Pagelle e somme vaccate
travestite da considerazioni, sul Master 1000 di Indian Wells appena conchiusosi. E dintorni.
Roger Federer: 9. Torneo straordinario il suo, con picchi di tennis assolutamente
marziano ed inarginabile. Più che la finale con un sorprendente John Isner, il
piccolo grande capolavoro lo fa giocando due set deliranti, di folle dominio,
nella semifinale con Rafa Nadal. Stende il maiorchino sua storica e furente
nemesi tennistica, dalla prima all’ultima palla, in perenne attacco danzante,
senza mai consentirgli di entrare in partita. S’appisola solo sul finale,
quando quasi consente allo stordito spagnolo di rientrare. Quasi, perché dalla
tormenta abbattutasi nel deserto californiano, lo svizzero esce da assoluto
dominatore. Lo sappiamo. Non è certo una novità. Federer esprime ancora un
tennis stellare, di brutale bellezza. A 31 anni come a 25. Rimane però
difficile ed ardimentoso pensare che possa rimanere sulla stessa soglia di rischiossimo tennis d’attacco per tre set di fila. Nadal e Djokovic,
irriducibili e mostruosi combattenti, spesso sono risusciti, sfruttando le regali
pause elvetiche a condurlo nell’atroce pugna. E da quella plebea palude,
volendo spesso fare a braccio di ferro coi due, Federer ne è quasi sempre uscito
con le ossa rotte. Laddove i suoi due giovani avversari si ritrovano a dover
fare i conti da ragionieri e centellinare le energie fisiche per non arrivare
stremati agli impegni di Parigi ed al doppio appuntamento londinese, lui che
invece non è vittima di esasperazioni fisiche di sorta, si ritrova nuovamente da solo in fuga. Col suo bel tennis naturale. Come più si addice
al personaggio.
John Isner: 7,5.
Protagonista inatteso, questo gigante americano dedito ad uno
strambo basket-tennis. Intendiamoci, il pivottone yankee che sembra uscito da
un demente film sul college americano di Ben Stiller (tra l’altro ospite
d’onore di Nadal, in tribuna), è l’autentico ammazzamento di ogni estetica. Un
vile stordimento nefasto e doloroso, che ti fa gridare pietà ad ogni goffo e
pesante caracollio in avanti. Ma il gigante buono ha anche un gran cuore e
coraggio fuori dal comune. All’enorme vantaggio di poter servire delle mine
anti-uomo dall’alto del suo grattacielo, fa da contraltare la difficoltà di
portare quei due metri e spicci a spasso per il campo. Indovina una settimana
eccellente ed una prestazione al limite dell’eroismo, per battere Novak
Djokovic, guadagnandosi la finale di un Masters 1000 e l'ingresso nella top 10. Una cosa da non credere.
Alle devastanti mazzate di servizio, i dirittoni anomali da fermo e volée abbrancate aprendo le ali da condor, abbina un
rendimento nettamente migliorato nello scambio e recuperi che hanno
dell’incredibile. Non riesce a ripetersi in finale contro Federer, ma sarebbe
stato troppo.
Rafael Nadal: 6. V’è un
non so che di lieve, e godereccio sollevamento dello spirito, nel vederlo
impotente. Mai in partita, sbatacchiato da un angolo all’altro del campo come
normale pungiball. Senza che l’altro si rattrappisca per sfinimento al quarto colpo vincente,
perché al terzo l’ha già steso come si fa con un geco bagnato. Rafito allarga
le braccia. Teatrale, stizzito e polemico con lo zio Toni che probabilmente lo
invita a fare qualcosa. "Facci qualcosa, perdio!" Cosa? Mistero. Magari serve&volley come Edberg?
Congegnare quello strambo progetto di rovescio con gesto meno ampio, stile
Connors (ugual-uguale)? Allarga ancora le braccia, sembra addirittura deciso a rispettare il
regolamento. Tra un punto e l’altro non fai più in tempo a caricare la moca,
bere il caffè e fumarti una sigaretta. Ma solo a caricare la moca. Bando, come
lui stesso ha detto, all’elasticità d’interpretazione, onde consentire match
bellissimi ed appassionanti. Sempre lui, lo dice. Stavolta, guardingo, evita di
concludere che, se volevamo sollazzarci con del gran spettacolo, dovevamo
accettare che Ben Johnson ingurgitasse plutonio o che Contador mangiasse le sue
bisteccone al nandrolone. Rispettoso delle (sue) regole, Rafinho fa la danza
della pioggia. Recupera uno dei due break di svantaggio nel secondo, quasi ci
spera. Chiede il permesso-pisciatina, proprio prima che l’altro vada a servire
per il match. Arriva a 15-30. Davvero ci crede. Lo scroscio di pioggia arriva e
lui, solerte come un demonio, chiede la sospensione sul match point. Conosce i suoi polli,
Rafaelito. Sa bene delle fragili meningi monarchiche. Che ci vuole poco per indisporlo,
minarne le sicurezze, buttarla in gazzarra e vincere. Solo che stavolta il film
è un altro. Lo scroscio passa, Federer entra in campo e piazza un ace. Amen. In
sintesi, Nadal non è apparso nelle migliori condizioni, ma è sempre lì, pronto
a sfruttare ogni spiraglio.
Novak Djokovic: 5,5. Come
un’auto con motore depotenziato, ad Indian Wells elargisce agli astanti un tennis
chiaramente inferiore rispetto ai picchi sovrumani esibiti a Melbourne. Anche i
mostri hanno le loro pause vagamente umanoidi. Perde da Isner in semifinale.
Quando le gambe non girano, ha poco altro di tennistico da inventarsi per
spostare l’armadio ambulante yankee. Specie se questi serve in modo
impressionante, sbaglia niente e regge decentemente dal fondo. L’impressione è
che stia centellinandosi per non arrivare già morto a Parigi e per il doppio
impegno di Londra, è forte.
David Nalbandian: 6,5.
Protagonista inatteso, il pantagruelico argentino biondo. Nel circuito ce ne
saranno, ad esagerare, due o tre con un talento naturale paragonabile al suo. Di
panza, forse nessuno. Credo solo Adam Kellner. Ogni tanto se ne ricorda, tra
guizzi e magheggi, nasconde palline ed inventa geniali parabole che sono assoluta
delizia per le fosche pupille avvinte dall'alcol. Peccato solo che a trent’anni, colpa atavica indolenza e
rigetto assoluto per fatica ed atletismo di sorta, il flaco argentiono si
limiti ad estemporanei exploit. Il tempo che andassi a stappare una birra,
recupera un match già perso con Jo Tsonga (5-), sotto 3-6 4-5 e palla del match. Lotta come un lezioso leone obeso anche contro Nadal, ma cede alla distanza.
Andy Murray: 4. Versione
riottosa ameba morta, cede a Garcia Lopez (6, via), surreale spagnolo che per
inspiegabili ragioni ogni tanto regala scalpi eccellenti. Sempre più
increscioso, il rendimento dello scozzese. E surreale il rapporto con coach
Lendl, intento ad allenarsi per il tornei del "champions tour" mentre il suo
pupillo annaspa in un Masters 1000 come
pesce in barile. Ma che chiamasse Johnny Mac, a quel punto. Almeno lui i tornei dei veterani li vince.
Tommy Haas: 6,5. In pochi
mesi questo 34enne tedesco “padre e ancora tennista”, dopo esser stato fermo
per oltre un anno causa bacino smontato, è riuscito a guadagnare 750 posti in
classifica. Risorge, delizia il ristretto pubblico del “challengerone” di
Dallas facendosi tecniche beffe dei vari Seppi, Mahut e Muller. Poi entra in
campo, effettua il palleggio pre-semifinale, prende il
microfono dell’arbitro e comunica al drappello di spettatori: “’O nin poss
più”. E se ne va, col volto larmante, salutato dal malinconico saluto del pubblico.
Frank Dancevic: 7.
Comincio a credere che i miei riti propiziatori portino buono. Che
l’ispirazione divina degli Elohim sia con me. Dopo Romina Oprandi, spinta dal
numero 380 al numero 56, Maria Josè Martinez Sanchez portata dentro le prime venti ed alla vittoria a Roma, McEnroe sapidamente sospinto prima dei match
con Muster e Larsson, ecco Frank Dancevic. Mi ero speso in una sua melancolica
elegia solo qualche giorno fa, dopo averlo visto nel primo turno di
qualificazioni. Poi quelle qualificazioni le supera e non solo, vince addirittura
il torneo, a suon di servizi e goduriose parabole sviolinanti. A tratti sembra non
generare più quelle pazzesche sciabolate di qualche anno fa, colpa di un
fisco menomato. Ma in modo depotenziato e correndo meno rischi, qualche
soddisfazione può ancora togliersela, battendo diversi muratori da top 100.
E se Federer siglasse la doppietta americana(riavvicinando il maiorchino in classifica)? Lo ritieni possibile o e' troppo sperare in una sua vittoria a Miami? Ciao e a presto,Angelo
RispondiEliminaGuarda...di punti e classifiche, punti da difendere, proiezioni future...ammetto di saperne poco o niente. Che vinca a Miami però non è impossibile, anzi. Tornare numero uno la vedo come una cosa difficile, poi chi lo sa...magari controllando punti ed altre cose non lo è affatto. Boh.
RispondiEliminaCiao, a presto.
In barba alla legge Tommasi, il rito propiziatorio va avanti che è un piacere. Doppio 6-4 a Mello e tabellone principale che si avvicina. Ora il giapponese Sugita. Dai Frank!!
RispondiEliminaSì, ottimo...sperando tenga.
EliminaMello tra l'altro mi rimandava a quel nefasto precedente di Wimbledon 2011. Frank dopo aver dominato i primi due, crollò al quinto vittima dell'ennesimo infortunio. Nonn sarebbe male passasse. Magari trova un Seppi (sorteggiato con un qualificato) o Haas, per farci vedere quella semifinale mancata a Dallas.
Ciao, a presto.