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mercoledì 15 gennaio 2025

AUSTRALIAN OPEN 2025 - Day 4 - Sebastian Korda, figlio di minore arte






Giornata interlocutoria, nell'uggiosa Melbourne, tra sbadigli e scrosci di pioggia che rallentano il programma sui campi secondari. Va veloce Carlitos Arcobaleno Alcaraz, cui basta poco più di un'ora di tennis meraviglioso per fagocitare il funambo isterico Nishioka. Stavolta senza nemmeno la proverbiale pausa-fuga dalla realtà. Lascia invece per strada un set Djokovic, opposto al (per me ignoto) portoghese Faria. Fa in tempo però a lanciarsi in uno dei sui marchi di fabbrica: il simpaticissimo siparietto. Il volenteroso e poco più avversario si produce in un fantastico vincente e lui fa la faccia incredula, mette la mano sugli occhi e mima un cieco col bastone. Manca solo un "questo è culo, caro il mio coglionazzo". Poi ci si chiede perché Federer e Nadal erano più stimati dagli avversari e amati dal pubblico. Altra battaglia di cinque set per il bel cavallone attaccante Jack Draper. Oggi la spunta in volata su un Kokkinakis rabberciato, australiano che da ragazzo era considerato gemello (meno talentuoso ma più strutturato per vincere le partite) di Kyrgios. Puntuale come l'influenza invenale, il cinepanettone e la migrazione del chiurlo, Kokki in gennaio si produce nella sua specialità: la rocambolesca sconfitta in volata, dopo lunga maratona, sul centrale di Melbourne. Dolente agli addominali come il gemello Nick (che tipo di allenamenti sfiancanti faranno quei due, sollevamento della pinta da due litri?), stavolta l'esito era anche più scontato.

Ieri l'attenzione mediatica era tutta per Fonseca, oggi è il turno di un altro giovanottone terribile: Jakub Mensik. Di qualche mese più "vecchio", ma anche lui lanciato a tutta velocità verso i vertici. Se il brasiliano aveva lasciato un'impressione folgorante, di quelle rare che ti colgono quando vedi un futuro numero uno o un lupo che attraversa la strada, il giovane ceco lo vedo un gradino sotto. Gran fisico, fondamentali devastanti, efficace anche a rete, batte in quattro set un Casper Ruud che è pur sempre numero 6 al mondo ma al confronto sembra spuntato e incapace di far male. Dell'orrorifico trio ceco di nouvelle vague, assieme a Machac e Leheka (anche loro già al terzo turno), sembra nettamente il più attrezzato. Forse non per una carriera da numero uno, ma almeno da Berdych, sua fonte di ispirazione e che un po' richiama per la plastica balistica sparapalline.

A proposito di scuola ceca, se Mensik appartiene a quella dei Berdych e Lendl, Sebastian Korda è invece un oriundo americano figlio di quell'altra, ben più raffinata, di babbo Petr (da cui, oltre a una clamorosa somiglianza fisica, ha ereditato qualche dormiente gene del folle talento) e Radek Stepanek, per anni suo pigmalione nonché discepolo del padre. Oggi esprime tutto quello che è, in una lacerante battaglia perdente contro un australiano da challenger come Vukic. Allampanato, elegante, sempre composto e pulito nel colpire la pallina e nei comportamenti, ha anche una bella mano, Sebastian. Più che papà Petr, mancino dal talento fotonico, mi ricorda un altro ceco fragile: un Miloslav Mecir moderno, con meno tocco, americanizzato e adattato al tennis attuale. Ma, come Miloslav ai suoi tempi, forse troppo leggero e senza la dovuta cattiveria per ambire al vertice. E soprattutto, con la zavorra di quel cerchietto improponibile ai capelli, ostacolo più grande verso il tennis che conta. 



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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.