“Vuoi vedere che l’adorabile codardo batte tutti e vince al Foro?”. Una frase detta così, per fare della spicciola ironia che nasconde l’intima e pietosamente celata speranza dei pazzi. I miserabili idealisti. Perché nell’intimo più nascosto si ha sempre quel meraviglioso auspicio che dal cielo piovano cavallette assassine pronte a divorare il male, con eleganza. Richard Gasquet si presentava a Roma col nuovo coach, l’italiano Riccardo Piatti. Ottimo trainer, seppur da molti sommi intenditori ritenuto inidoneo a far esplodere il magnifico talento presunto dell’istrione di Budrio, agli annali Simone Bolelli. L’ultimo di una lunga serie di allenatori bruciati dal bizzoso transalpino, stecchiti come mosche cavalline. Ora, i reduci, si trovano in località amene, sorvegliati a vista per non commettere gesti inconsulti. Alcuni di essi credono di essere delle vezzose domatrici indonesiane di boa albini, altri dei semplici coltivatori di cucurbitacee. Erano bastati due match vinti di gran slancio contro due vecchie lenze della terra battuta come Albert Montanes ed Igor Andeev, a rivitalizzare credenze malate. L’arrotino e l’arrotone divelti con candore quasi antico. Sarà l’atmosfera gladiatoria del Foro che desta sopiti ardori di pavidi guerrieri all’incontrario, ma ci credo. Nel profondo subconscio da far circumnavigare ad uno psichiatra arguto. Richard è come il Céline intento nel suo folle “viaggio al termine della notte”, l’anarchico pazzo e codardo che odia la guerra, al centro di una delirante battaglia. Ed eccolo sul centrale, con coraggio finto del pusillanime reduce da un ricovero in un manicomio.
Il cuore di drago ha ora ha di fronte Roger Federer. Sua maestà calante con brio, ancora capace di antichi colpi marziani alternati a cortocircuiti mentali, contro il francese recuperato a discreti livelli da top 20, dopo traversie da Ulisse smemorato. Proci, sirene e languidi baci al sapor di cocaina. Il match vola via come da pronostico, con lo svizzero a menare le danze, e Richard dignitosamente accodato. Niente, nessuna speranza per chi si aspettava un confronto serrato, chiuso con l’eroe d’oltralpe clamorosamente asfissiato al traguardo, e l’ansia mortifera a tarpargli le meningi. Invece ecco la svolta epocale, che travolge ogni cosa. L’irrazionale materializzarsi, improvvisamente. Federer si rilassa. Una rapida eclissi in cui s’insinua il francese, come un satropo. Vuoi vedere che? Non si dice, al limite si pensa. Vergognandosene ancora, per pudore. Domina il tie-break e porta l’elvetico al terzo. Pare più rilassato del solito, col cervello liberato da ogni inutile orpello ingombrante: il pensiero. Il match è a tratti splendido. Si respirano boccate piene di tennis vero, a tutto campo. Soluzioni ricercate, inusitate carezze, frustate dense di sopita naturalezza contrarie alla fisica degli oggetti. Vinca chi vuole. I muli da soma con orride mascelle digrignate, anelati da molti vati della letteratura tennistica come salvezza del tennis agonisticamente salubre, sono un lontano ricordo. Dio ce ne liberi. Quanto manca Djokovic da uno a dieci? Come una punta d’ernia all’ipotalamo, grosso modo. O una lama che ti trafigge il costato.
Il terzo set segue la regola del servizio, con qualche guizzo prodigioso. Richard cammina coi piedi palmati ed il passo da papero storto. Inizia a fare strane smorfie da Giamburrasca sofferente di chissà cosa. Tra un punto e l’altro cammina disegnando un cerchio come un cincillà nevrastenico che impersona una feroce fiera in gabbia. Roger danza a strappi, gioca un circense dritto facendosi passare la racchetta sotto le gambe. Così, all’improvviso, durante un normale scambio dal fondo. Colpo giocato giorni prima in quel di Bordeaux da Benoit Paire, in recupero su una palla corta. Per dire. Richard mulinella in diretto contatto con gli astri. L’inelegante corsa da macchietta dei film muti d’inizio secolo, prima di azionare il braccio e deliziare la platea. Rovesci sibilanti come serpi, in corsa, tre metri fuori dal campo. Sembra di rivedere il diciottenne che sorprese tutti e si rivelò al mondo a Montecarlo, nel 2005. In quel precedente vinse Gasquet al termine di un elettrizzante ed interminabile tie-break, chiudendo con un monumentale passante di rovescio. Sei anni fa. Mille traversie fa. Grappoli di match gettati via, fa. E’ tiebreak decisivo anche stavolta. Vuoi vedere che si chiude il cerchio? Federer è una impermeabile maschera di finta rilassatezza. Si è giocato certi match al fotofinish con Djokovic, cosa vuoi che sia. Il francese inizia a farsi frenetico, tirato a molle. Trattiene a stento i grotteschi pugnetti col gomito parallelo al terreno. Nella scatola cranica ha due criceti nani che si muovono ansiosi, con il pannolone. In tribuna Riccardo Piatti se la ride sotto i baffi che non ha. Dovesse riuscire a far riemergere il predestinato in disgrazia, si guadagnerebbe l’immortalità. Una dozzina di Nobel, dalla fisica alla filosofia, fino alla medicina psichiatrica.
Federer regala una proverbiale stecca durante l’esecuzione della "nona" di Beethoven, tipica delle ultime uscite. Poi rimedia grazie ad un vincente dritto metafisico in mezza volata e controtempo. Cose che tra qualche anno non si vedranno più. Ma è solo un’illusione. Per una volta i destini del mondo sono capovolti, Richard trionfa ed esulta con compostezza. Il pusillanime giubila in modo composto. Il cerchio s’è chiuso. Forse.
“Vuoi vedere che…”, ripetuto come un mantra anche durante l’altra galoppata dell’adorabile codardo, chiusa vittoriosamente ed in rimonta contro Thomas Berdych, ceco impostato come un Nando Gazzola che imbraccia una "schioppetta" tarata da un orbo. Una congiura di regime, annesso blocco della piattaforma del blog mi aveva impedito di scriverne giovedì.Ora Nadal, e “vuoi vedere che…”. E' gratis, in fondo.
Il cuore di drago ha ora ha di fronte Roger Federer. Sua maestà calante con brio, ancora capace di antichi colpi marziani alternati a cortocircuiti mentali, contro il francese recuperato a discreti livelli da top 20, dopo traversie da Ulisse smemorato. Proci, sirene e languidi baci al sapor di cocaina. Il match vola via come da pronostico, con lo svizzero a menare le danze, e Richard dignitosamente accodato. Niente, nessuna speranza per chi si aspettava un confronto serrato, chiuso con l’eroe d’oltralpe clamorosamente asfissiato al traguardo, e l’ansia mortifera a tarpargli le meningi. Invece ecco la svolta epocale, che travolge ogni cosa. L’irrazionale materializzarsi, improvvisamente. Federer si rilassa. Una rapida eclissi in cui s’insinua il francese, come un satropo. Vuoi vedere che? Non si dice, al limite si pensa. Vergognandosene ancora, per pudore. Domina il tie-break e porta l’elvetico al terzo. Pare più rilassato del solito, col cervello liberato da ogni inutile orpello ingombrante: il pensiero. Il match è a tratti splendido. Si respirano boccate piene di tennis vero, a tutto campo. Soluzioni ricercate, inusitate carezze, frustate dense di sopita naturalezza contrarie alla fisica degli oggetti. Vinca chi vuole. I muli da soma con orride mascelle digrignate, anelati da molti vati della letteratura tennistica come salvezza del tennis agonisticamente salubre, sono un lontano ricordo. Dio ce ne liberi. Quanto manca Djokovic da uno a dieci? Come una punta d’ernia all’ipotalamo, grosso modo. O una lama che ti trafigge il costato.
Il terzo set segue la regola del servizio, con qualche guizzo prodigioso. Richard cammina coi piedi palmati ed il passo da papero storto. Inizia a fare strane smorfie da Giamburrasca sofferente di chissà cosa. Tra un punto e l’altro cammina disegnando un cerchio come un cincillà nevrastenico che impersona una feroce fiera in gabbia. Roger danza a strappi, gioca un circense dritto facendosi passare la racchetta sotto le gambe. Così, all’improvviso, durante un normale scambio dal fondo. Colpo giocato giorni prima in quel di Bordeaux da Benoit Paire, in recupero su una palla corta. Per dire. Richard mulinella in diretto contatto con gli astri. L’inelegante corsa da macchietta dei film muti d’inizio secolo, prima di azionare il braccio e deliziare la platea. Rovesci sibilanti come serpi, in corsa, tre metri fuori dal campo. Sembra di rivedere il diciottenne che sorprese tutti e si rivelò al mondo a Montecarlo, nel 2005. In quel precedente vinse Gasquet al termine di un elettrizzante ed interminabile tie-break, chiudendo con un monumentale passante di rovescio. Sei anni fa. Mille traversie fa. Grappoli di match gettati via, fa. E’ tiebreak decisivo anche stavolta. Vuoi vedere che si chiude il cerchio? Federer è una impermeabile maschera di finta rilassatezza. Si è giocato certi match al fotofinish con Djokovic, cosa vuoi che sia. Il francese inizia a farsi frenetico, tirato a molle. Trattiene a stento i grotteschi pugnetti col gomito parallelo al terreno. Nella scatola cranica ha due criceti nani che si muovono ansiosi, con il pannolone. In tribuna Riccardo Piatti se la ride sotto i baffi che non ha. Dovesse riuscire a far riemergere il predestinato in disgrazia, si guadagnerebbe l’immortalità. Una dozzina di Nobel, dalla fisica alla filosofia, fino alla medicina psichiatrica.
Federer regala una proverbiale stecca durante l’esecuzione della "nona" di Beethoven, tipica delle ultime uscite. Poi rimedia grazie ad un vincente dritto metafisico in mezza volata e controtempo. Cose che tra qualche anno non si vedranno più. Ma è solo un’illusione. Per una volta i destini del mondo sono capovolti, Richard trionfa ed esulta con compostezza. Il pusillanime giubila in modo composto. Il cerchio s’è chiuso. Forse.
“Vuoi vedere che…”, ripetuto come un mantra anche durante l’altra galoppata dell’adorabile codardo, chiusa vittoriosamente ed in rimonta contro Thomas Berdych, ceco impostato come un Nando Gazzola che imbraccia una "schioppetta" tarata da un orbo. Una congiura di regime, annesso blocco della piattaforma del blog mi aveva impedito di scriverne giovedì.Ora Nadal, e “vuoi vedere che…”. E' gratis, in fondo.
appena finito gasquet-nadal. primo set in equilibrio, secondo set di sfacelo rapido. come djokovic - wawrinka, dove lo svizzerotto ha tirato fuori tutto il meglio di sè nel primo set, poi è crollato. questi due ti portano sull'orlo del burrone, un 6-5 qualsiasi dove devi tenere il servizio, e poi ti buttano di sotto. semplicemente. non c'è via di uscita.
RispondiEliminaHo pensato la stessa cosa: vuoi vedere che?
RispondiEliminaInvece ora sappiamo come è finita (sprecata la palla break ha avuto il black out, ma ne è stranamente uscito ma ormai era troppo tanrdi, Nadal di mestriere psicologico non ha eguali e si è visto, cmq il francese poteva vincere), voglio tenermi il lato positivo, il cerchio si è chiuso e vuoi vedere che....
@Fabio,
RispondiEliminaE' così, sfortunatamente (o fortunatamente per chi gradisce) se quei due sono in condizioni ottimali, gli altri devono trasformarsi in nembo kid. E nemmeno basta. Djokovic-Wawrinka non l'ho vista. Oggi primo set buono del francese, tre palle break non sfruttate ed alla prima concessa, il cannibale non perdona. Semplicemente. =)
@Star/Jess,
Oggi, obbiettivamente, non poteva granchè. Un Nadal così centrato (ma non era prossimo alla rinuncia per un febbrone da cavallo? scusa la domanda retorica) c'è poco da fare. Nel primo set il francese ha retto alla grande. Il lato positivo...beh, l'animo del codardo non può essere cancellato d'un colpo, ma sembra più sgombro nella testa (complessata) e senza problemi alla schiena dei mesi scorsi. Insomma, sulla giusta strada per tornare tra i 10. Hai visto mai. Piatti non è un fesso
Mamma mia Pic, Djokovic - Murray è stata una battaglia tremebonda e inquietante, ad un certo punto ci credevo che vincesse Murray! Poi il doppio fallo al 65 15-30 e la paura di vincere hanno fatto liberare a Djokovic l'urlo di tarzan finale. Domani da Nadal sarà cotto.
RispondiEliminaJess
Se le son date di santa ragione, e Murray ha cannato l'ennesima occasione per "paura eh?" (Carlo Lucarelli)...chissà quante to-tò gli darà mamma Jude.
RispondiEliminaAd ogni modo, CRIMINALE far giocare una semi alle quindi e l'altra di sera (chiusa notte tempo dopo tre ore di battaglia). Fossi nel serbo rinuncerei alla finale. Ma non lo farà.
Pic ha vinto! Non so come ha fatto. Anche io penso che ci sarebbe da protestare per gli orari....scandalosi. Non è che son celiaca anch'io?
RispondiEliminaCerto, certo...adesso che ha scoperto questo inghippo, senza più segale, ma ingurgitando pepe di cajenna...ha raggiunto simili livelli...eh sì, falle le analisi. E' una cosa infingarda, se un atleta se ne è accorto a 24 anni...=)
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