Ai bordi di un campo d'allenamento del Foro Italico
incrociai i suoi occhioni di cerbiatta. Durò una frazione di secondo
e mentalmente le dissi «Mocc'a te, Venere, quanto sei bona. Ma
quando vieni abbasciu allu Salentu? Ti porterei in giro per le
spiagge, col vento salmastro che ci bacia la pelle fremente e
scompiglia i capelli selvaggi a bordo della panda '84. Poi la sera,
cullati da una luna bagascia, surchiando ricci di mare e sbevazzando
Peroni gelate in riva al mare di Savelletri a “L'oasi del riccio”,
ti bacerei con passione».
Lei
s'allargò in un sorriso, con la pelle d'ebano bagnata da piccole
perle di sudore e sembrò dirmi: «E
chi cazz'è mo 'sto malato di mente?».
E
l'occasione arriva, sette anni dopo: le sorellone Williams a Brindisi per ltalia-Usa
di Fed Cup. Smuovendo le mie conoscenze (dal Senatore Razzi a un
usciere della Federazione) mi assicuro uno degli introvabili
biglietti sfuggiti ai parenti fino alla ventiduesima generazione di
Flavia. In settimana la ferale notizia: Forfait di Venus.
Penso
di declinare abbandonandomi a un normale sabato passato tra letto e
divano, una sigaretta, un dvd porno e un caffè. Ma diamine, c'è pur
sempre Serena. Sbarca in Salento giovedì mattina, come l'ultima
delle dive. Un sorridente saluto dietro gli occhialoni e poi all'hotel «Tenuta
Moreno», fiabesco gioiello
incastonato nel verde, indimenticabile teatro di una mia ubriacatura
abbestia durante un pranzo di matrimonio. Poi saggia l'argilla
del circolo brindisino.
Partiamo
di buon mattino e, bevendo un caffè all'autogrill, partorisco una
strabiliante analisi tecnico-tattica della sfida:
L'assenza
di Venus «sposta appena»
gli equilibri, un par di palle. Dire questo significa essere
tifosotti, in malafede o non capire un cazzo di tennis. Forse tutte e
tre le cose. Senza Venus da «zero
speranze», l'Italia diventa favorita.
Dati per persi i due punti di Serena, chiunque delle nostre può
portarci sul 2-2, battendo le restanti, modestissime, collegiali
yankee:
Riske
(inizio stagione così brillante da chiedersi se fosse ancora viva).
McHale
(la convocheranno perché porta fortuna come Ibou Ba nel Milan? Non si
spiega altrimenti. Di più forti gli Usa ne hanno una ventina. Cinque ex e due già morte).
Lauren
Davis (una che sul veloce becca 6-0 5-0 da Errani merita il
premio come top 100 più scarsa dell'ultimo ventennio).
E
nel decisivo doppio, malgrado la straziante separazione di Errani-Vinci (Robertina condannata a pagare gli alimenti e
all'infortunio diplomatico, anche se nella sciagurata debacle con la
Francia era risultata la meno colpevole), Errani/Pennetta
partirebbero favorite contro qualsiasi coppia americana (Serena
assieme a una scarsa a caso). La capitana (sia mai che la Boldrini
s'incazzi) Usa Mary Joe Fernandez si è superata con una mandrakata:
anche il cane di Serena capisce come il doppio risulterà decisivo, mentre lei rimpiazza Venus con un'altra mediocre singolarista, mica con con
una doppista (Mattek?). Gli Usa potrebbero schierare almeno quattro
formazioni con cui giocarsela contro l'Italia, ma grazie a lei partono
sfavorite anche schierando Serena: genio irripetibile, Maria
Giovanna.
*****
Lo
scenario è quello, squallidamente genuino in cui, piccino,
palleggiai con Jennifer Capriati, sotto lo sguardo vigile del di lei
babbo Stefano. E pazienza che Jenny, pur originaria del luogo, mai ci
mise piede e io avessi palleggiato con un armadio ora sposata con un
salumiere di Bisceglie. Alla buon'anima di mio padre piaceva
raccontarla così per darsi un tono. Barcarole arrugginite ormeggiate
da decenni, tanfo di primavera in una giornata scaldata da raggi di
un maliardo sole quasi estivo, mentre in acqua guizzano pesci ratti.
Di fronte a questo spettacolo di ruspante degrado, la Diva Serena
potrebbe essere indotta al ritiro prima ancora di entrare in campo.
Platea
delle grandi occasioni per il probabile addio di Flavia Pennetta
nella sua Brindisi, come una nave da crociera (nessun doppio senso,
eh) che fa l'inchino alla sua città. Sperando non emuli Schettino.
Peccato che Flavia resti in panca. Coupe de theatre del tricotico
Capitano coraggioso, banale non meno che ovvio. Solo Camila Giorgi
può battere Serena, se vittima di difficoltosa digestione di sedici
panzerotti fritti alla ricotta forte.
Una
Dreghèr al baretto, poi entriamo. Di diffonde una voce
incresciosa «Ecco El Presidente Binaghi!». Il sultano
all'orizzonte è attorniato da amazzoni su cavalli berberi. Al suo
passaggio la plebe saluta e s'inchina. Io faccio un rutto di birra.
Vedo «pitrisino ogni minestra» Galimba che gigioneggia, facendo
l'amico di tutti. L'uomo più vischioso del globo terracqueo. Mi
avvicino fingendomi inviato di Espn boliviana. Poi lo congedo: «Ah
no scusa, ti avevo scambiato per il custode». Ma forse è davvero il custode, boh.
Dietro
ho una coppia di anziani Penna-ultrà. Lui bacchetta l'insipiente
moglie: «Flavia nunci scioca piccè la mette ci vannu alli
supplementari!» (Flavia non gioca, la schiererà se andranno ai supplementari).
Evviva.
Si
spera in una Serena vacanziera, giunta in Salento solo per passare un
week end diverso, tra uno spaghetto allo scoglio, la tiella di patate
riso e cozz', panzerotti fritti e vino di Albano Carrisi. A proposito, si
inizia e temo l'inno ululato dal reuccio di Cellino o (peggio ancora)
dalla pesciaiola urlatrice Emma Marrone. Pericolo scampato.
Si
parte, Serena ha un carisma che lo tocchi, lo senti. Regna quasi un
silenzio agghiacciato, dopo un suo fenomenale dritto incrociato. Le
sue chiappe sono un monumento, opera d'arte in movimento. Hanno
preparato il campo con sabbie mobili e fanghi importati direttamente
dall'isola di Guam, assieme a due serpenti a sonagli. Inutile. Per
svantaggiare Serena bastava un solo, banale, trucco: programmare il
match alle 11,00 sperando che dormisse o impiegasse due set a smaltire
la sbornia e digerire l'impepata di cozze.
Un
simpatico umorista mostra il cartello #StaySerena. Guardato con
commiserazione da tutti, lo arrotola vergognandosi moltissimo. Vedo
per la prima volta dal vivo Camila. E' come me la aspettavo. Un robot
analmente anemozionale e anorgasmico. Tira bordate marziane. Alla
tenera età di 24 anni sta imparando gli sconci rudimenti del tennis.
Avete mai visto quegli impacciati adulti che imparano a nuotare?
Ecco, è lei. Sembra volerci provare, almeno. Ricade però nei soliti
errori: rallenta quando deve accelerare, accelera quando per leggi
della fisica può solo difendersi. Una fuoriserie (o crede di
esserlo) abituatata a tirare i 300km/h su rettilinei deserti. Ma ogni
tanto ci sono le curve, e lei non vuole/riesce a rallentare andando a
sbattere irrimediabilmente contro un pilone in cemento armato. Serena invece è consolidata formula uno
capace di dosarsi, e spingere al momento giusto. La
differenza tra una campionessa e le normali, figuriamoci verso chi
ancora deve imparare le basi.
Capitan
Barazza è esagitato. Sembra addirittura vivo. Parco di consigli assai preziosi. «Daiii»,
«Brava», «Ancora», «E andiamo». Chissà
cosa penserà della sua robotica creatura babbo Frankenstein Sergio Giorgi. Mi era parso di scorgere il suo cespuglio
argentato all'ingresso, intento a urlare contro un ulivo ammalatosi di Xilella fastidiosa due minuti dopo, ma durante
la partita è bravo a mimetizzarsi. Ci sono, immancabili e immutabili
nei secoli, Pietrangeli con chioma di un bianco accecante e Lea
Pericoli, impeccabile statua di cera che suda. Sì, suda.
L'americana,
con acconciatura da Aretha Franklin d'annata è attenta a non
strafare, in campo e fuori, aizzando il pubblico ruspante con le
consuete urla intimidatorie. Esperienza. L'assonnata panterona
dormicchia, sgozza una smorzata, strozza una volée raccapricciante,
lavora e varia servizi meravigliosi, lascia sfogare la furia della
bambola sparacchiante, carbura e piazza la volata da campionessa nel
tie-break. Assesta la zampata, saluta e se ne va, con passo regale.
*****
Usa
1-0. Pausa. Giretto. Sigarettone e poi Errani impegnata contro tale
Lauren Davis, 157 cm di ripugnanza tennistica. Ok le assenze. Va bene
non aver convocato una doppista. Passi che tutte e tre le yankee
partirebbero sfavorite, ma per non correre rischi la capitana Usa
opta per la più scarsa delle tre. Una che solo un mese fa aveva
beccato dalla romagnola un eloquente 11-0. Sul cemento. Cristo
santo. Anche Homer Simpson ubriaco capirebbe di come la Davis non ha
mezza possibilità su mille di fare partita con Errani.
Geneticamente.
Mi
sorbisco i primi giochi, orrido pallettarismo
iberico anni '80 di bruttezza epocale, in cui la nostra cucina l'impresentabile gnoma
americana. (6-1 Errani, dai?) e getto la spugna. Mi ricordo di un
impegno più importante: comprare i croccantini al gatto.
1-1
e domani è un altro giorno, verso il decisivo doppio. Italia 60%,
Usa 35%, Io che invado il circolo 5%.