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sabato 18 aprile 2015

FED CUP: L'INCHINO DI FLAVIA PENNETTA A BRINDISI, LA DIVA SERENA WILLIAMS, ILLUSIONE GIORGI








Ai bordi di un campo d'allenamento del Foro Italico incrociai i suoi occhioni di cerbiatta. Durò una frazione di secondo e mentalmente le dissi «Mocc'a te, Venere, quanto sei bona. Ma quando vieni abbasciu allu Salentu? Ti porterei in giro per le spiagge, col vento salmastro che ci bacia la pelle fremente e scompiglia i capelli selvaggi a bordo della panda '84. Poi la sera, cullati da una luna bagascia, surchiando ricci di mare e sbevazzando Peroni gelate in riva al mare di Savelletri a “L'oasi del riccio”, ti bacerei con passione».
Lei s'allargò in un sorriso, con la pelle d'ebano bagnata da piccole perle di sudore e sembrò dirmi: «E chi cazz'è mo 'sto malato di mente?».
E l'occasione arriva, sette anni dopo: le sorellone Williams a Brindisi per ltalia-Usa di Fed Cup. Smuovendo le mie conoscenze (dal Senatore Razzi a un usciere della Federazione) mi assicuro uno degli introvabili biglietti sfuggiti ai parenti fino alla ventiduesima generazione di Flavia. In settimana la ferale notizia: Forfait di Venus.
Penso di declinare abbandonandomi a un normale sabato passato tra letto e divano, una sigaretta, un dvd porno e un caffè. Ma diamine, c'è pur sempre Serena. Sbarca in Salento giovedì mattina, come l'ultima delle dive. Un sorridente saluto dietro gli occhialoni e poi all'hotel «Tenuta Moreno», fiabesco gioiello incastonato nel verde, indimenticabile teatro di una mia ubriacatura abbestia durante un pranzo di matrimonio. Poi saggia l'argilla del circolo brindisino.
Partiamo di buon mattino e, bevendo un caffè all'autogrill, partorisco una strabiliante analisi tecnico-tattica della sfida:
L'assenza di Venus «sposta appena» gli equilibri, un par di palle. Dire questo significa essere tifosotti, in malafede o non capire un cazzo di tennis. Forse tutte e tre le cose. Senza Venus da «zero speranze», l'Italia diventa favorita. Dati per persi i due punti di Serena, chiunque delle nostre può portarci sul 2-2, battendo le restanti, modestissime, collegiali yankee:
Riske (inizio stagione così brillante da chiedersi se fosse ancora viva).
McHale (la convocheranno perché porta fortuna come Ibou Ba nel Milan? Non si spiega altrimenti. Di più forti gli Usa ne hanno una ventina. Cinque ex e due già morte).
Lauren Davis (una che sul veloce becca 6-0 5-0 da Errani merita il premio come top 100 più scarsa dell'ultimo ventennio).
E nel decisivo doppio, malgrado la straziante separazione di Errani-Vinci (Robertina condannata a pagare gli alimenti e all'infortunio diplomatico, anche se nella sciagurata debacle con la Francia era risultata la meno colpevole), Errani/Pennetta partirebbero favorite contro qualsiasi coppia americana (Serena assieme a una scarsa a caso). La capitana (sia mai che la Boldrini s'incazzi) Usa Mary Joe Fernandez si è superata con una mandrakata: anche il cane di Serena capisce come il doppio risulterà decisivo, mentre lei rimpiazza Venus con un'altra mediocre singolarista, mica con con una doppista (Mattek?). Gli Usa potrebbero schierare almeno quattro formazioni con cui giocarsela contro l'Italia, ma grazie a lei partono sfavorite anche schierando Serena: genio irripetibile, Maria Giovanna.




*****





Lo scenario è quello, squallidamente genuino in cui, piccino, palleggiai con Jennifer Capriati, sotto lo sguardo vigile del di lei babbo Stefano. E pazienza che Jenny, pur originaria del luogo, mai ci mise piede e io avessi palleggiato con un armadio ora sposata con un salumiere di Bisceglie. Alla buon'anima di mio padre piaceva raccontarla così per darsi un tono. Barcarole arrugginite ormeggiate da decenni, tanfo di primavera in una giornata scaldata da raggi di un maliardo sole quasi estivo, mentre in acqua guizzano pesci ratti. Di fronte a questo spettacolo di ruspante degrado, la Diva Serena potrebbe essere indotta al ritiro prima ancora di entrare in campo.
Platea delle grandi occasioni per il probabile addio di Flavia Pennetta nella sua Brindisi, come una nave da crociera (nessun doppio senso, eh) che fa l'inchino alla sua città. Sperando non emuli Schettino. Peccato che Flavia resti in panca. Coupe de theatre del tricotico Capitano coraggioso, banale non meno che ovvio. Solo Camila Giorgi può battere Serena, se vittima di difficoltosa digestione di sedici panzerotti fritti alla ricotta forte.
Una Dreghèr al baretto, poi entriamo. Di diffonde una voce incresciosa «Ecco El Presidente Binaghi!». Il sultano all'orizzonte è attorniato da amazzoni su cavalli berberi. Al suo passaggio la plebe saluta e s'inchina. Io faccio un rutto di birra. Vedo «pitrisino ogni minestra» Galimba che gigioneggia, facendo l'amico di tutti. L'uomo più vischioso del globo terracqueo. Mi avvicino fingendomi inviato di Espn boliviana. Poi lo congedo: «Ah no scusa, ti avevo scambiato per il custode». Ma forse è davvero il custode, boh.
Dietro ho una coppia di anziani Penna-ultrà. Lui bacchetta l'insipiente moglie: «Flavia nunci scioca piccè la mette ci vannu alli supplementari!» (Flavia non gioca, la schiererà se andranno ai supplementari). Evviva.
Si spera in una Serena vacanziera, giunta in Salento solo per passare un week end diverso, tra uno spaghetto allo scoglio, la tiella di patate riso e cozz', panzerotti fritti e vino di Albano Carrisi. A proposito, si inizia e temo l'inno ululato dal reuccio di Cellino o (peggio ancora) dalla pesciaiola urlatrice Emma Marrone. Pericolo scampato.
Si parte, Serena ha un carisma che lo tocchi, lo senti. Regna quasi un silenzio agghiacciato, dopo un suo fenomenale dritto incrociato. Le sue chiappe sono un monumento, opera d'arte in movimento. Hanno preparato il campo con sabbie mobili e fanghi importati direttamente dall'isola di Guam, assieme a due serpenti a sonagli. Inutile. Per svantaggiare Serena bastava un solo, banale, trucco: programmare il match alle 11,00 sperando che dormisse o impiegasse due set a smaltire la sbornia e digerire l'impepata di cozze.
Un simpatico umorista mostra il cartello #StaySerena. Guardato con commiserazione da tutti, lo arrotola vergognandosi moltissimo. Vedo per la prima volta dal vivo Camila. E' come me la aspettavo. Un robot analmente anemozionale e anorgasmico. Tira bordate marziane. Alla tenera età di 24 anni sta imparando gli sconci rudimenti del tennis. Avete mai visto quegli impacciati adulti che imparano a nuotare? Ecco, è lei. Sembra volerci provare, almeno. Ricade però nei soliti errori: rallenta quando deve accelerare, accelera quando per leggi della fisica può solo difendersi. Una fuoriserie (o crede di esserlo) abituatata a tirare i 300km/h su rettilinei deserti. Ma ogni tanto ci sono le curve, e lei non vuole/riesce a rallentare andando a sbattere irrimediabilmente contro un pilone in cemento armato. Serena invece è consolidata formula uno capace di dosarsi, e spingere al momento giusto. La differenza tra una campionessa e le normali, figuriamoci verso chi ancora deve imparare le basi.
Capitan Barazza è esagitato. Sembra addirittura vivo. Parco di consigli assai preziosi. «Daiii», «Brava», «Ancora», «E andiamo». Chissà cosa penserà della sua robotica creatura babbo Frankenstein Sergio Giorgi. Mi era parso di scorgere il suo cespuglio argentato all'ingresso, intento a urlare contro un ulivo ammalatosi di Xilella fastidiosa due minuti dopo, ma durante la partita è bravo a mimetizzarsi. Ci sono, immancabili e immutabili nei secoli, Pietrangeli con chioma di un bianco accecante e Lea Pericoli, impeccabile statua di cera che suda. Sì, suda.
L'americana, con acconciatura da Aretha Franklin d'annata è attenta a non strafare, in campo e fuori, aizzando il pubblico ruspante con le consuete urla intimidatorie. Esperienza. L'assonnata panterona dormicchia, sgozza una smorzata, strozza una volée raccapricciante, lavora e varia servizi meravigliosi, lascia sfogare la furia della bambola sparacchiante, carbura e piazza la volata da campionessa nel tie-break. Assesta la zampata, saluta e se ne va, con passo regale.





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Usa 1-0. Pausa. Giretto. Sigarettone e poi Errani impegnata contro tale Lauren Davis, 157 cm di ripugnanza tennistica. Ok le assenze. Va bene non aver convocato una doppista. Passi che tutte e tre le yankee partirebbero sfavorite, ma per non correre rischi la capitana Usa opta per la più scarsa delle tre. Una che solo un mese fa aveva beccato dalla romagnola un eloquente 11-0. Sul cemento. Cristo santo. Anche Homer Simpson ubriaco capirebbe di come la Davis non ha mezza possibilità su mille di fare partita con Errani. Geneticamente.
Mi sorbisco i primi giochi, orrido pallettarismo iberico anni '80 di bruttezza epocale, in cui la nostra cucina l'impresentabile gnoma americana. (6-1 Errani, dai?) e getto la spugna. Mi ricordo di un impegno più importante: comprare i croccantini al gatto.
1-1 e domani è un altro giorno, verso il decisivo doppio. Italia 60%, Usa 35%, Io che invado il circolo 5%.



Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.