Agnieszka la faina che diventò vincente. Nelle cose ci vuole il giusto equilibrio, un’armonia e quel punto d’incontro che trovi per strada. A volte senza volerlo, altre raccogliendo i frutti di un certosino lavoro nella galleria del vento. E allora vedi questa ventenne polacca, da un paio d’anni trasparente e condannata al normale veleggiar in balia delle prime orchesse, diventare qualcosa di diverso. Concreto. Non è solo la chioma divenuta corvina a rendere Agnieska Radwanska meno impalpabile, ma un bagaglio tennistico rinforzato ed arricchito. L’equilibrio, appunto, quello che pretendeva il profeta di Chebas, Hector Cuper. "Echilibrio! Echilibrio!". O uno shaker nel quale frullare un quarto delle difensive abilità di Wozniacki, 20cl dei colpi controtempo di Kim, una bella dose d’intelligenza tattica (di…non saprei chi), qualche spruzzata di attacchi e persino quelle così anacronistiche volèe come scorzetta di lime. Forse riuscirà dove sono mancate altre regolariste senza winners come Zvonareva (in triste affanno isterico tra la difesa, un ingobbito forcing e qualche volenterosa volèe arrembante) o Jankovic (rimasta negli anni solo e soltanto una gran trottatrice, che la rete la vede solo se chiamata da una smorzata altrui, salvo poi arretrare goffamente verso la riga di fondo neanche davanti a lei ci fosse un branco di piranas affamati con le turbe psichiche). Non sarà fenomeno paranormale, ma Agnese da qualche tempo è la tennista più in forma in giro. Tocca farsene una ragione. Vince anche il Mandatory di Beijing, stroncando in finale i rudimentali attacchi di Andrea Petkovic, pur priva dei colpi definitivi della tedesca e senza i randelli smidollati a cervello spento di una Sharapova. Vince grazie a lucidità tattica e furbizia di faina dagli occhi a fessura e guance paffute. Corsa, recuperi da snella ginnasta con ginocchia spesso in terra e qualche schiribizzo offensivo, quanto basta. Il cocktail, appunto. O l’echilibrio.
Alla fine ci tocca il solito, imbarazzante e vagamente submentale balletto (in coppia) delle due, dopo le lacrime della fabbra teutonica e tanto di abbraccio. Ma va bene lo stesso.
Alla fine ci tocca il solito, imbarazzante e vagamente submentale balletto (in coppia) delle due, dopo le lacrime della fabbra teutonica e tanto di abbraccio. Ma va bene lo stesso.
Lascia maggiori sensazioni positive lei di una Wozniacki, ormai quasi caso umano da trasmissione televisiva del dolore. Carolina in Cina perde in battaglia da una buona Flavia Pennetta, cui basta prendersi qualche rischio e mettere in campo alcune scolastiche variazioni, per vincere. La settimana prima erano bastate le roncole di una media taglia legna con la cellulite anche nel palmo della mano (ai secoli Kaia Kanepi che, scherzo sempre, ma stavolta paredavvero smagrita. Nelle gengive). Stesa, la bamboletta senza collo, da quello spartano uno-due-tre (a volte)-olè, dentro o fuori.
Andy Murray stende Nadal. Si trasforma da rachitico bacherozzo indignato verso il mondo, in asiatico ed elegante dominatore dal mantello nero, Andy Murray. Troppa fatica mentale ricordare i nomi delle varie località in cui si dipana la tournè asiatica, ma dovrebbe essere a Tokyo che l’Andy di Scozia fa suo il secondo sigillo consecutivo della trasferta in Oriente. Ai bei successi su Nalbandian e Ferrer, aggiunge il prestigioso scalpo di Rafael Nadal, nella finale. Anche lui dona la sensazione del giusto equilibrio tra le proverbiali e napoleoniche abilità strategicamente difensive, ed un tennis più solido ed offensivo con cui stronca le resistenze dello spagnolo, in rimonta. Sembra un folle paradosso, ma è così. Se sia un fuoco di paglia (l’ennesimo), staremo a vedere. Magari quando ci saranno anche gli altri degenti. Meglio ancora se nella platea dei grandi ed affollata sala delle lauree: gli Slam.
Il resto lo fa il maiorchino, crollato alla distanza e capace di mettere insieme solo 4 punti nella frazione decisiva. Proprio lui che ha costruito la carriera nel prendere l’avversario per sfinimento fisico. Anche qui, vedremo altrove se questo piccolo campanello d’allarme suona come annuncio di logorio in atto, o si rivelerà semplice, e vagamente umanoide, pausa da fine stagione. Propendo per la seconda. Intanto pare eccitatissimo del suo nuovo ruolo di centrattacco di sfondamento nella piccola squadra del Manacor. Il santone sciamano zio Toni invece, rende noto alle stampe il motivo delle recenti debacle di Rafito contro Novak Djokovic: la psiche. Mica che quell’altro corre come il suo rampollo, ne regge gli stessi ritmi forsennati ed in più punge con maggiore efficacia. Il problema risiede nella mente, secondo il luminare zio. Amen. Nel leggere questa immane cappellata da premio Oscar, viene alla mente una sinistra immagine: Mike Tyson che prima di azzannare l’orecchio di Holyfield si siede all’angolino. E leggendo Schopenahuer si pone incresciose domande sulla vita.
Il resto lo fa il maiorchino, crollato alla distanza e capace di mettere insieme solo 4 punti nella frazione decisiva. Proprio lui che ha costruito la carriera nel prendere l’avversario per sfinimento fisico. Anche qui, vedremo altrove se questo piccolo campanello d’allarme suona come annuncio di logorio in atto, o si rivelerà semplice, e vagamente umanoide, pausa da fine stagione. Propendo per la seconda. Intanto pare eccitatissimo del suo nuovo ruolo di centrattacco di sfondamento nella piccola squadra del Manacor. Il santone sciamano zio Toni invece, rende noto alle stampe il motivo delle recenti debacle di Rafito contro Novak Djokovic: la psiche. Mica che quell’altro corre come il suo rampollo, ne regge gli stessi ritmi forsennati ed in più punge con maggiore efficacia. Il problema risiede nella mente, secondo il luminare zio. Amen. Nel leggere questa immane cappellata da premio Oscar, viene alla mente una sinistra immagine: Mike Tyson che prima di azzannare l’orecchio di Holyfield si siede all’angolino. E leggendo Schopenahuer si pone incresciose domande sulla vita.
Di sicuro Nadal e Murray, assenti Federer e Djokovic (e Soderling), si ritroveranno a giocarsi anche il penultimo Master 1000 stagionale a Shanghai. Forse il meno avvincente. Magari con l’inserimento di qualche mina vagante. Uno Tsonga parso un po’ stanco dopo un gran bel periodo, Tipsarevic chiamato ad una conferma, il solito Ferrer che zappa con continuità, e soprattutto Tomas Berdych. Il ceco ha vinto a Beijing, tornando al successo dopo quasi tre anni. Poco, per uno che doveva vincere slam e dominare il mondo con movenze legnose, schioppi stilosamente impostati ed espressione ultra convinta. Abbastanza per chi invece da anni alterna schioppettate a tordi inconsapevoli e buoni colpi nel rettangolo. E che deve già esser soddisfatto della quasi qualificazione per il Master di Londra.
Italtennis. Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio (da leggere con questa colonna sonora, immortale. Altrimenti non rende bene). Eccoci al solito spazio dedicato ai colori azzurri. Elettrizzante quanto un servile editoriale da 3mila euro al giorno di quel ripugnante cetaceo barbuto con sembianze di mammuth. Io guadagno meno, ma forse mi legge qualcuno in più. O almeno, qualcuno sano di mente. Bene, bene. E’ appena domenica pomeriggio, e già nessun italiano figura nel tabellone del Master 1000 cinese. Domenica di finale? No tranquilli, quella del preludio di primo turno. Però il movimento tennistico italiano vive una fase di fulgore e salute che mai si era avuta. Così dice chi ne è a capo, e tocca credergli. Non ha citato nemmeno Irlanda e Grecia, dunque pare credibile. Fognini chiude trionfalmente la campagna d’Asia: tre match, tre sconfitte. Porta a compimento la missione con una leggendaria stesa al cospetto di Florian Mayer. Prova, invano, a battere il record di durata (femminile) di un match di tennis, avvicinando soltanto quel glorioso Graf-Zvereva 6-0 6-0. Il nostro, poco aiutato dall’avversario, vince addirittura due games. Pazienza, sarà per la prossima. Così, tanto per la sterile cronaca tennistica, il tedesco è atleta di talento, numero 22 al mondo, capace di vincere tornei ed esprimere un tennis brillante e godibilissimo. Il nostro ormai lo si conosce, per chi non ha le fette di ananasso avariato sugli occhi, è di almeno una categoria inferiore. Pigre e svogliate accelerazioni impettite da fermo, di solo braccio vagamente dotato (come un’altra cinquantina di tennisti al mondo). Chi crede che il ligure sia Federer, sarà rimasto deluso dalla sconfitta. Chi vorrebbe un nostro con le stesse famigerate "uevas" quadre di Ferrer e si attendeva almeno un sacrosanto 3-6 4-6, un filo sbigottito. Chi pensa sia una specie di talento simile a Gasquet è da internare all’istante, invece. Il problema è che Fognini non è Federer, non è Ferrer e nemmeno un rutilante genio morto come Gasquet. Rimane quello, prendere o lasciare. "Il peccato fu creder speciale una storia (tennista, nel caso concreto) normale" cantava il Maestrone di Pavullo. Orbene, Simone Bolelli cede invece nelle qualificazioni a Lu. Cinese che è niente di straordinario, ma con un quarto di finale a Wimbledon nel carniere. Tennista normale, insomma. E quando affronta un tennista normale, che corre e tira come i normodotati, il nostro Federer monco spesso ci perde. Sempre, quasi.
E veniamo al tennis che conta. Perennemente in balia e a mezz’aria tra le ambizioni di un Fognini che pensa da grande ed agisce in piccolo, e la contabile espressione tennistica di un Andreas Seppi che pensa in piccolo, e nel piccolo ottiene il massimo. Questo è lo specchio della "Itaglia" nostra racchettara. Chi prendereste, voi? Io nessuno dei due, per esempio. Sotto tortura medievale, il primo. Schivato sdegnosamente il massimo impegno asiatico, Andreas Seppi mette a segno il secondo colpo stagionale nei challenger. A Mons si ben destreggia tra un Darcis, un talentino Goffin, e quel giovin Berankis dal cavallo basso reduce da lunga assenza. In finale batte Benneteau, in un confronto tra perdenti d’antologia. Match che solo a pensarlo rimanda a tragiche e trasparenti immagini di morte lenta ed inconsapevole. Vince il nostro, e si inginocchia neanche fosse l’orso Borg in salsa caldarense dopo il quinto successo di fila a Wimbledon.
E cosa vuoi, anche rimproverargli che da top 50 non sia andato a giocare Shanghai? Che sia un atteggiamento da esecrabile contabile imprestato al tennis, con visione provinciale? Neanche per sogno. Nessuno meglio di lui, si conosce. E sicuramente sa che questo è i suo valore. Nient’altro che un noioso robottino che gioca a specchio andando in default appena l’altro gli presenta qualcosa di diverso. Uno che però con calcoli da catastale impiegato si tiene da anni nei primi 50. Il peccato originale sta in chi lo vorrebbe ambizioso, e con colpi (inesistenti) da top 20. Lui già lo sa, che vale il challenger di Mons. Pazzo chi lo pretende diverso, da ricovero coatto chi si eccita se diviene numero 43 invece che 47. "E Eastbourne dove lo mettiamo? Eh?" Domanderà qualche acuto lettore. Già. Un Atp vinto contro un Tipsarevic infortunato, impaurito dai pipistrelli, orbato dalla pioggia e da quello spaventevole tramonto, l’apocalisse incombente, la fine del mondo nel 2012, l’Inter che vince la champions dopo 45 anni, la profezia dei Maya…
E cosa vuoi, anche rimproverargli che da top 50 non sia andato a giocare Shanghai? Che sia un atteggiamento da esecrabile contabile imprestato al tennis, con visione provinciale? Neanche per sogno. Nessuno meglio di lui, si conosce. E sicuramente sa che questo è i suo valore. Nient’altro che un noioso robottino che gioca a specchio andando in default appena l’altro gli presenta qualcosa di diverso. Uno che però con calcoli da catastale impiegato si tiene da anni nei primi 50. Il peccato originale sta in chi lo vorrebbe ambizioso, e con colpi (inesistenti) da top 20. Lui già lo sa, che vale il challenger di Mons. Pazzo chi lo pretende diverso, da ricovero coatto chi si eccita se diviene numero 43 invece che 47. "E Eastbourne dove lo mettiamo? Eh?" Domanderà qualche acuto lettore. Già. Un Atp vinto contro un Tipsarevic infortunato, impaurito dai pipistrelli, orbato dalla pioggia e da quello spaventevole tramonto, l’apocalisse incombente, la fine del mondo nel 2012, l’Inter che vince la champions dopo 45 anni, la profezia dei Maya…
Ciao Picasso,
RispondiEliminaio credo invece che Nadal sia arrivato alla frutta; del resto è tipico dei "fenomeni atletici" e non tecnici quello di affermarsi precocemente e finire in anticipo la carriera: vedi il caso Borg che a 25 anni smette, vedi lo stesso Becker,che, nonostante il grande gioco d'attacco era principalmente un grande atleta e vedi adesso Nadal.
La mia sensazione è che l'affermazione di Djokovic e quest'inizio di Murray vadano rivisti alla luce del fatto che nè Nadal nè Federer sono gli stessi di 4 o 5 anni fa.... Finchè quei due erano al top non ce n'era per nessuno e sono convinto che se fossero ancorain forma sarebbe ancora così.
Che ne pensi?
Ciao
Stefano
Ciao, la colonna sonora O_____o chi è sto pazzo?
RispondiEliminaLa parte sull'italtennis è centratissima e divertentissima, è l'unico modo che ho per interessarmi a loro.
Murray quando il match conta poco e niente non delude mai e vince!
Tocca prenderne atto?
L'ennesimo segno di risveglio e da qui farà razzia di slam?
Io credo di no e sicuramente mi sbaglio. In questa forma però può addentare il master finale sicuro perchè lo spagnolo è rosolato, per il resto o approfitterà dei cali altrui e tabelloni agevoli...vedremo.
Jess
@Stefano,
RispondiEliminaè inevitabile una certa usura, anche a 25 anni, per chi spreme sempre il suo fisico e lo porta oltre l'asticella. In molti fenomeni atletici non hanno retto a lungo (tra cui quelli da te citati, per Becker c'era di mezzo anche la birra...). Ed è una delle ragioni per cui un Muster a 45anni non ha nessuna (o pochissime) possibilità di primeggiare coi più forti, mentre un Korda (ad esempio), avrebbe più credibilità.
Detto ciò, Nadal in stagione ha comunque vinto il Roland Garros. Per il resto soffre ormai di una evidentissima inferiorità nei confronti di Djokovic.
Un po'sono calati i due, è vero. Inevitabile. Per il resto Djokovic, da come lo vedo io, ha fatto un gran salto in avanti. Non dico tecnico, perché quello ormai nel tennis moderno è un dato secondario. Ma nella preparazione atletica e fisica che gli consente di reggere e superare i ritmi di Nadal. Prima era lontano.
Murray comunque questi tornei (anche con tabelloni al completo) li ha sempre vinti. Deve dimostrare di riuscirci anche negli slam. Di tenere il ritmo degli altri tre anche nel tre su cinque.
Ciao, a presto.
@Star,
il pazzo è un giornalista sportivo. Dicono. Scoperto per caso questo IMMORTALE filmato su youtube. Io andrei a braccetto con lui sul Carso o sul Piave, a difendere il patrio suolo...=)
Italiani...bah, ne scrivo perché mi fanno ridere. Ma ancor di più i loro tifosi, ad essere onesti.
Murray...vedi sopra, insomma, qualche Masters 1000 e sporadico successo coi tre davanti c'è sempre stato. Bisogna vedere dove conta, se ci riesce. Certo che mantenendo questa forma, nel finale di stagione può comunque arraffare parecchia roba.
In futuro chi lo sa. "Siamo tutti sotto lo stesso cielo", diceva mio nonno. =)
Ciao, a presto.