
Justine Henin ha ventisette anni, ha vinto gran trofei luccicanti ed è stata numero uno al mondo. Yanina Wickmayer, di anni ne ha venti, non ha vinto nulla e lavora per diventare numero uno. Ma ciò che affascina, non è solo il confronto generazionale, quanto un contrasto di stili, e il differente modo di approcciare ed interpretare il tennis, delle due ragazze nate in Belgio. Justine, è uno scricciolo gracile, che supera a stento il metro e sessanta, Yanina, una valchiria di un metro e ottantatrè, flessuosa, muscolata ed imponente, da far paura. A guardarle, pare non debbano esserci alternative credibili. Nel tennis ridotto ad urlante lotta grecoromana, la povera Justine non avrebbe alcuno scampo. Sbranata in pochi minuti da quella belva dirompente.
La "vecchia" campionessa dipinge tennis immacolato, sfruttando le armi che gli Dei, col senso di colpa, le donarono per compensare un fisico minutamente inoffensivo. Yanina seguita ad esplode mattonellate disumane da ogni lato, sempre e comunque, con le gote livide e l'aria cannibalesca. L'ex regina ha la coscia bardata, la rampante randellatrice, dicono abbia la schiena a pezzi. Ne viene fuori un match bellissimo, con Justine che mette in campo tutte le sue frecce ricercate, per arginare il debordante tsunami. Arguzia, tattica, e mano vellutata ad inventare e dipingere tennis, in ogn angolo di campo. Bordate di rovescio bimane della giovane, e dardi tanto morbdi, quanto velenosi dell'ex regina. Wickmayer, se ve n'era bisogno, oltre ad un tennis rudemente devastante (e che iddio ci salvi, ancora artigianale, ed in evoluzione) possiede anche un gran carattere. E nessun timore reverenziale, verso il connazionale monumento in gonnellino.
Vince in tre bellissimi set Justine Henin, una delle poche (l'unica?) capace di gestire con classe il tennis giocato a suon di agghiaccianti bordate. Vince pure Yanina, che quel tennis esplosivo lo interpreta al meglio. Confortata nel suo progetto di salire al vertice, perchè di Henin, in giro ce n'è una sola. Ora si ritrova Nadia Petrova, che dopo Clijsters, fa fuori anche l'assai vezzosa (oh, che beltade!) Kuznetsova. Maria Kirilenko avanza approfittando del ritiro di Dinara Safina.
Nel tabellone maschile, la sorpresa era nell'aria. Ballonzolava irridente, in un orizzonte di nubi frastagliate. Juan Martin Del Potro, col solo carattere, era venuto a capo di un Blake atavicamente incapace di sferrare la crudele stilettata finale. Marin Cilic, in fase di maturazione psico-fisica, di questi problemi non ne ha molti. Malgrado le frequenti amnesie, quasi il ragazzo di Medjugorje si soffermasse ad osservare madonnine immaginarie, come un pastorello qualsiasi, appariva in grado di venire a capo di un argentino ferito, ed incapace di giocare il suo miglior tennis. E così è stato, malgrado i tentativi frustrati di Giovan Martino, fino al quinto set, di far suonare campane afone. Rimango convinto, che la torre di Tandil, al meglio e senza menomazioni, sia ancora di una categoria superiore al croato.
Nadal e Murray disinnescano le granate di servizio delle due pertiche, Karlovic ed il suo emulo yankee Isner. Dimostrando di essere due dei migliori ribattitori in circolazione. L'iberico rispondendo due metri fuori dalle righe, e limitando quel gap, grazie ad una ritrovata esplosivita arrotante, unica nel circuito. Lo scozzese dalla vampiresca dentatura, sfruttando i gran riflessi della casa. Se a ciò si aggiunge un Isner che si affloscia subito, ed un Karlovic encomiabile, ma coi soliti limiti bradipeschi negli spostamenti, eccovi servito un bel quarto di finale: Nadal-Murray. Se la vede brutta Andy Roddick, che argina i dritti teppisti di Gonzalez, solo al quinto set, e nei quarti trova Cilic.
La "vecchia" campionessa dipinge tennis immacolato, sfruttando le armi che gli Dei, col senso di colpa, le donarono per compensare un fisico minutamente inoffensivo. Yanina seguita ad esplode mattonellate disumane da ogni lato, sempre e comunque, con le gote livide e l'aria cannibalesca. L'ex regina ha la coscia bardata, la rampante randellatrice, dicono abbia la schiena a pezzi. Ne viene fuori un match bellissimo, con Justine che mette in campo tutte le sue frecce ricercate, per arginare il debordante tsunami. Arguzia, tattica, e mano vellutata ad inventare e dipingere tennis, in ogn angolo di campo. Bordate di rovescio bimane della giovane, e dardi tanto morbdi, quanto velenosi dell'ex regina. Wickmayer, se ve n'era bisogno, oltre ad un tennis rudemente devastante (e che iddio ci salvi, ancora artigianale, ed in evoluzione) possiede anche un gran carattere. E nessun timore reverenziale, verso il connazionale monumento in gonnellino.
Vince in tre bellissimi set Justine Henin, una delle poche (l'unica?) capace di gestire con classe il tennis giocato a suon di agghiaccianti bordate. Vince pure Yanina, che quel tennis esplosivo lo interpreta al meglio. Confortata nel suo progetto di salire al vertice, perchè di Henin, in giro ce n'è una sola. Ora si ritrova Nadia Petrova, che dopo Clijsters, fa fuori anche l'assai vezzosa (oh, che beltade!) Kuznetsova. Maria Kirilenko avanza approfittando del ritiro di Dinara Safina.
Nel tabellone maschile, la sorpresa era nell'aria. Ballonzolava irridente, in un orizzonte di nubi frastagliate. Juan Martin Del Potro, col solo carattere, era venuto a capo di un Blake atavicamente incapace di sferrare la crudele stilettata finale. Marin Cilic, in fase di maturazione psico-fisica, di questi problemi non ne ha molti. Malgrado le frequenti amnesie, quasi il ragazzo di Medjugorje si soffermasse ad osservare madonnine immaginarie, come un pastorello qualsiasi, appariva in grado di venire a capo di un argentino ferito, ed incapace di giocare il suo miglior tennis. E così è stato, malgrado i tentativi frustrati di Giovan Martino, fino al quinto set, di far suonare campane afone. Rimango convinto, che la torre di Tandil, al meglio e senza menomazioni, sia ancora di una categoria superiore al croato.
Nadal e Murray disinnescano le granate di servizio delle due pertiche, Karlovic ed il suo emulo yankee Isner. Dimostrando di essere due dei migliori ribattitori in circolazione. L'iberico rispondendo due metri fuori dalle righe, e limitando quel gap, grazie ad una ritrovata esplosivita arrotante, unica nel circuito. Lo scozzese dalla vampiresca dentatura, sfruttando i gran riflessi della casa. Se a ciò si aggiunge un Isner che si affloscia subito, ed un Karlovic encomiabile, ma coi soliti limiti bradipeschi negli spostamenti, eccovi servito un bel quarto di finale: Nadal-Murray. Se la vede brutta Andy Roddick, che argina i dritti teppisti di Gonzalez, solo al quinto set, e nei quarti trova Cilic.