderling, il che è tutto dire.
A presto.
(ma come diavolo si imposta un carattere dei commenti più grande? rischio la cecità assoluta).=)
RispondiEliminaDetto questo, Ciao a te Arturo.
D’accordo su tutta la linea riguardo Gasquet-Federer. Ma l’attitudine dello spettatore medio o occasionale è di apprezzare ed esaltarsi con le cruenti battaglie delle mazzate, piuttosto che apprezzare i match tecnicamente pregevoli.
Quanto all’iper agonismo, prendendo il caso limite di Jimmy Connors, da te citato: è stato il più grande fighter ed agonista della storia del tennis. Eppure i picchi di trance agonistica erano circoscritti ad episodi sporadici, quando l’adrenalina di una rimonta impossibile faceva montare un’esaltazione genuinamente irrazionale (un punto vinto quando era sotto 1-6 1-6 1-4 0-40, ad esempio). Qui si è invece di fronte ad un eccesso che francamente trovo costruito (basta vedere la compostezza dei genitori ultrà). E’ eccessivo e stucchevole, come tutte le cose eccessive. Poi uno con quella terrificante mimica facciale, non può risultarmi “simpatico”. Fatte salve le considerazioni tecniche, ed il fatto che ha raggiunto una maturità e costanza impressionanti
Che sia un idolo del pubblico romano, è indiscutibile. Anch’io ho trovato eccessivi i cori a Nole, nel tie-break decisivo con Murray o ad inizio match con Nadal. A maggior ragione se si considera che l’avversario sfavorito (Murray) stava compiendo una grande impresa, ad un passo dall’interrompere una striscia di vittorie incredibile. Da altre parti avrebbero sostenuto il più debole, o entrambi visto il match durissimo. Certamente non avrebbero parteggiato in modo così evidente. A Roma non sono nuovi a simili episodi. Ricordo (come un sogno) Ivan Lendl dileggiato contro un Perez Roldan sostenuto in maniere folle. E in quel caso poteva anche starci (non il dileggio, ma parteggiare per il più debole argentino). Dopo quell’episodio Lendl dichiarò che non sarebbe più tornato a Roma. Farebbero lo stesso anche ora, solo che ai Masters 1000 sono quasi obbligati a parteciparvi.
Ciao,
RispondiEliminati lurko da un tot di mesi, ma non mi ero mai palesato. Sono andato a Roma e, fra le non molte partite cui ho assistito, ho visto gasquez-nadal e c'è una cosa che non hai sottolineato: nadal ha un culo che non è nemmeno il suo. Quel primo set lo doveva perdere, richard lo ha preso a schiaffoni senza nessun timore, ha stupefatto tutti con qualche rovescio dell'ave maria, si è mangiato 4 palle break, ha tirato palline fuori di qualche micron mentre nadal steccava dritti sui nastri, si prendeva il break con un dritto che solleticava il chiodino all'incrocio e via dicendo. L'ho odiato tantissimo.
E poi mi son visto Soderling contro Djokovic e... beh, alla fine volevo andare da Soderling a dargli una pacchetta e dirgli che, povero cucciolo, in fondo non ci si può fare nulla quando uno fa così. Quel serbo è spaventoso. E nessuno mi può smentire se dico che in quarta categoria (ovvero la mia) vedi gente che imposta il colpo in maniera più elegante di lui.
Ciao Prefe,
RispondiEliminaben arrivato. Sì, Gasquet ha giocato un buon primo set. Poteva vincerlo, ma quando sprechi tante palle break e cedi il servizio alla prima, c'è poco da fare. E certi nastri o righe nei momenti clou finiscono per tagliare le gambe.
Su Djokovic...credo davvero che abbia raggiunto livelli di consistenza impressionanti, inumani. Non sbaglia niente, e non lo buchi MAI. Ricordo ancora Kohlschreiber-Djokovic del 2009 al RG. Quello era un altro tennista, un regolarista falloso (per dirla alla Tommasi) con parecchia supponenza (immotivata, allora).
Quanto all'eleganza del gesto tecnico, i gusti rimangono personali, ma credo che nemmeno gli appartenenti alla sua torcida possano smentirti. Efficace, ma tremendamente inelegante. Ciao, a presto.
Io ho sempre pensato che il "pubblico" sostenga il più forte e si esalti in battaglia, anche con Nadal sostenevano Djokovic perchè al momento pare così, è evidente, è disumano. Che poi non sia giusto è vero, anche io non capivo come non si potesse sostenere Murray in quell'impresa, io saltavo sulla sedia e sai che per me è intifabile.
RispondiEliminaPic non ho capito cosa è successo tra le "tifoserie" dei genitori, me lo spieghi non l'ho visto.
La Stosur non vincerà mai niente, si è sciolta e poteva batterla..lo sapevo, lo sapevo. La Schiavone ha beneficianto anche di questa paura di vincere al Rg, Sammy gliel'ha servita su un piatto d'argento la coppa della vita. Poi è rimasta a Parigi per mesi, adesso si stava riprendendo ed ecco...finchè non tornano un paio di dominatrici il femminile è così.
Mio figlio è bielorusso e tifa per la sua paesana, mi toccherà anche a me per quel che mi interessa.
La storia della celiachia (io ne ho conosciuti parecchi) in effetti su un'atleta è poco credibile perchè da segni molto prima, anche il grado più leggero...boh doveva dire qualcosa probabilmente.
Dipende, storicamente quando v'è un outsider che sta portando a casa l'impresa dando il 120%, il pubblico (di solito) è dalla sua parte. O per lo meno, è diviso e scuramente non lo dileggia.
RispondiEliminaTra i genitori facinorosi...mah, solite cose di ordinaria idiozia. Non si sopportano. Il commentatore parlava di continui scambi di battute tra i due "staff". Ed anche Djokovic nel terzo set si è rivolto più volte all'angolo di Murray con ampi gesti (sempre mai sopra le righe, certo). =)
Quanto al femminile...è stata davvero imbarazzante la Stosur in finale. E a me non dispiace. Poteva chiaramente vincerla, sa fare più cose. Solo che nelle finali sparisce. Fossero stati quarti di finale, avrebbe vinto lei. La bielorussa "Linda Blair" avrebbe vinto il torneo, non si fosse infortunata. Forse ha una soglia delle sofferenza molto bassa o s'è fatta male davvero stavolta. Doloroso vederla serrare il labbro per non frignare. In fondo sono delle bambinone fragili.
Solo un po' di tempo dopo aver letto lo stracitato testo di Foster Wallace su Federer ho letto anche le sue note, nascoste nei link delle pagine, e l'ultima di queste così recita, concedetemelo:
RispondiElimina"It’s hard to describe — it’s like a thought that’s also a feeling. One wouldn’t want to make too much of it, or to pretend that it’s any sort of equitable balance; that would be grotesque. But the truth is that whatever deity, entity, energy, or random genetic flux produces sick children also produced Roger Federer, and just look at him down there. Look at that."
Alcuni ammirano gli atleti per la loro capacità di capovolgere le leggi della fisica, di estrarre leggerezza dalla velocità e dalla pesantezza, creare qualcosa di non pensato, o perfino di non pensabile. Altri invece ammirano il loro portare al parossismo lo sforzo, la dedizione, la determinazione. Spesso c'è bisogno di eroi con cui identificarsi, di imprese che ci lasciano immaginare le nostre, o perlomeno quelle che vorremmo tentare. In fondo si può sognare di stringere i denti e pedalare come gli attuali n.1 e 2 del mondo, si può proiettare qualche minuto della loro partita a Roma sulla nostra migliore partita giocata al circolo: più difficile è portare la memoria del rovescio di Gasquet sul campo insieme a noi, quando colpiamo la palla e questa parte incrociata quando la volevamo lungolinea.
Buffo come Federer sembri inattuale di questi tempi, non tanto per i risultati, ma proprio per i suoi gesti, proprio ora che sono come più fragili. L'ho visto al Centrale giocare contro Tsonga, e quando il dritto partiva bene non riuscivi proprio a immaginare da dove la palla prendesse la forza con cui viaggiava, come disegnasse quella particolare traiettoria.
A volte è più bello non capire.
Ciao Picasso, ti leggo. Condivido tutto ciò che hai scritto. Anche la tua considerazione sulla Schiavone è azzeccata. Memorabili, in questa edizione, più dei suoi colpi, i labiali raffinati e fioriti. La Kvitova la vedo tra le prime tre tra poco: algida, controllatissima, sciolta, non vanagloriosa. A presto!!!
RispondiElimina@Fabio,
RispondiEliminaforse è proprio nelle tue parole la spiegazione del tutto, di come questo sport abbia nella sua indole quella ricercatezza che ormai si sta perdendo. Una soluzione sociologica applicabile al tennis, e a tutto lo scibile umano:
"In fondo si può sognare di stringere i denti e pedalare come gli attuali n.1 e 2 del mondo, si può proiettare qualche minuto della loro partita a Roma sulla nostra migliore partita giocata al circolo: più difficile è portare la memoria del rovescio di Gasquet sul campo insieme a noi, quando colpiamo la palla e questa parte incrociata quando la volevamo lungolinea.".
Forse è lì il motivo per cui la massa trova più semplice identificarsi nelle corse disumanamente umane di Djokovic, piuttosto che in una geniale gemma tecnicamente fantascientifica di un Gasquet, Federer, etc... Così come risulta più difficile e raro che un musicista geniale arrivi a colpire la fantasia di tutti, uno scrittore innovativo raggiunga le masse rispetto ai canonici scriba, un pittore dal genio difficilmente comprensibile possa essere apprezzato da tutti...etc.
Ciao, a presto.
@Bruno,
ma ciao, ben ritrovato. La Schiavone scaricatrice portuale di Roma non è stata granchè. Frulla, raglia, arrota come una mezzadra. Poco o niente di quegli attacchi e volée parigine. Le riusciva tutto allora, in uno stato di grazia incredibile. E casuale.
D'accordo su Kvitova. Se in giornata (e ultimamente lo è spesso) devasta, senza appello. Ha giocato a Praga, e non a Roma, questa settimana. Come dimenticare quei "c'mon" gridati con vocetta stridula mentre si gira di scatto, impercettibili, squillanti ed acutissimi, grotteschi rispetto ad un fisico elefantiaco.