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lunedì 18 novembre 2013

RADEK “DAVIS” STEPANEK







Sta diventando un piacevole diversivo di fine stagione, refoletto salvifico o contentino per poveri stronzi, negli ultimi anni, la finale di Davis Cup. Come l'anno scorso è ancora trionfo delle Repubblica Ceca, col vecchio Radek Stepanek a spadroneggiare con faccia picassesca da Ceccherini e tennis spennellato. Che Iddio o qualche svogliato supplente ce lo conservi, fresco, guizzante, fisicamente orrido e tecnicamente ispirato fino a 67 anni, almeno.
Finale deludente, ma chi se ne fotte alla fine. Alla «Belgrade Arena» i padroni di casa serbi aggrappati all'eroe Novak Djokovic ma privi di Troicki (squalificato per aver saltato un controllo antidoping: paura degli aghi, disse. E respinto anche in veste di spettatore, come gli untori) e Tipsarevic infortunato e reduce dal un 2013 da horror vacui, perdendo quasi quanto la leggenda vivente Becuzzi. Rep. Ceca coi soliti gemelli diversi(ssimi) Stepanek e Berdych (Tomas diventa persino simpatico, grazie alla contagiosa antipatia - per gli stronzi, eh - di Radek), da anni quasi esclusive colonne della squadra capitanata da Navratil (in ospedale) e Safarik sul campo.
Fin troppo banale e scontato considerare decisivo il doppio, visti i due punti di Djokovic in cassaforte e quelli di Lajovic (modesto secondo singolarista serbo n°114) sbocconcellati dai due cechi. Un po' strana la presenza di Stepanek nel primo singolare contro Djokovic. Così, senza pensarci, verrebbe da dire: perché il trentacinquenne funambolo non riposa in vista degli altri due, e decisivi, punti? Con Nole, al meglio dei cinque, non vincerebbe più nemmeno a tresette. Invece basta ascoltare la sua intervista pre-match per capire: «Sono pronto a qualsiasi cosa per la mia nazione. Anche giocare cinque ore tutti e tre i giorni». Eroe vero. E meglio un paio d'ore a farsi mettere in palla da Nole, saggiando campo e atmosfera, che starsene in tribuna, con le ossa artritiche a riposo. Vecchia lenza.
Va tutto come dovrebbe andare. Nole porta a casa i due singolari e uno spaesato Lajovic nulla può nei suoi, col suo banale tennis neoclassico, ma ancora a livello challenger di Barletta. Troppo centrato e cattivo il vecchio Radek nel quinto match. Sadicamente ispirato, col limite dell'irrisione tennistica ampiamente valicato. Spennella e ricama, ma spesso gli basta sgonfiare la pallina durante lo scambio, per mandare in tilt un Lajovic sul punto di piangere come un bambino impreparato contro il sadico maestro.
Decisivo doppio dominato dalla stramba coppia ceca. A conti fatti una delle migliori al mondo, perché ben assortita: i virtuosismi guizzanti dell'ispirato Stepanek, cui il palo della luce Berdych fa da solida spalla. Facile e semplicistico dare la colpa della disfatta serba ai due inguardabili doppisti Bozolijac e l'esperto Nenad Zimonjić (il Larussa col fisico sempre più da Giuliano Ferrara: impresentabile zavorra). 
Ma il punto debole, paradossale e potenziale (come il doping di Troicki), dei serbi in questa finale persa in casa per me è Novak Djokovic. Simbolo della Serbia sportiva. Legatissimo alla sua patria e alla Davis (si farebbe espiantare anche un rene senza anestesia pur di difendere i suoi colori), uomo squadra, in condizioni di forma spaventose. Nella manifestazione a squadre, il dominante serbo diventa un nano di fronte al gigante Stepanek e pure a Berdych. Anche se nello scontro diretto lì ha sadicamente mazzuolati senza cedere un set. E come mai, direte? Perché fa quello che non si fa: garantisce i suoi puntoni, e poi se ne lava le mani obbligando il capitano a schierare le due «schiappe». Sfangatevela voi. Il doppio? E chi se ne frega, non è la mia specialità, non voglio rischiare figuracce. Tutto quello che un Berdych (pure antitesi della specialità) non fa. Per come lo vedo io un numero 1 (o 2) al mondo, doveva buttarsi in doppio, invece di affidare le sorti del confronto a un occhialuto numero 250 e uno specialista ormai fisicamente meno in forma di Henri Leconte. Fare quello che hanno fatto Stepanek e Berdych, in sintesi. Nole chiude la stagione, pur formidabile, con altra bruciante sconfitta.
Repubblica Ceca ancora in trionfo, dopo la vittoria sulla Spagna dello scorso anno. Solo gli iberici con Nadal valgono di più (sulla carta, Scottex doppio velo) e la conferma di come in Davis bastano: un top ten, un carismatico istrione e voglia di sacrificarsi senza pensare solo al proprio orticello. Basta vedere il resto della squadra ceca, assai modesto: Rosol e il tracagnotto Hajek, con bonazza moglie al seguito. A proposito, lotta all'ultimo ancheggio e sguardo ammiccante tra le wags. Una sagra della gnocca. Alla fin della fiera, la battaglia più avvincente. Nel mio personale tabellino: 1- Miss Bozolijac. 2- Miss Zimonijc 3- Miss Berdych e Miss Hajek. Staccata la sciroccata compagna di Nole, non pervenuta quella di Radek (l'assente elefantessa Kvitova, che sulla sua pagina posta una foto da trepidante tifosa innanzi alla tv). 


6 commenti:

  1. Ah, Picasso, che bella lettura per un lunedì uggioso, piovoso. Non ho visto la Davis Cup, ma, memore delle performances di Paes/STEPANEK a Londra, immagino il Radek gioioso. Hai ragione, che Dio o tutto l'esercito dei cieli ce lo conservi !
    Darò un occhiata al tuo "personale tabellino". Vedrò anche di trovare un filmato del doppio contro la Serbia.
    Ciao, ti auguro una piacevole settimana.
    Anna Marie

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    1. Personale tabellino certo, tra l'altro tutti ammogliati e il fenomenale la Russa Zimonjic con prole (al seguito).
      Penso ci siano gli highlitshts del doppio su youtube e comunque Supertennis lo ritrasmetterà più volte. Stanotte rimandavano l'irridente lezione di Stepanek al povero Lajovic.
      Buona settimana anche a te Anna Maria

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  2. Ciao pic,hai usato lo stesso termine che io ho pensato vedendo ultimo singolare 'sadico'.....quello ci godeva proprio ad umiliarlo,con quella faccia
    e atteggiamenti pare un personaggio uscito da un libro di perez-reverte...
    sono d'accordo su djoko è lui il vero perdente,verdasco direbbe 'no ha tenido Los co....',rafa (lo ha dimostrato in passato)avrebbe giocato doppio tutta la vita....a proposito anche noi abbiamo il nostro maestro il gaudenzi vince master dei challenger....verrebbe da dire ognuno ha il maestro che si merita ma....è quasi natale....un abbraccio dalla triste milano
    ciao ste

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    1. Sì, cojones ampiamente dimostrati da Nandone facendosi ridicolizzare dal feroricissimo Gasquet.
      Non si tratta di "palle" nel match singolo. In quel confronto Djokovic prende il galletto spagnolo e lo trita come carne di pollo nel trinciacarne e lo dà al gatto. Ma di "coraggio" nel volersi cimentare in una specialità che non è nelle sue corde.
      Il serbo non ha voluto, perché in passato non ha avuto grandi esperienze. Verdasco (o Trusendi) avrebbe giocato, semplicemente perché è Verdasco e non Djokovic, e non ha niente da perdere (ha già perso tutto il possibile).
      Se mi parli di Nadal, come l'esempio è decisamente più calzante.
      Ciao a te Ste

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  3. Djokovic nel doppio e Bozoljac al posto di Lajovic.
    Per dire, qualche settimana fa il numero 2 al mondo ha giocato l'unico doppio dell'anno in coppia con Wawrinka, vincendo anche con specialisti come Buhpathi e Lindstedt. Per lui era un dovere morale giocarlo.
    Come singolarsta invece catapultano un povero terraiolo da challenger, quando hai in rosa un pazzo come Bozoljac che comunque è realmente giocatore da veloce e che negli anni passati ha già frequentato simili platee (quasi leggendario il match a Wimbledon contro Federer). Il povero Lajovic fino all'altro giorno le prendeva da Cecchinato nella terra rossa di Sibiu.

    Però sticà e onore a Radek e al suo bel tennis.

    P.s.: domani ad Andria potrebbe scapparci una finale Dancevic-Brown...il massimo del massimo :-)

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    1. Probabilmente sì. Bozo più abituato e con una possibilità in più di fare match, ma alla fine secondo me cambiava poco. I serbi dovevano trovare un altro punto da aggiungere ai due di Nole. E il doppio è stato penoso. Zimonijc inguardabile, meglio di lui pure il sessantenne Bahrami. :)
      Un numero 1/2 come Djokovic, anche non specialista, si sente e come in campo. Basta vedere uno come Berdych. E non mi si dica che il palo della luce ceco è specialista.
      Visto ora i risultati di Andria, Dancevic ha perso. Con una finale tra i due ci avrei fatto volentieri un salto e speso un'ora e mezza di macchina. Resta il rasta. Ma pure il nanetto Yann Marti (lo davo per morto nel 2012) è divertente da vedere.

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.