Una Melbourne piovosa accompagna la prima giornata degli Australian Open di tennis. Tra scrosci di pioggia e match indoor, il programma si è concluso senza grossi sussulti per i favoriti.
Nell'insonne notte italiana colpisce la mia intorpidita attenzione l'esordio di Kei Nishikori, personaggio sempre gradevole. Uno capace di arrivare al numero 4 al mondo e in finale slam nell'epoca dei Fab Four merita sicuramente rispetto. Se dopo una delicata operazione "stronca carriera" all'anca e altri malanni fisici a 35 anni sei ancora lì a combattere rientrando in top 100 dopo due anni di stop, meriti anche una grande ammirazione. Per sua stessa ammissione all'80% della condizione, appare destinato ad una onorevole sconfitta contro il martello terraiolo Monteiro. Sotto di due set e a un centimetro dalla sconfitta però, è l'animo del samurai a prendere il sopravvento. Kei salva due match point con gliaciale freddezza orientale e allunga il match al quarto set. Non sarà più quello di una volta, ma è sempre bello ammirarne l'intelligenza tattica e composta pulizia di colpi, la voglia di combattere contro se stesso e i suoi limiti attuali. Vola Kei, dilagando anche nel quarto set, quando mi coglie il sonno dei giusti. Ne ho però viste abbastanza per addormentarmi con la serena certezza che l'avrebbe spuntata al quinto set.
Nella nottata italiana, esordio complicato per Casper Ruud, sulla carta (tenera tenderly) tra i favoriti del torneo. Il danese deve combattere quasi quattro ore per domare al quinto set le buffe sfuriate dello spagnolo Jaume Munar. Sarà la canotta, abbastanza ridicola se hai il fisico di Lino Banfi, ma lo spagnolo si esalta tra drop shot, attacchi all'arma bianca con tanto di tragicomici smash al salto. Un mix tra Sampras, Alcaraz, Nadal e Ridolini. Prima passerella anche per Sasha Zverev: in un fiammante rosso Ferrari che rimanda a Schumacher strapazza Pouille, senza mai dare l'impressione di spingere a pieni giri. Lo scenario è simile a un match da circolo, quando incontri uno molto inferiore, un 80enne o un invalido, e cerchi di limitarti per rendere l'incontro un filo più divertente ed allenarti un po'. 6-4 periodico e via, verso la prima vittoria di uno slam.
Nella mattinata, mentre mi accingevo ad andare in chiesa per la Santa Messa, assisto poi all'eroica difesa di Matteo Gigante, opposto al favorito Hugo Humbert. Sorprende l'italiano proveniente dalla qualificazioni che, al primo match in un palcoscenico così importante, gioca per tre ore un tennis mancino gredevolmente estroso, alla pari e a specchio col talentuoso numero 14 d'oltralpe. Manca, fatalmente, nei momenti decisivi di ogni set e il francese col fisico da lanciatore di coriandoli e colpi al fulmicotone la porta a casa. Pochi problemi anche per i gemelli sparapalline cechi Machac e Lehecka, i Berdych mignon, che mi fanno abbastanza impressione. Un po' per i muscoli guizzanti, a stento contenuti nei pantaloncini, mascella squadrata, colpi asettici e plastici, inappuntabili. Sembrano fabbricati in un glaciale laboratorio di Ostrava, facendo rimpiangere la vera scuola ceca dei Korda e degli Stepanek.
Fra le donne, esordio senza patemi per pin up cinese Zheng e la svampita erinni Sabalenka, che si sbarazza in due rapidi set di Sloane Stephens, una che anni fa lottava per vincere slam e che ora veleggia con serena mestizia nelle retrovie. Sorpresa relativa la sconfitta della ceca Noskova (rivelazione dello scorso anno e dai colpi piacevoli) contro l'armadio a sei ante danese Tauson.
Nessun commento:
Posta un commento