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mercoledì 13 luglio 2016

WIMBLEDON 2016, PAGELLE, PROMOSSI E BOCCIATI

Uomini




Andy Murray 8. Fatalmente inferiore tecnicamente a Federer, mentalmente e fisicamente a Nadal e Djokovic, con una madre Psycho e Lendl reduce da trentennale esaurimento nervoso con turbe psichiche da Wimbledon al suo angolo, il destino di Andy pareva segnato. Destinato alle pagine di cronaca nera come non avveniva dai tempi di Jack lo squartatore. Doppiamente bravo quindi, nella perseveranza. L'uscita di Djokovic (e il referendum brexit) lo rende favorito assoluto dell'edizione 2016 di Wimbledon. E lui è bravo a rispettare il pronostico non concedendo nulla. Prova di maturità della murena scozzese. Il suo tennis però lo trovo frizzante quanto un reading di Sandro Bondi che recita la sua poesia su Cicchitto.
Milos Raonic 7,5. Supermac impone la mano benedetta sul suo testone da suino e lo lancia verso il trionfo (mancato di un soffio) nel Sacro Tempio. Sarebbe stato un miracolo gaudioso, annessa beatificazione della scettica Santa Sede. È benedetto da McGenious, Milos. Devastante al servizio e comodini di dritto, più una maggiore convinzione nel serve and volley e un rovescio decisivo nei momenti topici contro Federer. Non è bellissimo da vedere (eufemismo pietoso), ma potenzialmente dominante. E su quella potenzialità da sgrezzare che coach Piatti ha scommesso, arrivando a mollare cinicamente il bellissimo cigno bagnato Gasquet da cui non aveva più nulla da cavare se non la bile. Manca l'ultimo tassello della finale, persa senza mai dare l'impressione di poter impensierire Murray.
Roger Federer 7. La parabola del divino che dominò, cadde, lagrimò, si rialzò, resuscitò il terzo giorno come il nazareno, lottò impotente contro le forze del male, tornò a vincere, ruzzolò ancora senza insozzarsi e gettare gocce di umano sudore, seguitando algido a generare tennis stellare. Non più vincente ma di esclusivo godimento estetico. Perché lo svizzero è altro da sé. Cosa ci importa dei titoli? Le vittorie imbruttiscono e sviluscono tutto. Il Pathos, la tragedia, sta altrove. E La vicenda del Federer alla caccia del diciottesimo major è stata la cosa più interessante del torneo. Al diavolo la finale degli sterili buzzurri. Strano dirlo del tennista più vincente della storia. Ohibò. Di solito queste frescacce le scrivo di Gasquet o Petzschner. Qualcosa vorrà dire. Arriva a Wimbledon in condizioni incerte, mai così vulnerabile, dichiarato sportivamente morto per l'ennesima volta, dopo l'infortunio e una stagione di puro tour ad uso di venerazione dei fedeli. Invece si gestisce bene, il tabellone, quasi con riverenza, si apre a scenari imprevisti e imprevedibili (non da me, ovvio). Si salva con classe e un pizzico d'eroismo a un passo dalla capitolazione contro il bradipesco pastorello Cilic. Sembra poter disinnescare anche le mine di Raonic, regala sprazzi di gran tennis frammentario, arrivando a un passo dall'incredibile finale, prima dell'eclissi e ruzzolone anche fisico. Impietosamente giustiziato dallo sgraziato canadese. Qualcosa che somiglia a un'irrisone, sfregio del bello. Anche con Nadal e Djokovic fuori gioco, salta fuori un killer canadese. Federer a 35 anni perde in semifinale, come sempre o quasi negli ultimi sette anni in cui ha vinto uno slam di numero. Eppure, per molti abbagliati dalla sua aura e convinti ne abbia vinti 23, Roger è finito ieri. Il Re è morto, evviva il Re. Non so come e quando finirà Federer, magari con una lancia nel petto mentre piscia dal balcone come sperava Vitellozzo, ma di certo non è finito a Wimbledon 2016 che anzi, analizzato a mente fredda e viste le premesse, per lui resta un torneo positivo.
Nick Kyrgios 6-. "Puoi vincere Wimbledon, Nick?" "Ma certo", condito da espressione quasi incredula per la domanda così sciocca. Se sei cresciuto nei tempi di McEnroe, Lendl e Connors, la cosa non ti sorprende più di tanto. Chi è nato nell'era del "ma no, lui è più forte di me, è il più forte di sempre" (in realtà sognando di ammazarlo di notte) nel duopolio Naldal-Federer, o della simpatia clownesca di Nole il giullare tagliagole, le dichiarazioni di Kyrgios paiono irrispettose del cerimoniale, il suo atteggiamento superbo. E fallo un sorriso finto, ragazzo. Il problema vero dell'ignorante aussie è che alle parole seguano i fatti. E sul campo, in due anni, non ha mostrato quei miglioramenti necessari per far saltare il banco. Tennis violento, assolutamente moderno, e atteggiamento verace da anni '80. E questo però, a me non dispiace.
Marin Cilic 6. Federer smonta questo Frankenstein di Medjugorje, tornato ai fasti di New York e delle mentine al plutonio, sul più bello (o spaventoso per noi).
Novak Djokovic 4. Svuotato e in fase di hangover dopo l'agognato trionfo parigino, letteralmente ribaltato come un polpo sullo scoglio da Sam Querrey.
Jaun Martin Del Potro 7,5. Un miscuglio di commosso piacere e tristezza accompagnano Giovan Martino il campanaro all'impresa contro Wawrinka. Il pistolero è tornato, ma a metà servizio. Tutto bombe di servizo e dritto, senza rovescio per non rischiare il polso sinistro tenuto assieme per miracolo. Un mezzo, grandissimo, tennista. Chiedere a Tsonga come stare tra i top ten senza rovescio.
Sam Querrey 7. Personaggio di questo championschips, lui che è l'emblema dell'anti personaggio, col successo clamoroso ai danni del serbo invincibile. Terremoto autentico. Atteggiamento dimesso e allampanato, cappellino, spalle scoscese, labbra da Joker con smorfie spaventevoli. Te lo immagini con camicia a scacchi e accetta in mano che spacca legna davanti alla sua casetta del Wisconsin (o, più probabile, sotterri un cadavere), invece prende a legnate Djokovic e ne sotterra i resti.
Tomas Berdych 6. Un torneo che è il simbolo della decennale, prevedibile, carriera da noioso perdente d'alte quote.


Donne

Serena Williams 8. Terza finale slam stagionale, e stavolta la azzanna con ferocia straordinaria, dopo le due perse a causa di eclissi cui hanno coinciso meteore irripetibili di Kerber e Muguruza. Ribadisce con forza come la più forte si tutte sia lei, a dispetto dei 35 anni. Godimento estremo il modo in cui si prende la rivincita sul würstel tedesco, sbranato famelicamente. Simile al Milan che, dimenticato il suicidio di massa a Istanbul, battè il Liverpool due anni dopo.
Angelique Kerber 7. Nuovamente carica a pallettoni, dopo i cinque mesi post sbornia australiana. Impeccabile fino alla finale, persa dignitosamente contro Serena. Ribatte colpo su colpo, ma se l'altra non è colta da frenesia e mal di mare, l'adorabile Briegel in gonnella, ci perde 11 volte su 10.
Elena Vesnina 6,5. I suoi "ahiaaaa" mentre Serena la percuote con inusitata violenza, fanno quasi tenerezza. Esperta, buona su erba, ottimo torneo.
Eugenie Bouchard 4-. Si fa notare per acute osservazioni da fescion blogger su vestitini e unghie delle raccattapalle. Fosse sexy e intelligente come Kournikova potrebbe reinventarsi un'altra carriera. Invece lei a Wimbledon rimanda alla stridente immagine della fescion blogger a un simposio letterario.
Camila Giorgi 5. Battaglia straordinaria persa contro Muguruza, il nuovo fenomeno. Titoloni, entusiasmo, "bella sconfitta". Solo io ci ho visto dell'atroce in quella sconfitta, contro una iberica in condizioni così pietose che avrebbe perso anche da Gloria Pizzichini? E infatti, due giorni dopo, con Garbine messa nel taschino da una Cepelova qualsiasi, titoli da rifare. La nostra stellina è però pronta al lancio nel firmamento. Per ora nel firmamento ci arrivano solo le sue trogloditiche mazzate, facendo la barba alla luna (spaurita). Non leggo nessun giornalista tennistico, perché mi annoiano più di Luciano Onder in una puntata di Medicina 33 sulla prostata. Fa eccezione Paolo Bertolucci, competente e brioso. Bene, sulla rosea descrive Camila come tennista di talento pazzesco, completa, dalla varietà di colpi straordinaria, manco fosse se non Hana Mandlikova, una Schiavone qualsiasi. E allora, prendo atto di non capire cazzo uncinato di questo sport. Perché per me questa ragazza gioca in modo demenziale, sempre uguale, in un modo contrario alle leggi spazio temporali. Cose che capiresti anche a sei anni giocando contro un muro:
Che se sei in recupero e tiri fortissimo la pallina ti ritorna imprendibile a campo vuoto. E, a volte, vale anche quando dall'altra parte non c'è il muro ma un'avversaria (di cui ignora l'esistenza, perché lei guardava solo Agassi e il tennis maschile). Amen. Ci proverà alle Olimpiadi, forse difendendo i colori di Andorra.
Garbine Muguruza 3. Ingiocabile a Parigi, due settimane dopo sembra una mucca di Pamplona che ha fatto indigestione di erba medica.
Venus Williams 7,5. Se c'è qualcosa di più atrocemente insopportabile, sono i vincitori morali. E allora diciamo che lei, come Federer tra gli uomini, ha costruito la storia più interesaante da vedere e raccontare. Ricca di sfumature, sofferenze, imprese impossibili, rimonte, colpi da campionessa. A 36 anni azzanna la semifinale, con classe, cuore ed eleganza. Perde come prevedibile da Kerber (che si guadagna una doppia razione di botte vendicative da Serena), si rifà trionfando in doppio con la sorellona. Perché le Olimpiadi si avvicinano...


lunedì 4 luglio 2016

TERREMOTO WIMBLEDON, MEZZI BILANCI E RUTILANTI VATICINI




La proibita domanda aleggia nell'aria: ma perché non li organizzano sulla spiaggia di Bibione o nello splendido scenario di Giardini Naxos con Daniele Piombi supervisor? Edizione 2016 dei Championships funestata dalla pioggia battente, al punto da scomodare, quarta volta fa quando esiste il tennis, la sacra domenica di riposo per completare gli ottavi.
Terremoto tra gli uomini, col gemello di Jeffrey Dahmer Sam Querrey che ribalta il favorito e numero uno Novak Djokovic. Chi ne approfitterà? Raonic e Federer prima, poi forse Murray.
Tra le donne relative sorprese la sconfitta di Petra Kvitova e di una imbarazzante Muguruza in versione mucca prataiola, finalista uscente e fresca vincitrice a Parigi. Solito mucchio selvaggio dietro a Serena. Chi sarà l'improvvisata sicaria Kerber/Muguruza londinese? Prendo Keys. Anzi, presa l'accoppiata Keys-Kyrgios vincitori per svernare (con due euri) a Honolulu.
Vediamo, brrrrevemende (cit. Biscardpne) agli ottavi delineatisi ieri:

Uomini

Querrey-Mahut. L'americano gelido giustiziere di Djokovic alla prova del nove. Alto, allampanato picchiatore col cappelino, il "mostro di Sab Francisco" è il perfetto prototipo dello yankee baseball tennis del post Roddick. La sua faccia degna di una macabra puntata monografica di "Stelle nere". Corsa dell'americano (voglia il corlo: pregare, pure un ramadan va bene) destinata ad essere interrotta da Nicolas Mahut, francese agèe dal delizioso serve&volley in gran forma, capace di battere e irridere Ferrer ristabilendo (per una volta) l'ordine naturale delle cose. Ma ve lo immaginate Nicolas premiato dalla regina? La rimascita del tennis.
Raonic-Goffin. Grazie alla magia, più che al contributo tecnico, di Supermac, Milos McRaonic vola in modo sapiente, come sbilenco airone. Occasione della vita il suo tabellone. Il canadese visto fino ad ora non dovrebbe avere problemi a disfarsi del malefico nano Goffin, pronto però a inserirsi se l'altro abbbasserà il livello. Quote ridicole. 3-0 no o over giochi a 2,00 può starci.
Federer-Johnson. Sua divinità attempata si è ben amministrato. Con tabellone liberato dal serbo, si aprono scenari gaudiosi. Sulla sua strada ora non cannibali, ma picchiatori feroci. Occhio a sottovalutare questo Johnson, gigante bombardiere yankee col cappellino (n'antro), caldo e reduce da una vittoria nel pre-Wimbledon.
Cilic-Nishikori. Brividi pensando come questo accoppiamento lacerante sia stato una finale slam. Equilibrio, 50-50. Preferisco il sapiente samurai, ma over e passa la paura.
Berdych-Vasely. Derby ceco a specchio. Il vecchio e il nuovo. Da preferire il giovane mancino (appena) più piacevole, ma temo una vittoria del miope perdente in quattro set con tre tie-break.
Tomic-Pouille. Da scrivere un trattato sulla giovane testa di cazzo (tennistica) australiana. Il francesino è completo e sottovalutato (book suicidi lo davano a 2,20 contro il molle Young). Se avrà evitato i bar domenica sera e capito (dubito fortemente) l'occasione che gli apre il tabellone, passa l'australiano.
Tsonga-Gasquet. Derby transalpino di lusso. Richard non ha incantato contro modesti terraioli. Jo l'ha spuntata nella tremebonda maratona con l'inguardabile perticone Isner. Match aperto ad ogni soluzione. Per giocare, dico Richard proditorio, 11-9 al quinto.
Murray-Kyrgios. Bookmakers pazzi nel quotare Murray a 1,15 e l'ignorante aussie a 5,50. Lo scozzese è favorito,a certe quote nemmeno se l'avversario fosse Gimeno Traver. 3-0 no o over giochi a 2,00 in un sistema, per chi pavidamente non si fida del tamarro.


Donne

S.Williams-Stephens. Serena alla prova dell'eterna erede incompiuta Sloane, tutt'altro che convincente a Londra, come da tre anni a questa parte. Quote imbarazzanti. Forse un over 18,5 ci starebbe in un multiplone.
Pavlyuchenkova-Vandeweghe. In tempi di spiaggiamenti di balenotteri, ecco spuntare l'allegro cucciolo di capodoglio Nastasja, ebbra di fragole alla panna (sei kg al giorno). Corsa che può infrangersi con l'americana Cocò, il cui tennis arrembante e dal gran servizio ben si adatta all'erba.
Radwanska-Cibulkova. Ennesimo confronto tra le due, con la maga polacca (fortunosamente superstite) che soffre tremendamente la gnoma killer slovacca. Se me la danno alla pari, prendo la maga, che però uno slam mai lo vincerà (mani sui coglioni).
Makarova-Vesnina. Ottavo a sorpresa tra le due compagne di doppio, appena meno simpatiche di un'ernia. Equilibrio, leggero vantaggio per la smunta Makarova. Pronostico: interruzione per oscenità tennistica e ripescaggio della Strycova.
Halep-Keys. Equilibrato, non meno che interessante, confronto di stili tra l'operaietta Halep (invisa in modo clamoroso ai tifosi italiani contagiati da Salvini) e la potente americana dal potenziale assai notevole. Prendo Keys, solo pensando a Honolulu.
Doi-Kerber. Diosanto. Tutti col kimono a spingere la minuscola Misaki affinché ci liberi dal male. 0-2 no e vai.
Venus Williams-Suarez Navarro. La vecchia Venere è stata commovente nell'aggrapparsi a questa seconda settimana. Il punto è: a 36 anni, con gli acciacchi noti e le energie spese, ne avrà ancora per battere Carlita terricola? Se è anche al 70%, Venus la può vincere. Il resto lo farebbe la testa di campionessa.
Shvedova-Safarova. Abbinamento da nightmare. Evitatele accuratamente e chiamate gli artificieri. La kazaka che piscia in piedi e la morticella ceca che picchia e sviene con la stessa frequenza (ma paradossalmente uscita vittoriosa da epiche battaglie). Meno peggio la seconda.

lunedì 27 giugno 2016

WIMBLEDON BREXIT. FEDERER È FINITO, QUINDI PUÒ VINCERE I CHAMPIONSHIPS








Venti democraticamente nazifascisti soffiano sulla Gran Bretagna e grossi punti interrogativi sull'edizione Brexit dei championships: potrebbe vincere chiunque e poi il titolo sarà assegnato al primo britannico. Probabilmente Murray. Anzi no, appartenendo il povero Andy alla villica popolazione scozzese che ha votato per restare in Europa, niet. Via libera dunque alla fiaba del panzerotto Marcus Willis, numero 700 al mondo e vincitore davanti alla centoseienne Regina Madre vestita come un pisello bonduelle. Fa chiarezza la neo sindaca di Roma Virgy Raggi, sempre più politica di razza e convinta d'essere sindaco del mondo: "Un attimo, vince chi solleva la coppa. L'acqua ogni tanto bagna! In qualità di sindica di Londra prometto legalità contro chi arrubbeno, che uno vale uno stando alle disposizioni del direttorio della legalità contro i zozzoni ladri se no lo espulgiamo subbito che ci tagliamo i stipendi noi. Non siamo euroscettichi ma ci vuole un referendum contro l'euro perché affama laggente su facebook. Viva Farange. A riveder le stelle." (Ambulanza).


Ma bene, veniamo ora alla parabola di Federer ai discepoli. La breve stagione tennistica sul verde ha lasciato scampoli di anacronistica bellezza fine a sé stessa, con fatue vittorie di allegri zuzzurelloni tedeschi europeisti (il Kohli che giocasse sempre in Germania sarebbe il vero Goat e il redivivo Florian Piero Angela Mayer). Ma, più di tutto, ci ha detto di un Roger Federer annaspante. Finito, leggo. Per la terza o quarta volta nell'ultimo decennio. Ora ha 35 anni e sarebbe anche naturale, ma niente nel Divino Elvetico è mai stato naturale, lui emblema della naturalezza e degli ossimori irrazionali (lui che è tanto razionale). Federer è finito la prima volta nel 2009, a 28 anni, in lacrime a Melbourne (lui che è tanto gelido e impermeabile). Troppo vecchio, si diceva. In realtà, il più forte di sempre aveva trovato sulla sua strada Rafa Nadal all'apice della sua furia innaturale, mostrandosi impotente (lui, l'onnipotente). Il Divino seppe rialzare le nobili carni e vincere un altro slam, per poi essere ridichiarato finito qualche tempo dopo, a seguito di furenti battaglie perse contro Djokovic al meglio dei cinque set. Troppo logoro per competere con questi giovani al massimo dell'esplosività fisica, si disse. Il Divino però non si abbattè, ma con proverbiale meticolosità e cocciutaggine elvetica è rimasto lì, collezionando folgoranti vittorie parziali e dolorose sconfitte contro i due erculei devastatori (lui, numero uno di sempre). Emblema della fallibilità di Dio. Fino alla terza dichiarazione di morte accompagnata da accorate invocazioni di abbattimento: va bene tutto, ma maltrattato dal torpe Robredo a New York o dal mollusco Del Bonis, proprio no. Anche questa volta, il celeste ha proseguito per la sua strada, cambiato destriero, inventato diavolerie tecniche e pubblicitarie, tra serve and volley, tattiche arrembanti e inutili Sabr. Nuovamente tra i primi tre, gaudiose vittorie di tappa e sconfitte negli slam, restando il numero uno di sempre nell'immaginario collettivo.
Storia di pochi giorni fa, a Stoccarda e Halle, su prati un tempo terreno di facili vittorie in surplace, è sconfitto in battaglia non da Djokovic o Murray, ma da giovani in rampa di lancio quali Thiem e Zverev. Ce n'è abbastanza da dichiararlo morto per la quarta (o quinta) volta e ritenerlo quindi seriamente candidato alla vittoria di Wimbledon, con la nuova barba incolta. Perché quella di Federer è una parabola infinita di contraddizioni tale, che sarebbe una logica conseguenza.
Lo svizzero è per tutti il simbolo di questo sport, giusta prosecuzione della parola tennis, come il braccio che si fonde e innerva con la racchetta nelle volée di Supermac. Molti dei suoi tifosi, per sottolinearne l'immensità, si accapigliano parlando di vittorie, titoli, record, ma la sua grandezza è stata ed è rimanere il "numero uno" vincendo la miseria di uno slam in sette anni, in un mare di sconfitte. Con buona pace dei goat, è qualcosa che va oltre. Piacere carnale, masturbazione estetica, più che masturbazione da titoli. Quando provai a scriverlo nel 2010 fui persino attaccato e tacciato di blasfemia, da condurre nelle segrete del vaticano assieme a Nuzzi.
Quest'anno, dopo il misterioso infortunio, ha saltato la stagione sul rosso (tranne breve apparizione e urbi et orbi romano). Non mi sorprendono dunque i balbettii pre Wimbledon, tenendo conto di un'altra contraddizione: il Divino è l'immagine stessa della naturalezza tecnica, pare nato per colpire palline come una farfalla per svolazzare in un praticello fiorito, ma è anche un computer implacabile. Capace di amministrarsi e centellinare le sue forze come nessuno. Non escludo quindi che si stia gestendo da par suo per arrivare al top nel torneo londinese e, soprattutto, alle olimpiadi.
Vincerà? E che ne so, non sono mica il mago di Arcella. E Djokovic e Murray non sono due sciaquapallette (cit. er ricotta). Lo scozzese si è nuovamente affidato alle sapienti mani di Lendl, che sa bene cosa occorra per vincere Wimbledon e già lo ha guidato alla vittoria. Ma come, dirà qualche sprovveduto, proprio lui che mai lo vinse da giocatore e che quasi cadeva preda di un esaurimento nervoso per colpa dell'erba maledetta? Certo, chi ha provato maniacalmente tutte le vie per vincerlo senza riuscirci ha più cose da insegnare rispetto a chi lo ha vinto "solo" perché baciato dal talento, come McEnroe. Buffo vedere Supermac al fianco di Raonic, per fargli vincere Wimbledon. È come se Robert Plant volesse insegnare l'acuto di "Whole lotta love" a Fedez. Mac non può insegnare a Raonic come fare una demivolée stoppata, Raonic non può ovviamente impararlo. Il canadese è però il quarto favorito del torneo, in virtù di un tennis potenzialmente devastante su erba. Lui e l'ignoranza beutale di Kyrgios alla ricerca del crack (libera interpretazione).



Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.